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sono vari studi
I TITOLI IN BLU
Angelo Filipponi – Un' altra storia del cristianesimo
GLI ESSENI SECONDO FILONE E SECONDO FLAVIO
Quod liber sit quisquis virtuti studet
FILONE ALESSANDRINO
ESSENI e la cultura giudaica
QUOD OMNIS PROBUS LIBER SIT
PERI TOU PANTA SPOUDAION ELEUTHERON EINAI
Filone alessandrino
Ai miei amici Alighiero Massimi e Niceta Cosi,
Ciro Bove, Damiano De Angelis, Paolo De Maio
Emilio Di Vito, Enrico Gabrielli, Vittorio Norici ed Emilio Palermo
Gli esseni secondo Filone e secondo Giuseppe Flavio
Filone di Alessandria è il primo a parlare di Essaioi e a dare una sua spiegazione del nome.
Egli ne parla in Quod omnis probus 1nella parte centrale di un trattato sull’ o asteios il cittadino che, in quanto sophos, è giusto dikaios, e libero eleutheros, mentre per contrasto tratta di o phaulos stolto che, in quanto malvagio, essendo l’opposto del kalokagathos, non avendo le virtù del buono, non è libero né consegue la eudaimonia.
Filone ne parla anche agli inizi di De vita contemplativa mettendo in relazione la vita degli esseni e quella dei terapeuti, proponendo due sistemi positivi, uno prapticos ed uno theorikos, mettendo in evidenza ESSAIOON1, in prima sede e facendo l’anastrofe di peri: Essaioon peri dialekhtheis, oi ton praptikon ezhlosan kai dieponhsan bion en apasin…autika kai peri toon theoorian aspasamenoon… ta prohkonta lecsoo / Finora abbiamo parlato degli esseni che, in gara praticano meglio di tutti la vita attiva…ma ora dirò quelle cose che bisogna dire sugli uomini dediti alla contemplazione…
In questa opera chiaramente l’alessandrino vuole mostare due diversi tipi di vita, l’uno esclusivamente giudaico praptikos, l’altro, theorikos , katolikos, universale mettendo,dunque, i principi ideali pratici e contemplativi in opposizione2.
Il suo è un metodo filosofico sincretistico ed eclettico3 che sottende una coscienza civile romano-ellenistica ben fusa con quella ebraica alessandrina.
La fusione perfetta tra paidea ellenistica e musar giudaica comporta una scelta politica di integrazione nel kosmos imperiale romano del giudaismo, che ha conseguito nel corso del regno della domus giulio-claudia, una supremazia commerciale sui greci e sugli stessi latini tanto da risultare dominante sia in Oriente che in Occidente, odiosa per lo strapotere marittimo, coloniale, trapezitario.
Filone, dunque, esprime l’elitarismo della cultura giudaico-ellenistica che ha nella sua famiglia oniade la massima rappresentanza sia per la relazione fruttifera con gli erodiani, figli e nipoti di Erode il Grande 4 che con i sadducei del tempio di Gerusalemme .
La famiglia degli oniadi concorre per il primato sacerdotale coi sadducei in quanto erede di Onia IV figlio di Onia III, ultimo legittimo sommo sacerdote5, ed ha dalla propria parte gli esseni stessi6 , che pure aspirano a sostituire il sacerdozio templare indegno e corrotto.
Infine il giudaismo scismatico e sincretistico filoniano ha connessioni profonde anche con gli aramaici gerosolomitani e con quelli di Adiabene e di Mesopotamia e con la corte stessa di Artabano, che accorda la sua protezione al commercio interno del suo regno e che protegge ed autorizza i contatti, tramite il mare persico, con India , raggiunta da navi romane- su decreto di Augusto stesso- di proprietà di naucleroi alessandrini giudaici con la tratta Clisma/Arsinoe- Baricaza7
La persecuzione di Gaio Caligola mette a rischio non solo l’economia giudaica ma anche la stessa stirpe, senza distinzione tra aramaici ed ellenisti.
Il metodo filoniano, perciò, passa in secondo ordine rispetto alla priorità apologetica e alla polemica rispetto ai greci, ora preminenti nella città di Alessandria e in Roma stessa8.
A ciò si aggiunge la personale depressione di Filone dopo il progrom descritto in in Flaccum, che congiunge l’ esperienza della atimia giudaica universale al declassamento sociale e familiare, specie dopo l’imprigionamento dello stesso fratello Alessandro Alabarca e al minacciato sterminio della etnia giudaica, dopo la proclamata volontà di profanazione del Tempio e l’ektheosis caligoliana9.
Il phobos delle eschata e della fine giudaica fa da sottofondo a questa opera in cui l’autore cerca, comunque, di evidenziare la sua superiorità oniade e la propria integrazione nella coscienza della libertà di sophos e di greco, in una denuncia dei barbari aramaici, integralisti, mostrando la sua appartenenza alla megalopolis, civilis: Filone fa quello che farà un trentennio dopo, la boulè alessandrina che condanna a morte i sicari, venuti in cerca di protezione, dai confratelli, in ossequio alla volontà di Vespasiano vincitore.
La sua è,da una parte, rivendicazione con adesione all ’areté e all’idea platonica, come personale dichiarazione di filoromanità, fusa con quella degli elementi greci, che sono avversari ed oppositori alla sua etnia e,da un ‘altra è condanna degli esseni e degli zeloti antiromani , smodati nel loro integralismo ma contemporaneamente è tentativo di mostrarli come uomini pii, pacifici agricoli, non portatori di armi, tesi al puro esercizio, spirituale, come tanti altri uomini romano-ellenistici e stranieri, che tendono però alla libertà e all’eudaimonia e a Dio10 secondo un triplice schema prefissato quello di Philòtheos, philàretos, philanthroopos.
E’ dunque, un voluto equivoco, che si esprime proprio nelle antinomie e nelle antitesi, nelle opposizioni di termine, secondo processi retorici per una giustificazione, improponibile secondo la ratio latina11.
E’ lo scontro di due culture volutamente non evidenziato per phobos, data la superiorità militare romana e conosciuto il pericolo di una debacle con la dialettica greca: c’è dunque in Filone e poi in Flavio un dire e non dire, un tacere, un omettere, un marcare valori non universali, che risultano in seguito a seconda delle letture, utili per altre propagande.
L’opposizione al kosmos romano ellenistico è sottesa o velata nella disarmonia e nella non unitarietà dei gruppi essenici e nella loro varietà operativa, di cui si hanno prove nella coscienza profonda della superiorità dell’eletto da Dio e dei suoi diversi ed opposti valori rispetto all’etica dominante, derisa e condannata.
La rivendicazione sommo sacerdotale, poi vittoriosa sotto Erode Agrippa, con l’uso del sistema solare contro quello lunare templare, la scelta tradizionale agricola e comunitaria col rifiuto del commercio e dell’uso della moneta, la resurrezione dei corpi connessa con quella farisaica, la ricerca dell’eudaimonia terrena tramite l’askesis ed infine l’unione mistica con Dio non sono segni che possano conciliarsi in un animo che cerca la pietas/Threscheia religiosa, che tende alla perfezione divina in una volontà di sublimarsi continuamente, pur mantenendo l’animus barbarico immitis parto-mesopotamico, espressione di una condradizione profonda aramaica radicale e integralista che trova la forza di vivere nella cieca fiducia in Dio, nella gretta obbedienza al legalismo mosaico e nella santificazione del nome di Dio, in una giustificazione settaria del proprio martirio, in una selvaggia aggressione all’armonia cosmica dell’impero romano, pacificato in Occidente e in Oriente e quasi già fuso grazie al dominio illuminato della domus Giulio-claudia, che ha conseguito sulla terra la vita saturnia12 .
Comunque , il sistema adottato da Filone sia in De vita contemplativa che in Quod omnis probus potrebbe essere stato un geniale tentativo di anticipazione di autocondanna giudaica che si autopunisce per l’eccessivo grado di progresso economico e trapezitario conseguito a scapito delle altre etnie, in una revisione della propria storia, in una intuizione della necessità di ridimensionamento del proprio sistema emporico, in una volontà di ritorno alla società agricola secondo un modus graduale imposto forse dalla corte stessa, su pressioni di Antonia Minor13.
Insomma Filone, giudeo alessandrino oniade , ellenizzato capisce che il giudaismo ellenistico da una parte ha sconvolto ed ammalato il mondo occidentale, contaminandolo con la sua egemonia travolgente, esempio invidiato di ricchezza, data l’avidità giudaica , l’aischrokerdeia e l’immensa fortuna accumulata, grazie alla predilezione di Dio verso i suoi fedeli ma specie alla superiore organizzazione imprenditoriale.
Filone sa da un’altra che l’aramaismo predicato da Esseni e farisei è un cancro per la romanitas, date le continue sedizioni nel territorio romano di Iudaea, refrattaria ad ogni integrazione, nonostante la filoromanità dei sadducei e degli erodiani, la classe dominante, che schiacciano, insieme con i pubblicani, gli agenti del fisco imperiale, il piccolo e medio sacerdozio e il popolo gerosolomitano e palestinese intenzionati da sempre a federarsi col regno partico di Artabano14.
Filone cioè in Quod omnis probus vuole mostrare a tutti gli altri popoli facenti parte del kosmos imperiale non l’aspetto militaristico e l’integralismo di corpuscoli aramaici di Iudaea ma la spiritualità essenica come garanzia di un equilibrio e di una purezza del popolo mentre in Vita contemplativa vuole manifestare il fenomeno terapeutico come unico al mondo per l’ascesi graduale a Dio e la congiunzione con la divinità stessa,, come un sistema unico di vita nonostante il numero dei terapeuti sparsi non solo in Egitto ma in tutto il mondo, per meglio marcare la peculiarità giudaica ellenistica di conseguimento del massimo grado di teleiosis/ perfezione.
Dunque il theologos rassicura il mondo romano che la Iudaea ha esempi di purezza e di libertà proprio in quegli stessi esseni, che sono esempio di virtù per tanti popoli, e non possono essere considerati dai romani come santoni che aizzano il popolo alla guerra, fomentano il fenomeno degli zeloti , incrementano il numero, addestrandoli militarmente in nome di una patria, mesopotamica di origine, in una decisa volontà di unione con la federazione di stati partici, di lingua aramaica.
C’è in Filone una riflessione sulla necessità di ridimensionamento della fortuna giudaica, quasi una proposta alla boulè cittadina di frenare il progressivismo ellenistico commerciale e di lasciare spazio alla concorrenza delle altre etnie, visto il monopolio emporistico giudaico odioso agli altri popoli – come la fede nel Dio unico- nel quadro della lex imperiale romana universale?.
Insomma Filone, già sotto Caligola, comincia anticipatamente ad allinearsi verso le direttive che poi saranno definite nel decreto di Claudio con la lettera gli alessandrini quando ripristina il sistema giudaico azzerato dal nipote e vieta il proselitismo, fonte di eccessivo arricchimento per la stirpe giudaica, minacciando dure pene in caso di oltraggio alla fides altrui.15
Ora l’opera di Filone, se non viene ben inquadrata in questa situazione, da precisarsi in ogni termine, diventa estremamente equivoca, e il pensiero filoniano risulta volutamente offuscato, essendo di fronte ai problemi contingenti, incerto, ambiguo, falso, titubante, pencolante tra la sua filoromanità e la sua ebraicità, proprio perché evidenzia la dilacerazione dell’anima ebraica, da una parte, e la difficile ricerca, da un’altra, di conciliare ellenismo romano e giudaismo farisaico, in quanto la prassi contraddice la parola.
E’ inconciliabile il soggettivismo romano-ellenistico con l’oggettivismo aramaico collettivistico: solo con la costruzione della figura umano-divina di Christos, si è cercato di fondere l’inconciliabile, di conseguire l’ineffabile, precluso all’uomo creatura, grazie alla intermediazione dell’uomo-dio.
Noi dobbiamo staccarci dalla tradizione cristiana, erede della cultura classica soggettivistica, perché, seguendo Clemente, Origene e specie Eusebio, seguitiamo a cristianizzare un ebreo: è nostro dovere di storici mostrare la vera natura di giudeo di Filone, seppure oniade, ellenista e sincretista.
D’altra parte Alessandria del periodo 26-44 d.C. è, in effetti, città, dove l’elemento greco, riesce, grazie alla nuova politica imperiale, a limitare la supremazia giudaica, dapprima,e poi ad avere il sopravvento, definitivamente.
Dall’ esempio dei greci alessandrini viene un monito di ribellione a tutti i greci dell’ecumene romano, che aggrediscono selvaggiamente il giudaismo e ne scuotono la supremazia, come ben evidenzia Giuseppe Flavio nel XVIII, XIX e XX di Antichità Giudaiche e nel V, VI e VII libro di Storia Giudaica e In Apionem, dimostrando come, in ogni città ellenistica, i greci attaccano e limitano il potere giudaico, facendo stragi e come, perfino nel regno partico, contagiato, inizi lo stesso processo di annientamento, in un crescendo inarrestabile di massacri e di stermini.
La sua lettura, dunque, dell’ essenismo è in relazione non solo alla storia ebraica ma anche al kosmos romano e alla sua armonia, alla ricerca di una sua collocazione ora nel momento tragico caligoliano, quando la barca giudaica va a fondo, dopo l’atimia16.
La lettura dei due testi richiede una particolare competenza delle cose ebraiche, altrimenti si rischia di usare i termini solo filosoficamente .
Per prima cosa perciò , dato il presunto valore di venerabile ad Essaios, si deve chiarire e rilevare le varie letture fatte a seguito della specifica citazione di Filone Alesandrino che ha di mira esattamente la situazione storica caligoliana ed alcuni episodi tragici mostrati sia in in Flaccum che in Legatio ad Gaium, che in tutta opera di Peri toon aretoon 17.
Fatta questa premessa necessaria su Filone si può seguire come Flavio
consideri gli esseni in due epoche diverse in relazione all’episodio della sconfitta bellica e della distruzione del tempio prima e poi un ventennio dopo sotto Domiziano che sembra seguire l’esempio dispotico di Caligola, imitato anche nell’ektheosis18.
Gli esseni al tempo di scrittura di Storia Giudaica nel 74 sono stati sterminati, il tempio è stato distrutto e Vespasiano ha trionfato sula Iudaea capta ed ha imposto ai giudei di versare la doppia dracma al tempio, ora invece al fisco imperiale, a Roma: lo storico -scrittore aulico della famiglia flavia, sacerdote sadduceo, fariseo per scelta, fatto prigioniero ad Iotapata dopo una resistenza di 7 settimane all’esercito romano- liberato dalla schiavitù, mutato il nome di Giuseppe ben Mattatia in Giuseppe Flavio, dà una sua soggettiva versione utile per la costruzione dell’imperium flavio facendo una operazione di compromesso storico, di elogio del principato nuovo di Vespasiano e di nobilitazione, anche religiosa, della sua domus di origine sabina, servile.
Guerra giudaica è opera ancora zeppa delle lotte, sorte nel seno dell’ebraismo, stordito ed incapace di capire ancora la sconfitta militare e la fine del tempio, risuonante dei contrasti tra i superstiti per le reciproche accuse tra le diverse fazioni filoromane, compromesse a vari livelli19.
La prigionia personale, il periodo quasi quadriennale della schiavitù e l’affrancamento sono momenti contemporanei alla scrittura della varie fasi della disfatta giudaica esaminata da schiavo e da liberto, libero e riconoscente verso il suo ex padrone : c’è, comunque, la fierezza sacerdotale con il fanatismo, nonostante la sconfitta di un incaricato dal sinedrio gerosolomitano a proteggere e a governare militarmente la Galilea20.
Accanto a lui sono altri ebrei che accusano ed invidiano il suo presente stato di favorito e protetto dalla corte flavia, altri che hanno una visione opposta della storia giudaica o hanno dato una lettura apocalittica come Giusto di Tiberiade e suo padre Pistos, lesthai patrioti come Giovanni di Giscala, che pagano, dopo la detenzione in prigione, con la vita, la loro fede alla torah e a Dio.
All’ epoca della scrittura, dopo la distruzione del Tempio e il massacro degli stessi esseni ad opera di Vespasiano, i fatti non possono essere narrati secondo verità per come sono avvenuti né possono essere valutati oggettivamente essendo in gioco il favore dei vincitori che fanno scrivere la storia a loro vantaggio : Giuseppe Flavio è servo fedele del suo padrone Vespasiano e dei suoi figli, non può non spendere una parola a loro favore, non può non nascondere quanto di negativo hanno fatto in terra di Giudea col loro esercito: l’elogio prevale sulla serietà di racconto, la reticenza in caso di dubbio, c’è silenzio quanto si può nuocere al nomen imperiale.
Compito dello storico deve essere quello stesso degli scrittori augustei , (Livio e Nicola damasceno) in una celebrazione della dignità della domus Flavia al pari di quella, divina, Giulio-claudia.
Scrivendo, perciò, Guerra Giudaica, opera autorizzata dalla monarchia flavia, Flavio considera martures gli esseni, ma sottende al termine greco oltre alla testimonianza di fede religiosa anche un‘aureola di santità per uomini che hanno predicato la rivolta, la stasis, che hanno combattuto per la libertà giudaica dalla sopraffazione romana21.
La sua opera è molto criticata dai giudei che vivono a Roma come Giusto di Tiberiade anche lui storico, ma di fede diversa e seguace ora anche lui dei figli di Erode Agrippa I, cittadino di rango pretorio, oltre che re di Iudaea, la cui figlia Berenice è amante di Tito e il cui erede Agrippa II è uomo di grande rilievo nell’impero.
Perciò i due filoromani ben inseriti a Roma, pur se in diversi ruoli, Flavio come storico ufficiale, Giusto come segretario personale del figlio di Agrippa I, servono l’uno l’imperatore l’altro un principe ebreo, uno dei più fedeli alleati ed amico personale dei flavi, pur accapigliandosi per ragioni di difficile comprensione a distanza di secoli, anche se non lasciano capire gli stessi motivi del loro litigio e di uno scontro ideologico.
Probabilmente il diverso grado di reticenza e il silenzio su certi episodi tragici sono alla base delle questioni tra i due.
Pur avendo lavorato per anni su di loro non mi sembra di aver capito esattamente le ragioni dell’ aspra contesa fra i due che si risolve forse a tarallucci e vino specie perchè Flavio chiama Giusto un suo figlio20.
Comunque Flavio, scrittore aulico, non può non celebrare il martirio degli esseni anche se lo sottende con chiarezza e perfino ne ammira la morte nelle poche righe del II, 8.11,152, quando, senza nominare i carnefici Flavi, mostra i venerabili /augusti/sebastoi felici di morire per la patria, coscienti di essere poi onorati dalla toledot 22.
Perciò Flavio santifica gli esseni, ma considera lesthai gli zeloti, che insieme ai farisei e ai sicari e al popolo hanno voluto la guerra, a lungo scongiurata dai sadducei e dagli erodiani e l’hanno persa .
Sembra accomunare ai lesthai anche il gruppo nazireo di Giacomo il giusto, fratello di Gesù, fatto uccidere da Anano II, dopo un periodo di comando essenico di circa 26 anni.
Il parlare di Gaicomo, fratello di CHRISTOS , un giusto, un recabita, un baluardo del popolo, tamias del tempio in quanto custode del gazophulakion e forse un prostates di una metà di sacerdoti e leviti, addetti al servizio templare, è per lui una necessitas, quasi un dovere che però aumenta al confusione, aggroviglia a matassa ebraica da districare.
Anche se la figura di Giacomo descritta da Flavio23 è stata ritoccata, rimaneggiata varie volte, in tempi diversi, resta il fatto certo che i suoi seguaci secondo alcune frasi spurie, espulse dal testo, determinano con il loro integralismo, la distruzione del Tempio e che per il loro colpevole integralismo si arriva alla sconfitta nella guerra coi romani.
Al di là del reale pensiero di Flavio su Giacomo e i suoi naziroi o ouranioi24 in Guerra Giudaica manca la condanna degli esseni, anche se noti per l’antiromanità e per la loro predicazione avversa ai filoromani ai sadducei e agli erodiani.
Eppure Flavio, ex governatore di Galilea, conosce bene gli zeloti e i loro educatori esseni e perfino il luogo dove vive il gruppo ascetico dei 4000 e il rapporto culturale tra questi e gli aramaici di oltre Eufrate 25
Flavio non parla degli esseni, come maestri di pancrazio, ma lo sottende in quanto essi, avendo l’educazione dei giovani a loro assegnati come neofiti, ne facevano prima abili atleti abilitandolo inizialmente nel primo anno di attesa alla conoscenza del corpo, come difesa personale e come esercizio continuato. Probabilmente, specie nell’ imminenza della guerra, l’arte del pancrazio era basilare per la formazione fisica del giovane, destinato all’essenismo.
In Regola della guerra è scritto che nei tre anni di attesa si dia ancora valore al sacrificio e all’esecizio tecnico, ma solo il giorno precedente il sabato, vista la guerra secolare tra Roma e considerato il culto del sabato per i pii giudei del Qumran26.
Flavio, dunque, nasconde molto circa il reale significato dell’opera degli esseni: li ammira come comandante militare, li teme dopo il suo tradimento e il passaggio nell’ esercito romano che lo utilizza come interprete, li compiange alla loro morte, ma rimane saldo nel suo amore servile per i Flavi, al cui carro trionfale si è stretto, fiducioso nella clemenza e nella munificenza imperiale.
La romanitas e l’ellenizzazione vincono su una coscienza dilacerata e spingono all’eukairia/opportunismo congiunta con l’amor proprio sacerdotale elitario, che rinuncia all’ideale messianico e sposa il messianesimo vespasianeo, cioè quello di un messia venuto da Oriente per pacificare l’occidente nel caos della guerra civile tra Galba ed Otone tra Otone e Vitellio ed infine tra Vitellio e il vincitore dei Giudei. Vespasiano è il soter salvatore del mondo romano: questo lo storico aveva visto in sogno a Iotapata quando insieme ad un altro ebreo si arrese, proprio allora che dominava ancora Nerone, dopo il suicidio di massa dei difensori della fortezza, suoi concittadini.
La descrizione della morte degli esseni tradisce il narratore flavio, che ha commozione nel seguire le fasi della tortura e nel notare l’eroismo dei compatrioti, che sicuramente lo bollano come traditore.
La stessa commozione, mista ad ammirazione, è mostrata quando i sicari muoiono uccisi dai loro stessi parenti alessandrini che timorosi di incorrere nell’ ira dell’imperatore, sacrificano i fratelli per la loro incolumità e salvezza.
Non è una rinuncia alla sua fides ebraica , ma è un compromesso per sopravvivere, pur nel dolore della schiavitù: non c’è più il comandante, né il sacerdote ma c’è l’ebreo che tradisce anche la fides, pur di salvare se stesso, i propri figli e la propria stirpe di fronte alla romanitas vincitrice destinata da Dio all’impero universale, senza però flettere nella propria adesione al patto eterno con Jhwh, sempre cosciente della propria elezione27.
Dunque, la storia degli gli esseni, descritta da Flavio subito dopo la distruzione del tempio è quella che ora viene proposta come lettura da fare da questa angolazione del trauma ebraico e risulta molto diversa da quella successiva di epoca domizianea di Antichità giudaiche.
Quindi Filone in epoca caligoliana mostra due diversi esempi di perfezione di vita giudaica ed associa al contemplativo l’esseno evidenziando unitariamente il saggio giudeo libero, data la sua cultura spirituale, rispetto a chi stolto, senza la vera cultura filosofica, è schiavo perché è preda delle passioni.
Perciò, vede gli esseni come un exemplum non solo per l’ecumene greco-ellenistica ma anche per le altre culture come quelle del regno partico e di quello indiano dei Satavahana 28.
Flavio invece indica una sola via essenica ma la legge in modo diametralmente opposta, a seconda del momento storico che vive.
Ne parla sia in Guerra Giudaica che in Antichità giudaica XVIII,18-22
e chiama esshnoi quelli definiti da Filone essaioi
In Guerra Giudaica Giuseppe Flavio ne parla dopo una premessa obbligatoria sulla politeia romana nella sotto provincia di Iudaea (Giudea, Samaria ed Idumea) dipendente dalla provincia di Siria, anche se con un proprio prefetto, di rango equestre, Coponio, definito epitropos 29 stabilita da Augusto stesso dopo l’esautorazione di Archelao.
Questi ha il mandato di restaurare l’ordine in Giudea, di punire i capi della stasis rivolta cioè un certo Sadoc e Giuda il gaulanita, un dottore galilaico che ingiuria i connazionali perché pagano il tributo ai romani quando essi hanno un solo padrone, Dio e non un mortale.
Dopo questo preambolo, Flavio tratta delle 3 sette (aireseis) giudaiche preesistenti e considera Giuda fondatore della quarta airesis e specificamente, dopo aver trattato dei sadducei e dei farisei, parla degli esseni in questi termini:
8.2 Tre sono infatti presso i giudei le sette29 filosofiche, ad una appartengono i farisei – di una sono partigiani faziosi politici (airetistai) i Farisei – alla seconda i Sadducei, alla terza, che gode fama di particolare santità 30 quelli che si chiamano esseni, i quali sono giudei di nascita legati da mutuo amore (philallhloi) più strettamente degli altri. Essi respingono i piaceri come un male, mentre considerano virtù la temperanza ( then ..enkrateian) e il non cedere alle passioni. Presso di loro il matrimonio è spregiato31 e perciò adottano i figli degli altri quando sono disciplinabili allostudio32, li considerano persone di famiglia e li educano ai loro principi;non è che condannino in assoluto il matrimonio e l’aver figli , ma si difendono dalla lascivia 33 delle donne perché ritengono che nessuna rimanga fedele ad unosolo34
8,3. non curano la ricchezza ed è mirabile il modo come attuano la comunità di beni35 giacché impossibile trovare presso di loro uno che possegga più degli altri; la regola è che chi entra, metta il suo patrimonio a disposizione della comunità sì che in mezzo a loro non si vede né lo squallore della miseria,né il fasto delal ricchezza ed essendo gli averi di ciascuno uniti insieme, tutti hanno un unico patrimonio come tanti fratelli36
Considerano l’olio una sozzura 37 e se qualcuno involontariamente si unge pulisce il corpo: infatti hanno cura di tenere la pelle asciutta e di vestire sempre di bianco. Gli amministratori38 (epimeletai ) dei beni comuni vengono scelti mediante elezione e così pure da tutti vengono designati gli incaricati dei vari uffici.
8.4 Essi non costituiscono una sola città, ma in ogni città ne convivono molti39. Quando arrivano degli appartenenti alla setta da un altro paese essi mettono loro a disposizione tutto ciò che hanno come se fosse loro proprietà e quelli si introducono presso persone mai viste prima come se fossero amici di vecchia data40: perciò quando viaggiano, non portano con loro assolutamente niente, salvo le armi contro i briganti; in ogni città viene eletto dall’ordine un curatore dei forestieri, che provvede alle vesti e al mantenimento.
Quanto agli abiti e all’aspetto della persona somigliano ai ragazzi educati con rigorosa disciplina41 . Non cambiano né abiti né calzari se non dopo che i vecchi siano completmente stracciati o consumati dal tempo42. Fra loro nulla vendono o comprano43, ma ognuno offre quanto ha a chi ne ha bisogno e ne riceve ciò di cui ha bisogno lui: anche senza contraccambio è lecito a loro di prendere da chi vogliono.
8.5. Verso la divinità sono di una pietà particolare ; prima che si levi il sole non dicono una sola parola su argomenti profani, ma soltanto gli rivolgono certe tradizionali preghiere come supplicandolo di sorgere44. Poi ognuno vien inviato dal suo superiore al mestiere che sa fare e dopo aver lavorato con impegno fino alla quinta ora45 di nuovo si riuniscono insieme e, cintosi i fianchi, di una fascia di lino, bagnano il corpo in acqua fredda e dopo questa purificazione entrano in un locale riservato dove non è consentito entrare a nessuno di diversa fede, ed essi in stato di purezza si accostano alla mensa come ad un luogo sacro 46.
Dopo che si sono seduti in silenzio il panettiere 47 distribuisce in ordine i pani e il cuciniere 48 serve ad ognuno solo un piatto con una sola vivanda . Prima di mangiare il sacerdote pronuncia una preghiera e nessuno può toccare i cibo prima della preghiera ; così al principio e alla fine essi rendono onore a Dio come dispensatore della vita49
Quindi, deposte le vesti da pranzo, come paramenti sacri, tornano al lavoro fino a sera50. Al rientro mangiano allo stesso modo in compagnia di ospiti, se ve ne sono.
Mai un grido o un alterco disturba la quiete della casa , ma conversano ordinatamente, cedendosi scambievolmente la parola 51.
A quelli di fuori il silenzio di là dentro dà l’impressione di un pauroso mistero, mentre esso nasce da una continua sobrietà e dall’uso di mangiare e di bere fino ad non aver più fame o sete.
8.6 ogni cosa essi fanno secondo l’ordine dei superiori salvo due, in cui sono liberi di regolarsi da soli, l’assistenza e l’elemosina52. Infatti possono soccorrere a piacimento una persona degna che sia nel bisogno come pure dar da mangiare ai poveri (aporoumenois), ma non si può fare regali ai parenti senza autorizzazione dei superiori54.Tutto ciò che essi dicono vale di più di un giuramento, ma si astengono dal giurare considerandolo cosa peggiore che lo spergiurare ; dicono infatti che è già condannato chi non è creduto senza invocare Dio. Hanno uno straordinario interesse per le opere degli autori antichi specie quelle che giovano all’anima e al corpo55 ivi per la cura delle malattie essi studiano le radici medicamentose e la proprietà dell pietre56
8.7 A chi desidera far parte dello loro setta non viene concesso di entrare immediatamente ma lasciandolo fuori per un anno gli fanno seguire la lor stessa norma di vita dandogli una piccola scure e la predetta fascia per i fianchi e una vesta bianca57.
Dopo che in questo periodo di tempo egli abbia dato prova della su temperanza58 viene ammesso ad un più completo esercizio della regola ed ottiene acque più pure per la purificazione, ma non ancora è introdotto nella comunità. Infatti dopo aver dimosrato la sua fermezza per altri due anni viene sottoposto ad un esame del carattere 59 e solo allora se appare degno viene ascritto alla comunità.
Ma prima di toccare il cibo della comunità egli presta a loro terribili giuramenti 60: in primo luogo di venerare Dio poi di osservare la giustizia verso gli uomini e di non far danno ad alcuno né di propria volontà né per comando di combattere contro gli ingiusti e di aiutare i giusti di essere sempre obbedienti verso tutti , specie verso coloro che esercitano un potere, perché nessuno può esercitare un potere senza la volontà di Dio e se poi tocchi a lui di esercitare un potere di non approfittarne per commettere abusi e di non distinguersi da quelli a lui sottoposti per splendori di vesti o per qualche altra insegna di superiorità; di amare sempre la verità e di smascherare i bugiardi di trattenere la mani dal furto e di serbare l’anima incontaminata da un empio guadagno e di non tenere nulla celato ai membri della comunità e di non svelare ad altri nulla delle loro cose, anche se torturato fino alla morte. Inoltre egli giura di non trasmettere ad alcuno le regole in forma diversa da come le ha ricevute, di astenersi dal brigantaggio e di custodire i libri della loro setta con la stessa cura che i nomi degli angeli Tali sono i giuramenti con cui gli esseni si garantiscono dei proseliti61.
8.8 Quelli che sono trovati colpevoli di gravi crimini) li espellono dala comunità 62. Chi subisce tale condanna spesso fa una fine assai miseranda. Infatti, vincolato dai giuramenti e dalle abitudini non riesce nemmeno a mangiare ciò che mangiano gli altri e cibandosi di erba e consumando il corpo con la fame finisce col morire. Perciò gli esseni ne riammisero molti per la compassione quando erano in fin di vita giudicando castigo sufficiente per le loro colpe un tormento che li aveva portati sull’orlo della morte.
8.9 Nelle liti giudiziarie sono assai precisi e giusti e celebrano i processi adunadosi in numero non inferiore a cento e le loro sentenze sono inappellabili 63. Presso di loro dopo Dio è tenuto in onore il nome del legislatore e se uno lo bestemmia è punito con la morte64. Si fanno un pregio l’obbedire ai più anziani e al volere della maggioranza 65. Se stanno insieme ad esempio 10 persone nessuno parlerebbe, se gli altri (Nove) preferiscono il silenzio. Si guardano dallo sputare in mezzo alla compagnia o voltandosi verso destra e con più rigore di tutti gli altri giudei si astengono dal lavoro il settimo giorno66, non solo infatti si preparano da mangiare il giorno prima per non accendere il fuoco quel giorno, ma non ardiscono neppure di muover un arnese né di andare di corpo67 Invece negli altri giorni scavano una buca della profondità di un piede con la zappetta – a questa infatti assomiglia la piccola scure che vien consegnata da loro ai neofiti- ed avvolgendosi nel mantello(to himation) per non offendere i raggi di Dio, vi si siedono sopra , poi gettano sopra nella buca la terra scavata, e ciò fanno scegliendo i luoghi più solitari. E sebbene l’espulsione degli escrementi sia un fatto naturale la regola impone di lavarsi subito dopo, come per purificarsi da una contaminazione68
8.10 Si dividono in quattro categorie a seconda dell’anzianità nella regola69
E i neofiti sono di tanto al di sotto dei vecchi adepti che se per caso questi li toccano si lavano come se fossero venuti a contato con uno straniero70 Sono anche longevi 71, dato che passano i più cento anni e ciò, io credo, grazie alla vita semplice ed ordinata; disprezzano i pericoli e vincono i dolori con la ragione (tois phronhmasin con le menti), mentre la morte, quando giunga onorata la preferiscono all’immortalità72.
Il loro spirito fu assoggettato ad ogni genere di prova durante la guerra coi Romani 73 in cui stirati e contorti bruciati e fratturati e passati attraverso tutti gli strumenti di tortura perché bestemmiassero il legislatore o mangiassero qualche cibo vietato , non si piegarono a nessuna delle ue cose senza nemmeno una parola men che ostile verso che i carnefici e senza versare una lacrima, ma sorridendo tra i dolori e prendendosi gioco di quelli che li sottoponevano ai supplizi , esalavano serenamente l’anima come certi di tornare a riceverla 74.
8.11 Infatti presso di loro è salda la credenza che i corpi sono corruttibili e che non durano gli elementi di cui sono formati 75, e che invece, le anime immortali vivono in eterno, venendo giù dall’etere più leggero restano impigliate nei corpi come dentro carceri quasi attratte da una sorta di incantesimo naturale, ma quando sono sciolte dai vincoli della carne come liberate da una lunga schiavitù allora sono felici e volano verso l’alto, (il pensiero è chiaramente platonico e pitagorico) 76. Con una concezione simile a quella dei figli dei greci essi ritengono che alle anime buone è riservato di vivere al di là dell’oceano in un luogo che non è molestato né dalla pioggia né dalla neve né dalla calura, ma ricreato da un soave zefiro che spira sempre dall’ oceano 77: invece alle anime cattive attribuiscono un antro buio e tempestoso, pieno di supplizi senza fine. Mi pare che con la stessa visione i greci ai loro uomini valorosi che chiamano eroi e semidei, abbiano riservato le isole dei beati, invece alle anime dei malvagi il posto degli empi giù nell’Ade, dove anche raccontano che sono puniti Sisifo, Tantalo, Issione e Titio, così i greci in primo luogo ammettono che le anime sono immortali e poi spingono alla virtù e ritraggono dal vizio 78
Ritengono infatti che i buoni durante la vita diventano migliori per la speranza di ricevere un premio anche dopo la morte mentre le cattive intenzioni dei malvagi risultano compresse dalla paura di chi, se pure riuscisse a farla franca in vita, teme un eterno castigo dopo la morte. Queste sono dunque le credenze degli esseni intorno all’ anima che rappresentano un’attrazione irresistibile per tutti quelli che una volta assaporano la loro dottrina 79.
8.12. Vi sono poi in mezzo a loro di quelli che si dichiarano capaci di prevedere il futuro , esercitati fin da ragazzi nella lettura dei testi sacri, in varie forme di purificazione e nelle sentenze dei profeti; è raro che falliscano nelle predizione 80
8.13. Vi è anche un altro gruppo di Esseni simile a quello precedente, nella vita negli usi e nelle leggi, ma diverso per la concezione del matrimonio. Ritengono infatti che chi non si sposa è come se si amputasse la parte principale della vita la sua propagazione ed anzi osservano che se tutti la pensassero a quel modo la stirpe umana ben presto si estinguerebbe. Pertanto essi sottopongono le spose ad un periodo di prova di tre anni, e le sposano solo dopo che esse hanno dato prova di fecondità in tre periodi di purificazione 81. Con le gravide non hanno rapporti dimostrando così che essi si dono sposati non per il piacere ma per avere figli. Quando prendono il bagno, le donne sono coperte da una veste, gli uomini hanno una fascia. Tali sono gli usi di questo gruppo 82.
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Da Flavio abbiamo notizie dettagliati sugli esseni anche in Antichità giudaiche
opera scritta venti anni dopo Guerra Giudaica 83 Per il testo e il il commento rimando alla mia traduzione di Antichità giudaiche, XVIII libro E book Narcissus.
XVIII.1.18. La dottrina degli Esseni84 fa riferire ogni cosa a Dio: affermano che l’anima è immortale, lodano e raccomandano l’accesso alla giustizia, in gara 85.
Pur inviando sacrifici come offerte votive al tempio, non li celebrano perché fanno differenze 86 tra le offerte, ritenute legittime e per questo, tenendosi lontano dal recinto sacro comune, celebrano i sacrifici da soli. In ogni altra cosa sono uomini ottimi che si dedicano completamente alla agricoltura (sono del tutto intenti a fare la coltivazione dei campi).
Presso tutti quelli che si dedicano alla virtù è degna di ammirazione la loro giustizia, che per loro invece, che l’hanno avuta da tempi antichi, è praticata senza interruzione 88, cosa non riscontrabile in nessun modo né tra i greci né tra i barbari, e neppure per breve tempo.Perciò hanno in comune le ricchezze e tra loro il ricco non possiede niente di più del proprio patrimonio più di chi non ha acquistato nulla: queste cose fanno, dunque, uomini che sono più di 4000 di numero.
Non prendono mogli, né tengono servi in proprietà: infatti dicono che da quelle nascano occasioni di ingiustizia e da questi sedizione; essi vivono per conto proprio e fanno uso di un reciproco servizio .
Votando eleggono esattori 87, uomini buoni , che provvedono alle entrate e a quanto la terra possa produrre e sacerdoti 88 sono incaricati per la preparazione del pane e di cibi: vivono senza distinguersi in niente, ma invero sono molto simili a quelli detti Polisti tra i daci 89 .
Oltre a queste notizie dirette, Flavio tratta in varie parti delle sue opere di Esseni I. 78-80; 113,117-161; nel II 113, 567; nel III 11-21; nel V 145 ; in Bios 7-12, 322-323 ; mentre in Antichità Giudaiche si sofferma nel XIII 171-173, 298, 311-313; nel XV 371-379; nel XVII 344-348.
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1 Filone parla degli Esseni (75-91)
nella parte centrale di Quod omnis probus mentre tratta il tema della libertà in 1-74 come prolusione e dopo aver apportato vari esempi di fermezza e di libertà, tratti dalla storia e dalle tragedie e dalla filosofia e conclude sulla necessità della formazione individuale a cominciare dalla puerizia in modo da svezzare i bimbi nipioi con la cultura enciclopedica e poi avviarli con la filosofia. In effetti secondo Filone viene data la libertà dopo lo svezzamento graduale grazie alla filosofia mosaica.
Distinzione tra praptikos e theorikos cfr Filone, De Vita contemplativa
Cfr A FILIPPONI, De Iosepho/ Bios tou politikou oper estin peri Ioseph (Il Politico o Giuseppe E Book Narcissus,2012)
Gli oniadi sono imparentati con gli erodiani dal periodo di Erode il Grande (il matrimonio con Mariamne II la figlia di Boetho). L’ultimo matrimonio che si conosce è quello tra Berenice,figlia di Erode Agrippa I e Marco, figlio dell’ alabarca Alessandro, fratello di Filone.
5. Gli oniadi, a maggiore ragione degli esseni, sono concorrenti al sacerdozio del tempio di Gerusalemme con i Sadducei, che detengono la auctoritas dell‘ierosune.
6.Gli esseni, in quanto giusti, ritengono che essi debbano aver il sommo sacerdozio e gestire il tempio secondo il calendario solare. Sembra che Erode Agrippa I abbia dato in comproprietà la ierosune sia ai sadducei che agli esseni, i primi perché consegnarono Gesù Christos ai romani, i secondi perché erano la vera anima di Israel: fu un vero compromesso con i romani, a seguito della sua elezione a re di Iudaea, ad opera di Claudio.
Cfr. E. CADELO Quando i romani andarono in America, Palombi 2009 e cfr. E. CERULLI, letteratura etiopica, Sansoni 1968. Il cristianesimo penetrò in Etiopia per la via marittima del mare Eritreo. Infatti le popolazioni arabe meridionali emigrarono dall’Arabia Felice del Regno dei Sabei, dei Minei e degli Himayriti sull’opposta sponda africana e lì costituirono una prima unità statale , il regno di Aksum, a cui trasmisero le loro tradizioni culturali religiose e politiche. Lungo la costa la navigazione e la catena degli scali greco- romani, ebraici della via marittima dall’ Egitto all’ India portavano l’influenza culturale greca.
8 . Su Gaio Caligola cfr. A FILIPPONI, Legatio ad Gaium e Book Narcissus 2012
C’ è una predilezione da parte della domus imperiale, iniziata da Cesare, continuata da Augusto e da Tiberio, in un crescendo di rapporti con il giudaismo alessandrino tanto da farlo diventare l’etnia dominante nel mondo romano, nonostante la netta opposizione armata degli aramaici palestinesi, in difesa della loro cultura e fede.
10, L’esseno qumranico tende alla libertà, alla spirituale unione con Dio e all’eudaimonia, convinto dell propria libertà e della sua appartenenza a Dio, solo a Dio come ripete con la preghiera dello Shema (Shema –Israel, ADONAI ELOHENU, ADONAI ECHAD, Ascolta Israele, il Signore è il mio signore, il Signore è unico) .
11.Equivoco tra la tradizione del nome di esseno e la cristianizzazione delle idee esseniche.
12 Incipit di Legatio ad Gaium A FILIPPONI, E Book Narcissus 2013) .
13. Il giudaismo ellenistico stesso, avendo il monopolio del commercio sul Mediterraneo prende coscienza del suo stesso eccessivo espansionismo e nel suo seno stesso fa severa autocritica, temendo la feroce reazione dei greci e degli equestri romani,
14. Il giudaismo aramaico palestinese scontento della occupazione romana attende segni di liberazione da parte di Artabano re di Parti e si volge da tempo verso i confratelli mesopotamici, desideroso di staccarsi da Roma, di confederarsi coi Parti.
15.La lettera agli alessandrini di Claudio col decreto vieta il proselitismo.
Il giudaismo alessandrino, dopo la persecuzione di Avillio Flacco, crede di affondare a seguito dell’ ektheosis di Caligola e della imposta introduzione della statua imperiale entro il tempio.
Peri toon Aretoon si componeva di altri tre libri.
Cfr. Dione Cassio – Storia romana LXXVI-LXXVIII– dopo la proclamazione di Domiziano a Kurios e Theos/ Dominus et Deus parla di un radicale cambiamento e di una brusca trasformazione nella politica e nel rapporto sociale tra i cives e i magistrati di qualsiasi ordine sociale e l’ imperatore
I giudei (sadducei farisei moderati, erodiani) dopo la guerra si ritrovano tutti a Roma e a seconda della propria condizione e del compromesso fatto con i romani hanno di nuovo posizioni di rilievo nell’amministrazione e a corte presso l’imperatore o presso Erode Agrippa II. Tutti hanno ricordi spiacevoli e qualcosa da cancellare e perciò fra loro c’è la maldicenza, che acuisce i rancori e fa esplodere la rivalità servile a casa dei patroni romani.
Giuseppe dà due versioni del suo governatorato in Galilea una in Guerra Giudaica II,568 ed una in Bios Nella prima sembra avere il compito di difendere la popolazione dai romani, come fece, per dare tempo ai patrioti di organizzare e preparare la difesa di Gerusalemme e della Iudaea, nella seconda invece nel capitolo 29, vuole apparire come chiamato a far parte di un commissione di tre sacerdoti per ordinare ai patrioti di deporre le armi in relazione alla cautela di sadducei templari, filoromani, e vuole dimostrare che la situazione gli sfugge di mano e che poi si trova a combattere i romani ad Iotapata. La sua versione doppia è segno di una ricerca di giustificazione di fronte e ai martiri della guerra, morti per la patria e ai sopravvissuti come Giusto di Tiberiade che gli rimproverano il tradimento.
In Regola della guerra (L. MORALDI, I manoscritti di Qumran,TEA 1994) si parla della guerra tra i figli della luce (esseni e gli ebrei che seguono il loro pensiero farisaico) e i figli delle tenebre i goyim o Kittim i romani e loro alleati- ebrei corrotti come i sadducei e gli erodiani ma anche gli oniadi e tutti gli ellenisti dediti al commercio)
La guerra/ milchamah ha tre fasi: la prima si prevede che duri nove anni ed è contro i semiti, compresi quindi quelli della stessa razza, infedeli, la seconda di 10 anni contro i camiti, la terza pure di dieci anni contro i figli di Jafet per un complesso di 29 anni, a cui bisogna aggiungere sei anni di preparazione e cinque anni sabatici, per cui in totale si ha il numero di 40 anni. Non tutti gli studiosi, comunque, sono d’accordo con questa divisione della guerra.
23 Su Giacomo cfr. Giudaismo romano II, note e commento relativi alla figura del fratello di Gesù in Antichità giudaiche XVIII, cit.
24 I seguaci di Iakobos sono detti sicari, ouranioi. o naziroi
Flavio parlando di Petronio Turpiliano incerto di fronte all’ ordine di Caligola di punire i Giudei che non accettano la sua ektheosis mostra come il governatore tema i rapporti tra i giudei aramaici e i confratelli della stessa lingua e religione di oltre Eufrate,disposti all’ aiuto reciproco, Cfr. A FILIPPONI. Caligola il Sublime cit.
Guerra giudaica a cura di Giovanni Vitucci Fondazione Lorenzo Valla,1995. II,8.1-13 corrisponde a II, 117-168
Dal periodo del viaggio a Roma Flavio matura l’idea che la res publica romana è destinata al governo del mondo e comincia a vedere l’oikonomia divina circa il patto eterno da una nuova angolazione cfr .A Filipponi, Antichità giudaiche I, prefazione E Book Narcissus 2011.
Siccome i Maurya come dinastia si era estinta ed erano sorte altre dinastie (prima quella Shunga– 183-73-a.C. poi quella Brhadata e Kanva fino a poco dopo la nascita di Cristo, ed infine quella Satavahana, la cui fine sembra potersi stabilire in epoca severiana intorno al 220 d.C., gli ebrei, facenti parte dell’ imperium romano, avevano fatto trattati con ognuna di queste dinastie per salvaguardare la loro tipicità religiosa e il loro commercio. Gli ebrei avevano un loro politeuma riconosciuto anche dai romani. Sulla tipicità essenica Cfr. Guerra giudaica II 8,1-13
Flavio usa indifferentemente eidh ed aireseis per indicare da una parte forme ideali e da un’altra scelte di vita ma vuole dire sette.
Flavio anticipa la particolare virtù degli esseni dicendo: ode kai dokei semnoteta askein che sembra praticare la nobiltà.
31. Flavio dice che gamou …uperopsia -estin – c’è disprezzo del matrimonio.
A dire il vero lo storico dice ancora fanciulli imberbi apalous e fa pensare a ragazzi non ancora efebi e quindi fa supporre un possibile rapporto tra erasths ed eromenos.
Aselgeia fa pensare ad insolenza non a lascivia, impudicizia o amoralità
Flavio conforme all’educazione sacerdotale ricevuta circa la donna, considerata infedele per natura, in quanto passionale e non razionale dice esattamente: convinti che nessuna abbia a cuore la fedeltà ad uno Cfr. Luciano (o Pseudoluciano) in Erotes 10 (a cura di Eleonora CAVALLINI, Marsilio 1991) parla di Callicratida, un omosessuale ateniese che odia le donne ed è circondato da graziosi schiavetti e ogni servo è pressoché imberbe (skhedon ageneios): rimanevano presso di lui finché la prima lanugine ombrava i loro volti, ma quando le guance venivano ricoperte da una folta barba erano mandati a fare gli amministratori e i curatori delle sue proprietà in Atene. Ancora in Erotes si legge che i discepoli di Socrate simulano l’amore per l’anima e siccome si vergognano per la loro predilezione per la bellezza fisica, chiamano se stessi amanti della virtù Ibidem, 23 .. e chiamano virtù dell’anima la bellezza del corpo.Nella Bibbia c’è la condanna dell’insolenza e dell’infedeltà della donna considerata per natura avida scaltra pettegola capace di ogni zizzania,poiché loquace, incapace di ogni nobiltà, ignorante e perfino non razionale Genesi 3,1-13; I RE 11,1-8;18.13; 19,18; Prov. 2,16-19; 5, 3-6; Ecclesiaste 7, 26-28; Ecclesiastico,9,2-12. J. M Allegro nel 1964 tradusse alcuni frammenti di 4Q184 che trattano della donna follia, in cui si traccia la figura della donna che è tutta una perdizione per l’uomo; ogni parte del corpo è una tentazione, la bocca e i seni e e gli stessi abiti e i colori del suo volto sono condannati Cfr. L. Moraldi, I manoscritti del Qumran, cit… In un libro di Filone sulla Mercede delle prostitute che non può essere messa nel tesoro del tempio si parla della via del male ad opera della donna e del suo fascino come rete diabolica.
35 Flavio parla della comunione di beni come di cosa paradossale e meravigliosa/ thaumasion par’autois to koinoonikon.
Su toon d’ekastou kthmatoon anamemigmenoon,mian oosper adelphois apasin ousian einai Flavio parla degli esseni che vivono come una grande famiglia , dove tutti hanno gli stessi beni in quanto hanno lo stesso padre e madre e sono fratelli che hanno gli stessi diritti di mensa e di patrimonio comune e di parola, secondo una democrazia popolare dominata, però, dalla gerarchia dei 15. Luca in Atti degli Apostoli mostra una comunitas christiana cfr www.angelofilipponi.com Anania e Saffira
37 Siccome gli esseni considerano l’olio una sozzura quindi lo rifiutano e poiché ungersi è proprio degli atleti e siccome abbiamo parlato di loro come maestri di ginnastica, bisogna pensare che solo quelli di primo anno vengono educati atleticamente e possono servirsi e di olio e di cenere e sono educati da quelli del I anno del triennio, prima di entrare tra i puri. E questo spiega il motivo per cui un esseno puro cioè considerato vecchio non possa toccare un neofita e se viene toccato casualmente, si sente contaminato.
Il termine epimeletes non è epitropos ma indica di solito una curatorefiscale , noi abbiamo fatto questa distinzione in altre opere. Qui ci piace precisare che l’elezione di un epimeletes è plenaria e per alzata di mano (di dito).
39.Flavio dicendo che mia d’ouk estin autoon polis di loro non è una sola città cioè parla di quelli che oggi diciamo situati presso Wadi Qumran, ma qui tratta di altri esseni che vivono in città, e che convivono con altri cittadini ma sono secondo noi quelli coniugati.
40.I forestieri che arrivano presso di loro non sono accolti perché impuri Flavio perciò parla solo di esseni esterni ai 4000 o di quelli che si accolgono nelle altre città, dove non c’è il rigore qumranico: infatti subito dopo parla di città in cui ci deve essere un curatore dei forestieri, che accoglie da vesti khdemoon …toon csenoon.
Flavio marca la dura disciplina imposta ai ragazzi con la paura omoion tois metà phobou paidagoogoumenois paisin
non si curano della forma e portano vestiti e scarpe fino alla consunzione totale e poi chiedono il cambio
Gli esseni odiano il commercio perché porta l’aischrokerdeia e la pleonecsia quindi l’avidità , contrari alla fratellanza, ed anche perché non sopportano di vedere moneta con l’immagine del sovrano, simbolo di Beleial (Belzebul) perciò usano fra loro il baratto: l’agricoltore dà quanto la terra produce all’ artigiano che ripara gli utensili e il pastore dà l’agnellino in compenso e l’apicoltore il miele ecc.
La pietas essenica è particolare, solare, legalistica, tipica di recabita cfr A.Filipponi Ant. Giud XVIII, note a Giacomo e cfr.Giudaismo romano II, sempre in relazione a Giacomo il giusto, considerato esseno. Sulla solarità sul saluto al mattino e alla sera si fanno congetture sia in senso pitagorico che in atoniano Si ritiene che il calendario solare esseno doveva avere un anno di 364 giorni diviso in 52 settimane e in quattro trimestri di 91 giorni.- due mesi da trenta ed uno da trentuno- Era necessario però che il settimo sabato cadesse il 16 di Jiar Aprile -maggio cfr. Angelo Filippon Vita di Giuseppe E Book Narcissus 2014
La quinta hora equivale alle 11 del mattino, dopo 5 ore di lavoro, poi, dopo l’immersione nell’ acqua fredda, fatta secondo turneazione e il pranzo, si riprende il lavoro fino al tramonto.
Il refettorio comune dove si mangia alla mensa comune (di 4000?) di 150? A gruppi scaglionati 400 alla volta per 10 turni ? si fanno tante congetture in merito. La sala da pranzo è luogo sacro ( agion ti temenos) dove bisogna avere l’abito adatto: Ieras…esthetas indica la necessità di una veste sacra- ma non dei paramenti sacri , traduzione dei padri della Chiesa- Nella sala si prega all ’inizio del pranzo e dopo il pranzo.
Sul panettiere che cuoce e distribuisce il pane (artos ) cfr. De Iosepho
Sul compito del cuciniere c’è una vera prescrizione legalistica che impone il cibo casher (la casherut), di non mangiare carne con il latte ecc.
Su Gerairousi theon oos khoregon ths zoohs bisogna precisare che Flavio da sacerdote usa gerairoo da geras dono per indicare la ricompensa a Dio con un dono degno e quindi venero.
Si lavora dall’ alba al tramonto con l’interruzione della pausa pranzo, con la deposizione degli abiti necessari al pranzo, in quanto sacri, tenuti da un addetto a tale servizio.
51.Di norma si fa silenzio. Se si parla, si segue un ordine, quello gerarchico.
Il silenzio è fondamentale insieme con la reciproco rispetto nel dare e prendere la parola, tanto da apparire ai profani musterion ti phrikton-
53. Essi sono dipendenti dal volere dei superiori e sono liberi soltanto di fare assistenza/ epicouria di dare elemosina/ eleos Bisogna precisare che eleos non vale elemosina che si dice dosis o eleeomosune ma significa compassione, pietà, ciò che eccita pietà. Un esseno neanche quello cittadino fa elemosina come la intendiamo noi, non ha denari, spiccioli da dare, ma può dare una metà di quanto ha fatto, durante la giornata ad un altro, bisognoso, che comunque non può essere veramente bisognoso, se è esseno. In caso di altri non esseni solo quelli di città possono fare eleos e devono fare tzedaqah ad un fratello ebreo non esseno, cioè dare la metà in modo da fare un atto di giustizia (questo è il valore del termine).
Vengono indicati i compiti degli epitropoi (ora così definiti mentre prima sono detti epimeletai) orghs tamiai dikaioi, thumou kathektikoi, pisteoos prostatai, eirhnhs upourgoi sono giusti dispensatori di castigo, capaci di tenere a freno i sentimenti, custodi della lealtà, promotori di pace.
55 Essi studiano gli antichi scrittori e in modo particolare i libri delle antiche culture mesopotamiche? La frase di spoudazousin d’ektopoos peri ta toon palaioon suntagmata, malista ta pros oopheleian psuchees kai soomatos eklegontes sottende una scelta non in relazione alla torah ma una ricerca di altre forme culturali ( specie per quanto riguarda la medicina e l’astronomia),
56 Sulla loro attività medica con erbe e con pietre cfr.Plinio ,Storia naturale , XIII, XIV, XXXIII XXXIV,XXXV
57.La consegna di acsinarion te kai to proeirhmenon perizooma kai leukhn estheeta è una investitura solenne, a seguito di un formale accoglimento della domanda dell’esseno adulto e segno del riconoscimento approvato dai più dell’adozione avvenuta
L’esseno aspirante deve dare dimostrazione di egkrateia (temperanza) cioè di controllo di sé in senso razionale e, superata la prova, ha parziale accesso ad acque migliori di purificazione ma è ancora esclusa dalla mensa.
Prima del passaggio tra gli eletti si deve superare la prova di carattere( to ethos dokimazetai), vien valutato cioè il carattere di resistenza e di temperanza e di adattamento, insomma viene verificata la capacità di sostenere le prove più dure a livello psico-fisico.
Sui giuramenti noi conosciamo molte forme, oltre questi qui precisati.
61.Tra i giuramenti il più sacro sembra essere quello di amare il vero nel senso aramaico, derivato dal mazdaismo, di odiare il falso( thn aletheian agapan aei kai tous pseudomenous proballesthai ), connesso con venerare Dio (proton d’eusebhsein to Theion) e di osservare la giustizia (ta pros anthroopous dikaia phulacsein) insieme a non danneggiare gli altri ( mhte katà gnoomhn Blapsein né tina mhte ecs epitagmatos) e a quello di perseguitare gli ingiusti (mishsein d’aei tous adikous kaisunagoonieisthai tois dikaiois). Il fatto di giurare di obbedire ai poteri costituiti perché ogni potere viene da Dio indica che a lungo gli esseni sono rimasti spirituali e in uno stato di pura indifferenza e di non belligeranza coi Romani. Infine bisogna dire che essi tengono segreti i loro libri come i nomi degli angeli (ths aireseos ta biblia .. kai ta toon aggeloon onomata). Secondo noi essi parteciparono alla vicenda della elezione, unzione e regalità del messia nel periodo 32-36, poi ripresero il loro antico sistema di vita spirituale, conservato sotto il regno di Erode Agrippa II e finché fu al potere nel Tempio Giacomo. Solo nel Periodo tra la procura di Festo e poi quella di Lucceio Albino e il ritorno di Giuseppe dal viaggio a Roma nel 65, essendosi creato un nuovo clima antiromano acceso e la tensione essendo cresciuta per l’ingerenza romana nella vita ebraica dopo la morte di Giacomo, e per le continue provocazioni dei governatori, gli esseni non obbediscono più al potere romano, ma sentono il dovere di obbedienza solo a Dio kurios e Theos unico di Israel e seguono i movimenti degli zeloti e dei sicari, fomentando la lotta di religione contro i legionari romani invasori rompendo il reclutamento normale, abbreviandolo e preparando alla guerriglia i giovani neofiti. Questi non più destinati all’ essenismo perdono il carattere spirituale ed entrano nella guerra desiderando la novitas politica convinti di instaurare Il Regno di un nuovo Israel, Cfr Regola della guerra dove è presente una visione escatologica trionfale Cfr. Fr. MICHELINI TOCCI, Letteratura ebraica, Sansoni 1970, p.115‘
Di norma gli inadempienti e i trasgressori sono cacciati dalla comunità ((tous d’ ep’acsiokhreois amarthmasin alontas).
63. Sulle liti giudiziarie gli esseni danno giudizi inappellabili con un gruppo consiliare (to d’oristhen up’autoon akinhton) di 100 membri.
64. La bestemmia contro Dio e Mosè è punita con la morte
Sembra che gli esseni, quando sono nel normale stato pacifico diano molta importanza al voto maggioritario (tois de presbuterois… kai tois pleiosin) e solo in qualche occasione specifica fanno valere quello totalitario dei polloi.
66 Per la santificazione del sabato cfr. A FILIPPONI I terapeuti Vita contemplativa , prefazione E: BOOOK Narcisssus 1915
67. Il sistema essenico è legalistico ed è molto scrupoloso specie per la santificazione del Sabato; non osano nemmeno allontanarsi dal campo e ed appartarsi per i bisogni naturali e di usare la zappetta per scavare la fossa (apopatein andare in disparte per defecare).
68 Per l’esseno ogni cosa morta, compresi gli escrementi, è impura e lo contamina.
69. C’è una gerarchia di valore tra loro, che si dividono in quattro categorie kata kronon ths askhseoos secondo tempo di pratica ascetica.
70. I neofiti del primo anno, quelli del periodo di addestramento che usano olio, sono considerati come stranieri e, data la loro impurità contaminano i più anziani costretti perciò a lavarsi,anche se toccati casualmente .
oos tous pollous uper ekaton paraterein eth/ in quanto superano i cento anni . Sulla longevita degli esseni e dei terapeuti si discute:infatti molti ritengono che l’uso molto moderato di cibi (senza carne per i terapeuti, forse con carne,limitatissima, per gli esseni) e l’acqua sorgiva siano le basi della longeva vita di molti.
72. Gli impuri sono i giovani esseni considerati allophulooi, uomini di altra razza.Flavio vede gli esseni che subiscono aikizomenous i torturanti ( quelli torturano con percosse ed ingiurie e che si servono di tormenta) ma non li implorano affatto (oudé kolakeusai). Si noti che Flavio usando kolakeuo – che significa lusingo, adulo, prendo o ingnno con adulazioni- approva ed esalta già da storico la dignità di sopportazione (pathein) degli esseni e la loro apatia nel subire senza pianto il dolore, perché sentendosi martiri, sono già immersi nella ricompensa della immortalità o nel ricordo della toledoth Flavio dice che il loro spirito fu assoggettato ad ogni genere di prova nella guerra contro i romani ( a parola la guerra dei romani dimostrò-confutando- il loro spirito in ogni cosa- viene usato Dielegkhoo con valore dimostrativo ma anche di confutazione generale meno che ostile verso i carnefici e senza versare una lacrima e dire una parola .Gli esseni sono descritti come stoici che sorridono tra i dolori e si prendono gioco di quelli che li sottopongono ai supplizi ed esalano serenamente l’anima come certi di ritrovarla.) anche se sono stirati, contorti (da strumenti di tortura) e fratturati e passati attraverso gli strumenti di tortura al fine di farli bestemmiare il legislatore o mangiare cibi vietati.
73.Giuseppe mostra un esempio di martirio evidenziando che essi, non si piegano a nessuna delle due cose cfr. il martire giudaico www. angelofilipponi,com
Io accetto la traduzione di Vitucci ma aggungo che il verbo komioumenoi ( futuro di komizoo)coem attivo vale destinati a ricerverla di nuovo secondo metempsicosi pitagorea ma anche destinati a portarsela di nuovo via con sé (valore medio) nel luogo dei beati, secondo la retribuzione celeste Cfr. Ecclesiaste
75. Sulle anime cfr. Seneca, Consolatio ad Marciam e Plinio, Storia naturalis
76. cfr Fr.CUMONT, Esseniens et pytagoricienses,d’apres un passage de Joséphe Comptes Rendus de l’academie des Iscriptions 1930 p.99ss
Sui beati e le sedi delle anime cfr P. GRELOT in “R.Q.” I,1958-9 p113ss.
Per gli esseni il cielo (le stelle) sono sede dei beati mentre lo Sheol è quella dei dannati. Non è una concezione ellenica né platonica né pitagorica ma è di origine mesopotamico/accadico–iranica, connessa con la cultura achemenide/zaratustriana con l’angelologia caldaica (gli spenta pahlavici, cattivi e buoni).
Anche la concezione dell’anima immortale ha la stessa origine dell’area mesopotamica, veicolata in tutto il regno partico dalla lingua aramaica cfr G.RINALDI, le letterature antiche del vicino oriente, Sansoni 1968
Le predizioni esseniche sono molte e tutte veritiere . Noi ne citamo due: quella di Menahem ad Erode bambino a cui viene vaticinato il Regno (Ant. Giud. XV, 371) e quella di Archelao che sogna 10 spighe mangiate dai buoi e la spiegazione fatta dall’esseno Simeone che rileva la fine del regno dell’etnarca che viene esautorato da Ottaviano nel 6 d. C. dopo dieci anni di potere.( Ibidem, XVII 343 -348)
Il secondo gruppo di Esseni, quello dei coniugati, è attivo nel periodo bellico ed ha maggiore rilievo rispetto a quello essenico qumranico dal periodo di Erode Agrippa I fino alla fine violenta della setta. Le donne comunque restano una croce per un esseno, formatosi alla scuola spirituale dei puri.
Gli esseni coniugati possono fare il bagno perfino con le donne, ma la loro purificazione non è tipica del teleios perfetto ma è quella dell’esseno del periodo bellico in cui il legalismo essenico si attenua a causa dell’urgenza della preparazione militare.
Dalla comparazione tra le notizie date in Antichità Giudaiche XVIII,18-22 e quelle riportate in Guerra Giudaica si rileva che le due diverse età di scrittura incidono notevolmente sulla descrizione del fenomeno essenico, che, comunque, anche se finito, ha ancora vigore grazie alla scuola di Iavne di Johanan ben Zaccai e i suoi discepoli che saranno l’anima di una rivolta ebraica contro i romani prima nel periodo dell’annessione del Regno di Nabatea e poi nell’ insurrezione di Cirene e guerra di Kitos ed infine con la rivolta di Shimon bar Kokba nel 132-135.
Nel periodo romano dal 63 a. C. gli esseni sono antiromani ed aizzano il popolo in nome di Dio affermando come si è visto con Giuda e Sadok che essi hanno un solo padrone Dio.I sadducei sono invece filoromani, aristocratici e commentano la Bibbia dando rilievo solo alla lettera ,ma seguono la tradizione orale imposta dai farisei sulla base della interpretazione allegorica biblica, per timore popolare. Sui farisei e sugli esseni cfr Flavio Guerra Giudaica II, 8,3 .Sugli Esseni cfr. oltre a Flavio (Guerra Giudaica 8,3 ) e a Filone (Quod ommnis probus), a Plinio , Storia naturale, V,15,73 Cfr. L. MORALDI, I manoscritti del Qumran, cit.
Sulla methodos della Giustizia cfr Filone De Ioseph. Ogni saggio deve tendere ad essere methorios, intermediario, progrediente verso la via della giustizia secondo l’exemplum di Jakob, per arrivare ad esser amico di Dio, di cui gli esseni e i terapeuti sono due forme speciali. tipiche, una di vita pratica (Filone, Quod omnis probus ) l’altra contemplativa (Filone, Vita contemplativa). Qui Giuseppe Flavio marca l’aspetto agonistico perimacheton accusativo riferito a ten prosodon.
Il sistema di vita dei primi Cristhianoi (Cfr. www.angelofilipponi.com, Anania e Saffira) sembra essere questo degli esseni che hanno in comune le ricchezze (ta chrhemata te koinà autois estin) e che quindi non hanno né ricchi né poveri (apolauei d’ouden o plousios toon oikeioon meizonoos h o mhd’otioun kakthmenos) In questo caso specifico non si parla di differenze ma di differenza ( per la differenza thi diaphorothti).
La giustizia è virtù base per un giudeo aramaico di formazione comune a quella persiana, specie nella pratica spirituale ininterrotta (en too epithdeuesthai mh kekoolusthai nell’essere praticata senza interruzione)
Sulla varia tipologia di capi esseni cfr. L. MORALDI, I manoscritti del Qumran, cit.. Secondo noi Filone usa il termine apodekths per indicare i 10 esattori, ufficiali in vigore in Atene, corrispondenti ai mebaqer che hanno compiti di ricevere i patrimoni di chi entra in monasterion (cfr Vita contemplativa e quod omnis probus), non solo, però, le entrate, ma anche le rendite del patrimonio comune (questo è il significato di Prosodos).
Sui Polisti ( Ktisti) cfr Strabone, Geografia VII ,296. Si dice che anche questi vivono senza donne.
Gli esseni e la cultura latino-ellenistica paradossografica
Il termine greco Paradossa è tradotto di norma in latino Mirabilia che vale cose mirabili e miracolose (thaumasta,thaumasia) opera di un’ entità divina (daimonia), prodigiose (teratia).
Nel mondo romano ellenistico in un ‘epoca in cui esiste un disegno politico di conquista di tutto il mondo in senso universalistico a partire dalla domus Giulio-claudia con Augusto, e poi con quella flavia ed antonina, geografi, naturalisti, scienziati e storici fanno ricerca e sollecitano l’opinione pubblica attirando il lettore, curioso, con il paradossale.
Già Aristotele aveva fatto scuola di paradocsa90 , seguito da Teofrasto91 e i peripatetici attirati in Alessandria da Tolomeo Filadelfo, si erano insediati nel Museo ed avevano mantenuto intatta al loro ricerca eziologica ma avevano inclinato al paradocson per utilità e per piacere della famiglia regale e dei cortigiani.
In epoca augustea, alla corte del sebastos, vengono molti studiosi, attirati dalla munificenza del principe e storici di corte latini come Tito Livio92 e greci come Nicola di Damasco93, indulgono alle cose paradossali.
Gli alessandrini Apione94 e Filone 95sono curiosi più degli altri scrittori perché vivono nella città della ricerca scientifica e sono stimolati dalla competizione con i ricercatori skeptikoi del Museo, seppure divisi pur nel comune indirizzo peripatetico96.
Greci ed Ebrei poi competono nell’attività commerciale e nel sistema bancario e nella gestione dei porti e della marineria, oltre che per la costruzione delle navi.
Emporoi, trapezitai, naucleroi sono figure tipiche della cultura ellenistica che svolgono la loro professione secondo criteri tecnico-scientifici e sono aperti alla conquista del mondo sia esso dell’impero romano che quello partico o mauryo97.
In ogni porto del Mediterraneo, del mare Eritreo, dell’Oceano indiano, lungo le due vie nilotiche principali (quella pelusiaca e quella canopica) è indiscussa la superiorità dell’etnia giudaica nel periodo giulio-claudio. Commercio, banche, industria tessile, attività portuali e servizi di marineria sono gestiti da Ebrei che, dovunque hanno colonie e banchi di cambio, con succursali sparse anche in piccoli centri non solo del Mare Nostrum, ma anche del Mar Rosso, sulle coste arabiche meridionali, nel Corno d’Africa, in India, in Ceylon e forse nell penisola indonesiana.
Il giudaismo è penetrato da una parte verso l’interno del Sinai fino a Clisma-Arsinoe (Ismailia) e da lì si è propagato verso oriente fino a Baricaza sulla foce dell’Indo, ma anche a partire dall’interno dell’impero partico da Seleucia e Ctesifonte, tramite le vie interne iraniche fino a scendere e a ricongiurgersi coi confratelli nella parte centrale dell’India.
In questo dominio le novità, le particolarità, le eccezionalità, i miracoli naturali, antropici, animali, vegetali sono molti e i narratori, a seconda della propria istruzione e formazione, li annotano e li usano, servendosi di termini come idia, peritta, atopa, paradocsa, thaumasia, terasia con una varietà di nomi per indicare il grado di Novitas98 .
In questo clima di supremazia ebraica Filone fa i suoi commenti seguendo una linea scientifica teofrastea ma indulge a paradoxa (come poi anche Giuseppe Flavio); il Greco alessandrino Apione anche lui indulge al pardocson e sembra che lo faccia in relazione ad Apelle e Elicone che sono a Corte a Roma essendo desideroso di farsi conoscere dai fruitori letterati cortigiani99 per essere introdotto a corte col favore dei concittadini greci.
Già alla corte di Augusto uomini come Didimo Arieo99 come Dionisio di Alicarnasso100 e ( lo stesso Nicola di Damasco) hanno mostrato le loro archailogiai , ma anche i loro paradoxa tanto che l’imperatore fa ricerca paleontologica, di ossa di animali preistorici.
Tiberio invece un vero prudente imperator, un comandante vincitore, segue l’impostazione, caldaica astronomica e sfrutta ogni responso favorevole dei fenomeni astrologici e tende alla teurgia101.
Caligola ancora di più ama lo spectaculum , la theoria ed ha bisogno per attirare il popolo ed essere democratikotatos, di strumenti e macchine ingegnose per la sua ektheosis così da apparire alla folla eccezionale, divino tanto da essere assimilato a Zeus e venerato per i suoi miracula, desideroso di essere lui stesso monstrum, un prodigio divino seguito e propagandato da artisti alessandrini, inventori, mechanopoiioi 102. Dunque il paradosso è un elemento proprio del I secolo d.C..
Paradossografi sono perciò Apione greco e Filone ebreo i rappresentanti di due etnie concorrenti in Alessandria, che si accusano a vicenda davanti a Caligola in Legatio ad Gaium103: il greco e l’ebreo hanno due diverse forme di fare le sparate sensazionali, ma ambedue desiderosi di mostrare la propria visione paradossale per un proprio telos: il primo usa ogni mezzo e per accusare, il secondo per difendersi104.
Anche il geografo Plinio in epoca Flavia ha fatto elenchi, mostrato phainomena in modo paradossale coma d’altra parte lo stesso Giuseppe Flavio, un ebreo disertore e traditore, nel momento della guerra giudaica, rimasto però sempre ebreo e sacerdote, nonostante gli atti di opportunismo politico, dettati dalla ricerca del proprio utile.
Quindi si puo dire tranquillamente che il paradoxon è un tipico modo di fare storia sia essa etnografica che naturale, vegetale o geografica, che ha
grande rilievo nel mondo ellenistico , specie nel I secolo, e che vale come ciò che lusinga l’ attenzione umana, attirata dalla non normalità dell’evento o naturale o storico.
Dei tanti che hanno trattato il problema a lungo fino a Flegonte di Tralle 105 del periodo di Adriano noi rileviamo il paradocson in Filone, Apione, Flavio che sono legati alle opere di storici come Nicola Damasceno e di geografi come Strabone e Plinio.
Tra i latini c’è la sola testimonianza sugli esseni di Plinio il vecchio, la cui morte avviene nell’esercizio della sua professione di ammiraglio della marina romana di Miseno, nel corso della eruzione del Vesuvio nel 79, sotto il regno di Tito.
Plinio106 non sembra avere reali conoscenze sulle zone che descrive e perciò si rifà a Flavio che invece conosce perfettamente il Giordano, il suo corso tortuoso il suo affluente maggiore Yarmuk, il suo entrare nel Lago di Tiberiade e la sua uscita poi fino a sfociare nel Mar Morto, dopo aver percorso la vallata del Gohr.
Il paradoxon degli esseni è utile a Plinio per colorire la sua pagina geografica fino a quel punto descrittiva.
La notizia, derivata da Flavio, anche lui uomo di corte, che già ne aveva parlato in Guerra giudaica come abbiamo detto, viene vagliata e approvata da Plinio, che poteva aver sentito le testimonianze dirette o letto le relazioni di legati o centuriones della legio X, incaricata da Vespasiano allo sterminio e alla devastazione del sito di Kirbeth Qumran.
Lo scrittore, però, segue una sua logica topografica, non storica107
Dunque, probabilmente seguendo la linea logica generale, descrive il corso del Giordano, la sua tortuosità in terra galilaica dopo il passaggio dal lago Hule, rileva il suo indirizzarsi, dopo il passaggio del Mare di Tiberiade, malvolentieri108 , verso la foce nel Mar Morto e fa una descrizione attenta dei luoghi.
Dapprima si ferma a trattare della sorgente calda di Calliroe, conosciuta da Erode il grande che vi andava per le cure alla prostata109 e nota la località dove vivono gli esseni, posta difronte al Mare.
Plinio il vecchio, dunque, in Storia Naturale, descrivendo Kirbet Qumran dice:
Ad occidente del lago e al di fuori del raggio entro cui le sue esalazioni possono essere nocive, vivono gli esseni, gens sola et in toto orbe praeter ceteras mira, sine ulla femina, omni venere abdicata, sine pecunia, socia palmarum, popolazione solitaria e con una caratteristica unica fra i popoli del mondo : vivono senza donne ed hanno rinunciato ad ogni desiderio sessuale, non fanno uso di denaro, e stanno in compagnia delle palme.
Aggiunge che giorno dopo giorno il loro numero si mantiene stabile perché si uniscono ad essi quanti, stanchi della vita, sono spinti dalle vicende della sorte ad accettare i costumi
Cosa incredibile a dirsi -è riuscita a sopravvivere per migliaia di anni una popolazione in cui non nasce nessuno: tanto vantaggiosa si rivela per essi la noia, che gli altri hanno di vivere.
Plinio si meraviglia degli sopravvivenza degli esseni, sine ulla femina, rileva solo la rinuncia all’ attività sessuale eterosessuale, ma sottende inclinazione omosessuale, quando parla della compagnia delle palme. Plinio inoltre si sorprende per la notizia sul non uso del denaro da parte di ebrei.
La notizia di Plinio è solo una citazione marginale in un discorso cosmografico e geografico, teso a mostrare l’universo dell’impero romano con una specifica singolarità, quella degli esseni che egli crede che siano lì da secoli, quando invece c’erano da soli centocinquanta anni di cui quasi ottanta dal periodo di Alessandro Iamneo e 60 circa da Archelao, che ne favorì la ricostruzione dopo l’ abbandono 110, a seguito di un terremoto.
Plinio, comunque, non comprende affatto il fenomeno e lo considera una stravaganza anche per l’assenza del denaro, ma non parla di una vera comunità che ha i beni in comune e che segue una vita monastica 111.
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Esiste tra gli scritti di Aristotele un’opera secondaria considerata giustamente spuria, nonostante alcune tesi avverse (cfr A. GIANNINI, Studi sulla paradossografia greca, II.Da Callimaco all’età imperiale. La letteratura paradossografica, in Acmé,17, 1964), De mirabilibus auscultationibus (Peri thaumasioon akousmatooon oper estin sunagoogh akousmatoon). E’ opera di raccoglitori peripatetici alessandrini o di pitagorici akousmatici,che tendono al paradocson secondo un uso mirabile alessandrino del II secolo av. C. Cfr. Aristotele Racconti meravigliosi a cura di Gabriella Vanotti, Bompiani, 2015. Su Aristotele e il Peri thaumasioon akousmatoon cfr.Ibidem.
Anche Teofrasto indulge al Paradocson in Paradoxa, ma lo fa con spirito scientifico ed insegna l’arte dell’elencare, del classificare e della probabile spiegazione tecnica
Tito Livio è scrittore retorico che tende a catturare l’interesse e del lettore e a dilettarlo, perciò, frutta spesso il dilettevole seguendo i precetti dell’ ars poetica oraziana.
Nicola di Damasco segue l’indirizzo anomalista, poi tipico dello Pseudo Longino (Peri Upsous).
Plinio, (Storia naturale, Cosmografia e geografia, saggio introduttivo di Gian Biagio Conte, nota introduttiva di Barchiesi, Chiara Frugoni e Giuliano Ranucci , Einaudi 1982) ammira Apione spesso, (come abbiamo mostrato in altre opere) e lo cita come autore di paradoxa..Cfr Anche A Gellio, che segue ammirato le narrazioni di Apione Pleistonice, che venuto a Roma racconta tra l’altro la vicenda del leone e di un giovane nell’anfiteatro St. Nat., V,1 4. Apion, qui Pleistonices appellatus est litteris homo multis praeditus rerumque graecarum plurima atque varia scientia fuit. Eius libri non incelebres feruntur quibus omnium ferme, quae mirifica in Aegypto visuntur audiunturque , historia comprehenditur. Sed in his, quae vel audisse vel legisse sese dicit fortassean vitio studioque ostentationis sit loquacior – est enim sane quam in praedicandis doctrinis suis venditator -; hoc autem quod in libro Aegiptiacorum quinto scripsit, neque audisse neque legisse ,sed ipsum sese in urbe Roma vidisse oculis suis confirmat.In altri libri Gellio tratta di Apione e della sua attività di paradosografo (VI,8; VII,8; X,10)
95.Ad Alessandria viene impartita un’educazione enciclopedica (paideia egkuklios) secondo Filone, Cfr A FILIPPONI De Iosepho, E Book Narcissus 2012) ma anche secondo Strabone, Geografia, XIV,5,13
Ad Alessandria i peripatetici si divisero in aristotelici e teofrastei: i primi privilegiarono l’aspetto eclatante tradendo la ricerca come paradossografi in un tentativo di isolare l’aporia, marcando l’incertezza epistemologica, presentando l’aspetto dalle caratteristiche eccezionali senza cercare più di classificarlo e di razionalizzarlo; i secondi, invece, cercano di descrivere l’anomalia volendo precisarla distinguerla catalogarla, servendosi dei termini specifici secondo un approccio scientifico cfr. M.SASSI,in Lo spazio letterario I,2 Roma 1995.
Dionisio di Alicarnasso (60 a C.. -7 a-C.) è un retore celebre sotto Augusto e un grande storico di Archailogia romanikh , che segue molto il paradoxon.
Cfr A. FILIPPONI, Caligola il sublime, Cattedrale, 2008
Cfr. A FILIPPONI ,Caligola il sublime,ibidem
E’ nota la disputa di Apione, rappresentante dei greci alessandrini e Filone,capo della delegazione giudaica, davanti a Caligola in Legatio ad Gaium,
I greci alessandrini prevalgono sui giudei grazie ad Elicone ed altri membri della corte . 1
Cfr A FILIPPONI, Legatio ad Gaium cit
Ibidem
104 IBIDEM
. Cfr. Flegonte di Tralle, il libro delle meraviglie,a cura di T. BRACCINI e di M. SCORSONE, Einaudi 2013.
Storia Naturale, V, 15 ,73 cfr. Plinio il Vecchio, Storia naturale, Cosmografia e geografia, op cit.
L’ opera storica di Plinio- Bellorum Germaniae Libri XX e A Fine Aufidii Bassi libri XXXI- non è tramandata, quante notizie avremmo potuto avere da uno scrittore naturalista, curioso di novitates! La storia di Caligola, quella di Claudio, di Nerone, di Galba, Vitellio,Otone e Vespasiano non sono state tramandate (Plinio scriveva dalla storia di Aufidio Basso, un scrittore campano – di Fondi- che trattava da Cesare fino a Tiberio).
Il termine latino indica una partecipazione umana emotiva dell’autore, che già si predispone a narrare la cosa incredibile a dirsi, il paradocson degli esseni.
Erode, straziato da forti e insopportabili dolori, si illudeva sperando nei medici, che chiamava, e nei rimedi che suggerivano, che, comunque lui rifiutava. Passato il Giordano, dunque, si bagnò nelle sorgenti calde di Calliroe. Flavio, Antichità giudaiche XVI, 171
Cfr. Antichità Giudaiche XVII Episodio di Archelao e dell’esseno Simeone che predice esattamente la sua esautorazione.
111 Plinio il vecchio è uno scienziato naturalista, che fa breve menzione del fenomeno essenico, senza minimamente capirlo, non conoscendo neppure l’ antiromanità della setta, ma solo per curiosità e diletto dei lettori.
Gli esseni e i naziroi del Regno dei cieli
Perché Paolo non parla mai degli esseni?
Paolo di Tarso non può non conoscere quelli che sono l’espressione più alta del farisaismo.
Un fariseo come lui ha in loro tanti maestri, ha in ognuno di loro un Gamaliel 112.
Paolo insieme a Pietro e a Barnaba probabilmente fonda la chiesa di Antiochia e chiama i seguaci, ebrei, giudeo–ellenisti ed ellenisti Christianoi, dal nome Christos – unto– con cui è chiamato in greco Gesù equivalente di Messia ebraico.113
I tre operano in Antiochia, capitale della Siria e sede del Governatore romano, come mandati da Giacomo, fratello di Gesù, capo della Chiesa di Gerusalemme, esseno, dato il tenore di vita, virgineo, la continua preghiera nel tempio, considerati i lavacri fatti solo nelle piscine templari, rilevato il vivere da recabita e vista la sua giustizia 114 .
Giacomo un giudeo, essaios, è scrupoloso servitore della legge, considerata legge di libertà, intransigente nella ricerca della perfezione teleioisis e nella purezzad’animo, fatalistico nell’accettare l’ oikonomia divina, imperscrutabile ed ineffabile, intesa come eimarmene.
Giacomo, essendo il giusto, avendo dato regole precise circa la conduzione di una colonia e circa la formazione dell’haburah e dell’edah, ha un severo controllo non solo degli elementi comunitari, non ebraici, ma anche dell’operato dei capi115.
Ora Shaul di Tarso, beniaminita, discepolo di Gamaliel, filoromano, imparentato con gli erodiani, tramite una sua sorella, fresco convertito alla fede del Christos, predica un altro evangelion ed un’altra attesa del Signore /Kurios e quindi, non è devoto della legge, pur professandosi fariseo116.
Lo scontro, dunque, tra Giacomo, un puro esseno e un Paolo innovatore della legge mosaica è fatto di punizioni impartite mediante bastone e mediante lapidazione 117 .
Giacomo ha un concezione del messianismo diversa da quella paolina e la propaganda, mostrando il carattere religioso-nazionalistico mentre Paolo vuole una nuova religione universalistica senza legame condizionante col giudaismo, considerato solo propedeutico, anticipante la missione soprannaturale di preparare le genti all’ avvento del Messia e al suo ritorno 118.
Questo si evidenzia nel molto decantato concilio di Gerusalemme, in cui Paolo risulta più tra gli inquisiti che tra i convocati.
Infatti Poalo e i suoi seguaci, ricevuti dalla chiesa degli apostoli e dai presbiteri, narrarono quello che era successo e riferirono i fatti.
Essi furono accusati dalla setta dei farisei che dissero: Bisogna far circoncidere anche loro ed obbligarli ad osservare la legge di Mosé119 .
La riunione dei capi è essenica: essi decidono di non rifiutarli e di non imporre un giogo in quanto essi, come loro, sono salvi perché Dio fece una scelta tra noi e i gentili… ora Dio che conosce i cuori, ha reso loro testimonianza dando loro lo Spirito Santo, come a noi, e loro hanno purificato i loro cuori per mezzo della fede 120.
Allora l’assemblea si quieta, sentendo i miracoli, fatti da Barnaba, creduto dai gentili Zeus e da Paolo, ritenuto Mercurio per l’eloquenza. In conclusione, dopo la valutazione dei fatti Giacomo come maskil interpreta Amos 118 e decreta: Non bisogna inquietare quelli che si convertono a Dio dal paganesimo, ma di scrivere loro: Si astengano dalle immondezze degli idoli, dalla fornicazione, dagli animali soffocati e dal sangue e ordina ad ogni capo che ogni sabato agisca conformemente nella propria sinagoga 119.
In questo modo Giacomo dirime la questione sul piano ideologico per la frase sotto esame della lettera ai Galati, scritta da Paolo: avete ricevuto lo spirito dalle opere della legge o per aver dato ascolto alla fede?120
A Giacomo, esseno, preme che tutti obbediscano soprattutto sui cibi secondo casheruth, sulla necessità di separarsi dai gentili e sulla entrata, sul tempo in cui non è possibile far conoscere i segreti della setta.
Per Giacomo fare le opere é segno della presenza di Dio e quindi è necessaria la coerenza tra parola ed opera.
Tra Giacomo integralista e Paolo methorios ci sono molti attriti, dovuti alla rigidità dell’esseno e alla disinvolta abitudine del tarsense nel trascurare quanto prescritto da Gerusalemme e fare secondo il suo personale arbitrio.
Paolo, perciò, essendo in contrasto con Giacomo lo è anche con gli esseni (anche se Anania, che lo guarisce dalla cecità ,dovrebbe essere un esseno coniugato).
Soprattutto lo tzadik, come ogni esseno è rigido nei suoi schemi mentali ed ha precisi nuclei a cui attenersi oltre alla fede nel Dio unico e nel Patto eterno e al fare le opere, come segno di fede.
I nuclei in sintesi di Giacomo, che si combinano con quelli essenici, sono tre:
1.Il silenzio nelle varie fasi di apprendistato del neofita che deve fare solo le azioni del maestro, senza dire parola, senza commentare senza tanto meno valutare o giudicare 121
Dire il vero equivale a non essere menzognero . E’questa una pratica che Giacomo applica a sé giusto e impone agli altri come l’ha ricevuta lui dal maestro, secondo i canoni dell’educazione persiana achemenide, mazdaica e zaratustriana, da cui deriva la stessa aletheia greca (data la conoscenza del sistema educativo da parte di Erodoto (Storie), e di Senofonte (Inizio della Ciropedia) e Plutarco (Vita di Artaserse) nel suo significato di non nascondere122.
Il sistema prescrittivo di Giacomo essenico è quindi legalistico: esso risente del sistema mesopotamico-achemenide, che era basato sul mazdeismo, sul principio del bene (Haura Mazda ed Arta la verità ) e su quello del male (Ariman e gli Spenta maligni della bugia).
Fare azioni come dimostrazione del dire, del pensare come giustificazione del proprio essere divino, come naturale frutto dell’albero 1.
Giacomo perciò è ligio nella sua dirittura morale e lo dimostra nella lettera123, dove si parla anche della resurrezione e del processo progressivo spirituale di vita essenico.
Probabilmente Giacomo conosciuto come capo degli zeloti e dei sicari, nei 26 anni, in cui è nel tempio, come capo del gazophulakion, famoso per la sua giustizia e per la sua volontà di essere zelante della legge mosaica, specie su Dio unico signore di Israel e sulla impossibilità di venerare un mortale, anche se imperatore di Roma, si piega ad un compromesso, a cominciare dalla procura di Tiberio Alessandro124. Giacomo col figlio dell’alabarca e poi con Felice dovette fare un vero compromesso considerati gli scontri continui tra i sicari e i soldati romani di guardia al tempio, vista la situazione di guerriglia urbana in Gerusalemme e le morti reciproche, per impedire stragi nel periodo delle feste rituali.
Giacomo assicurava il perfetto funzionamento del rituale del tempio e garantiva il pacifico flusso di popolo nel corso delle festività e i romani coadiuvavano all’ azione dello strategos del tempio, che aveva l’incarico della sorveglianza di tutta l’area templare: i romani risparmiavano la fatica della salvaguardia del tempio, facevano una regolare guardia oltre il limite del tempio e riscuotevano lo stesso la tassa degli introiti templari.
Giacomo solo con questi due uomini, anche se apostata il primo e non circonciso marito di Drusilla 125 il secondo, della sua stessa cultura, fa un tratatto (probabile) dimostrando una flessibilità rara , un’eukairia strana in un sacerdote aramaico.
Comunque, questo risulta dalla mia lettura della storia di Antichità Giudaiche di Flavio dagli studi sul XVIII, XIX e XX libro.e dalla lettura attenta di passi del II e III di Guerra Giudaica.
Solo quando si interrompe questa impostazione inizia la fine della libertà e con essa c’è la distruzione del Tempio126.
Questo gioco politico con i governatori di Iudaea e con i prefetti di Siria divenne un cappio per Giacomo e per l’ebraismo nel corso della procura specie di Porcio Festo, successore di Felice: la sua fine, facendo terminare il reciproco guadagno derivato dalle festività gerosolomitane, spartito equamente tra i sadducei e i romani, determina la fine del Tempio stesso 127.
Forse a Giacomo nocque la politica di avvicinamneto dei sadducei che pensarono di sfruttare ancora di più le entrate del tempio: allora Anano II ebbe la possibilità, in assenza del nuovo governatore Lucceio Albino, non ancora arrivato nella sua sede, di vendicarsi della morte del fratello Gionata, ucciso dai sicari di Giacomo col favore e consenso di Felice.
Giacomo, dunque, nonostante lo shema ripetuto tre volte al giorno, pur essendo profondamente antiromano, nella sua purezza essenica, pur abituato ai soprusi da parte dei soldati romani, specie nell’area del tempio, comunque, subito vendicati con lo sgozzamento del militare colpevole, data la guardia attenta della postazione militare sull’ Antonia- che è al di sopra del tempio- paralizza il sistema romano di difesa con il doppio gioco, con l’apparente collaborazione ma con la pronta reazione ad ogni misfatto romano, senza rovinare il rituale delle celebrazioni festive gerosolomitane.
A Giacomo preme salvaguardare il tempio e il tesoro del gazophulakion: la sua azione politica serve solo a questo: non dare la possibilità ai romani di profanare il tempio e di impadronirsi del tesoro 128.
Infatti si crede che Giacono abbia operato in modo da avere il tempo di far nascondere il tesoro fuori dall’ osservazione e dal controllo romano.
Non per nulla il Rotolo del Tempio 129 e il Rotolo di Rame 130 con le entrate templari e con le immense ricchezze rivelate, lasciano sbalorditi. E se i romani le avessero trovate, cosa avrebbero fatto! . Nel 66 d.C. quattro anni dopo la morte di Giacomo, la situazione si è ancora di più ingarbugliata per l’azione di Gessio Floro e la rivolta si manifesta in Gerusalemme stessa.
Menahem , figlio di Giuda , venne in città ed assunse il potere nel tempio stesso, dopo aver massacrato al guarnigione romana dell’Antonia e già si temeva la reazione romana da parte del governatore di Siria 131.
L’ arrrivo di Cestio Gallo 132 che non solo non si impadronisce di Gerusalemme ma viene sconfitto dai rivoltosi a Bethoron, complica ancora di più la situazione.
Al di là della storia successiva, comunque, la lettera stessa di Giacomo nonostante l’assimilazione già avvenuta tra Regno dei cieli e Regno di Dio, risulta un normale manuale didascalico, secondo le regole rigide del giudaismo farisaico, che viene accettato sotto Costanzo II, nel canone cristiano della chiesa di Alessandria, che è in contrasto con gli ariani133.
La sua lettera, nonostante i rimaneggiamenti, non è una lettera come le altre, ma è scritto didattico molte affine ai libri sapienziali dell’antico testamento, di cui ripete e rispecchia il carattere pratico.
Infatti la lettera procede alternando osservazioni a richiami, ammonizioni ad esortazioni, con qualche breve precisa istruzione
In essa c’è poco di autenticamente christianos in quanto è piena di richiami alla musar ebraica con cui si possono fare parallelismi tramite i testi non solo giudaico ellenistici e rabbinici, ma specie quelli qumranici. Non per nulla la lettera di Giacomo solo con Atanasio entra, piuttosto tardi, nel canone cristiano e ancora più tardi dopo la legalizzata cristianizzazione del fratello di Gesù.
Al di là dei parallelismi tra questa lettera e il discorso dell montagna, la natura prescrittiva , che sottende un pensiero teologico, è quella di tipo esortatorio e morale.
Cristo è signore nostro (kurios) e signore della gloria, la cui parola di verità, logos aletheias (non è quella evangelica ma quella giudaico-mosaica) autorizza la vita della generazione134.
Infatti Giacomo parla di parola logos e di nomos legge convinto di essere stato generato e rigenerato non da seme corruttibile ma da seme incorruttibile tramite la parola vivente e permanente di Dio: Il logos è legge vivente, legge perfetta di verità, legge di libertà 135
Il fratello di Gesù, come lui, non ha alcuna volontà di perfezionare la legge antica, ma solo di rispettare secondo una rigenerazione, con nuovo slancio la legge mosaica, di cui lui è giusto custode e di cui ricerca l’antico sistema operativo136.
Certo Iakobos/ Iaqob è uomo di Palestina che si rivolge, però alle tribù della diaspora , viventi in mezzo ai goyim, alle pecore lontane del gregge disperso.
Sembra però esserci una grossa contraddizione: la lettera è opera di un retore greco!
Certo la lettera è in perfetto greco quando da uno come Giacomo ci si aspetta solo l’aramaico137 e non un greco proprio di un maestro di retorica : Giacomo vuole arrivare alle anime di tutti anche gli ellenizzati, purchè si mantengano nella legge: Lui, sacerdote, non può aver dimestichezza con la lingua greca che lo avrebbe corrotto, data la sua formazione aramaica basata sulla giustizia e sulla cultura delle opere, sulla perfezione di vita.
Il contatto con i goverrnatori con i sadducei, con i greci ha determinato in lui la volontà di avere un gruppo di retori capaci di comunicare col gregge smarrito della diaspora, preda di Belial e del denaro, suo sterco.
Perciò si fa tradurre il suo pensiero – poi anche manipolato dai Cristiani- come Paolo, da équipe di specialisti retori, che fanno bene il loro mestiere, in quanto giudei ellenisti come Filone138.
Un altro aspetto di morbidezza e di moderazione che sicuramente costa ad un giusto come Giacomo si rileva nella difesa dai denigratori e nella contraposizione con Simone e con Paolo.
Per me Giacomo sente l’esigenza di dimostrare che le opere valgono non le parole e che le opere salvano più della fede139: eppure lui è uomo che impone da despotes, da vecchio, da assoluto interprete della torah, da anhr theios, ispirato da Dio, il suo punto di vista, non cerca la discussione.
Perciò tutto il 2,14-26 della lettera di Giacomo sviluppa, in opposizione a Paolo, il pensiero della necessità di rendere la fede operativa, fruttifera di buone azioni.
Egli afferma che la fede senza le opere è morta e si contrapporne lucidamente alla logica paolina della gratuità della giustificazione.
Il pensiero di Jakobos è quello stesso filoniano di teleiosis che solo con le opere si consegue grazie al continuo pratico esercizio140.
Altro elemento molto vicino agli esseni e ai teraeuti è il silenzio, di cui già ho trattato, ma mi piace riprecisarlo perché è collegato col tema del rovesciamento del concetto di ricco- povero e del povero-ricco, tema tipicamente essenico e filoniano141.
Il fatto che nessun evangelista parli degli esseni, della loro virtù, della religiosità pietas, del silenzio, della loro teleiosis oltre che del sistema comunitario (tranne Luca che nell ‘ episodio di Anania e Saffira tradisce la conoscenza seppure distorta del fenomeno esseno e del costume cristiano derivato) è una prova indiretta che il cristianesimo lo ha integrato nella sua spiritualità e nel proprio rituale senza alcuna citazione diretta.
Giacomo sa bene che la comunitas del tempio col gazophulakion protegge dalle tasse i ricchi che depositano somme nella trapeza templare e perciò anche in questo compie azione illegale nei confronti di Roma, ma paga sotto banco, brevi manu il governatore.
Dunque il giusto condanna i ricchi, ma li protegge, ed innalza i poveri ma li considera semplici entità di zelanti da corroborare con lo zelo rituale: a loro, comunque, manda messaggi di pazienza142 nell’attesa della venuta del signore.
In conclusione al di là dei contenuti della lettera di Giacomo, gli esseni e il fratello di Gesù nella carne entrano nella logica di una imminente guerra, subito dopo l’arrivo di Festo in Gerusalemme alla fine del mandato di Felice: chiaro è l’intento neroniano di provocare una guerra destinata alla distruzione del tempio, dell’ethos e dell’ ethnos giudaico: i procuratori della Iudaea devono fare scoppiare la Guerra e dare una motivazione per l’annientamento del popolo giudaico.
Giacomo da vero ebreo e da esseno, da giusto, paga con la vita,dopo che si sono federati gli erodiani e i sadducei, che sono, nonostante la loro interessata filoromanità, uomini di provato patriottismo.
Anano II fa la propria vendetta familiare, ma, tolto il suo avversario politico e religioso, non saprà arginare gli altri filoromani e i romani stessi e pagherà anche lui con la vita, morendo da eroe.
Paolo e i christianoi, pur condannati come menzogneri da Giacomo seguiteranno nella loro strada secondo fede e lontano da Gerusalemme e dalla Ioudaea porranno le basi di una religio che lentamente si dissocierà dall’ ebraismo, di cui è un pollone scismatico 143.
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Edited by barionu - 24/10/2022, 13:05