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Per quanto ne possa sapere io, gli scritti oggi esistenti sembrano indicare che Paolo è stato il primo ad affermare che Gesù fu crocifisso.
1 Corinzi 2.8
e che nessuno dei dominatori (Arconti) di questo Eone ha conosciuta; perché, se l'avessero conosciuta, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria.
Per quanto riguarda i “dominatori di questo Eone”, gli Arconti che avrebbero crocifisso il Signore delle Gloria, intesi in senso mistico-cosmologico, Paolo (chiunque egli sia) potrebbe aver conosciuto un tale concetto da Filone di Alessandria. C’è un passaggio in Leggi Speciali 1,13-14, in cui Filone chiama in particolare i pianeti e le stelle "Arconti".
L’altamente intuitivo specialista di Filone, David T. Runia, nel suo libro Philo of Alexandria and The "Timaeus" of Plato, a pagina 250, cita questo passo come "un passo significativo nella storia delle idee"
http://books.google.it/books?id=cq8fAAAAIA...epage&q&f=false
in quanto è il primo esempio di qualcuno che fa riferimento ai pianeti come "Arconti". Questi arconti non devono essere oggetti di culto. Si noti che i loro "sudditi", ὑπήκοοι, sono le "nature sotto la luna, che si librano in aria e sono contigue alla terra."
Erano questi, gli “Arconti di questo Eone” che crocifissero il Signore della Gloria nell’aria sotto la luna? (1 Cor 2: 8)
Leggi Speciali 1,13-14
(13) Alcune persone hanno concepito che il sole, la luna, e le altre stelle sono dèi indipendenti, ai quali hanno attribuiscono le cause di tutte le cose che esistono. Ma Mosè era ben consapevole del fatto che il mondo è stato creato, ed era come una città molto grande, con governanti (ἄρχοντες) e sudditi in esso; ( i governanti (ἄρχοντες) essendo tutti gli organismi che sono in cielo, come i pianeti e le stelle fisse;14) e i sudditi essendo tutte le nature sotto la luna, fluttuanti in aria e contigue alla terra. Ma che i governanti suddetti non sono indipendenti e assoluti, ma sono i viceré di un Essere supremo, il Padre di tutti, a imitazione del quale amministrano con correttezza e successo l’incarico loro affidato, poiché Egli presiede anche su tutte le cose create in stretta conformità con la giustizia e con la legge. Altri, al contrario, che non hanno scoperto il supremo Governatore, che governa quindi tutto, hanno attribuito le cause delle diverse cose che esistono nel mondo ai poteri subordinati, come se essi li avessero portati a superare il proprio atto indipendente.
È anche vero che il termine “Arconti”, sempre in scritti di Paolo, a volte si riferisce a ordinarie autorità civili, come, per esempio, in Romani 13, in questo caso, però, esso non ha alcun senso mistico, mentre in 1 Cor, Paolo si riferisce agli “Arconti di questo Eone” in un passaggio altamente mistico.
La prima volta che il dato della crocifissione appare nei documenti, non è presentato come un dettaglio storico, ma come un "fatto" teologico. Una affermazione teologica che deve essere accettata per fede. Non è così che si sostiene una realtà storica. Poi ancora, nel racconto del Vangelo la rappresentazione è interamente di natura teologica, infarcita di scritture teologicamente interpretate, ispirate dalla fede nel potere espiatorio del sangue dei martiri Maccabei (Williams 2010) e di Isacco (Levenson 1993).
La prima prova di cui, io almeno, sono a conoscenza di una riaffermazione che Gesù fu crocifisso è l'Inno in Filippesi. Il verso di riferimento alla crocifissione in quest'inno (Filippesi 2, 8 “umiliò se stesso, facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce”) è stato identificato da diversi commentatori come un qualcosa di aggiunto (da Paolo?) all'originale, in quanto rompe il ritmo degli altri versi.
Paolo si opponeva ad altri vangeli che sembrano aver insegnato un Cristo di potenza, non di debolezza - per esempio il Cristo che troviamo in Apocalisse. Se il Vangelo di Marco sta drammatizzando ovvero mettendo in scena la teologia di Paolo, sta altresì protestando contro questo vangelo pre-paolino di un Cristo di potenza rispetto a un Cristo di debolezza tramite la crocifissione.
D'altra parte Paolo dichiara che il suo vangelo non era dissimile da quello dei Pilastri di Gerusalemme, quindi questo ci porta a concludere che pure tali Pilastri insegnavano un vangelo di Cristo crocifisso. Purtroppo l'evidenza non poggia su salde fondamenta.
Warner (1951) e Parvus (2014) hanno sostenuto che un esame di Galati ci porta a sospettare che questa pretesa di unanimità fu il lavoro di un redattore proto-ortodosso. Tali affermazioni non possono essere rigettate con leggerezza, dato tutto quello che sappiamo sulle interpolazioni nell'antica letteratura in generale e nei primi scritti cristiani in particolare.
Couchoud (1939) per esempio, sosteneva che la base del Vangelo di Paolo era la sua esperienza personale della sofferenza.
D'altra parte, abbiamo indicazioni che c'erano elementi del Giudaismo del Secondo Tempio che credevano in un futuro Messia (non necessariamente un unico messia) che doveva morire, probabilmente per mezzo di trafitture, in qualche modo. Se è così, allora probabilmente dobbiamo pensare che Paolo venne influenzato da tali credenze.
Esistono prove evidenti che alcuni Ebrei del Secondo Tempio interpretavano messianicamente i passaggi del Servo sofferente in Isaia e che era stato previsto che un messia morisse, fosse trafitto, e venisse risuscitato.
Daniele scrive di un messia che viene ucciso, e Daniele attinge a passaggi di Isaia; Zaccaria sembra attingere a Daniele e ad Isaia per creare i suoi passaggi sul pastore che viene stroncato da Dio. Il sangue di tale figura aveva il potere di espiare i peccati di Israele secondo la letteratura del Secondo Tempio.
April DeConick e altri sostengono che l'affermazione di Paolo che gli Ebrei si sentivano offesi dall'idea di un Cristo crocifisso parla contro il fatto che tali idee fossero antecedenti al cristianesimo, ma Neil Godfrey sostiene che Morton Smith dimostra che l’offesa era nell’idea di Paolo delle implicazioni che questa morte aveva per la Legge.
Matthew Novenson cita N.T. Wright, Paula Fredriksen e Alan Segal a sostegno del parere che questo passaggio non testimonia che gli Ebrei erano offesi dall'idea di un messia morente: http://vridar.org/2012/07/29/christ-among-the- messia-parte-7 /. Anche Daniel Boyarin, Martin Hengel e altri discutono in modo approfondito la gamma di evidenze secondo le quali gli Ebrei (o almeno alcuni di essi) del Secondo Tempio abbracciarono l'idea di un messia ucciso.
Anche successive evidenze nel Talmud parlano di un messia ucciso, che deve essere figlio di Giuseppe.
Come sottolinea Richard Carrier, è molto difficile immaginare che gli Ebrei si lasciarono influenzare dai Cristiani nell’ adottare questa interpretazione delle loro scritture. È più credibile pensare che questi Ebrei ereditarono tale interpretazione da tradizioni pre-cristiane.
Inoltre, Paolo fornisce pochi dettagli riguardo la presunta crocifissione suo Gesù. Un esempio è Galati 3:
13 Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della legge, essendo divenuto maledizione per noi; poiché sta scritto: Maledetto chi è appeso su un albero
Il racconto della crocifissione nel vangelo di Marco è del tutto incredibile dal punto di vista storico, e non ha senso che se il leader di un movimento fu crocifisso a Gerusalemme, il suo movimento poi sarebbe stato libero di continuare a promuoverlo proprio a Gerusalemme.
È possibile quindi che Paolo sia stato il primo ad affermare che Gesù fu "crocifisso", ma che Paolo intendeva la cosa in senso teologico.
Questi sono alcuni motivi per dubitare, per quanto ne so finora, che Gesù fu crocifisso nella storia:
1) Paolo fornisce pochi dettagli in merito alla presunta crocifissione del suo Gesù.
2) I testi della dalla Bibbia ebraica a cui si riferisce Paolo, parlano circa l’essere appeso a un albero.
3) Paolo non usa mai la parola “crocifisso” così come la intendiamo noi oggi, che ci viene dalle successive traduzioni latine, e che appare ora nelle nostre traduzioni.
Il greco che Paolo impiegò, in nessun modo suggerisce né implica il morire su una “croce” di qualsiasi forma, ma suggerisce l’ ”essere appeso”, a un albero, palo ecc.
1 Corinzi 2,2
poiché mi proposi di non sapere altro fra voi, fuorché Gesù Cristo e lui crocifisso.
οὐ γὰρ ἔκρινα τοῦ εἰδέναι τι ἐν ὑμῖν εἰ μὴ Ἰησοῦν Χριστὸν καὶ τοῦτον ἐσταυρωμένον
Parte del problema è l'imposizione della parola “crocifisso” presa dal latino, e tutto il bagaglio di cui il termine è stato caricato dal simbolismo e dalla terminologia cristiana.
Invece, il termine greco originale ἐσταυρωμένον ha un senso e un’applicazione molto più ampi rispetto all’ essere semplicemente “inchiodato ad un insieme di pali incrociati” (un'idea che in realtà non è nemmeno presente, implicita né inerente al termine greco originale o al suo utilizzo, che spiega perché i cristiani non hanno mai usato il simbolo della “croce” fino al IV secolo dC, e solo allora sotto l'influenza latina.)
Il referente originale nel testo di Paolo non deve avere nulla a che fare con qualsiasi impalamento fisico o con l'esecuzione su una croce romana, ma piuttosto con la mortificazione, con essere esposto in dolorosa vergogna (da parte dei “dominatori” Arconti.)
Se si annulla la “coloritura” fornita dai Vangeli, e il termine latino del IV secolo, non vi è alcuna ragione per interpretare le parole di Paolo come un riferimento ad una “crocifissione” di un corpo umano su una “croce”.
La teologia di Paolo era la teologia del celeste redentore "Christos". Come tale, non richiede alcuna azione umana.
Il nome “Gesù” sembra (almeno per me) forse un successivo “pio” inserimento (influenzato dai Vangeli) nel trattato cristologico originale di Paolo.
Questo, comunque, è solo uno dei punti di vista, infatti è anche possibile che il mitico Christos di Paolo porti il nome di “Jesous” perché Paolo lo prese dai testi della LXX, che lui - o altri sconosciuti che giocavano a fare lo pseudo-Paolo - plagiarono e distorsero per i suoi (loro) propri scopi.
Edited by barionu - 25/1/2022, 13:57