Origini delle Religioni

TESTIMONIUM FLAVIANUM

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barionu
CAT_IMG Posted on 7/4/2024, 17:04 by: barionu
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Mythos
Rivista di Storia delle Religioni

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12 | 2018
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Una nota sul testo del Testimonium Flavianum (Antiquitates, XVIII, 63-64) a confronto con le versioni siriaca e araba: resurrezione o visione?
A Remark on the Testimonium Flavianum Text (Antiquitates, XVIII, 63-64) in comparison with the Syriac and Arabic versions: Resurrection or Vision?
Giuseppe Petrantoni
p. 89-101
https://doi.org/10.4000/mythos.311
Résumé | Index | Plan | Texte | Bibliographie | Notes | Citation | Auteur
RÉSUMÉS
ITALIANOENGLISH




























La lunga querelle riguardante il testo del Testimonium Flavianum non può dirsi ancora conclusa. La critica si divide sul problema dell’autenticità o meno di questa importante testimonianza sulle origini del Cristianesimo. In questo breve lavoro, dopo un’analisi storico-filologica condotta sul testo, si ipotizza che il medesimo possa aver risentito dell’opera di un interpolatore cristiano di II secolo. In particolar modo, l’uso di φαίνω, in comparazione con i verbi usati nelle versioni siriaca e araba, e i versi di Mc 16, 9-11, che sarebbero stati inseriti nel testo, sarebbero un’ulteriore prova che il Testimonium abbia risentito di una interpolazione cristiana in relazione alla ‘manifestazione’ di Gesù.


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ENTRÉES D’INDEX
Keywords: Testimonium Flavianum, Flavius Josephus, Origins of Christianity, Gospels, Resurrection, Vision
Parole chiave: Testimonium Flavianum, Flavio Giuseppe, origini del Cristianesimo, Vangeli, resurrezione, visione
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PLAN
Conclusioni
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TEXTE INTÉGRAL
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1 Per una bibliografia riguardante le questioni sollevate dalle numerose interpretazioni del passo cf (...)
2 Ad esempio, L. Feldman ha pubblicato tra il 1937 e il 1980 almeno 87 articoli nella maggioranza dei (...)
1Il caso del cosiddetto Testimonium Flavianum può dirsi ancora oggi non chiuso. Il breve passaggio su Gesù di Nazaret, che appare in tutti i manoscritti esistenti nel diciottesimo libro dello storico giudeo romanizzato Flavio Giuseppe, Antiquitates iudaicae (XVIII, 63-64) scritto in greco nel 93-94 d.C. circa, è stato soggetto a dispute teologiche circa la sua autenticità, sin dal sedicesimo secolo. Le interpretazioni della critica divergono sensibilmente e possono essere raggruppate, in ultima analisi, in due filoni opposti: coloro che sostengono l’autenticità del passo e coloro che la negano in parte o in tutto, parlando esplicitamente di interpolazione/interpolazioni1. Il dibattito sull’autenticità del Testimonium nasce dalla presenza di alcuni passi difficili da conciliare con quanto si conosce della religiosità di Flavio Giuseppe. Generalmente, la maggioranza degli studiosi accetta parzialmente il Testimonium attribuendo ad interpolatori cristiani alcune affermazioni in esso contenute2. La querelle è stata poi ulteriormente alimentata dal confronto fra il textus receptus e alcune versioni più tarde in siriaco e in arabo, le quali tuttavia , nonostante i lodevoli sforzi dei commentatori, non sembrano al momento far progredire più di tanto la ricerca.

3 Van Voorst 2000, 91-92.
4 Feldman-Hata 1987, 57. Alcuni padri della chiesa contemporanei o successivi a Eusebio, come San Bas (...)
5 Comment. in Matt. X, 17: “…ὅτι, τὸν Ἰησοῦν οὐ καταδεξάµενος εἶναι Χριστὸν” “che Gesù non è accettat (...)
6 Maier 2007, 336-337. Il fatto che nel Testimonium sia presente l’espressione “Questi era il Cristo” (...)
7 In Ecc. Hist. I, 11. 7. L’opera, scritta in greco, a partire dal V secolo viene tradotta in latino (...)
8 Il Testimonium di Girolamo è in De viris illustribus, 13, opera redatta circa nel 392.
2Il dibattito si basa principalmente da una parte sull’analisi testuale e sul confronto del passo in questione con altre opere di Flavio Giuseppe, mentre dall’altra parte tiene conto del contesto storico e culturale nonché della totale assenza di qualche riferimento al Testimonium nelle fonti antiche3, infatti sebbene non meno di undici autori cristiani facciano riferimento a Flavio Giuseppe prima di Eusebio di Cesarea nel 324 d.C., nessuno menziona il Testimonium4. Andando per ordine, prima di Eusebio, Origene, nella metà del III secolo, scrive che Flavio Giuseppe non ‘accetta’ Gesù come Messia5, di conseguenza tale dato farebbe propendere per la totale autenticità del passo, ma come sostiene Paul L. Maier, questa ipotesi è da ritenersi ‘senza speranza’6. Il Testimonium è stato riportato verbatim da Eusebio di Cesarea per scopi apologetici anti-pagani7. San Girolamo riporta una traduzione letterale del passaggio, ma al posto della frase “questi era il Cristo” - ὁ χριστὸς οὗτος ἦν - propone “questi era creduto essere il Cristo” – credebatur esse Christus 8- tale variante è indipendentemente supportata dalla versione in siriaco di Michele il Siro la quale contiene la medesima variante:

ܗܘܐ ܡܣܬܒܪܐ ܕܡܫܙܚܙܐ ܐܥܬܘܗܝ

9 Michele il Siro (1126-1199) fu il patriarca monofisita di Antiochia e la sua traduzione letterale d (...)
“si pensava che egli fosse il Cristo”9;

10 Whealey 2016, 347.
l’esistenza di questi due testi paralleli implicherebbe il fatto che ci doveva essere stata una versione greca del Testimonium da cui hanno attinto sia Girolamo sia Michele il Siro poiché gli scrittori cristiani latini e siriaci non leggevano tra loro le loro opere ma solo la letteratura cristiana redatta in greco10.

11 Si tratta di una versione ebraica, del X secolo, dei primi sedici libri delle Antiquitates tradotte (...)
12 Whealey 2016, 348.
3A partire dal XVI secolo il dibattito sull’autenticità del Testimonium si fa più intenso tra gli studiosi ebrei, come Isaac Abravanel (1437-1508) e Menassah ben Israel (1604-1657), i quali rigettano la veridicità del testo in quanto manca nella versione del Sefer Yosippon11; mentre per i cristiani la supposizione che il testo sia stato falsificato comincia a diventare esplicita alla fine del secolo, durante il quale emergono figure come il luterano Lucas Osiander (1534-1604) anche se la sua teoria si poggia solo su presupposizioni a priori12.

13 Per una rassegna cronologica sulle controversie cfr. Whealey 2003, 73-119 e 121-168, nonché Whealey(...)
14 Whealey 2016, 349. Flavio Giuseppe, in Antiquitates XX, 200, menziona Giacomo come il “fratello di (...)
4Già a metà del XVII secolo circolavano opinioni divergenti sul Testimonium, ma solo tra la seconda metà del XVII secolo e l’inizio del XVIII secolo la questione troverà un chiaro assestamento; ciò non avvenne per caso in quanto Protestanti come C. Arnold, D. Blondel, T. Faber, T. Ittig e S. Snell studiarono a fondo il testo e i loro argomenti a supporto dell’inautenticità risultarono talmente convincenti che gli studiosi, di qualunque religione o no, erano obbligati ad accettare le loro congetture. Solo nella metà del XIX secolo emerse un forte consenso riguardo al fatto che il Testimonium risulta essere parzialmente o totalmente interpolato13. La frase ‘incriminata’, “questi era il Cristo”, ha condotto, ad esempio, uno studioso riformato come Tanaquilius Faber (1615-1672) a pensare all’inautenticità del Testimonium per il fatto che Origene riporta che Flavio Giuseppe non crede in Gesù come Cristo. Dopo Faber, in epoca moderna, molti studiosi cominciano a credere a una possibile falsificazione del testo, prova ne sarebbe, di tale pensiero, il fatto che Niese, nella sua edizione critica delle Antiquitates, pone tra parentesi l’intero passo (di sotto esposto) pensando che sia totalmente interpolato; possibilmente la frase “questi era il Cristo” è stata, secondo alcuni, corrotta da un precedente “questi era ritenuto essere il Cristo”14.

15 Vescovo melchita di Ierapoli Bambice (in arabo Bambiğ) in Siria. La sua opera si intitola Kitāb al- (...)
16 Per la versione araba Pines 1971, mentre per il confronto tra i due testi Whealey 2008.
5Nel 1971 S. Pines pubblica una monografia sulla cronaca medievale araba del X secolo, redatta da Agapio15, ponendola a confronto con la cronaca siriaca di Michele il Siro (vd. supra) poiché tutte e due le opere conservano una versione del Testimonium16. Il Testimonium di Agapio, a ben vedere, differisce dal textus receptus in greco, in particolar modo per la menzione:

فلعله هو المسيح

“e forse lui è il Cristo”,

17 Pines 1971, 33.
18 Whealey 2008, 587-588.
presentando, secondo Pines, pochi ‘tratti cristiani’ che, al contrario, contraddistinguono il testo greco17. La versione del Testimonium di Michele sembrerebbe invece molto più vicina a quella greca, ma anche in essa, come esplicitato prima, vi si legge “si pensava che egli fosse il Cristo”, linguisticamente più vicino al credebatur esse Christus di Girolamo, che la accosterebbe notevolmente al pensiero di Flavio Giuseppe, riguardo a Gesù e al suo status, rispetto al Testimonium di Agapius18.

19 Un’altra cronaca siriaca, Cronaca del 1234, avrebbe utilizzato l’opera di Dionigi, ma non segue fed (...)
6Per quanto attiene alle fonti adoperate dai due autori, Agapio sostiene che la propria Cronaca si basi su quella siriaca di Teofilo di Edessa, mentre Michele il Siro ammette di aver attinto direttamente dall’opera storica del patriarca di Antiochia Dionigi Tel Maḥrē per il periodo tra 582-843; lo stesso Dionigi riconosce di aver utilizzato Teofilo per la sua opera, quindi Teofilo sarebbe stato la fonte maggiore da cui hanno attinto Agapio e Michele per il periodo storico 582-780 circa, tanto che viene citato espressamente dai due autori riguardo le loro fonti per il periodo omayyade19.

20 Cfr. Pines 1971, 27.
21 Whealey 2008, 578 e 2016, 351.
7Secondo Pines il Testimonium di Michele sarebbe stato composto utilizzando parti della Historia Ecclesiastica di Eusebio e parti della versione Testimonium preso dalla fonte siriaca di Agapio20; invece è plausibile che i Testimonia di Agapio e Michele derivino da una stessa fonte comune siriaca che è stata riportata verbatim da Michele, mentre Agapio ha ritenuto opportuno ricorrere ad una parafrasi abbreviata, ma entrambi gli autori hanno estratto parti dalla Historia Ecclesiastica per coprire il periodo che va dalla Creazione al 780 d.C.21

8Per quanto concerne gli elementi in comune che i due testi condividono si segnalano il riconoscimento di Gesù come messia e la sua morte in croce.

22 La radice sbr nelle diverse varietà di aramaico, nella forma base, assume il significato di “dedurr (...)
23 Whealey 2008, 581 e 2016, 352.
9Come già annotato la versione siriaca riporta l’espressione “si pensava che egli fosse il Cristo”, mentre quella araba “e forse lui è il Cristo”. Occorre sottolineare che a quel tempo una consistente parte di autori medievali leggeva solo letteratura scritta in greco e probabilmente la fonte originaria dei due Testimonia sarebbe stata redatta in greco riportando nel punto in questione una frase simile a “si pensava che egli fosse il Cristo”; inoltre il participio singolare maschile siriaco di forma ethpe‘al ܡܣܬܒܪܐ “si pensa”22 identificherebbe una connotazione scettica e non usuale da parte di un vescovo cristiano medievale, come Michele, nei confronti dello status di Messia di Gesù. Se la fonte originaria greca riportava realmente una frase similare, con il verbo ἐνοµίζετο “si pensava” (come in Lc. 3, 23), allora ciò rafforzerebbe l’affermazione di Origene secondo la quale Flavio Giuseppe non credeva in Gesù come messia23.

24 Pines 1971, 31-32.
10Per quanto concerne la menzione della crocifissione e della morte di Gesù, si nota che i due testi fanno un riferimento più esplicito24, infatti Agapio riporta:

و كان فيلاطس قضى عليه بالصلب و الموت

“Pilato lo ebbe condannato alla croce e alla morte”,

11Michele invece scrive:

ܠܡܗܡ ܒܪܫܐ ܕܨܠܝܒܐ ܘܡܥܬ ܝܗܒܗ ܦܝܠܜܘܣ

25 Letteralmente il passo siriaco riporta “Pilato ha posto sulla testa la croce”.
“Pilato lo ebbe condannato alla croce ed egli morì”25.

26 Pines 1971, 30.
12Non esiste un parallelo di tale aggiunzione in altre precedenti traduzioni greche o latine del Testimonium così come risulta inverosimile che ‘la condanna di Pilato’ facesse parte di un precedente Testimonium originario; inoltre non vi è ragione del perché un autore siriaco, tra il IV-V secolo e l’epoca di Michele, abbia inserito tale avvenimento dato che esso è già incluso nel textus receptus 26.

13L’intenzione è allora quella di rileggere il testo greco e condurre un’analisi filologica, confrontando il lessico ivi impiegato con quello dei testi in arabo e in siriaco. Astraendo da considerazioni più propriamente dottrinali o più semplicemente correlate con visioni religiose, potremmo forse aggiungere qualche dato ulteriore per comprendere la reale natura di questa controversa testimonianza.

27 B. Niese (ed.), Flavii Iosephi opera. Berlin, 1890.
14Il Testimonium di Flavio Giuseppe si presenta nel modo seguente27:

Γίνεται δὲ κατὰ τοῦτον τὸν χρόνον Ἰησοῦς σοφὸς ἀνήρ, εἴγε ἄνδρα αὐτὸν λέγειν χρή: ἦν γὰρ παραδόξων ἔργων ποιητής, διδάσκαλος ἀνθρώπων τῶν ἡδονῇ τἀληθῆ δεχοµένων, καὶ πολλοὺς µὲν Ἰουδαίους, πολλοὺς δὲ καὶ τοῦ Ἑλληνικοῦ ἐπηγάγετο: ὁ χριστὸς οὗτος ἦν. καὶ αὐτὸν ἐνδείξει τῶν πρώτων ἀνδρῶν παρ᾽ ἡµῖν σταυρῷ ἐπιτετιµηκότος Πιλάτου οὐκ ἐπαύσαντο οἱ τὸ πρῶτον ἀγαπήσαντες: ἐφάνη γὰρ αὐτοῖς τρίτην ἔχων ἡµέραν πάλιν ζῶν τῶν θείων προφητῶν ταῦτά τε καὶ ἄλλα µυρία περὶ αὐτοῦ θαυµάσια εἰρηκότων. εἰς ἔτι τε νῦν τῶν Χριστιανῶν ἀπὸ τοῦδε ὠνοµασµένον οὐκ ἐπέλιπε τὸ φῦλον.

28 Traduzione italiana di Moraldi 2006, 1116-1117. Un’altra traduzione, da prendere in considerazione, (...)
Allo stesso tempo, circa, visse Gesù, uomo saggio, se pure uno lo può chiamare uomo; poiché egli compì opere sorprendenti, e fu maestro di persone che accoglievano con piacere la verità. Egli conquistò molti Giudei e molti Greci. Egli era il Cristo. Quando Pilato udì che dai principali nostri uomini era accusato, lo condannò alla croce.
Coloro che fin da principio lo avevano amato non cessarono di aderire a lui. Nel terzo giorno, apparve loro nuovamente vivo: perché i profeti di Dio avevano profetato queste e innumeri altre cose meravigliose su di lui. E fino ad oggi non è venuta meno la tribù di coloro che da lui sono detti Cristiani28.

29 Pines 1971, 14.
15Testo arabo di Agapio29:

و كذالك يوسيفوس العير اني فلنه قال فيميامره التي كتبها عل تدبير اليهود: انه كان هذا الز مان رخل حكيم يقال له ايسو ع و كانت له سيرة حسنة و حلم انه فاضل و انه تتلمذ له كثير من الناس من اليهود و ساتر الشعوب و كان فيلاطس قضى عليه بالصلب و الموت و الذين تتلمذو ا له لم يتركو ا تلمذته و ذكرو ا انه ظهر لهم نعد ثلثة ايام من طلبه و انه عاش فلعله هو المنسيح الذي قالت عنه الانبياء الاعاجيبب

30 Il verbo ذكر significa principalmente “ricordare”, “tenere a mente, ricordarsi”, quindi “riportare” (...)
Così Giuseppe l’ebreo disse, nei suoi trattati, di aver scritto sull’amministrazione dei Giudei: a quel tempo c’era un uomo saggio chiamato Gesù. E la sua condotta era buona ed era conosciuto come un uomo virtuoso. Molte persone tra gli ebrei e tra le altre nazioni divennero suoi discepoli. Pilato lo ebbe condannato alla croce e alla morte. E coloro i quali divennero i suoi discepoli non abbandonarono il suo discepolato. Loro ricordarono30 che Egli apparve a loro tre giorni dopo dalla sua crocifissione ed era vivente; e forse Egli è il Cristo di cui i profeti riportarono i prodigi.

31 Whealey 2008, 589.
16Testo siriaco di Michele il Siro31:

ܕܒܗܠܝܢ ܙܒܙܐ ܐܝܬ ܗܘܐ ܓܒܪܐ ܚܕ ܚܟܝܡܐ ܕܫܡܗ ܝܫܘܥ . ܐܢ ܘܠܐ ܠܢ ܕܓܒܪܐ ܢܩܪܝܘܗܝ
ܐܝܬܘܗܝ ܗܘܐ ܓܝܪ ܣܥܘܪܐ ܕܥܒܕܐܵ ܫܒܝܵܚܐ ܘܡܠܦܢܐ ܕܫܪܪܐ . ܘܠܣܓܝܵܐܐ ܡܢ ܝܘܕܝܵܐ ܘܡܢ ܥܡܡܵܐ
ܬܠܡܕܘ . ܡܣܬܒܪܐ ܕܡܫܝܚܐ ܐܝܬܘܗܝ ܗܘܐ . ܘܠܘ ܐܝܟ ܣܗܕܘܬܐ ܕܪܝܫܢܘܗܝ ܕܥܡܐ ܡܛܠܗܕܐ . ܝܗܒܗ
ܦܝܠܛܘܣ ܠܡܣܒܪܫܐ ܕܨܠܝܒܐ ܘܡܝܬ ܘܗܢ ܘܢ ܕܝܢ ܕ ܐܚܒܘܗܝ ܠܐ ܫܠܝܘ ܡܢ ܚܘܒܗ . ܐܬܚܙܝ ܠܗܘܢ ܡܢ
ܒܬܪ ܓ ܝܘܡܵܝܢ ܟܕ ܚܝ . ܢܒܝܵܐ ܓܝܪ ܕܐܠܗܐ ܘܕܐܝܟ ܗܠܝܢ ܐܡܪܘ ܥܠܘܗܝ ܬܡܝܗܵܬܐ . ܘܥܕܡܐ ܠܝܘܡܢܐ
ܠܐ ܡܓܪܕܐ ܥܡܐ ܕܟܪܣܛܝܢܐ ܕܡܢܗ ܘܥܕܡܐ ܐܫܬܡܗ.

32 Il termine ܣܥܘܪܐ significa “colui che fa, che opera” dalla radice s‘r “to perform an action, to act (...)
In quei tempi c’era un uomo saggio chiamato Gesù. Se è corretto per noi chiamarlo uomo. Poiché egli era colui il quale compieva32 opere gloriose ed era il maestro della verità. Molti tra i Giudei e tra le nazioni divennero suoi discepoli. Si pensava che egli fosse il Messia. Ma non secondo la testimonianza del capo della (nostra) nazione. Pilato lo ebbe condannato alla croce ed egli morì. E coloro i quali lo hanno amato non hanno smesso di amarlo. Apparve a loro dopo tre giorni vivente. Di certo i profeti di Dio parlarono di lui di cose meravigliose. E fino a (quel) giorno non fu assente il popolo dei Cristiani che fu nominato dopo di lui.

33 Sul greco di Flavio Giuseppe cfr. in particolar modo Feldman 1984, 830-831 (26.10: Josephus’ Gramma (...)
17Linguisticamente parlando il senso del passo greco è abbastanza chiaro e riflette lo stile di Flavio Giuseppe33. Dopo una breve introduzione nella quale si parla della straordinaria importanza della figura di Gesù, si passa direttamente al fatto principale riguardante la vita di costui: la crocifissione, la morte e la resurrezione.

18Proprio il dato storico riferibile alla resurrezione è in questa sede il punto sul quale sarà focalizzata maggiore attenzione. La pericope in questione è la seguente: ἐφάνη γὰρ αὐτοῖς τρίτην ἔχων ἡµέραν πάλιν ζῶν “nel terzo giorno, apparve loro nuovamente vivo”.

34 Sulle anomalie narrative del Testimonium vd. Hopper 2014, 151 e sgg.
35 In particolar modo, nel Vangelo di Luca, l’episodio di Emmaus manifesta particolari coincidenze col (...)
36 LSJ, 749-750.
19Si tratta di una sintetica espressione che per la sua struttura ha suscitato non poche perplessità34. L’impiego del verbo ἔχω “io ho” sembra alquanto curioso. Per quale motivo impiegare questa espressione per indicare la resurrezione nel terzo giorno? Si è voluto vedere in questa costruzione una eco del testo evangelico di Luca (24: 18-27)35 nel quale, in riferimento alla resurrezione, si dice esplicitamente: τρίτην ταύτην ἡµέραν ἄγει “sono passati tre giorni”. Alcuni studiosi hanno sottolineato come l’uso del verbo ἔχω nel Testimonium Flavianum sia ambiguo, ovvero non renda un significato appropriato per quanto si voleva dire. In effetti, si tratta di un usus scribendi particolare, ma non incomprensibile; è ovvio che il verbo ha qui il valore intransitivo, con il significato di “trovarsi, esserci”36, e che quindi il senso della frase sia semplicemente quello di indicare che il Cristo “era davvero vivente nel terzo giorno” e non rappresentava una semplice visione. Da un confronto con i testi arabo e siriaco si nota che Gesù fosse già risorto dopo tre giorni, infatti in Agapio leggiamo: و انه عاش “ed egli è vivente” in cui عاش rappresenta il participio attivo del verbo “vivere”, quindi “vivente”; mentre in Michele: ܚܝ ܟܕ “mentre è vivente”, anche qui con il participio attivo del verbo “vivere”, ma rafforzato dalla particella ܟܕ “mentre”.

20Astraendo dunque da questa presunta difficoltà lessicale, parrebbe più opportuno soffermare l’attenzione sull’uso del verbo φαίνω, qui nella forma dell’aoristo II intransitivo.

21Il significato è chiaro: Gesù apparve di nuovo vivente nel terzo giorno.

22Un primo confronto può essere condotto con le versioni siriache ed araba del Testimonium. Nella versione siriaca della Historia Ecclesiastica di Eusebio (1.11.8) leggiamo:

ܓܝܪ ܡܢ ܒܬܪ ܬܠܬܐ ܝܘܡܵܝܢ ܬܘܒ ܟܕ ܚܙ ܐܬܚܙܝ ܠܗܢ

“…infatti apparve a loro dopo tre giorni di nuovo vivente”;

parallelamente nella cronaca di Michele il Siro (4.91) troviamo un’espressione quasi identica alla precedente:

ܐܬܚܙܝ ܠܗܢ ܡܢ ܒܬܪ ܓ ܝܘܡܵܝܢ ܟܕ ܚܝ

“ … apparve a loro dopo tre giorni vivente”.

37 Sokoloff 2009, 438. La forma ’ethpa‘el rende il passivo, dunque il verbo andrebbe tradotto come pri (...)
38 Cfr. exempli gratia Es 3, 2 e 1Re 18, 1 in Peshiṭtā.
39 Dalla stessa radice ḥzy in siriaco si ricava il sostantivo ḥzayā “vista, visione” che traduce il gr (...)
40 Sokoloff 2009, 160-161. La radice significa “apparire, alzarsi oltre, alzarsi al di sopra di”.
41 MDGes, 333-334 e KAHAL, 157-158
42 Cfr. DNWSI, 357-361.
23Notiamo subito che, a fronte di una sostanziale convergenza con il testo greco, è proprio la forma verbale che indica la presenza improvvisa del Cristo in mezzo ai viventi che assume un valore affatto differente. Se in greco possiamo leggere ἐφάνη, in siriaco troviamo la forma ’ethpa‘el del verbo ḥzy “vedere”37. Però, la presenza in siriaco della particella ܠ “a, verso, per” dopo il verbo in questione tende a mutare il significato originario di “fu visto” con “apparve a”38, dunque “apparve a loro” sottintendendo che “fu visto da loro” come una visione39. L’apparizione improvvisa invece viene indicata in siriaco dalla radice blq40. Da un confronto con altre lingue semitiche come l’ebraico, in quest’ultima ḥazah significa proprio “vedere, osservare, percepire”, verbo talvolta adoperato anche per identificare la reale esperienza di una presenza divina come in Es 24, 11 e Gb 19, 26, da cui ḥazōn “visione”41; la radice *ḥzy trova un riscontro, con lo stesso significato originario e primario di “vedere”, anche nelle altre varietà di aramaico42.

24Sulla base di ciò, tale differenza potrebbe sembrare insignificante, ma, ad uno sguardo più attento, non sfuggirà che una cosa è affermare che il Cristo “apparve”, altra è dire che lo stesso “fu visto” dai suoi discepoli, poiché l’esperienza sensoriale è assolutamente differente. Nel primo caso l’agente, il Cristo, sembra incarnare una visione, è il medesimo che si presenta al cospetto altrui; nel secondo, invece, tutto il significato verbale è spostato sui discepoli che hanno l’esperienza materiale di vedere, verificare, la presenza del Cristo tra loro poiché si è manifestato come apparizione, visione. Non è escluso dunque che la traduzione siriaca abbia cercato di sanare, in itinere, quella che poteva apparire ad un cristiano un’aporia, ovvero ridefinire l’esperienza che i discepoli avevano fatto di fronte al Cristo risorto: era vivente, lo videro, lo sperimentarono!

25Tutt’altro se si trattava di un’apparizione: in ultima analisi, colui che era apparso, allo stesso modo poteva scomparire. La sensazione dell’ ‘apparire’ è molto più sfumata e ha un significato meno concreto di quella del ‘vedere’.

26Arriviamo dunque all’ultima versione del Testimonium che fornisce Agapio in lingua araba: وذكروا انه ظهر لهم بعد ثلثة ايام من صلبه وانه عاش “… e ricordarono che Egli apparve a loro dopo tre giorni dalla sua crocifissione ed era vivente”

43 La radice araba in forma base può significare: “essere o diventare visibile, percepibile, manifesto (...)
44 Se si pone in confronto con l’ebraico ṣohar “essere brillante, luminoso, chiaro”, la radice origina (...)
45 Sui vari significati ed accezioni del verbo φαίνω cfr. LSJ, 1912-1913.
27In questo caso, trattandosi di una versione riassunta, l’autore tende a mantenere il verbo originale, impiega, infatti, il verbo arabo ẓahara “apparire, mostrare/mostrarsi”43. Qui troviamo in arabo un verbo che originariamente aveva il significato di “brillare, portare alla luce”, quindi “mostrare”44 esattamente come indica φαίνω “recare alla luce, portare alla luce, mostrare, splendere, brillare, apparire, comparire”45

28È presumibile che l’uso del verbo φαίνω debba dunque mantenersi nell’accezione usuale per l’aoristo intransitivo. Si tratta allora di un dato forse da non sottovalutare, specialmente se confrontato con gli analoghi racconti presenti nella letteratura coeva o di poco anteriore all’età di Flavio Giuseppe.

46 Sull’uso di φαίνω nelle fonti vd. Rusconi 2013, 405 nonché Thayer 1889, 647-648.
47 In Mt 28, 17 apparizione agli undici discepoli in Galilea: καὶ ἰδόντες αὐτὸν “e lo videro”; in Mc 1 (...)
29Da una ricognizione su tutte le fonti evangeliche, canoniche e apocrife, e sul corpus paolino46 non esiste un’espressione simile riferita all’esperienza che i discepoli e gli altri fecero del Cristo risorto. I verbi usati sono altri, infatti, Gesù ‘si rende noto’, ‘giunge’ o ‘viene visto’47, forse proprio per il fatto che si voleva assolutamente evitare ogni confusione tra il Cristo vivente e risorto e le immagini di visioni presenti nell’Antico Testamento o nella letteratura pagana. Del resto l’uso di φαίνω con il significato di apparire in visioni è ben testimoniato nei Vangeli (Mt 1: 20; 2: 13) e quindi, se gli autori avessero voluto impiegarlo in relazione al Cristo avrebbero potuto; ma non l’hanno fatto, proprio perché tale verbo racchiude un significato improprio per quanto rappresentato dal loro maestro che, vivente, dimostrava la veridicità della loro fede.

48 Per una disamina approfondita dell’evoluzione epifanica vd. Mitchell 2004, in particolare pp. 186-1 (...)
49 il 15º giorno del mese di Tybi dell’antico calendario alessandrino, che corrisponderebbe al nostro (...)
50 Sul significato e la storia dell’Epifania vd. Kyrtatas 2004.
51 In 2Ts 2, 8 indica la manifestazione legata alla parusia di Gesù; 1Tm 6, 14; in 2Tm 1, 10 e Tt 2, 1 (...)
30Probabilmente qui l’introduzione, nella fede cristiana, dell’epifania ha giocato un ruolo nella costruzione letteraria del passo. Il termine epifania, dal greco ἐπιφαίνω “mi rendo manifesto”, indicava nel mondo greco antico la ‘manifestazione’, l’ ‘apparizione’ delle divinità per poi assumere nel cristianesimo il significato della manifestazione di Gesù ai popoli di tutto il mondo. Il concetto cristiano di epifania era già insito nella missione divulgativa dell’apostolo Paolo; la nozione ha subito un’evoluzione trasformandosi nella ‘manifestazione’ divina evangelica, ossia Paolo, da inviato, proclamava che Gesù era εἰκὼν τοῦ θεοῦ “immagine di Dio”, mettendo in moto forme di mediazione della presenza divina che nei primi Cristiani si fondavano sui viaggi apostolici e sui testi e in queste due forme si annunciava il luogo dove poter ‘incontrare’ la presenza divina48. La prima celebrazione, il 6 gennaio49, è avvenuta nel tardo II secolo allorché le prime comunità cristiane di Alessandria di Egitto celebrarono la Natività di Gesù Cristo, e con essa anche l’Epifania come la ‘manifestazione del Signore al mondo’. Fino all’introduzione nei primi anni del IV secolo, da parte della Chiesa di Roma, del 25 dicembre come festa della Nascita di Gesù, la stessa veniva celebrata insieme al Battesimo50. Inoltre, la parola epifania non compare mai nei Vangeli (tranne che sotto forma di verbo in Lc 1, 79), ma in altri documenti del Nuovo Testamento51. Non si esclude che l’uso di φαίνω nel Testimonium abbia risentito dell’influenza del concetto di epifania ormai radicato nell’interpolatore cristiano che avrebbe messo mano al Testimonium poiché un ebreo come Flavio Giuseppe non avrebbe mai potuto concepire la ‘manifestazione’ di Gesù come ‘apparizione’ divina.

31Tornando al testo, si è detto che una tale forma verbale non è mai impiegata in racconti sulla resurrezione; ma in realtà un esempio ci sarebbe, ma fa parte dei versetti dell’ultimo capitolo del Vangelo di Marco, oggi unanimamente ritenuti un’aggiunta posteriore non originale.

Nello specifico a 16: 9 leggiamo:
[[Ἀναστὰς δὲ πρωῒ πρώτῃ σαββάτου ἐφάνη (corsivo e grassetto mio) πρῶτον Μαρίᾳ τῇ Μαγδαληνῇ, παρ’ ἧς ἐκβεβλήκει ἑπτὰ δαιµόνια.

“Risuscitato al mattino nel primo giorno dopo il sabato, apparve prima a Maria di Magdala, dalla quale aveva cacciato sette demoni”.

52 Sull’aggiunta al vangelo di Marco cfr. Metzger 1971, 122-126; Metzger 1987, 269-270; Edwards 2002, (...)
32L’uso verbale è identico: il Cristo risorto apparve per primo a Maria di Magdala. Una simile espressione non solo somiglia molto a quella del Testimonium, ma sembra realmente un’aggiunta fatta in un secondo momento per completare un testo che si riteneva mancante del dettaglio principale, quello caratterizzante la fede dei Cristiani52. Tale aggiunta, tuttavia, pare anche più superficiale, meno ragionata rispetto alla comprensione profonda dell’evento storico che riguardava la resurrezione del Cristo.

33Poiché ovviamente è da ritenere che una simile appendice sia stata inserita in ambito cristiano, pur se in maniera cursoria e probabilmente ricollegabile alla tradizione orale, potremmo avanzare un’ipotesi di lavoro riguardo al passaggio del Testimonium che abbiamo analizzato.

53 Aland-Aland 1987, 69, 227.
34La critica data i versetti 9-11 del capitolo 16 di Marco ad un periodo che può essere collocato tra il primo quarto e la metà del II secolo53, ovvero dopo la pubblicazione delle Antichità giudaiche di Flavio Giuseppe.

35Il Vangelo di Marco era tra i più letti e utilizzati in ambito siro-palestinese almeno fino al VI secolo; potremmo allora ipotizzare che, traendo spunto dal versetto 9 del capitolo 16, un interpolatore cristiano abbia inserito nell’opera di Flavio Giuseppe il passo in questione?

Conclusioni
54 È anche pur vero che Flavio Giuseppe, nei primi 11 libri delle Antiquitates, cita più volte l’Epifa (...)
36Tornando alla problematica suscitata sulla totale o meno falsificazione del Testimonium di Flavio Giuseppe, il passaggio è stato inizialmente citato verbatim da Eusebio che lo ha utilizzato per i suoi propositi apologetici anti-pagani. Il testo è tutt’ora oggetto di critica ed è stato etichettato come ‘interpolato’ sin dal XVI secolo, focalizzando l’attenzione principalmente sul fatto che l’espressione “questi era il Cristo” non poteva essere originale nel textus receptus e comunque non poteva essere stata concepita da un non cristiano come Flavio Giuseppe; inoltre il ritrovamento di una traduzione siriaca contenente l’espressione utilizzata da Girolamo “si pensava che egli fosse il Messia” (“credebatur esse Christus”) nonché di un altro testo semitico, quello arabo di Agapio, in cui si trova la frase “forse egli è il Messia”, ha alimentato l’ipotesi secondo la quale ci doveva essere stato un precedente e originale testo greco che contenesse un’espressione similare sullo status di Messia di Gesù e di conseguenza che il Testimonium di Flavio Giuseppe è stato interpolato, anche se parzialmente, da un cristiano che è ‘intervenuto’ in quelle parti fondamentali del credo cristiano, ossia morte e resurrezione di Gesù. Un altro dato a supporto della falsificazione del testo emerge se si analizza l’uso e il significato di φαίνω, anche in comparazione con le successive versioni siriache e araba, nel Testimonium. Sembrerebbe evidente che la nozione di epifania abbia realmente creato le condizioni per utilizzare φαίνω in relazione alla manifestazione di Gesù come divinità e si sa che l’epifania non poteva di certo essere una concezione veritiera per un giudeo come Flavio Giuseppe54. I versetti 9-11 del capitolo 16 di Marco sarebbero ancora una volta la prova che un interpolatore cristiano abbia voluto inserire nel textus receptus una concezione della manifestazione di Gesù, utilizzando proprio Marco, e rendere ancora di più ‘cristiano’ il Testimonium. La questione secondo la quale nelle versioni siriache e araba si utilizzano verbi che hanno il significato principale di ‘vedere’, ‘rendersi visibile’, ‘mostrarsi’ per tradurre φαίνω potrebbe essere spiegata col fatto che nei Vangeli Gesù non viene descritto come colui che ‘appare’, nel senso specifico di φαίνω, ma sostanzialmente egli ‘giunge’, ‘viene visto’, ‘si mostra’. Pertanto si tratta di resurrezione o di visione del Cristo? L’interpolatore cristiano ha voluto quindi inserire un dato significativo: Gesù è già risorto ed è stato visto, si è mostrato ai suoi discepoli; così facendo l’interpolatore avrebbe narrato l’evento in parallelo a quanto descritto nei Vangeli, ma avrebbe preso spunto dagli ultimi versetti di Marco per inserire il verbo ‘necessario’ alla ‘visione’ di Cristo, ossia φαίνω che sottolinea la definitiva e necessaria ‘apparizione’ di Cristo.

55 Olson 1999.
56 Baras 1987, 340.
57 Van Voorst 2000, 97.
37Stando a tali riflessioni, ci si chiede pertanto quando sia avvenuta questa interpolazione. Secondo K. Olson il Testimonium sarebbe stato falsificato interamente da Eusebio55, mentre per Z. Baras il Testimonium sarebbe stato manomesso prima di Eusebio; secondo questi Origene vide il Testimonium originale, che non riportava quotazioni negative su Gesù, e l’interpolazione sarebbe quindi avvenuta in un arco di tempo che va da Origene a Eusebio56 (II-III secolo ?). Della stessa opinione è E. Van Voorst57.

38Forse l’uso di una forma verbale è troppo poco per ipotizzare la reale genesi di un passo così tormentato e discusso come il Testimonium, ma è comunque non improprio tenere conto anche di questa difficoltà ermeneutica che, trovando sostegno in altri elementi, storici o filologici, potrebbe in ultima analisi porre un altro piccolo tassello sulla via dell’interpretazione e della comprensione di quanto troviamo nelle Antichità Giudaiche.

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BIBLIOGRAPHIE
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NOTES
1 Per una bibliografia riguardante le questioni sollevate dalle numerose interpretazioni del passo cfr. Bell 1976, 16-22; Meier 1990, 76-103; Olson 1999, 305-322; Bardet 2002; Whealey 2003 e Whealey 2016 con ricca bibliografia; Bermejo-Rubio 2014; Dettwiler 2017.

2 Ad esempio, L. Feldman ha pubblicato tra il 1937 e il 1980 almeno 87 articoli nella maggioranza dei quali mette in dubbio la totale o parziale autenticità del Testimonium (vd. Feldman-Hata 1989, 430 e Feldman 2011, 11-30).

3 Van Voorst 2000, 91-92.

4 Feldman-Hata 1987, 57. Alcuni padri della chiesa contemporanei o successivi a Eusebio, come San Basilio Magno, Cirillo di Alessandria, Sant’Ambrogio o Tommaso d’Aquino, non citano il Testimonium preferendo utilizzare altre opere di Flavio Giuseppe.

5 Comment. in Matt. X, 17: “…ὅτι, τὸν Ἰησοῦν οὐ καταδεξάµενος εἶναι Χριστὸν” “che Gesù non è accettato come Cristo”; cfr. anche XIII, 55, nonchè Contra Celsum 1, 47 e 2, 13.

6 Maier 2007, 336-337. Il fatto che nel Testimonium sia presente l’espressione “Questi era il Cristo” andrebbe contro l’ideologia di Flavio Giuseppe e probabilmente tale menzione è dovuta ad un’interpolazione cristiana, perché nessun ebreo avrebbe mai sostenuto che Gesù fosse il Messia.

7 In Ecc. Hist. I, 11. 7. L’opera, scritta in greco, a partire dal V secolo viene tradotta in latino e in siriaco e adoperata da autori tardo-antichi e medievali che citano il Testimonium traendolo direttamente dalla Storia ecclesiastica di Eusebio.

8 Il Testimonium di Girolamo è in De viris illustribus, 13, opera redatta circa nel 392.

9 Michele il Siro (1126-1199) fu il patriarca monofisita di Antiochia e la sua traduzione letterale del Testimonium si trova nella sua Cronaca IV, 91. La sua opera è stata editata da Jean-Baptiste Chabot (ed.), Chronique de Michel le Syrien, Patriarche Jacobite d’Antiche (1166-1199). Éditée pour la première fois et traduite en français I-IV. Paris,1899; 1901; 1905; 1910 con ristampe del 1963 e del 2010.

10 Whealey 2016, 347.

11 Si tratta di una versione ebraica, del X secolo, dei primi sedici libri delle Antiquitates tradotte in latino e del De excidio Hierosolymitanae urbis dello Pseudo-Egesippo.

12 Whealey 2016, 348.

13 Per una rassegna cronologica sulle controversie cfr. Whealey 2003, 73-119 e 121-168, nonché Whealey 2016. Tra le varie teorie vi è anche quella relativa all’ipotetica neutralità, del testo originario, nei confronti del Cristo. Della Vorlage del Testimonium intesa come un ‘Neutral Text’ se ne è occupato Bermejo-Rubio il quale ha indagato le differenti ipotesi relative alla natura del testo (Bermejo-Rubio 2014, 331-336) ritenendo che la supposizione di un testo originario neutrale non è convincente e che: «the original text must have been at least implicity negative» (vd. conclusioni a pp. 363-356).

14 Whealey 2016, 349. Flavio Giuseppe, in Antiquitates XX, 200, menziona Giacomo come il “fratello di Gesù, che era soprannominato Cristo”. Nella narrazione, l’episodio di Gesù è inserito in una serie di mali che condussero poi la nazione alla perniciosa ribellione contro Roma. Successivamente al passo relativo al Testimonium, Flavio Giuseppe cita un altro episodio negativo definendolo “un altro orribile evento” (Antiquitates XVIII, 65); ci si chiede se per lui originariamente la storia di Gesù era un deinon. Secondo alcuni studiosi la seconda menzione di Gesù rappresenterebbe un dato a favore del ‘Neutral Text’ del Testimonium anche se per Bermejo-Rubio tale ipotesi è poco convincente poiché il secondo riferimento a Gesù è considerato en passant in quanto il ‘focus’ del discorso è Giacomo (Bermejo-Rubio 2014, 336-337).

15 Vescovo melchita di Ierapoli Bambice (in arabo Bambiğ) in Siria. La sua opera si intitola Kitāb al-‘Unwān di cui le due edizioni principali sono quelle di Alexander Vasiliev (ed.), Kitab al-’Unvan/Histoire Universelle, écrite par Agapius (Maḥboub) de Membidj, Patrologia Orientalis, N. 5 (1910), 7 (1911), 8 (1912), 11 (1915) e di Louis Cheikho (ed.), Agapius Episcopus Mabbugensis. Historia Universalis, CSCO 65, 1912.

16 Per la versione araba Pines 1971, mentre per il confronto tra i due testi Whealey 2008.

17 Pines 1971, 33.

18 Whealey 2008, 587-588.

19 Un’altra cronaca siriaca, Cronaca del 1234, avrebbe utilizzato l’opera di Dionigi, ma non segue fedelmente Agapio e Michele per quanto concerne il I secolo e non include il Testimonium; ciò indicherebbe che Agapio e Michele avrebbero attinto da una precedente cronaca, per il I secolo, la quale è stata aggiunta alla versione di Agapio della cronaca di Teofilo di Edessa e alla versione di Michele della cronaca di Dionigi, ma non alla versione della Cronaca del 1234 della cronaca di Dionigi. Cfr. Whealey 2008, 576-577, nonché Conterno 2014, 22-23.

20 Cfr. Pines 1971, 27.

21 Whealey 2008, 578 e 2016, 351.

22 La radice sbr nelle diverse varietà di aramaico, nella forma base, assume il significato di “dedurre, riflettere”, “to expect; to reason”, quindi “pensare, capire”, mentre in forma ethpe‘al, in siriaco, “essere considerato, ritenuto essere”, “to be considered” (cfr. DNWSI, 775; Sokoloff 2009, 964-965).

23 Whealey 2008, 581 e 2016, 352.

24 Pines 1971, 31-32.

25 Letteralmente il passo siriaco riporta “Pilato ha posto sulla testa la croce”.

26 Pines 1971, 30.

27 B. Niese (ed.), Flavii Iosephi opera. Berlin, 1890.

28 Traduzione italiana di Moraldi 2006, 1116-1117. Un’altra traduzione, da prendere in considerazione, è fornita da Simonetti 2002, 412-413: “Visse in questo tempo Gesù, uomo sapiente, se pure lo si deve definire uomo. Operò infatti azioni straordinarie e fu maestro di uomini che accolgono con diletto la verità, e così ha tratto a sé molti Giudei e anche molti Greci. Egli era il Cristo. Anche quando per denuncia di quelli he tra noi sono i capi Pilato lo fece crocifiggere, quanti da prima lo avevano amato non smisero di amarlo. Egli apparve loro il terzo giorno di nuovo in vita, secondo che i profeti avevano predetto di lui tutto ciò e mille altre meraviglie. Ancora oggi sussiste il genere di quelli che da lui hanno assunto il nome di Cristiani”.

29 Pines 1971, 14.

30 Il verbo ذكر significa principalmente “ricordare”, “tenere a mente, ricordarsi”, quindi “riportare” un avvenimento.

31 Whealey 2008, 589.

32 Il termine ܣܥܘܪܐ significa “colui che fa, che opera” dalla radice s‘r “to perform an action, to act”, anche se in generale nelle varietà di aramaico assume come primo significato quello di “visitare”, “agire”. Cfr. DNWSI, 796.

33 Sul greco di Flavio Giuseppe cfr. in particolar modo Feldman 1984, 830-831 (26.10: Josephus’ Grammar), 819-820 (26.4: Josephus’ Language and Style) e 817 (26.3: Josephus’ Statements about this Knowledge of Greek). Per un aggiornamento successive vd. ancora Feldman 1986.

34 Sulle anomalie narrative del Testimonium vd. Hopper 2014, 151 e sgg.

35 In particolar modo, nel Vangelo di Luca, l’episodio di Emmaus manifesta particolari coincidenze col Testimonium di Flavio Giuseppe e tali occorrenze proverebbero che si possa essere trattato di un caso di coincidenza, ovvero che il Testimonium possa aver subito un’interpolazione cristiana sulla base di Luca o, come ultima ipotesi, che sia Flavio Giuseppe che Luca abbiano basato le loro descrizioni su affermazioni giudeo-cristiane che circolavano tra l’80-90 d.C. Per un’analisi sulla questione vd. Goldberg 1995.

36 LSJ, 749-750.

37 Sokoloff 2009, 438. La forma ’ethpa‘el rende il passivo, dunque il verbo andrebbe tradotto come primo significato “fu visto”.

38 Cfr. exempli gratia Es 3, 2 e 1Re 18, 1 in Peshiṭtā.

39 Dalla stessa radice ḥzy in siriaco si ricava il sostantivo ḥzayā “vista, visione” che traduce il greco εἶδος in 2Cor 5, 7.

40 Sokoloff 2009, 160-161. La radice significa “apparire, alzarsi oltre, alzarsi al di sopra di”.

41 MDGes, 333-334 e KAHAL, 157-158

42 Cfr. DNWSI, 357-361.

43 La radice araba in forma base può significare: “essere o diventare visibile, percepibile, manifesto”, “apparire, manifestarsi, mostrarsi” (Traini 1999, 874 e Lane 1863, 1926 e sgg.).

44 Se si pone in confronto con l’ebraico ṣohar “essere brillante, luminoso, chiaro”, la radice originaria *ṣhr significherebbe “far luce, illuminare” vd. Klein 1987, 542.

45 Sui vari significati ed accezioni del verbo φαίνω cfr. LSJ, 1912-1913.

46 Sull’uso di φαίνω nelle fonti vd. Rusconi 2013, 405 nonché Thayer 1889, 647-648.

47 In Mt 28, 17 apparizione agli undici discepoli in Galilea: καὶ ἰδόντες αὐτὸν “e lo videro”; in Mc 16, 12 nell’apparizione a due discepoli: ἐφανερώθη ἐν ἑτέρᾳ µορφῇ “e si rese manifesto sotto altra forma” (dal verbo φανερόω “render noto, chiaro, visibile, manifesto”); Lc 24, 15 Gesù si avvicina e non appare ai discepoli di Emmaus: καὶ αὐτὸς Ἰησοῦς ἐγγίσας συνεπορεύετο αὐτοῖς “ e lo stesso Gesù si avvicinò e si mise a camminare con loro”; Lc 24, 31: ἐπέγνωσαν αὐτόν “lo riconobbero”; Lc 24, 36 apparizione agli apostoli: αὐτὸς ἔστη ἐν µέσῳ αὐτῶν “Egli stette in mezzo a loro”; in Gv 20, 14 Maria Maddalena vede Gesù: καὶ θεωρεῖ τὸν Ἰησοῦν ἑστῶτα “e vede Gesù che stava lì”; in Gv 20, 19 Gesù non apparve ai discepoli, ma giunse in mezzo a loro: ἦλθεν ὁ Ἰησοῦς καὶ ἔστη εἰς τὸ µέσον “venne Gesù, stette in mezzo a loro”; in Gv 21, 1 nella terza apparizione ai discepoli: ἐφανέρωσεν ἑαυτὸν πάλιν ὁ Ἰησοῦς “Gesù si manifestò di nuovo”; in At 1, 3: οἷς καὶ παρέστησεν ἑαυτὸν ζῶντα “è a questi stessi apostoli che si era mostrato vivo”; ὀπτανόµενος αὐτοῖς “era apparso loro”(< παρίστηµι “mi colloco, mi presento, sono presente” e ὀπτάνοµαι “appaio, mi mostro”); 26, 16: ὤφθην σοι “ti sono apparso”, ma cfr. l’uso dell’aoristo passivo in Thayer 1889, p. 452, 5 “I was seen, showed myself, appeared”; in 1Cor 15, 5, 6, 7, 8: ὤφθη “fu visto” (aoristo di ὁράω “vedere, percepire, conoscere”).

48 Per una disamina approfondita dell’evoluzione epifanica vd. Mitchell 2004, in particolare pp. 186-191.

49 il 15º giorno del mese di Tybi dell’antico calendario alessandrino, che corrisponderebbe al nostro 6 gennaio.

50 Sul significato e la storia dell’Epifania vd. Kyrtatas 2004.

51 In 2Ts 2, 8 indica la manifestazione legata alla parusia di Gesù; 1Tm 6, 14; in 2Tm 1, 10 e Tt 2, 13 indica la manifestazione di Cristo nella carne. In At 2, 20 compare l’aggettivo ἐπιφανὴς “splendido, glorioso”.

52 Sull’aggiunta al vangelo di Marco cfr. Metzger 1971, 122-126; Metzger 1987, 269-270; Edwards 2002, 497-508; Schröter 2010, 272-295.

53 Aland-Aland 1987, 69, 227.

54 È anche pur vero che Flavio Giuseppe, nei primi 11 libri delle Antiquitates, cita più volte l’Epifania, parafrasando celebri episodi del Vecchio Testamento.

55 Olson 1999.

56 Baras 1987, 340.

57 Van Voorst 2000, 97.

 
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