Origini delle Religioni

LA PERICOPE DELL' ADULTERA

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barionu
CAT_IMG Posted on 11/12/2012, 01:56 by: barionu
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L'episodio dell'adultera è forse la storia più nota su Gesù; senza dubbio è sempre stata una delle preferite nelle versioni hollywoodiane della sua vita. Compare persino nella Passione di Cristo di Mel Gibson, nonostante il film sia incentrato solo sulle ultime ore di Gesù (l'episodio è trattato in uno dei rari flashback). Malgrado la sua popolarità, il racconto si trova soltanto in un brano del Nuovo Testamento, Giovanni 8,1-11, e neppure qui pare originale.

Il contenuto è ben noto. Gesù sta insegnando nel Tempio e un gruppo di scribi e farisei, suoi nemici giurati, lo avvicina portando con se una donna «che era stata sorpresa in flagrante adulterio». La conducono dinanzi a Gesù perché vogliono metterlo alla prova. La legge di Mosè, come affermano, vuole che una persona simile venga giustiziata mediante lapidazione, ma desiderano sapere quale sia il suo parere. Dovrebbero lapidarla o mostrarle pietà? È ovvio che si tratta di un trabocchetto. Se Ii inviterà a lasciare andare la donna, Gesù sarà accusato di violare la legge di Dio; se dirà di lapidarla, sarà accusato di venire meno ai propri insegnamenti di amore, compassione e perdono.

Gesù non risponde subito, si china invece a scrivere per terra. Poiché continuano a interrogarlo, dice: «Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei». Poi torna a scrivere per terra, mentre coloro che hanno scortato la donna cominciano ad abbandonare la scena, senza dubbio sentendosi condannati per i propri peccati, finché non rimane nessuno eccetto l'adultera. Alzando gli occhi, Gesù dice: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella risponde: «Nessuno, Signore». Allora Gesù replica: «Neanch'io ti condanno: va' e d'ora in poi non peccare più».

È una magnifica storia, piena di pathos e con un ingegnoso colpo di scena: Gesù sfrutta la propria presenza di spirito per trarre d'impaccio se stesso, nonché la povera donna. Agli occhi di un lettore attento, l'episodio solleva diversi interrogativi. Se questa donna era stata colta in flagrante adulterio, per esempio, dov'è l'uomo sorpreso insieme a lei? La legge di Mosè prevede che siano lapidati entrambi (si veda Lv 20,10). E ancora: quando Gesù scriveva per terra, che cosa scriveva con precisione? (Stando a un'antica tradizione, scriveva i peccati degli accusatori, i quali, vedendo che le proprie trasgressioni erano note, se ne andavano imbarazzati!) E anche se Gesù insegnava un messaggio d'amore, pensava davvero che la legge di Dio data da Mosè non fosse più in vigore e non dovesse essere ubbidita? Riteneva che i peccati non dovessero essere affatto puniti?

Malgrado la storia sia brillante, suggestiva e intrinsecamente affascinante, essa pone un altro, enorme problema: si da il caso che in origine non rientrasse nel Vangelo di Giovanni. Anzi, non faceva parte di nessuno dei vangeli. Fu aggiunta da scribi di epoca successiva.

Come facciamo a saperlo? Di fatto, gli studiosi che lavorano sulla tradizione dei manoscritti non hanno dubbi circa questa particolare caso. Più avanti esamineremo in modo più approfondito i tipi di prova che gli studiosi adducono per giudizi di tal genere. In questa sede mi limiterò a evidenziare alcuni fatti fondamentali che si sono dimostrati convincenti per quasi tutti gli studiosi di ogni confessione: l'episodio non si trova nei nostri migliori e più antichi manoscritti del Vangelo di Giovanni, lo stile in cui è scritto è molto diverso da quello che troviamo altrove nel testo giovanneo (inclusi gli episodi che lo precedono e lo seguono) e comprende un gran numero di parole ed espressioni altrimenti estranee a tale vangelo. L'inevitabile deduzione è che il brano, in origine, non ne facesse parte.

Ma allora come accadde che venisse aggiunto? Esistono diverse teorie in merito. La maggioranza degli studiosi ritiene probabile che si trattasse di un aneddoto ben noto diffuso nella tradizione orale su Gesù, aggiunto un giorno a margine di un manoscritto. Qualche scriba ritenne che quella nota a margine dovesse essere parte del testa e quindi la inserì subito dopo il racconto che termina con Giovanni 7,53. Si noti che altri copisti hanno inserito il racconto in posizioni diverse nel Nuovo Testamento: alcuni dopo Giovanni 21,25, per esempio, e altri, strano a dirsi, dopo Luca 21,38. In ogni caso, chiunque lo abbia scritto non, era Giovanni.

E naturale che ciò lasci i lettori in un dilemma: se la storia in origine non faceva parte di Giovanni, dovrebbe essere considerata parte della Bibbia? Non tutti risponderanno nella stesso modo a questa domanda, ma per la maggioranza dei critici testuali la risposta è no.



(EHRMAN, BART D., Gesù non l'ha mai detto. Millecinquecento anni di errori e manipolazioni nella traduzione dei vangeli, Milano, Mondadori 2007, pp. 74-76)

da fb

1. IN GENERALE : non si può fare una contrapposizione tra "storicamente vero" e "aggiunto da un copista".
una cosa è se un brano di un testo, in questo caso i vv. 7,53-8,11 del vangelo di Giovanni apparteneva o no all'ultima redazione del vangelo di Giovanni (che fu riscritto diverse volte prima di arrivare alla forma attuale). Risposta: questo brano è stato certamente aggiunto dopo la redazione finale del vangelo.

2. MA ciò non significa che Gv 7,53-8,11 non possa tramandare un racconto di un episodio che circolava in molti ambienti su un atto di Gesù. INFATTI circolavano nei primi due secoli molti racconti e molti detti attribuiti a Gesù e gli evangelisti o gli scritttori protocristiani ne mettvano per scritto alcuni e altri no.

3. Se le parole e gli atti attribuiti a Gesù siano storicamente attendibili, siano veramente state pronunciate da gesù o compiuti da Gesù è un altro problema. Il racconto dell'adultera può riportare un'azione storicamente compiuta da Gesù anche se è stato inserito DOPO nel vangelo di Giovanni.

4. Ma era storicamente attendibile questo brano? la domanda non deve essere posta per il fatto che è stato inserito dopo, ma deve essere posta nello stesso modo con cui questa domanda si pone per ogni riga di qualsiasi vangelo. Nel nostro caso il racconto ha i caratteri non dello stile del vangelo di Giovanni, ma è molto simile - nello stile del racconto - ai racconti che troviamo in Marco Matteo Luca. La sua storicità è molto discussa dagli esegeti. Ma qui bisogna avere pazienza e andare a leggersi i commenti seri: ad esempio Rudolf Schnackenburg, Raymond Brown, e da ultimo Jean Zumstein il quale conclude "Keine Seite hat unwidewrlegbare Argumente und die Frage bleibt offen".

5. Eusebio di Cesare, Storia Ecclesiastica III 39 17 e Didimo di Alessandria ripoprtano racconti che potrebbero alludere a questo racconto.

6. nella letteratura rabbinica il caso della cosiddette "baraite" è comune: antichi brani rispuntavano decenni e secoli dopo e venivano inseriti nella redazione di opere rabbiniche come piccole parentesi (semplifico).

7. Si può ipotizzare, ma non abbiamo prove certe, che il brano fosse talmente contrario alla mentalità del dominio maschile sulla donna (in caso di cosiddetto adulterio è la donna a essere colpevole, mentre il maschio acquista TUTTORA prestigio nel branco maschile) che si avesse paura a trasmetterlo nelle chiese dove il dominio maschile dopo la morte di Gesù divenne sempre più assoluto (e tutt'ora nel cattolicesimo le donne non vengono ammesse al sacerdozio).

REPERTORIO

Patric Battauz da

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La pericope dell'adultera, benché mancante nei grandi codici greci del IV secolo (Sinaitico, Alessandrino e Vaticano) è presente in un famoso Codice del V secolo (Beza) ed in alcuni codici del IX-X secolo (Boreelianus, Seidelianus I, Seidelianus II, Cyprius, Campianus e Nanianus,Tischendorfianus).
E' quindi presente in numerosissimi codici minuscoli (28, 318, 700, 892, 1009, 1010, 1071, 1079, 1195, 1216, 1344, 1365, 1546, 1646, 2148, 2174) ed i vari tipi testuali bizantini.

Si trova anche nella maggior parte dei manoscritti della Vetus Latina, della Vulgata (Codex Fuldensis) ed in alcune alcune versioni siriache, bohariche, armene ed etiopiche.

E' quindi citato nella Didascalia apostolorum (III secolo), da Didimo il Cieco (IV secolo), dall'Ambrosiaster (IV secolo), da Ambrogio di Milano (morto nel 397), da Giovanni Crisostomo (morto nel 407), da Girolamo (morto nel 420) e da Agostino d'Ippona (morto nel 430).

Agostino, a tal proposito, ricorda come: "Tutto questo è inaccettabile, evidentemente, per l'intelletto dei non credenti: infatti alcuni di fede debole, o piuttosto nemici della fede autentica, per timore, io credo, di concedere alle loro mogli l'impunità di peccare, tolgono dai loro codici il gesto di indulgenza che il Signore compì verso l'adultera, come se colui che disse: d'ora in poi non peccare più avesse concesso il permesso di peccare, o come se la donna non dovesse essere guarita dal Dio risanatore con il perdono del suo peccato, perché non ne venissero offesi degli insensati". [Agostino, Connubi Adulterini, II, 6]

Nella sua Storia Ecclesiastica, Eusebio di Cesarea, si dilunga sulla figura di Papia di Gerapoli, discepolo di Giovanni evangelista e gran sostenitore del millenarismo. Papia viene ricordato anche per aver tramandato l'esistenza di un Vangelo di Matteo in lingua ebraica e di un Vangelo degli Ebrei nel quale sarebbe narrata la storia di Gesù e di una donna "accusata di molti peccati" [Eusebio, Storia Ecclesiastica, III, 39]
San Girolamo racconta infine che la pericope fosse presente in molti manoscritti greci e latini, alla fine del IV secolo: "In Evangelio secundum Johnnem in multis et Graecis et Latinis codicibus invenitur de adultera muliere, quae accusata est apud Dominum" (Gerolamo, Contro Pelagio, II, 17, 4)


Didimo Cieco (IV secolo), tra i frammenti di in un commento al libro di Ecclesiaste, scrisse: "Si narra, in certi Vangeli, che una donna fu condannata dai giudei per un peccato e veniva condotta, per essere lapidata, nel luogo dove ciò soleva avvenire. Il Salvatore, vi si dice, avendola scorta e avendo visto che erano pronti a lapidarla, disse a coloro che stavano per colpirla con pietre"Chi non ha peccato, sollevi una pietra e la getti. Se qualcuno ha coscienza di non aver peccato, prenda una pietra e la colpisca" E nessuno osò. Conoscendo se stessi e sapendo che anch'essi erano responsabili di qualcosa, non osarono colpirla "[Commento al libro di Quoelet, Capitolo VII].


Nella Didascalia Apostolorum (autorevole trattato cristiano dell'inizio del III secolo) è poi scritto: "Pertanto, o vescovo, per quanto puoi, custodisci quelli che non hanno peccato, affinché possano continuare a non peccare ma guarisci ed accogli quelli che si pentono dei (loro) peccati. Se tu non ricevi colui che si pente, perché sei senza pietà, tu peccherai contro il Signore Dio, perché non ubbidisci al nostro Salvatore e al nostro Dio, non facendo come Gesù ha fatto con colei che aveva peccato, che gli anziani gli avevano posto davanti, lasciando il giudizio nelle sue mani. Lui, il Cercatore dei cuori, le disse: "Gli anziani ti hanno condannato, figlia mia? Lei gli rispose: No, Signore. E lui le disse: neppure io ti condanno, vai e non peccare più". [Didascalia Apostolorum, Cap. VII].








Edited by barionu - 4/4/2022, 08:02
 
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