Origini delle Religioni

TESTIMONIUM FLAVIANUM

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CAT_IMG Posted on 8/10/2014, 12:42
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www.ufoforum.it/viewtopic.php?f=44&t=18168

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C'è una sola frase nel Testimonium che, pur essendo stata notata da molti studiosi,




εἰς ἔτι τε νῦν
eis eti te nun


non è stata sufficientemente enfatizzata, cioè, eis eti te nun (still to this day- fino ad oggi) in riferimento al fatto che "still to this day," "the tribe of the Christians, so called after him, has not disappeared."






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REPLAY DA UN ALTRO FORUM .

Veramente non capisco perchè a CE questo topic sia stato eliminato ! :cry:



!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!


JEHOUDDA




Ovvero, chi era veramente Gesù Cristo ?


Per proseguire l' analisi storica devo citare un post del mio amico Jehoudda , da :

http://consulenzaebraica.forumfree.it/?t=66146102




Questo intervento vuole essere come indicato nel titolo un tentativo, ovviamente congetturale, di riconciliare il Testimonium Flavianum e la cosiddetta "ipotesi zelota", attraverso una lettura/interpretazione diversa del primo realizzata in una rilettura delle origini del cristianesimo altrettanto diversa in quanto specificamente improntata all'assunzione di una iniziale e totale dominante "messianista" ebraica nel suo "genoma costitutivo".


(da questo momento, pertanto, utilizzerò la nomenclatura "ipotesi messianista" in luogo di "ipotesi zelota", intanto perchè mi sembra più appropriata, anche alla luce di una rigorosa, ma i cui risultati sono stati forse un po' strumentalmente orientati, analisi semantica fatta a suo tempo sui testi di FG, che ha messo in luce una probabile tardiva apparizione degli Zeloti tout court nel quadro delle complesse vicende che ebbero luogo nella Palestina del 1 secolo).


Si tratta, ripeto, di un tentativo assolutamente congetturale, che non ha la pretesa di stabilire verità storiografiche inappellabili, ma che al contrario, nella sua ipoteticità e nella sua ricerca di plausibilità, vuole eventualmente porre in discussione altre conclusioni storiografiche, oggi ancora decisamente maggioritarie, che al sottoscritto continuano ad apparire molto meno solide negli assunti e nelle risultanze di quanto comunemente si creda e si dia a credere.


Mi scuso quindi anticipatamente per la inevitabile serie di difetti formali e sostanziali che essa contiene (ne vedo già io ma tenderò per quanto mi sarà possibile a correggerli e/o eliminarli "via facendo", anche grazie ad eventuali critiche che qualche utente interessato vorrà portare).
Lo studio e l'analisi delle origini del cristianesimo presentano un grado di complessità enorme che non facilitano il compito di chi, da non specialista, voglia tentare di discutere e confrontarsi.

Ritengo opportuno prima di esprimere questa mia personale visione, proporre quello che dovrebbe essere l'articolo più recente pubblicato da un grande specialista quale Louis Feldman in merito al TF.
Si tratta di un articolo inserito nel volume New Perspectives on Jewish-Christian Relations di Elisheva Carlebach e Jacob J. Schacter Brill 2011, articolo che è integralmente consultabile in anteprima google qui
http://books.google.it/books?id=E90FkMEurO...OSEPHUS&f=false

Trovo che sia molto interessante, sia per la sintesi che offre sulla questione tuttora aperta del TF, sia perchè contiene, a mio modo di vedere, alcuni spunti originali e sorprendenti, anche in riferimento a posizioni precedenti dell'autore.
Non è mia intenzione peraltro assumere le potenziali conclusioni dell'autore, quanto invece prendere spunto da alcuni suoi elementi per ipotizzare un possibile approccio alternativo che potrebbe inserire il TF in un quadro "eretico" rappresentato dall' "ipotesi messianista" di cui sopra.

Lo propongo in traduzione (non tutti giustamente possono leggerlo in lingua originale)
Senza intenzione di appesantirlo ho provveduto ad integrare le note all'interno del testo (il diverso'editing del forum lo rendeva necessario). Ho anche aggiunto[/color] in rosso , laddove possibile, i link che rimandano ai testi moderni referenziati da Feldman, nonchè alcuni testi originali greci e latini citati, per una maggiore completezza e migliore fruibilità diretta.
Ho preferito in alcuni casi lasciare dei termini in inglese (in parallelo o non) alla traduzione italiana in considerazione del fatto che la traduzione avrebbe rischiato in ogni caso di offuscare le importanti sfumature che l'autore intendeva dare con la sua esposizione.



ON THE AUTHENTICITY OF THE TESTIMONIUM FLAVIANUM ATTRIBUTED TO JOSEPHUS
Louis H. Feldman*


* Sono grato a Gary Goldberg, Steve Mason, John P. Meier, e Alice Whealey per i numerosi eccellenti suggerimenti che mi hanno dato durante al stesura di questo aticolo.


Molto è stato scritto a proposito di due brevi paragrafi negli scritti di Flavio Giuseppe.
Antichità 18.63-64, che contengono i commenti su Gesù, più di quanto si sia fatto per ogni altra parte dei suoi lavori. Il testo del TF, così come è conosciuto recita come segue:

Γίνεται δὲ κατὰ τοῦτον τὸν χρόνον ᾿Ιησοῦς σοφὸς ἀνήρ, εἴγε ἄνδρα αὐτὸν
λέγειν χρή. ἦν γὰρ παραδόξων ἔργων ποιητής, διδάσκαλος ἀνθρώπων
τῶν ἠδονῇ τἀληθῆ δεχομένων, καὶ πολλοὺς μὲν ᾿Ιουδαίους, πολλοὺς δὲ
καὶ τοῦ ῾Ελληνικοῦ ἐπηγάγετο• ὁ χριστὸς οὗτος ἦν. καὶ αὐτὸν ἐνδείξει
τῶν πρώτων ἀνδρῶν παρ᾿ ἡμῖν σταυρῷ ἐπιτετιμηκότος Πιλάτου οὐκ
ἐπαύσαντο οἱ τὸ πρῶτον ἀγαπήσαντες• ἐφάνη γὰρ αὐτοῖς τρίτην ἔχων
ἡμέραν πάλιν ζῶν τῶν θείων προφητῶν ταῦτά τε καὶ ἄλλα μυρία περὶ
αὐτοῦ θαυμάσια εἰρηκότων. εἰς ἔτι τε νῦν τῶν Χριστιανῶν ἀπὸ τοῦδε
ὠνομασμένον οὐκ ἐπέλιπε τὸ φῦλον.


About this time, there lived Jesus, a wise man, if indeed one ought
to call him a man. For he was one who wrought surprising feats and
was a teacher of such people as accept the truth gladly. He won over
many Jews and many of the Greeks. He was the Messiah. When Pilate,
upon hearing him accused by men of the highest standing amongst us,
had condemned him to be crucified, those who had in the first place
come to love him did not give up their affection for him. On the third
day, he appeared to them restored to life, for the prophets of God had
prophesied these and countless other marvelous things about him. And
the tribe of the Christians, so called after him, has still to this day not
disappeared.



Nel mio Josephus and Modern Scholarship, 1937-1980, menziono 87 articoli che discutono questo passaggio nel periodo dal 1937 al 1980, la grande maggioranza dei quali si interroga sulla autenticità integrale o parziale di questi paragrafi. [ Louis H. Feldman, Josephus and Modern Scholarship, 1937-1980 (Berlin, 1984), 680-684]

In un articolo su questo argomento scritto dieci anni fa, James Carleton Paget analizza 97 fra libri e articoli.
[ James N. B. Carleton Paget, "Some Observations on Josephus and Christianity," Journal of Theological Studies 52 (2001): 539-624.
link anteprima google articolo http://books.google.it/books?id=AFLJ682D9Q...y%2C%22&f=false]

Alice Whealey ha scritto un intero volume su questo argomento, e nella sua bibliografia elenca 150 fra libri ed articoli. [Alice Whealey, Josephus on Jesus: The Testimonium Flavianum Controversy from Late Antiquity to Modern Times (New York, 2003].

La questione non è stata ancora definitivamente sviscerata.
La prima persona, fra gli scrittori la cui opera è sopravvissuta, che abbia citato il TF è il padre della Chiesa del primo 4 sec. Eusebio che si serve della fonte in tre dei suoi lavori: Demonstratio evangelica, Historia ecclesiastica, e Theophania.

Demonstratio evangelica (Bk. III.2.102-5.124) and in Theophania (Bk. V.1-45)

Comment of Eusebius in Demonstratio evangelica (Bk III.5.124-125):
“If, then, even the historian's evidence shews that He attracted to Himself not only the twelve Apostles, nor the seventy disciples, but had in addition many Jews and Greeks. He must evidently have had some extraordinary power beyond that of other men. For how otherwise could He have attracted many Jews and Greeks, except by wonderful miracles and unheard-of teaching? And the evidence of the Acts of the Apostles goes to shew that there were many myriads of Jews who believed Him to be the Christ of God foretold by the prophets. And history also assures us that there was a very important Christian Church in Jerusalem, composed of Jews, which existed until the siege of the city under Hadrian. The bishops, too, who stand first in the line of succession there are said to have been Jews, whose names are still remembered by (125) the inhabitants. So that thus the whole slander against His disciples is destroyed, when by their evidence, and apart also from their evidence, it has to be confessed that many myriads of Jews and Greeks were brought under His yoke by Jesus the Christ of God through the miracles that He performed.”


Comment of Eusebius in Theophania (Bk. V.45):
“If therefore, as (this) author attests of Him, He was the doer of wonderful works, and that He made His Disciples,--not only the twelve Apostles, or the seventy Disciples, but also attached to Himself,--myriads of others both of the Jews and Gentiles; it is clear, that He possessed something excellent beyond the rest of mankind. For, How could He have otherwise attached to Himself the many, both of the Jews and Gentiles, unless He had made use of miracles and astonishing deeds, and of doctrines (till then) unknown? The Book of the Acts of the Apostles also attests, that there were many thousands of the Jews, who were persuaded that He was that Christ of God, who had been preached of by the Prophets. It is also on record, that there was a great Church of Christ at Jerusalem; which had been collected from among the Jews, even to the times of its reduction by Hadrian. The first Bishops too who were there, are said to have been, one after another, fifteen (in number), who were Jews; the names of whom are published to the men of that place, even until now. So that by these, every accusation against the Disciples may be undone; since, what was prior to them, and independent of their testimony, these attest of Him, (viz.), that He, the Christ of God, did by means of these wondrous works which He performed, reduce many, both of the Jews and of the Gentiles, beneath His power.”



Ci sono leggere differenze nelle tre citazioni, che inducono a chiedersi se Eusebio stesso abbia potuto alterare l’esatta formulazione del testo. Sorprende, inoltre, il fatto che la Chiesa, coinvolta in tante e così aspre controversie teologiche, non abbia insistito sull’esatto linguaggio delle testimonianze cruciali del credo così come appaiono in Flavio Giuseppe.


In particolare, ci possiamo chiedere perché la Chiesa, messa di fronte com'era alla pressante problema della stessa esistenza di Gesù, non colse l'occasione per replicare. (come si rileva nel Dialogue with Trypho' di Giustino Martire essa risponde a questa accusa alla metà del 2 sec, due secoli prima di Eusebio. Che fosse il reale Giustino o uno Pseudo-Giustino, la data è comunque la stessa. E se Giustino o uno Pseudo-Giustino, avevano letto FG, certamente sapeva che il maggior attacco contro la cristianità era il dubbio sulla stessa esistenza di Gesù).


Nulla, sarebbe stato un argomento piu solido, per negare la tesi della non esistenza di Gesù, di una citazione da Giuseppe, un Ebreo e un rispettatissimo storico che era nato appena pochi anni dopo la morte di Gesù e i cui due maggiori lavori (War and the Antiquities), racconti paralleli di quel periodo, sono ricchi di informazioni su Roma. Fu onorato con una statua a Roma e le sue opere furono inserite in una biblioteca della città.( 6 Eusebius, Historia ecclesiastica 3.9.). Degno di nota anche il fatto che FG era tenuto in alta considerazione fra i Cristiani, soprattutto perché la maggior parte delle Sacre Scritture erano identiche alla Bibbia ebraica e FG presenta nelle sue Antiquities una parafrasi estremamente dettagliata della Bibbia


[7 The fourth-century Pseudo-Hegesippus 2.12.1: "who is considered the greatest"; the fourth-century John Chrysostom, Adversus Judaeos 5.8: "among Jews"; the fifthcentury Sozomen, ap. Historia ecclesiastica 1.1.5: "very famous among both Jews and pagans."]

Malgrado ciò, ci sono otto scrittori Cristiani che vissero prima di Eusebio e che menzionano FG, ma che non fanno alcun riferimento al TF nelle loro opere: Theophilus of Antioch, Minucius Felix, Julius Africanus, Hippolytus, Origen, Methodius, Pseudo-Eustathius, e Pseudo-Justin
[vedi Louis H. Feldman, "The Testimonium Flavianum: The State of the Question," in Christological Perspectives: Essays in Honor of Harvey K. McArthur, ed. Robert F. Berkey and Sarah A. Edwards (New York, 1982), 181-184.]

Il fatto, se è un fatto, che non si conosca alcun Cristiano pre-niceno che abbia utilizzato gli scritti di FG in apologie dirette ad ebrei è certamente sorprendente in relazione all'accusa, come visto nel The Dialogue with Trypho, che Gesù non fosse esistito e in funzione del desiderio dei Cristiani di convertire gli Ebrei. A rigor di logica, questo è un argumentum ex silentio; ma quando il numero di scrittori è cosi grande e quando questi sono autori molto coinvolti nelle questioni teologiche, specialmente questioni concernenti la natura di Gesù, l'omissione è rimarchevole.
Il caso di Origene, che morì nel 253 e che fu un grande protagonista nelle dispute teologiche della prima Chiesa, ha una particolare importanza. Egli non solo si riferisce a FG, ma cita anche 5 passaggi (18.4ff., 55ff., 110, 130, 116ff.) dal Libro 18 delle Antiquities, nel quale c’è il TF, senza citare il TF stesso.
Nel Commentary on Matthew 10:17 egli afferma esplicitamente :

"la sorpresa è che sebbene egli non riconoscesse che il nostro Gesù fosse il Messia, ciò nonostante diede testimonianza di una simile giustizia in Giacomo (the wonder is that though he did not admit our Jesus to be Christ, he nonetheless gave witness to such righteousness in James),"

e in Contra Celsum 1:47 scrive che

"egli, Giuseppe non credeva in Gesù quale Cristo"

laddove il Testimonium esplicitamente dichiara che "he was the Messiah."

Pochi hanno messo in dubbio l'autenticità del passaggio di FG su Giacomo (Antiquities 20.200). La versione del TF nelle Antichità, se esso era conosciuto da Origene, deve apparentemente aver contenuto qualcosa su Gesù, poiché altrimenti Origene non avrebbe avuto alcuna ragione di affermare che Giuseppe non accettava Gesù quale Cristo. Questo implicherebbe che Origene possedeva un testo simile a quello di Gerolamo e Michele il Siriano il quale affermava che Gesù era considerato (“was thought to be”) il Messia.
[Michel le Syrien, Chronique 10.20 [378], ed. Jean-Baptiste Chabot (Paris, 1899; repr. Brussels, 1963).]

Inoltre, nel rispondere agli attacchi molto insidiosi di Celso contro Gesù e i Cristiani, in modo particolare in merito ai miracoli di Gesù, Origene avrebbe molto naturalmente citato il Testimonium di FG, che cosi esplicitamente si riferisce a questi miracoli. Anche dopo Eusebio, quasi un intero secolo trascorse prima che qualcuno facesse un altro riferimento al Testimonium. Durante quel periodo, i seguenti sette Padri della Chiesa fanno riferimento alle opere di FG e tuttavia non citano il Testimonium: Ambrose, Basil, John Chrysostom, Josippos, Panodorus, Rufinus, Severus, and Sulpicius.[ vedi Feldman, "The Testimonium Flavianum," 184.]
Il silenzio di John Chrysostom è particolarmente sorprendente; difficilmente troviamo un Padre della Chiesa più veemente di lui nei suoi attacchi contro gli Ebrei [vedi e.g., Chrysostom, Homily 1.4, 6]. Se FG avesse davvero ritratto Gesù in una luce negativa, sembra verosimile che egli avrebbe citato la cosa per rafforzare il suo attacco contro gli Ebrei. Al contrario, se il Testimonium fosse stato positivo, avrebbe sicuramente potuto citarlo per mostrare che gli Ebrei erano colpevoli del crimine di deicidio.
Il primo scrittore "sopravvissuto" che dopo Eusebio si riferisca al TF è Jerome (347-419). Nonostante Jerome citi Giuseppe non meno di 90 volte, egli si riferisce al TF solo una volta.[ De viris illustribus 13.14].

De Viris Illustribus, XIII, 147 reads as follows:
"Scripsit [Josephus] autem de domino in hunc modum: 'Eodem tempore fuit Jesus vir sapiens, si tarnen virum oportet eum dicere. Erat enim mirabilium patrator operum et doctor eorum qui libenter vera suscipiunt. Plurimos quoque tarnen de Judaeis quam de gentibus sui habuit sectatores et credebatur esse Christus. Cumque invidia nostrorum principum cruci eum Pilatus addixisset, nihilominus qui eum primum dilexerant, perseveraverunt in fide.149 Apparuit enim eis tertia die vivens, haec et multa alia mirabilia carminibus prophetarum de eo vaticinantibus. Et usque hodie Christianorum gens ab hoc sortita vocabulum non deficit.


147 The efficiency of the Christian censorship, which almost succeeded in getting rid of all the versions of the Testimonium that differed in a significant manner from the vulgate recension, is illustrated by the fact that the Greek translation of De Viris Illustrious contains this vulgate recension; none of the traits in which St. Jerome diverges from it have been retained; see O. von Gebhardt, 'Hieronymus — De Viris Inlustribus in griechischer Übersetzung', Texte und Untersuchungen, XIV, Leipzig 1896.

Sebbene egli stia chiaramente citando, scrive che Gesù "credebatur esse Christus" (was believed to be the Messiah), piuttosto che "egli era il Messia". Questo coinciderebbe con l'affermazione di Origene, al quale Jerome era così profondamente connesso, che il testo di Giuseppe riportava, come nella più recente versione di Agapius, che egli non ammetteva che Gesù fosse il Messia.

Heinz Schreckenberg ha sottolineato la libertà con la quale Origene attribuisce a Giuseppe affermazioni che non si ritrovano oggi nel nostro testo di Giuseppe [13 Heinz Schreckenberg, "Josephus in Early Christian Literature and Medieval Christian Art," in Jewish storiography and Iconography in Early and Medieval Christianity, ed. Heinz Schreckenberg and Kurt Schubert (Assen, The Netherlands, and Minneapolis, MN, 1992), 57. Link anteprima google
http://books.google.it/books?id=z60oURWxvJ...eval%22&f=false

Così, per esempio, egli afferma platealmente che secondo Giuseppe,-sebbene questo non vi sia nel nostro testo di Giuseppe- la caduta di Gerusalemme e la distruzione del Tempio colpirono gli Ebrei quale punizione per la loro responsabilità nella morte di Giacomo il Giusto, il fratello di Gesù. [Origen, Contra Celsum 1.47.] riportare il testo greco

Καίτοι γε άπιστων τω "Ιησοϋ ώς Χριστώ
[Contre Celse, I, 47 (édit. P. Koetschau, Leipzig, 1899, p. 97, 3).]


Εβουλομην δ αν Κελσω, προσωποποιησαντι τον Ιουδαιον παραδεξαμενον πως Ιωαννην ως βαπτιστην βαπτιζοντα τον Ιησουν, ειπειν οτι το Ιωαννην γεγονεναι βαπτιστην, εις αφεσιν αμαρτηματων βαπτιζοντα, ανεγραψε τις των μετ ου πολυ του Ιωαννου και του Ιησου γεγενημενων. εν γαρ τω οκτωκαιδεκατω της ιουδαικης αρχαιολογιας ο Ιωσηπος μαρτυρει τω Ιωαννη ως βαπτιστη γεγενημενω και καθαρσιον τοις βαπτισαμενοις επαγγελλομενω. ο δ αυτος, καιτοι γε απιστων τω Ιησου ως Χριστω, ζητων την αιτιαν της των Ιεροσολυμων πτωσεως και της του ναου καθαιρεσεως, δεον αυτον ειπειν οτι η κατα του Ιησου επιβουλη τουτων αιτια γεγονε τω λαω, επει απεκτειναν τον προφητευομενον Χριστον ο δε και ωσπερ ακων ου μακραν της αληθειας γενομενος φησι ταυτα συμβεβηκεναι τοις Ιουδαιοις κατ εκδικησιν Ιακωβου του δικαιου, ος ην αδελφος Ιησου του λεγομενου Χριστου, επειδηπερ δικαιοτατον αυτον οντα απεκτειναν. [τον δε Ιακωβον τουτον ο Ιησου γνησιος μαθητης Παυλος φησιν εωρακεναι ως αδελφον του κυριου, ου τοσουτον δια το προς αιματος συγγενες η την κοινην αυτων ανατροφην οσον δια το ηθος και τον λογον.] ειπερ ουν δια Ιακωβον λεγει συμβεβηκεναι τοις Ιουδαιοις τα κατα την ερημωσιν της Ιερουσαλημ, πως ουχι ευλογωτερον δια Ιησουν τον Χριστον τουτο φασκειν γεγονεναι; ου της θειοτητος μαρτυρες αι τοσαυται των μεταβαλοντων απο της χυσεως των κακων εκκλησιαι και ηρτημενων του δημιουργου και παντ αναφεροντων επι την προς εκεινον αρεσκειαν.

I would like to say to Celsus, who represents the Jew as accepting somehow John, who baptized Jesus, as a baptist, that the existence of John the Baptist, baptizing for the remission of sins, is related by one who lived no great length of time after John and Jesus. For in the eighteenth book of his ANTIQUITIES OF THE JEWS Josephus bears witness to John as having been a baptist and as promising purification to those who underwent the rite. Now he himself, although not believing in Jesus as the Christ, in seeking the cause of the fall of Jerusalem and the destruction of the temple, whereas he ought to have said that the conspiracy against Jesus was the cause of these calamities befalling the people, since they put Christ to death, who was a prophet, nevertheless says, being albeit against his will not far from the truth, that these disasters happened to the Jews as a punishment for the death of James the just, who was a brother of Jesus called Christ, the Jews having put him to death, although he was a man most distinguished for his justice. [Paul, a genuine disciple of Jesus, says that he regarded this James as a brother of the Lord, not so much on account of their relationship by blood, or of their being brought up together, as because of his virtue and doctrine.] If, then, he says that it was on account of James that the desolation of Jerusalem was made to overtake the Jews, how should it not be more in accordance with reason to say that it happened on account of Jesus Christ? Of his divinity so many churches are witnesses, composed of those who have been convened from a flood of sins and have joined themselves to the creator, and who refer all their actions to his good pleasure.


Και το θαυμαστόν εστίν, δτι τον Ίησοϋν ημών ον καταδεξάμενος είναι Χριστόν, ονδεν 'ήττον...
Commentaire sur S. Matthieu, X, 17 (édit. E. Klostermann, Leipzig, 1935, p. 22, 6 ss. ; Migne, P. G., t. XIII, col. 877 milieu).

Ιακωβος δε εστιν ουτος ον λεγει Παυλος ιδειν εν τη προς Γαλατας επιστολη ειπων• Ετερον δε των αποστολων ουκ ειδον ει μη Ιακωβον τον αδελφον του κυριου. επι τοσουτον δε διελεμψεν ουτος ο Ιακωβος εν τω λαω επι δικαιοσυνη ως Φλοβιον Ιωσηπον αναγραψαντα εν εικοσι βιβλιοις την Ιουδαικην αρχαιολογιαν, την αιτιαν παραστησαι βουλομενον του τα τοσαυτα πεπονθεναι τον λαον ως και τον ναον κατασκαφηναι, ειρηκεναι κατα μηνιν θεου ταυτα αυτοις απηντηκεναι δια τα εις Ιακωβον τον αδελφον Ιησου του λεγομενου Χριστου υπ αυτων τετολμημενα. και το θαυμαστον εστιν οτι, τον Ιησουν ημων ου καταδεξαμενος ειναι Χριστον, ουδεν ηττον Ιακωβω δικαιοσυνην εμαρτυρησε τοσαυτην. λεγει δε οτι και ο λαος ταυτα ενομιζε δια τον Ιακωβον πεπονθεναι. και Ιουδας εγραψεν επιστολην ολιγοστιχον μεν, πεπληρωμενην δε των της ουρανιου χαριτος ερρωμενων λογων, οστις εν τω προοιμιω ειρηκεν• Ιουδας Ιησου Χριστου δουλος, αδελφος δε Ιακωβου. περι δε Ιωσηφ και Σιμονος ημεις ουδεν ιστορησαμεν.

And this James is the one whom Paul says he saw in the epistle to the Galatians, saying: But I did not see any other of the apostles except James the brother of the Lord. And to so great a reputation among the people for righteousness did this James rise that Flavius Josephus, who wrote the ANTIQUITIES OF THE JEWS in twenty books, when wishing to exhibit the cause why the people suffered so great misfortunes that even the temple was razed to the ground, said that these things happened to them in accordance with the wrath of God in consequence of the things which they had dared to do against James the brother of Jesus who is called Christ. And the wonderful thing is that, though he did not accept Jesus as Christ, he yet gave testimony that the righteousness of James was so great; and he says that the people thought that they had suffered these things because of James. And Jude wrote an epistle short in lines but full of the healthy words of heaven; in the preface he has said: Jude, servant of Jesus Christ, and brother of James. But concerning Joseph and Simon we have nothing to relate.



Joseph Sievers ha evidenziato che sebbene interpolazioni cristiane nel testo di Giuseppe siano originariamente attestate in Origene, esse potrebbero essere precedenti alla sua epoca. [Joseph Sievers, "The Ancient Lists of Contents of Josephus' Antiquities," in Studies in Josephus and the Varieties of Ancient Judaism: Louis H. Feldman Jubilee Volume, ed. Shaye J. D. Cohen and Joshua J. Schwartz (Leiden, 2007), 290, n. 61, cita Fausto Parente, "Sulla doppia trasmissione, filologica ed ecclesiastica, del testo di Flavio Giuseppe: Un contributo alla storia della ricezione della sua opera nel mondo cristiano," Rivista di Storia e Letteratura Religiosa 36 (2000): 3-51, esp. pp. 12, 15, 49.]
link anteprima google articolo Sievers http://books.google.it/books?id=z3ZywMar4P...s%2C%22&f=false

Un contemporaneo di Jerome, Pseudo-Hegesippus, nella sua libera parafrasi del TF, parla, così come il Testimonium, di Gesù quale "wise man-if it is appropriate to call him a man-who performed miracles and who arose from the dead three days after his death so that many Jews and even more Gentiles believed in him.”

Pseudo-Hegesippus’ Testimonium

“They were suffering the punishments for their crimes, those who, after having crucified Jesus, the arbiter of divine affairs, then were also persecuting his disciples. For many Jews and even more Gentiles believed in him and were attracted by his teaching of morals and performance of works beyond human capability. Not even his death put an end to their faith and love, but rather it increased their devotion. And so they brought in murderous bands and conducted the originator of life to Pilatus to be killed, they began to press the reluctant judge. In which however Pilatus is not absolved [non excusator Pilatus], but the madness of the Jews is piled up, because he was not obliged to judge, whom not at all guilty he had arrested, nor to double the sacrilege to this murder, that by those he should be killed who had offered himself to redeem and heal them. Of this the Jews themselves give the testimony, Josephus the writer saying in his history that there was at that time a wise man, if it be appropriate, he says, to call man the creator of miraculous works, who appeared alive to his disciples three days after his death according to writings of the prophets, who prophesied both these and innumerable other things full of wonders about him. From him began the congregation of Christians, even infiltrating every race of humans, nor does there remain any nation in the Roman world that is without his religion. If the Jews do not believe us, they might believe one of their own. Thus spoke Josephus, whom they esteem a very great man, and nevertheless so devious in mind was he who spoke the truth about him, that he did not believe even his own words. Although he spoke for the sake of fidelity to history because he thought it wrong to deceive, he did not believe because of his hardness of heart and faithless intention. Nevertheless it does not prejudice truth because he did not believe, rather it adds to the testimony because, unbelieving and unwilling he did not deny it. In this the eternal power of Jesus Christ shone forth, that even the leading men of the synagogue who delivered him up to death acknowledged him to be God [his divinity].” (Pseudo-Hegesippus, De excidio Hierosolymitano, book 2, chap. 12)


Egli dice che Giuseppe parlava così di lui ma non credeva alle sue stesse parole, cosi che perfino i maggiorenti della sinagoga che lo consegnarono per la condanna a morte lo riconobbero come Dio. Le principali differenze tra la versione di Pseudo-Egesippo e quella di Eusebio è che il primo omette il ruolo di Ponzio Pilato e la cruciale affermazione che egli era il Messia, ma aggiunge che i Leaders ebrei lo riconobbero quale Dio. Sebbene una parafrasi sia generalmente considerata meno definitiva come prova rispetto a una citazione, nel nostro caso essa ha un vantaggio poichè, come la Whealey rimarca, è più difficile per uno scriba successivo mettere una parafrasi in conformità con un dato testo rispetto ad una citazione. [Whealey, Josephus on Jesus, 31.]
Lo Pseudo-Egesippo enfatizza il fatto che sia forzato ad accettare l'autenticità del testo, per come lo pone, "Giuseppe, che essi stimano come un grandissimo uomo" era, ciò nonostante, uno spirito così tortuoso che, pur dicendo la verità su Gesù, egli non credeva alle sue stesse parole. Sebbene Giuseppe parlasse per la necessità di rispettare la verità storica, egli non credeva in Gesù a causa della sua durezza di cuore e delle sue intenzioni prive di fede.

Perfino dopo Eusebio, troviamo quattro scrittori Cristiani nel 5 secolo che conoscono le opere di Giuseppe ma non citano il TF: Orosius, Philostorgius, Theodore of Mopsuestia, and Augustine. Non troviamo chiare citazioni del TF prima di Isidore of Pelusium and Sozomenus nel 5 secolo. [Feldman, "The Testimonium Flavianum," 185.]
Durante il Medio Evo e fino al sedicesimo secolo, nessun Cristiano, sia nell'Occidente che ad Oriente, nonostante la popolarità di Giuseppe e il grande interesse verso la sua opera nel periodo del Rinascimento e della Riforma, mise in discussione l’autenticità del TF. [18 Peter Burke, "A Survey of the Popularity of Ancient Historians 1450-1700," History and Theory 5, no. 2 (1966): 135-52, mostra come durante il periodo che va dal 1450 to 1700 Giuseppe fuil secondo storico antico "in the vernacular languages" più frequentemente pubblicato ]

Il primo studioso che asserì che il TF fosse spurio fu l'umanista Hubert Giphanius (van Giffen), che, come quotato in una lettera da Sebastian Lepusculus, cita il Testimonium in una premessa ad una delle versioni dello Yosippon del 1559. In una nota a margine alla sua traduzione dello Yosippon del 1541, l'ebraista Sebastian Munster rimarca che gli studiosi hanno dato molta fiducia all' omissione del TF dalle Antiquities rispetto agli studiosi Cristiani del passato. [Whealey, Josephus on Jesus, 77-84.]



Quando cominciamo la nostra indagine sulla genuinità del linguaggio del TF non dovremmo essere sorpresi di rilevare che Giuseppe era interessato ad un movimento connesso con Gesù in relazione al suo grande interesse per i movimenti che possono essere classificati come religiosi e politici, quali le quattro sette -Pharisees, Sadducees, Essenes, and the Fourth Philosophy. Il Cristianesimo, come si rileva nelle idee dei suoi fondatori, in modo particolare John the Baptist and Jesus, fu proprio un movimento del genere e, in quanto tale, fu visto con disdegno e timore dal potente Impero Romano.


Giuseppe consacra molto spazio sia nella Guerra che nelle Antichità all'infame Re ebreo Erode, all' Imperatore Romano Augusto (al quale egli fu sempre leale), e ai procuratori Romani che lo seguirono e costituirono lo sfondo della tremenda rivolta degli Ebrei del primo secolo. Non è sorprendente che i Romani furono molto attenti alle grandi folle che furono coinvolte dall'eloquenza di Giovanni Battista. Giuseppe dedica approssimativamente a Giovanni il doppio dello spazio di Gesù, che, come Giovanni è ritratto come qualcuno che conquistò l'affetto delle masse e pagò un pesante prezzo a causa della sua popolarità. Allo stesso modo, per la guerra contro i Romani, Giuseppe è tremendamente intrigato dalle fazioni e dalle sottofazioni e dalla violenza che esse generarono. Quindi, Giuseppe deve aver trovato in Gesù una figura affascinante che catturò la sua attenzione.



Gary Goldberg è pertanto tentato di tessere dettagliati confronti tra la descrizione di Gesù nel Vangelo di Luca e nel TF di Giuseppe. [20 Gary Goldberg, "The Coincidences of the Emmaus Narrative of Luke and the Testimonies of Josephus," Journal for the Study of the Pseudepigrapha 13 (1995): 59-77.]
link articolo completo www.josephus.org/GoldbergJosephusLuke1995.pdf

Un motivo, non notato finora, per nutrire dubbi (sebbene non sufficiente per sconfessare) la paternità di Giuseppe del TF è che abbiamo due dei suoi passaggi sulla procuratura di Ponzio Pilato in War 2.169-177 e in Antiquities 18.55-89.
Nel primo (War) egli racconta l'incidente occorso nel tentativo di Pilato di introdurre le effigi dell'Imperatore a Gerusalemme, la conseguente costernazione degli Ebrei, e le susseguenti disposizioni di Pilato di rimuoverle, così come il suo utilizzo del denaro appartenente al Tempio per la costruzione di un acquedotto, la risultante indignazione degli Ebrei e il grande numero dei loro morti. Nel secondo, egli racconta gli incidenti scaturiti dal tentativo di Pilato di introdurre effigi dell'Imperatore a Gerusalemme e il suo utilizzo del denaro appartenente al Tempio per costruire un acquedotto; il Testimonium; la crocifissione di Gesù da parte di Pilato; lo scandaloso incidente a Roma di una signora Romana, Paolina, e del suo amante e la truffa perpetrata ai suoi danni dai sacerdoti di Isis; e l'attacco e il massacro commesso da Pilato ai danni di un gran numero di Samaritani che avevano tentato di risalire sul loro sacro Monte Gerizim e la conseguente lamentela dei Samaritani con il governatore Romano di Siria, che fece si che Pilato fosse richiamato a Roma.



Entrambe le versioni si focalizzano sul tentativo di Pilato di introdurre i busti dell'Imperatore a Gerusalemme e sull’appropriazione del denaro appartenente al Tempio per un acquedotto.



Ma è solo nelle Antichità che troviamo Gesù, lo scandaloso incidente di Paolina e il tentativo dei Samaritani di ascendere al Monte Gerizim.
Poiché entrambi i resoconti si concentrano in maniera critica sulle attività del procuratore Ponzio Pilato, ci possiamo chiedere perché Giuseppe, nel raccontare la messa a morte di quelli che gli si opposero, ometta nella Guerra la sua crocifissione di Gesù, a meno di non considerare questa menzione nelle Antichità come un'interpolazione.
Un altro posto dove possiamo comparare il primo trattamento di Giuseppe dei detti incidenti con il suo successivo trattamento, è l'antica, breve tavola dei contenuti del Libro 18 delle Antichità. [21 See Sievers, "The Ancient Lists," 271-292.] LINK

Ά dire il vero, non sappiamo chi scrisse questi indici e quando furono redatti. E’ possibile che essi rimontino all’edizione originale delle Antichità e potrebbero essere stati composti da Giuseppe stesso o da uno dei suoi assistenti. Essi sono molto brevi, ma catturano i punti essenziali del testo di Giuseppe, sebbene in alcuni casi in modo non uniforme. Per esempio, leggiamo, nell' indice di Antichità 18.29, che i samaritani dissacrarono il popolo per sette giorni, senza che venga data una spiegazione della ragione di questo. In ogni caso, questi sommari omettono totalmente ogni menzione al passaggio su Gesù. Sievers, consapevole del fatto che, in accordo con Origene, Giuseppe non credeva che Gesù fosse il Messia (Christ), laddove il Testimonium afferma esplicitamente che egli era il Messia (Christ), conclude che questa è un'indicazione che ci furono interpolazioni Cristiane nel testo di Giuseppe già all' epoca di Origene (c. 233) e che tali interpolazioni possono precedere la sua epoca. [23 Sievers, "The Ancient Lists," 290, n. 61.]

Per determinare se il Testimonium è autentico, bisognerebbe, prima di tutto, esaminare il suo linguaggio per verificare se esso contiene parole che sono compatibili con il linguaggio utilizzato altrove da Giuseppe, e sembra ragionevole partire dall'evidenza dei manoscritti. Il Testimonium appare in tutti i manoscritti esistenti delle Antichità di Giuseppe. Esso compare similmente in tutti i numerosi manoscritti della traduzione Latina che fu realizzata sotto la direzione di Cassiodoro nel 6 secolo.

Ma i manoscritti greci più antichi datano al 9 secolo, approssimativamente mille anni dopo che Giuseppe aveva composto le Antichità, e tutti derivano dalla stesso archetipo. (from the same source). Vorremmo avere il piacere di un papiro contenente
larghe porzioni delle Antichità che datassero ad un periodo molto più vicino all'epoca in cui Giuseppe le scrisse, ma in tal senso si è ritrovato solo un breve frammento, il Papyrus Graeca Vindobonensis 29810, che risale al tardo 3 secolo. Questo frammento, per il nostro disappunto, non proviene dalle Antichità, ma dalla Guerra ed include War 2.576-579, 582-584 [25 Hans Oellacher, ed., Griechische literarische Papyri, vol. 2 (Baden bei Wien, Austria, 1939), 61-65; Heinz Schreckenberg, Die Flavius-Josephus-Tradition in Antike und Mittelalter (Leiden, 1972), 54-55.]

Sfortunatamente il frammento è in uno stato di conservazione molto cattivo, al punto che possiamo contare solo su 38 parole complete e 74 parziali. Il fatto comunque che ci siano 9 punti (molti dei quali, a dire il vero, basati su congetture decisamente traballanti derivanti da manoscritti collazionati nel testo delle Antichità 18.63–64 da Benedicte Niese –[Benedict Niese, ed., Flavii Iosephi Opera, vol. 4 (Berlin, 1892), 151–152- ] ci induce a concludere che il testo della Guerra, che è in uno stato molto migliore che quello delle Antichità, sia perfino meno sicuro di quanto avessimo potuto supporre.
Nessuna delle varianti nel papiro comporta importanti differenze nel significato del testo, ma il fatto che il papiro (sebbene sia, naturalmente, pericoloso giungere a conclusioni sulla base di un cosi breve passaggio) concordi con un gruppo di manoscritti (Parisinus-Ambrosianus-Marcianus [PAM] group) e non con un altro (Vaticanus-Palatinus-Urbinas [VRC] group) ci induce a suggerire che sia pericoloso basarsi eccessivamente su un solo gruppo, come fece Niese con il PAM group.

Una chiave per determinare l'autenticità del Testimonium è quella di esaminare il vocabolario e lo stile del passaggio. Un tale studio è stato realizzato da David L. Mealand [David L. Mealand, "On Finding Fresh Evidence in Old Texts: Reflections on Results in Computer-Assisted Biblical Research," Bulletin of the John Rylands University Library of Manchester 74, no. 3 (1992): 67-88.] LINK
www.escholar.manchester.ac.uk/api/...RS-DOCUMENT.PDF

Ά causa della brevità del Testimonium – solo 89 parole – Mealand usa tre criteri:

1) Compara la fraseologia di Giuseppe nel Testimonium con il suo uso nel resto dei suoi lavori.
2) Compara la sua fraseologia con quella della letteratura Greca in generale e dei primi testi Cristiani in particolare
3) Esamina la complessità del linguaggio del Testimonium. Compara poi il passaggio con un passaggio non disputato di Giuseppe


I criteri furono selezionati in un range molto vario e largo, che includeva lunghezza delle parole, uso dei pronomi relativi ed indefiniti, parole con l’ iniziale tau, e la posizione della prima preposizione nella frase.


Basandosi su questi criteri, Mealand conclude provvisoriamente che la maggior parte (bulk) del passaggio su Gesù in Giuseppe è genuino.



Nel determinare se il linguaggio del Testimonium è compatibile con il linguaggio usato altrove da Giuseppe, notiamo un problema con la prima parola, ginetai, tradotta sopra con "there lived" ma che grammaticalmente è un verbo al presente, letteralmente "there comes into being," "there is," "there lives," "there arises," or "there appears on the scene." Mentre Giuseppe usa il presente storico altrove per descrivere azioni nel passato, in questo contesto il presente indicativo è strano in quanto suggerisce che Giuseppe credesse Gesù ancora in vita.

Il testo Slavo di Giuseppe omette il nome di Gesù. Una delle varianti testuali in uno dei manoscritti legge tis (a certain [ person]), ma sembra poco verosimile che uno scriba Cristiano abbia potuto aggiungere tis, che ha una connotazione irrispettosa, perfino sprezzante [così Paget, "Some Observations," 565, n. 105.]
Oppure bisogna pensare che l'inserimento di questo tis possa non essere stato intenzionale e sia il frutto dell' errore di un copista.

"If, indeed, one ought to call him a man” sembrerebbe una interpolazione Cristiana, poichè essa presuppone che Gesù fosse divino.

La parola poiētēs (tradotta sopra come “one who wrought”), che è qui usata per gli atti di Gesù, è sempre utilizzata da Giuseppe per riferirsi ai poeti e mai con il significato che ha qui. Henry Thackeray attribuisce questo uso al fatto che in questa parte delle Antichità Giuseppe aveva un assistente che imitava lo stile di Tucidide [29 Henry St. John Thackeray, Josephus, the Man and the Historian (New York, 1929), 144.]

Sebbene la parola didaskalos sia comune negli scritti di Giuseppe, intutti i casi salvo uno, (War 7.444), quando un genitivo segue la parola esso indica il contenuto dell' insegnamento piuttosto che l'identità dei destinatari dell'insegnamento. Qui invece esso indica l'identità dei destinatari dell'insegnamento.

Ken Olson rimarca che tre frasi -"one who wrought surprising feats," "tribe of the Christians," and "still to this day"- ricorrono qui ed altrove in Eusebio e solo qui in Giuseppe. [30 Ken A. Olson, "Eusebius and the Testimonium Flavianum," Catholic Biblical Quarterly 61 (1999): 313.]

Inoltre, una forma talēthē, nel senso di “la verità” si ritrova solo qui e in Antichità 8.23. Varie emendazioni sono state suggerite, in particolare paradoxōn, “strange, unusual things.”

“He won over many of the Jews and many of the Greeks”: Hellēnikoū nel senso di “il popolo Greco" è usato da Giuseppe solo qui e in Guerra 2.268. Molti commentatori scrivono che un interpolatore Cristiano non avrebbe fatto una simile affermazione, poiché Gesù nei Vangeli insiste sul fatto che il suo insegnamento non è diretto ai non-Ebrei; d' altro canto, l'affermazione concorda con la convinzione di Eusebio che fosse raccontato che il messaggio di Gesù avrebbe raggiunto tutte le nazioni e che i suoi miracoli li avrebbero conquistati. [Eusebius, Historia ecclesiastica 1.2.23, 1.13.1.]

Quanto è verosimile che un Ebreo impegnato possa aver scritto in tali positivi termini su Gesù e, in particolare, possa essersi riferito a lui come il Messia?

J. Neville Birdsall sostiene che coloro i quali rigettano l'autenticità del passaggio stanno pensando secondo termini anacronistici appropriati per secoli successivi, quando cioè l'antagonismo tra gli Ebrei e i Cristiani divenne molto più teso, mentre durante il primo secolo, quando Giuseppe scrisse queste parole, i Cristiani erano un gruppo molto più ridotto e difficilmente potevano costituire una minaccia. [Neville Birdsall, “The Continuing Enigma of Josephus’s Testimony about Jesus,” Bulletin of the John Rylands University Library of Manchester 67, no. 2 (1985): 611–612.]
LINK www.escholar.manchester.ac.uk/api/...RS-DOCUMENT.PDF

Ά quel tempo, scrive, Giuseppe non era scettico sui miracoli e credeva nel compimento delle profezie. Birdsall va tanto lontano da suggerire che Giuseppe possa tranquillamente aver detto ai suoi contemporanei, specialmente ai suoi seguaci Ebrei, che Gesù era colui nel quale le profezie messianiche si erano compiute.
Ά dire il vero, Giuseppe,da credente Ebreo, avrebbe difficilmente potuto negare la centralità di miracoli quali le piaghe d’Egitto, l’attraversamento del Mar Rosso, e le Rivelazioni al Sinai. Dall’altra parte, egli non volle esporsi al ridicolo per essere così credulone e insistette sul fatto che Mosè non scrisse nulla di irragionevole e che quindi tutto nelle Scritture era in sintonia con la natura dell' universo; in effetti, globalmente, egli tendeva a degradare i miracoli. [33 Louis H. Feldman, Josephus's Interpretation of the Bible (Berkeley, 1998), 210-212.]

Quei commentatori che credono che il Testimonium contenga interpolazioni puntano a questa affermazione Ho Christos houtos ēn (He was the Messiah), e sostengono che Giuseppe, quale Ebreo, non avrebbe potuto affermare che Gesù fosse il Messia.

Inoltre l’affermazione sembra fuori posto e disturba il flusso logico del passaggio. Se doveva apparire, ci si aspetterebbe che essa comparisse immediatamente dopo “Gesù” o “wise man” dove una identificazione complementare sarebbe stata presumibilmente più idonea. Ά dire il vero, storicamente, i Rabbi non consideravano Gesù come il Messia.
Comunque, un secolo dopo Gesù, niente meno che il grande Rabbi Akiba riconobbe Bar Kokhba quale Messia, sebbene altri Rabbini non lo fecero.
In più, la parola Christos (Messiah) ricorre anche in Antichità 20.200 (un passaggio che quasi tutti gli studiosi considerano genuinamente Flaviano) in connessione con Giacomo, il fratello del cosiddetto Christos, che chiaramente implica che egli sia stato menzionato precedentemente.

C'è ragione di credere, nonostante gli sforzi di Marinus de Jonge, Jacob Neusner, Richard Horsley, e Haim Ben-Sasson che l'attesa di una figura messianica, che fosse essa definita o meno con il nome "Messiah," , fosse diffusa tra gli Ebrei.

[34 Marinus de Jonge, "The Use of the Word ‘Anointed' in the Time of Jesus," Novum Testamentum 8 (1966): 132-148; Jacob Neusner, "Mishnah and Messiah," in Judaisms and Their Messiahs at the Turn of the Christian Era, ed. Jacob Neusner, William S. Green, and Ernest Frerichs (Cambridge, 1987), 265-282; Richard A. Horsley, "Messianic Movements in Judaism," in The Anchor Bible Dictionary, ed. David Noel Freedman et al. (New York, 1992), 4:791-797; Haim H. Ben-Sasson, "Messianic Movements," in Encyclopaedia Judaica ( Jerusalem and New York, 1971), 11:1417-1427.]

In particolare, richiamiamo l‘attenzione sull'affermazione di Giuseppe che l'elemento che, più di ogni altro, incitò gli Ebrei alla guerra contro i Romani nel 66 fu
"un ambiguo oracolo, verosimilmente inserito nelle loro sacre scritture, con l'effetto che a quel tempo uno proveniente dal loro paese sarebbe diventato sovrano del mondo” [35 Josephus, War 6.312.]

Il fatto che Giuseppe dichiari che questo, più di ogni altra cosa, spinse gli Ebrei alla guerra, indicherebbe che esso era una convinzione forte e largamente diffusa. Che fosse, davvero, largamente insita sembra indicato dal fatto che una predizione simile è menzionata da Tacito che afferma che la maggioranza (pluribus) degli Ebrei era persuasa che "i loro antichi testi sacerdotali contenevano la profezia che questo era il tempo in cui l'Oriente sarebbe fortemente cresciuto e in cui uomini provenienti dalla Giudea avrebbero posseduto il mondo" [Tacitus, Histories 5.13.2.]

Un'evidenza simile che una simile convinzione fosse largamente diffusa si ritrova in Svetonio il quale riporta che "si era diffusa in Oriente una vecchia e consolidata credenza per la quale alcuni uomini provenienti dalla Giudea erano destinati a dominare il mondo". [Suetonius, Vespasian 4.5.]

Menahem, il leader dei Sicari, che apparve nel Tempio vestito con abiti regali, offre certamente l'aspetto di una figura messianica, così come l'Ebreo egiziano che con trentamila seguaci, propose di sopraffare la guarnigione Romana a Gerusalemme.
Il fatto che, non molto dopo la Grande Rivolta, Lukuas-Andreas nel 115 e Bar Kokhba nel 132 comparvero come figure messianiche starebbe ad indicare che l’ anelito ad un Messia fosse persistente e ampiamente condiviso. [40 Victor A. Tcherikover, "Prolegomena," in Corpus Papyrorum Judaicarum, ed. Victor A. Tcherikover, Alexander Fuks, and Menahem Stern, vol. 1 (Cambridge, MA, 1957), 88.]

Non ci può essere alcun dubbio che dal tempo di Giuseppe il nome di Davide fosse intimamente connesso con l'era messianica; [41 Feldman, Josephus's Interpretation, 538, n. 5.]
Tuttavia Giuseppe rendendosi conto che la fede in un Messia ipso facto implicava la rivolta contro i Romani, omette ogni riferimento a Davide quale antenato del Messia. Il fatto che l’ iscrizione sopra la croce sulla quale Gesù è condannato a morire legga, con leggere variazioni, in ognuno dei quattro Vangeli (Matthew 27:37, Mark 15:26, Luke 23:38, and John 19:19) in greco, latino ed ebraico, "Questo è il Re degli Ebrei" indica il crimine per il quale Gesù fu accusato. Era un crimine politico, ossia, l'aver tentato di abbattere il governo di Roma e di stabilire uno stato indipendente con Gesù come re, similmente all' obbiettivo degli Zeloti e dei Sicari della generazione successiva.
I Romani, che erano una minoranza nel loro stesso impero, erano costantemente nel timore di rivolte da parte di queste altre minoranze.
L'agitazione ebraica per l'indipendenza culminò, una generazione dopo la morte di Gesù, con una rivolta che durò otto anni prima che fosse completamente sedata.

L'affermazione che Gesù apparve vivo ai suoi discepoli dopo la sua morte, "perché i profeti di Dio avevano profetizzato queste e innumerevoli altre cose meravigliose su di lui" è chiaramente un'espressione di fede.
Essa deve essere un'interpolazione Cristiana perchè non c'è alcuna profezia di questo tipo prima del Nuovo Testamento. Andre Dubarle suggerisce di seguire la maggioranza dei vari testimoni indiretti del Testimonium fra i Padri della Chiesa [Andre M. Dubarle, "Le temoignage de Josephe sur Jesus d'apres la tradition indirecte," Revue biblique 80 (1973): 499.]
Ma le decisioni degli studiosi non si costituiscono propriamente in questa maniera, specialmente perché molti di questi testimoni hanno semplicemente seguito i predecessori e non hanno quindi presentato una visione indipendente.

Il passaggio si riferisce alla "tribù dei Cristiani" ma è poco verosimile che Giuseppe si riferisse ai Cristiani come una nazione, distinta dagli Ebrei e dai gentili. La parola "Christians" (Χριστιανῶν) non si trova in nessun altro passaggio delle opere di Giuseppe. La frase "tribe of Christians" si trova due volte nelle opere di Eusebio e in nessuna altra delle opere dei primi scrittori Cristiani. [Eusebius, Historia ecclesiastica 3.33.2, 3. Olson, "Eusebius and the Testimonium Flavianum," 312, n. 12, cites this as the reason that Solomon Zeitlin, "The Christ Passage in Josephus," Jewish Quarterly Review 18 (1928): 231-255, identifies Eusebius as the author of the Testimonium.]

Inoltre il Testimonium nell'affermare che la "tribe of the Christians" è "so called after him" chiaramente implica che solo i Cristiani sono chiamati così in qualità di veri seguaci del Messiah Christos.



C'è una sola frase nel Testimonium che, pur essendo stata notata da molti studiosi,



εἰς ἔτι τε νῦν

εἰς ἔτι τε νῦν


non è stata sufficientemente enfatizzata, cioè, eis eti te nun (still to this day- fino ad oggi) in riferimento al fatto che "still to this day," "the tribe of the Christians, so called after him, has not disappeared."

Questa breve frase, vorrei suggerire, potrebbe - ripeto, potrebbe - offrirci la chiave per l'intero puzzle in merito alla legittimità del Testimonium Flavianum.


Tale chiave è adesso disponibile grazie alla compilazione realizzata negli ultimi decenni del Thesaurus Linguae Graecae, il dizionario completo di tutte le parole greche contenute in tutta la letteratura greca sopravvissuta.


Ci si aspetterebbe che in un simile thesaurus una frase come questa apparisse non centinaia ma migliaia di volte, e che essa appaia frequentemente; ma il solo scrittore in questa intera collezione di molte migliaia di testi greci che usa questa frase con le parole in questo ordine, a parte Giuseppe, è Eusebio, nei cui scritti essa appare tre volte. Questa frase appare quindi essere una favorita di Eusebio e di nessun altro, almeno per quanto riguarda gli scrittori di quel periodo pervenutici.



In totale, quindi, tre frasi -"who wrought surprising feats," "tribe of the Christians," and "still to this day" ricorrono altrove in Eusebio e in nessun altro autore. Un certo numero di studiosi, fra i più reputati Solomon Zeitlin, hanno sospettato che poiché Eusebio fu il primo scrittore ad includere il Testimonium, fosse stato proprio lui a scriverlo. [44 Zeitlin, “The Christ Passage in Josephus,” 251–255]


D’altra parte il fatto che Eusebio quoti il Testimonium in tre forme differenti induce Joseph Kennard a concludere che se Eusebio fosse stato l'autore del Testimonium, egli non avrebbe quotato male se stesso. [45 Joseph S. Kennard, "Gleanings from the Slavonic Josephus Controversy," Jewish Quarterly Review 39 (1948-1949): 161-170.]



Ma come ho affermato altrove, [46 Feldman, "The Testimonium Flavianum," 189.] Clemente di Alessandria, per esempio, quando cita fonti precedenti, varia costantemente il testo. Questo, di per se, non prova che il Testimonium fu fabbricato.

Comunque, specialmente a causa del fatto che Eusebio era un grande polemista, un apologeta del Cristianesimo in due enormi opere contro il paganesimo, un fiero difensore della vita di Gesù quale compimento della profezia ebraica, uno dei maggiori interlocutori che risposero all’attacco che il filosofo Porfirio portò all'interpretazione Cristiana delle Scritture,

un guerriero implacabile che tenta di dimostrare che i Cristiani furono i veri eredi del Giudaismo, uno dei maggiori difensori del controverso Origene, un attivista della controversia Ariana, una figura chiave del Concilio di Nicea e un protagonista della formulazione e della difesa del Credo Niceno, uno storico maggiore dei martiri Cristiani,

successivamente il vescovo del centro chiave Cristiano di Cesarea, l'autore di un’ opera maggiore sull' imperatore Costantino quale sovrano del suo popolo, e il primo storico maggiore del Cristianesimo, deve essere stato molto disturbato dal fatto che nessuno prima di lui, fra tanti scrittori cristiani, avesse formulato anche solo un minuscolo sketch della vita e delle opere di Gesù.

Conseguentemente, egli potrebbe essere stato motivato ad originare il Testimonium.




Conclusione

In generale, quando la tradizione manoscritta è unanime o quasi unanime, noi la seguiamo .Il TF appare in tutti i manoscritti esistenti delle Antichità, ma i più antichi di questi datano solo dell'undicesimo secolo. Il TF, inoltre, appare in tutti i numerosi manoscritti della traduzione Latina che fu fatta sotto la direzione di Cassiodoro nel sesto secolo. Bisogna anche tener presente che Eusebio, il primo scrittore che quotò il TF, lo fa in tre delle sue opere, ogni volta con leggere variazioni. Possiamo suggerire che se Eusebio stava quotando un passaggio così importante, dove ogni frase era soggetta ad interpretazione, egli non avrebbe rischiato di modificarlo, neanche con delle piccolissime variazioni. Inoltre rileviamo che quando un Arabo Cristiano, Agapius, si riferisce al TF nel decimo secolo, egli omette la linea ""if, indeed, we ought to call him a man," omette riferimenti ai miracoli di Gesù, omette il ruolo dei leaders Ebrei nell' accusare Gesù, non riporta che Gesù apparve ai suoi discepoli il terzo giorno ma che essi riportarono ciò, e egli non dichiara che Gesù fosse il Messia ma piuttosto che egli era forse il Messia. Come avrebbe potuto un Cristiano prendersi tali libertà con un così importante ed ufficiale passaggio?



. Contro la convinzione che il TF fu scritto da Giuseppe c’è il fatto che nonostante la forte opposizione dei pagani e degli Ebrei sui temi teologici e nonostante gli scontri con la comunità Cristiana durante i primi tre secoli, compresa la risposta di Giustino Martire nel secondo secolo all’accusa che Gesù non fosse esistito, ci sono otto padri della Chiesa che vissero prima del quarto secolo e che menzionano Giuseppe ma che tuttavia non riferiscono questo passaggio. Perfino l'estremamente prolifico ed influente Origene che fu profondamente coinvolto in controversie concernenti la natura di Gesù che conosceva Giuseppe molto bene, come indicato dal fatto che cita le Antichità sette volte, non cita il Testimonium. Al contrario, Origene si meraviglia che Giuseppe non credesse alla messianicità ed alla divinità di Gesù. Schreckenberg ammette che è difficilmente possibile determinare con certezza quali corruzioni del testo di Giuseppe siano dovute ad Origene stesso e quali siano dovute ad una fonte intermedia che Origene potrebbe aver utilizzato in buona fede.



In entrambi i casi l’osservazione che la trasmissione fu aggiustata o addirittura falsificata per ragioni apologetiche è valida. In questa connessione, dovremmo tener presente il metodo di lavoro di Origene, e cioè che egli dettava i suoi lavori ad almeno sette stenografi alla volta, e che il testo dettato era poi riprodotto da un numero identico di scribi. Infine, troviamo una sorta di caso simile di una interpretazione cristianizzata di Giuseppe nel trattamento Cristiano di Filone che, secondo Jerome, incontrò Pietro a Roma,strinse un amicizia con lui, e fu pertanto favorevolmente disposto nei confronti dei seguaci di Marco discepolo di Pietro. In conclusione, c’è ragione di pensare che un Cristiano come Eusebio avrebbe cercato di ritrarre Giuseppe come più favorevolmente disposto verso Gesù e potrebbe certamente aver interpolato un brano come quello che si trova nel Testimonium Flavianum.



Ribadito che questo articolo di Feldman veicola una numerosa serie di spunti di riflessione che meriterebbero di essere debitamente approfonditi (e mi riprometto nell’ambito di questa discussione di farlo) vorrei provare a “rileggere” questo fondamentale passaggio di FG inserendolo “prepotentemente” in quel contesto/modello che ho ridefinito “ipotesi messianista” sulle origini del cristianesimo.

Questo modello (pattern) che si nutre di quel ricco cluster di “tradizioni” testuali indiscutibilmente (e stranamente) presenti nelle attuali versioni dei Vangeli, resta, secondo me, la matrice più opportuna e più fertile sulla quale elaborare una spiegazione delle origini del cristianesimo che abbia al contempo maggior grado di plausibilità storica (criterio metodologico che dopo essere stato per decenni molto “svalutato”, sembra riprendere quota nel mondo specialistico), e maggiore capacità di includere, anche in maniera “semplice” il maggior numero di elementi (alcuni dei quali rimasti da sempre “isolati” in quanto apparentemente avulsi dal quadro generale recepito se non in palese, inconciliabile contraddizione con esso).

E’ evidente che, come ottimamente ricordato anche da Feldman, i sostenitori di una ricostruzione “non ortodossa” delle origini del cristianesimo, abbiano sempre mirato ad affermare la totale inautenticità del TF o quanto meno una sua violenta manomissione realizzata attraverso opportune ed ideologiche interpolazioni cristiane su un testo di base nel quale FG senza arrivare a quelle affermazioni (per lui impossibili) aveva comunque vidimato l’esistenza e soprattutto la continuità che quel personaggio aveva generato (ritengo, restando in questa chiave di lettura, che quest’ultimo sia probabilmente l’elemento che più abbia motivato l’eventuale “rielaborazione” cristiana del testo Flaviano, ovvero la necessità da epoca posteriore di riempire un lontano topos spazio-temporale delle origini, storicamente diverso, proiettandovi quella costruzione mitica che intanto si era riusciti ad imporre quale storia reale)



Ora il punto che mi sembra rilevante è che questa impostazione del problema mi pare sia stata scaltramente sfruttata (se non pilotata) proprio da quei sostenitori del “paradigma ortodosso”, ossia da coloro i quali da duemila anni tendono ad affermare con forza che i fatti siano sostanzialmente andati, fin dall’inizio, così come i testi interni alla tradizione teologica ci raccontano.


In fondo, “incanalare” una polemica sul TF su una sua parziale o totale autenticità, “concedere” eventuali interpolazioni, mettere in brackets interi pezzi di un testo di per sè già breve, lasciando sornionamente inalterata la “verità” che un importante storico ebreo abbia vidimato l’esistenza (e, ripeto, soprattutto il fatto essenziale che quel personaggio abbia ingenerato una continuità di fede e di appartenenza che ne diventa a sua volta paradossalmente garanzia di esistenza e di “consistenza”) di un certo “Gesù”, risulta un ottimo prezzo da pagare pur di incassare una sottile ma fondamentale vittoria.


Quella di diffondere, anche su profonde basi psicologiche, la senzazione che “quel Gesù” sia realmente esistito, al di là della percezione che lo stesso FG abbia potuto averne. E ottenuto questo risultato si campa di rendita per secoli fino a quando, cominciate le polemiche critiche ci si è potuti rintanare in una difesa che, pronta a riconoscere talune esagerazioni ascrivendole con generosa convenienza alle marachelle teologicamente ipetrofiche di qualche autore che, colmo di pie intenzioni ha voluto strafare, permette di arroccarsi agevolmente su una questione di percezione più o meno chiara da parte di Flavio Giuseppe.


Il problema, quindi, non è più la sostanza di fondo, e cioè cosa davvero aveva probabilmente riportato FG (il TF originario) ma, ferma restando la verità storica autonoma (figlia della successiva storicizzazione di un teologumeno), quale possa esserne stata la reale percezione di FG.


Ecco che in maniera anche semanticamente subdola un probabile brano di una vasta opera di FG nella quale l’autore tanto aveva narrato (seppur in chiave fortemente ideologica) delle complesse vicende messianiche (o pseudo-tali) ebraiche dell’epoca, diventa di base un TESTIMONIUM, ossia un cogente ed ineluttabile riscontro che FG si deve di offrire, fosse anche sospendendo la sua linea narrativa più generale, ad una Verità che, per quanto gli possa piacere o meno, è ineludibile in quanto, che lo abbia compreso a pieno o solo in parte, che lo abbia accettato o rifiutato, segna finalmente ed incontrovertibilmente il Vero compimento del disegno divino…ebraico.
E se non lo ha compreso ed accettato, poco importa. L’importante che, anche da "miscredente", lo abbia TESTIMONIATO. Altri, dopo di lui, ma anche prima di lui, avranno saputo spiegare alle masse che quanto, anche da lui, riportato, era, è, e sarà la Verità indiscutibile.

Ora se io da detrattore di questa “ricostruzione dei fatti” mi ponessi in un paradigma squisitamente e totalmente MITICISTA, sostenendo per esempio la totale inesistenza di Gesù quale figura storica reale, e di riflesso la totale non autenticità del TF, i miei avversari avrebbero gioco facile ad utilizzare (quando gli conviene ne fanno il miglior uso…) quei parametri di storicità che innegabilmente “colorano” questa storia.



In altre parole gli elementi storici, pur frammentari, che appartengono senza dubbio al sostrato originario che sono stati così abili a riplasmare, sarebbero sventolati ad arte per dimostrarmi quanto è ridicola la mia pretesa che il loro Gesù sia il parto di una completa (e quanto difficile da realizzare…) invenzione.
Ecco perché, tante volte, ho sostenuto che, senza volerlo, i miticisti puri e duri hanno finito per avvantaggiare il compito di chi dall’altra parte si batteva per mantenere in vita una costruzione teologica non banale.


La realtà, mi si perdoni il gioco di parole, è che in questa storia il mito c’è, ma viene dopo. Prima c’è la Storia, di cui il Mito Incarnatore si è fatto carnefice…
Se da un lato il “paradigma ortodosso” non può avere consistenza storica perché è fatalmente dipendente da troppe variabili anistoriche, dall’altro il “paradigma mitista” puro è altrettanto discutibile perché nel tentativo di smascherare il primo finisce per "mitizzare” anche quegli elementi che onestamente sembrano possedere un elevato grado di plausibilità storica.


Ecco che, una volta di più, in medio stat virus…

Un modello che si sforzi di “separare quello che Dio ha (falsamente) unito” , che infranga un fuorviante “matrimonio mistico” fra tante prosaiche verità storiche e una capziosa visione metastorica della realtà.

Questa è l’ineludibile necessità di chi voglia realmente recuperare una passabile ed affidabile sequenza evenemenziale.



Nel caso specifico, mi sembra evidente che l’ “ipotesi messianista” , almeno nella versione che io considero più probabile preveda quanto segue:

1) Il cristianesimo del primo secolo e di parte del secondo non è altro che una componente particolare di un variegato messianismo ebraico che sarà teso fino alla sconfitta finale di Bar Kocheba alla redenzione(liberazione) del popolo d’Israele. La componente che mi pare più fondante di questo particolare messianismo è quella Millenaristica. Nessuna delle caratteristiche che prenderà dopo (e a causa del)la rielaborazione mitico- teologica che comincia a mettersi in moto dopo il primo secolo, è presente nel primo secolo.

2) Il corpus neo-testamentario è assolutamente assente dal panorama del primo secolo. In modo particolare la letteratura Paolina e gli Atti degli apostoli sono prodotti posteriori ai vangeli. Il Paolo del cristianesimo postumo è creatura mitologica o nella migliore delle ipotesi (che io prediligo) rielaborazione “a rovescio” di una figura storica del primo secolo.

3) Il giudeo-cristianesimo “narrato” dai testi cristiani e non e come tale vidimato dagli specialisti è, anch’esso, una mera invenzione postuma, figlia dell ‘operazione teologica madre. Si tratta della comprensibile esigenza di retroproiettare la propria nuova mitologia-teologia in un tempo ed uno spazio originario (quello palestinese del primo secolo) che seppur non più centrale al momento in cui questa operazione viene realizzata, ha il potente valore di “fondare un’origine”, per poter dire “c’eravamo, così come siamo, fin dall’inizio”.

La storia reale della Palestina del primo secolo è invece stata tutt’altra cosa ed i suoi protagonisti erano pervasi di ebraicità. (su questo punto fondamentale il recente, parziale e ancora debole recupero storiografico dell’ebraicità del Cristo, non ha ancora fatto scaturire una discussione, che pure ne sarebbe logica conseguenza, sulla ebraicità del cristianesimo originale.

Purtroppo mi è pessimisticamente chiaro che se, da un lato, un formale, generico e ruffianamente catartico riconoscimento di una realtà evidente, da sempre, a tutti, (“Gesù era un ebreo”) può in questa fase storica essere “generosamente” concesso, dall’altro canto cosa ben diversa e molto più insidiosa sarebbe quella seria conseguenza e cioè una volta ammesso che “Gesù era un ebreo” chiedersi che tipo di ebreo egli fosse, visto che gli Ebrei dell’epoca non erano (come non lo sono oggi) robot programmati ma persone con un’ autonomia ed una varietà di pensiero ben più ricca di quanto a certi storici esponenti di una assurda accusa di deicidio ha fatto comodo credere e far credere.

Per quanto concerne la questione del TF, alla luce della lunga premessa fatta, e degli elementi concreti a nostra disposizione, il paradosso di quel “era il Messia” attestato dalla lezione presente nelle citazioni di Eusebio (e che probabilmente è servita da base per l’archetipo greco che poi ha originato la famiglia di manoscritti definitiva delle Antichità Giudaiche – stabilità della tradizione manoscritta) congiuntamente alla “diversa attestazione” che Origene con la sua strana parafrasi ci ha lasciato, mi spingono ad avanzare il sospetto che il tutto si potrebbe leggere in maniera molto differente.

Io credo che FG abbia scritto a Roma in un contesto in cui, come detto, il cristianesimo che oggi conosciamo non era ancora stato “inventato”. Credo quindi che FG abbia scritto, in coerenza con le linee guida (ideologiche) che si era dato, qualcosa a proposito di un presunto (uno dei tanti) pseudo-messia ebrei (il “TF originale”) Credo che lo abbia descritto con gli stessi toni sprezzanti, critici, negativi (forse anche sarcastici) che in linea generale utilizzava per questi personaggi ai quali, in fondo, addebitava la sorte tragica subita dal suo popolo. Un TF scritto in un periodo in cui quello pseudo-cristo, falso messia finito in croce non era stato ancora teologicamente trasformato nel Cristo “Gesù” fortemente degiudaizzato che comparirà progressivamente a partire dal secondo secolo. Un periodo in cui, per l’appunto i Romani non avevano da fare insensate differenze tra ebrei e cristiani quanto piuttosto tra ebrei accomodanti e/o collaborazionisti ed ebrei messianisti.

Credo plausibile ipotizzare che Origene abbia potuto leggere una versione del TF, se non originale, sicuramente molto più vicina ad esso di quanto non sarà posteriormente. E che questa versione conservasse in luogo di quel paradossale “ERA IL MESSIA” qualcosa come (ALCUNI LO CONSIDERARONO/CREDETTERO CHE) ERA IL MESSIA. (“CREDEBATUR ESSE” , “HE WAS THOUGHT TO BE THE MESSIAH”)

Questa versione letta da Origene in un periodo in cui la tradizione manoscritta di FG non era ancora caratterizzata da quella Stabilità formalmente accertata da Eusebio in poi (e che viene a mio avviso impropriamente utilizzata da molti specialisti quale prova regina della autenticità anche parziale di quella versione del TF, a prescindere dalle interpolazioni quali “era il Messia” ) spinse ovviamente lo stesso Origene a dire che FG non lo riconosceva come Messia. Vale a dire in parole semplici che Origene ci porta testimonianza del fatto che FG pur parlando di “Gesù” (e quindi probabilmente di chi era e di come fu considerato da alcuni altri ebrei) ripudiava proprio per quelle sue caratteristiche da falso-profeta nemico del Tempio ed anti-romano, una sua presunta messianicità.

Purtroppo non mi sembra neppure casuale che mentre in Eusebio si trovino delle citazioni, in Origene resti esclusivamente una ambigua parafrasi.

Fra le altre cose questa ipotesi darebbe anche un senso compiuto al passaggio di Antichità XX nel quale FG si riferirebbe al Giacomo fratello di Gesù chiamato Cristo, dove il senso di quel “chiamato” lungi dal collimare con il distorto “era il Messia” sarebbe decisamente più compatibile con il "Credebatur esse/fu considerato" della Tradizione manoscritta latina e del Testimonium arabo di Agapius. La Tradizione manoscritta latina in effetti non sarebbe da vedere quale risultanza di una improbabile volontà di stemperare una lezione greca ritenuta troppo forte, quanto invece la residua memoria di un ramo pre-archetipico che conservava una lezione del TF più vicina all’originale e sicuramente simile se non corrispondente a quella letta da Origene.

Se questa ipotesi fosse valida, sarebbe a mio avviso logico il silenzio di altri autori cristiani (pre e post origeniani) i quali, a differenza di Origene, e forse maggiormente consapevoli dell’operazione teologica in corso sul personaggio reale che si era distinto per la sua stretta, rigorosa, zelante adesione ad un diffuso ideale messianico di redenzione del suo popolo, non “commisero l’errore strategico” di tirare in ballo, commentandolo, il pericoloso passaggio Flaviano. Ritenendo a giusto titolo e con sagace prudenza che non erano ancora maturi i tempi in cui una più consolidata “nuova creatura gesuana” (frutto di un processo più spinto di degiudaizzazione che ne avesse maggiormente stemperato l’iniziale e potenzialmente pericolosa coesistenza/persistenza della memoria della originaria “matrice messianista ebraica”) avrebbe permesso una fase successiva del processo.



Fase che poi sarebbe arrivata allorquando qualcuno poco prima di Eusebio (o lo stesso Eusebio) complice una diversa e ben più profonda intersecazione della “nuova religione" cristiano-paolina con il sempre più decadente Impero Romano, avrebbe finalmente provveduto ad un definitivo accomodamento dell’ opera Flaviana ed in particolare ad una edizione definitiva del TF. Finalmente Flavio Giuseppe poteva “confessare” che questo Gesù fosse il Messia.



Mi preme chiudere con una considerazione che non ha mai avuto il giusto peso. sovente si è polemizzato contro chi tenta di rivedere le origini del cristianesimo postulando interpolazioni anche pesanti nel testo delle opere di autori antichi, in modo particolare nel caso di Flavio Giuseppe. Nella quasi totalità dei casi si è violentemente deriso chi praticava questa ipotesi, adducendo che era davvero grottesco pensare che a quell'epoca si potesse riuscire ad orientare un testo inserendo delle varianti significative ed interessate data l'enorme difficoltà di controllare/censurare tutte le copie esistenti.



Trattasi di un mito senza valore. Il caso di Origene, quale che sia la sua corretta definizione, dimostra a mio modo di vedere, in maniera rigorosamente scientifica, che sensibili variazioni di contenuti fossero assolutamente possibili, almeno nella fase iniziale e cioè prima che la forte spinta di un particolare testo archetipico non venisse a renderne più difficile (ma non impossibile) la realizzazione.






Edited by barionu - 18/1/2023, 09:32
 
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CAT_IMG Posted on 8/10/2014, 19:39
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εἰς ἔτι τε νῦν



non è stata sufficientemente enfatizzata, cioè, eis eti te nun (still to this day- fino ad oggi) in riferimento al fatto che "still to this day," "the tribe of the Christians, so called after him, has not disappeared."




ATOMICA FUMANTE .




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Edited by barionu - 17/8/2015, 13:40
 
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CAT_IMG Posted on 14/10/2014, 22:15

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HAVI

Manca il collegamento tra Giuda & co e il Gesù Cristo del mito.

E perché dovrebbe esserci?
Quello di Gesù poteva essere stato un movimento parallelo a quello degli zeloti,un movimento anti-romano tutto particolare.
Non dimenticare che nelle sue file venivano accolti combattenti zeloti,e non solo.
 
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CAT_IMG Posted on 15/10/2014, 14:38
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CITAZIONE
'unica differenza è che Jehoudda, pur rubando questo scenario dalla Radikal Kritik (si tratta chiaramente di un furto, perchè non cita la fonte ;) )

Hieronymus ; BESTIA !!!!

è IL SOLO POST CHE SONO RIUSCITO A SALVARE DI UN TOPIC LUNO 4 PAGINE

Jehoudda , che in qunato a correttezza non ha eguali faceva un' accurata disamina di tutte le fonti .

Veramente a CE è successo un mega pasticcio ... :blink:


zio ot :B):
 
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CAT_IMG Posted on 15/10/2014, 23:45

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CITAZIONE (Haviland Tuf Proctofantasmista @ 15/10/2014, 09:19) 
CITAZIONE
Quello di Gesù poteva essere stato un movimento parallelo a quello degli zeloti,un movimento anti-romano tutto particolare.

Prove, please.

Evidenza, please.

Stai violando l'Assioma 5 del Metodo Storico:
il possibile non ti porta al probabile.


dire che tutto il Nuovo Testamento fu scritto nel II secolo come dice Jehoudda (e con lui la Radikal Kritik), implica già da solo nessun Gesù storico.

Non devi immaginarlo come un movimento assestante,ma come uno dei tanti movimenti di liberazione politica contigua al movimento zelota quel movimento fondato da Giuda, che nel 66 assumerà il titolo di partito zelota .
Quello di Gesu assomiglia e condivide molto col movimento zelota, ma non deriva propriamente da esso e questo spiega il perché dell’assenza di connessioni con Giuda il Galileo.
L’ingresso a Gerusalemme,la cacciata dei mercannti ,la crocifissione tra due lestai(sediziosi),la presenza nel suo gruppo dirigente di zeloti,l’uso delle armi nel Getsemani,una coorte di 600 uomini che va ad arrestarlo non lasciano dubbi!
 
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CAT_IMG Posted on 16/10/2014, 12:23
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CITAZIONE
lungi dall'essere un''atomica fumante'' come pretendi tu, è solo un'altra espressione tipica di quel pio bastardo falsario di Eusebio.

Ma certo ,,,,,,la ritengo una prova certa del fatto che il manipolatore è il capomafia Eusebio .


zio ot :B):


p.s .Hieronymus, un po' di bromuro ? :shifty:


p.s. : ricordo che ai matti bisogna sempre dare ragione ....
 
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CAT_IMG Posted on 16/10/2014, 16:08
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CITAZIONE (Haviland Tuf Proctofantasmista @ 16/10/2014, 15:53) 
non fare il finto tonto, barionu, che hai capito benissimo.

Eusebio fu l'interpolatore ex novo, non il sostituitore.

A chi intendete farla bere, arpiolidi??? :)

Ma guarda che è quello che dico anche io !

Ma ti sei fatto una piramidina ???????



zio ot :B):
 
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CAT_IMG Posted on 20/10/2016, 11:48
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PISTOLA FUMANTE !









C'è una sola frase nel Testimonium che, pur essendo stata notata da molti studiosi,



εἰς ἔτι τε νῦν

εἰς ἔτι τε νῦν


non è stata sufficientemente enfatizzata, cioè, eis eti te nun (still to this day- fino ad oggi) in riferimento al fatto che "still to this day," "the tribe of the Christians, so called after him, has not disappeared."

Questa breve frase, vorrei suggerire, potrebbe - ripeto, potrebbe - offrirci la chiave per l'intero puzzle in merito alla legittimità del Testimonium Flavianum.


Tale chiave è adesso disponibile grazie alla compilazione realizzata negli ultimi decenni del Thesaurus Linguae Graecae, il dizionario completo di tutte le parole greche contenute in tutta la letteratura greca sopravvissuta.


Ci si aspetterebbe che in un simile thesaurus una frase come questa apparisse non centinaia ma migliaia di volte, e che essa appaia frequentemente; ma il solo scrittore in questa intera collezione di molte migliaia di testi greci che usa questa frase con le parole in questo ordine, a parte Giuseppe, è Eusebio, nei cui scritti essa appare tre volte. Questa frase appare quindi essere una favorita di Eusebio e di nessun altro, almeno per quanto riguarda gli scrittori di quel periodo pervenutici.



In totale, quindi, tre frasi -"who wrought surprising feats," "tribe of the Christians," and "still to this day" ricorrono altrove in Eusebio e in nessun altro autore. Un certo numero di studiosi, fra i più reputati Solomon Zeitlin, hanno sospettato che poiché Eusebio fu il primo scrittore ad includere il Testimonium, fosse stato proprio lui a scriverlo. [44 Zeitlin, “The Christ Passage in Josephus,” 251–255]


D’altra parte il fatto che Eusebio quoti il Testimonium in tre forme differenti induce Joseph Kennard a concludere che se Eusebio fosse stato l'autore del Testimonium, egli non avrebbe quotato male se stesso. [45 Joseph S. Kennard, "Gleanings from the Slavonic Josephus Controversy," Jewish Quarterly Review 39 (1948-1949): 161-170.]



Ma come ho affermato altrove, [46 Feldman, "The Testimonium Flavianum," 189.] Clemente di Alessandria, per esempio, quando cita fonti precedenti, varia costantemente il testo. Questo, di per se, non prova che il Testimonium fu fabbricato.

Comunque, specialmente a causa del fatto che Eusebio era un grande polemista, un apologeta del Cristianesimo in due enormi opere contro il paganesimo, un fiero difensore della vita di Gesù quale compimento della profezia ebraica, uno dei maggiori interlocutori che risposero all’attacco che il filosofo Porfirio portò all'interpretazione Cristiana delle Scritture,

un guerriero implacabile che tenta di dimostrare che i Cristiani furono i veri eredi del Giudaismo, uno dei maggiori difensori del controverso Origene, un attivista della controversia Ariana, una figura chiave del Concilio di Nicea e un protagonista della formulazione e della difesa del Credo Niceno, uno storico maggiore dei martiri Cristiani,

successivamente il vescovo del centro chiave Cristiano di Cesarea, l'autore di un’ opera maggiore sull' imperatore Costantino quale sovrano del suo popolo, e il primo storico maggiore del Cristianesimo, deve essere stato molto disturbato dal fatto che nessuno prima di lui, fra tanti scrittori cristiani, avesse formulato anche solo un minuscolo sketch della vita e delle opere di Gesù.

Conseguentemente, egli potrebbe essere stato motivato ad originare il Testimonium.
















Edited by barionu - 18/4/2022, 11:32
 
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CAT_IMG Posted on 27/10/2016, 10:40
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CITAZIONE (barionu @ 20/10/2016, 12:48) 


PISTOLA FUMANTE !









C'è una sola frase nel Testimonium che, pur essendo stata notata da molti studiosi,



εἰς ἔτι τε νῦν

εἰς ἔτι τε νῦν


non è stata sufficientemente enfatizzata,

Ehm, zio ot, :) dipende da chi dovrebbe o avrebbe dovuto enfatizzare. :rolleyes:

Questa è una vecchia pistola fumante e qualcuno ha enfatizzato, eccome. Ken Olson (citato anche da Doherty, per esempio) nel suo articolo A Eusebian Reading of the Testimonium Flavianum http://chs.harvard.edu/CHS/article/display/5871 ha sottolineato che εἰς ἔτι τε νῦν non ricorre mai in Giuseppe (TF a parte, ovviamente :) ) e si trova invece sei volte in Eusebio ed è una frase comune in Storia Ecclesiastica.
Ma non solo, ci sono anche altre espressioni, altre “pistole fumanti”, come la “tribù” dei cristiani, τῶν Χριστιανῶν . . . τὸ φῦλον, dove φῦλον inteso come “comunità” non ha paralleli in Giuseppe, ma si trova due volte in Eusebio.

La stessa cosa vale per καὶ ἄλλα μυρία (e miriadi di altre cose).

Sono tutte espressioni tipicamente eusebiane che non hanno paralleli negli scritti di Giuseppe.
 
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CAT_IMG Posted on 27/10/2016, 13:18
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Cara Roxi , ottimo intervento !


Infatti con Jehoudda autore del post sopra abbiamo spesso parlato di Olson ...

http://chs.harvard.edu/CHS/article/display/5871


Una cosa meravigliosa sarebbe la traduzione dell' articolo in link ..... :wub: :wub: :wub:

Nel caso , prenditi tutto il tempo che vuoi ....


zio ot :rolleyes:
 
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CAT_IMG Posted on 28/10/2016, 06:29
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Meravigliosa, eh? :D

Con tutti quei cuoricini ... mmmmh


Vabbè, l'articolo è lungo, mi ci vorrà del tempo. <_<
 
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CAT_IMG Posted on 3/11/2016, 08:52
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A Eusebian Reading of the Testimonium Flavianum


Una lettura eusebiana del Testimonium Flaviano


Ken Olson















https://chs.harvard.edu/chapter/5-a-eusebi...anum-ken-olson/



TRADUZIONE DI ROXI




Nella sua elogiativa Vita di Costantino, scritta poco dopo la morte dell'imperatore nel 337, Eusebio di Cesarea racconta di una battaglia che Costantino combatté contro il suo collega e rivale, Licinio, Imperatore della parte Orientale dell'Impero. Eusebio presenta un discorso che sostiene che Licinio pronunciò per le sue truppe poco prima di essere sconfitto in battaglia da Costantino. Eusebio fa dire a Licinio:

La presente occasione dimostrerà chi di noi si sbaglia nel suo giudizio, e deciderà tra i nostri dèi e quelli che i nostri avversari professano di onorare. Perché o si dichiarerà che la vittoria è nostra, e quindi molto giustamente si evincerà che i nostri dèi sono i veri salvatori e soccorritori; oppure, se questo Dio di Costantino, che non sappiamo da dove viene, si dimostrerà superiore alle nostre divinità (che sono molte, e in base ai numeri, almeno, hanno il vantaggio), che nessuno d’ora in poi dubiti quale Dio debba adorare, ma segua immediatamente il potere superiore, ed ascriva a lui gli onori della vittoria. Supponiamo, quindi, che questo strano Dio, che noi ora consideriamo con ridicolo, risulti davvero vittorioso; allora davvero dovremmo riconoscerlo e dargli onore, e così offrire un lungo addio a coloro per i quali accendiamo le nostre candele invano. Ma se i nostri propri dèi trionferanno (come senza dubbio faranno), allora, non appena ci assicureremo la presente vittoria, proseguiremo la guerra senza indugio contro questi spregiatori degli dei. [Eusebio, Vita di Costantino 2.5.3–4 [1]]


Eusebio poi assicura i suoi lettori: "Tale fu il suo discorso ai presenti. All'autore del presente lavoro è stata data questa informazione poco dopo da coloro che personalmente ascoltarono le sue parole "(Eusebio, Vita 2.5.5). [2]
Gli studiosi moderni sono stati a lungo scettici circa discorso di Licinio come testimoniato da Eusebio. Alcuni hanno difeso Eusebio sostenendo che si limitò a riportare in buona fede ciò che le sue fonti gli dicevano. [3] In studi recenti, tuttavia, sembra che ci sia una tendenza tra i commentatori ad attribuire la composizione del discorso di Licinio ad Eusebio stesso. Nella loro traduzione e commento sulla Vita di Costantino del 1999 Averil Cameron e Stuart Hall commentano:

Eusebio sostiene (2.5.5) di aver sentito parlare del discorso di Licinio (2.5.2-4) poco dopo da quelli effettivamente presenti, anche se non ne aveva fatto cenno nel punto pertinente in Storia Ecclesiastica 10,9; più probabilmente si tratta di una sua invenzione. Egli usa il discorso per accrescere il carattere religioso del conflitto, e fa sì che Licinio stesso ammetta che la sua sconfitta proverà che il Cristianesimo è vero. [4]

Se Cameron e Hall hanno ragione, Eusebio a quanto pare ha fornito la sua, presumibilmente esterna, testimonianza della verità del Cristianesimo. Possibile che esistano altri casi in cui Eusebio ha impiegato questa tecnica di prosōpopoeia, "personificazione" (o "costruzione di un personaggio "), per promuovere la propria tesi con la voce di un altro? [5]

Questo ci porta al tema di questo capitolo. [6] Negli studi correnti, il breve passaggio su Gesù trovato nei manoscritti delle Antichità di Giuseppe Flavio, chiamato Testimonium Flavianum (Antichità 18.63-64) è spesso considerato una fonte indipendente per il materiale sul Gesù storico. Questo lo colloca accanto ai Vangeli di Marco e Giovanni e all’ipotetico documento Q come una delle varie fonti a cui può essere applicato il criterio di attestazione multipla. [7] Questo criterio, ampiamente considerato come uno dei più forti criteri di autenticità utilizzati nella ricerca del Gesù storico , postula che ogni dato trovato in più di una fonte indipendente è più probabile che sia storico. Parti del Testimonium sono comunemente utilizzate negli studi sul Gesù storico come elementi di prova per ricostruire i vari aspetti del ministero di Gesù, in particolare quelli che hanno a che fare con il suo operare miracoli, il suo insegnamento e il suo processo ed esecuzione.

Il passaggio è stato controverso per qualche tempo. C’ è qualche evidenza che il Testimonium fu rigettato dagli Ebrei nel Medioevo, ma siccome questa prova arriva di seconda mano attraverso fonti Cristiane, non abbiamo un'idea particolarmente buona per spiegare perché fecero così. [8] Nel XVI secolo, alcuni studiosi Cristiani cominciarono a rigettare il testo sulla base del fatto che sembrava essere una confessione di fede cristiana fortemente in contrasto con ciò che il non Cristiano Ebreo Giuseppe Flavio dice altrove nelle sue opere. Alcuni interpreti precedenti cercarono di conciliare questa discrepanza suggerendo che Giuseppe Flavio di fatto confessò la verità su Gesù, ma continuò a essere un Ebreo e non un Cristiano. [9]

Oggi pochi studiosi ricorrerebbero ad una spiegazione del genere. Più comunemente, gli studiosi che desiderano mantenere il Testimonium come testo autentico Flaviano hanno adottato uno o entrambi di due metodi. Il primo è quello di interpretare il testo in modo che sembri meno Cristiano o addirittura ostile verso Gesù. Con questo metodo di interpretazione, Giuseppe potrebbe aver scritto il testo, ma il testo non significa ciò che intendevano i Cristiani prima dell'Illuminismo. Giuseppe può aver inteso che almeno alcune parti del testo, in particolare quelle che altri hanno preso come confessioni Cristologiche, fossero da leggere con ironia. [10] Il secondo [metodo] è quello di modificare il testo, solitamente omettendo il materiale più apertamente Cristiano, e forse alterando o aggiungendo materiale in modo che il passaggio diventi più negativo verso Gesù e il Cristianesimo. [11]

Probabilmente il parere dominante sul Testimonium Flavianum nei recenti studi sul Gesù storico segue il secondo metodo e suppone che il testo ricevuto non è quello che ha scritto Giuseppe Flavio, ma che siamo in grado di recuperare ciò che Giuseppe ha scritto emendando speculativamente il passaggio. Rimuovendo le tre dichiarazioni più apertamente Cristiane dal testo, ci ritroviamo con un testo "nucleo", cioè Flaviano nel linguaggio e non Cristiano nei contenuti. Questo è l'approccio adottato da John Meier nel suo ampiamente citato e influente trattamento del problema nel primo volume di A Marginal Jew: Rethinking the Historical Jesus.12]

Questo approccio è seriamente fallace. Il testo non si divide facilmente in sezioni Cristiane e non Cristiane né in base al linguaggio né in base al contenuto. [13] Sia il linguaggio che il contenuto hanno stretti paralleli con l’opera di Eusebio di Cesarea, che è il primo autore a dimostrare una conoscenza del testo. Eusebio cita il Testimonium in tre delle sue opere esistenti: Dimostrazione Evangelica 3.5.106, Storia Ecclesiastica 1.11.8, e Teofania 5.44. L'ipotesi più probabile è che Eusebio abbia composto l'intero testo o lo abbia riscritto così a fondo che è ormai impossibile recuperare un originale Flaviano.

Nel difendere la sua proposizione che questa descrizione sommaria di Gesù non è concepibile nella bocca di un antico Cristiano, Meier chiede: "Che senso avrebbe un'interpolazione Cristiana che facesse affermare a Giuseppe l'Ebreo una tale imperfetta considerazione del Dio-uomo? Che cosa intenderebbe ottenere uno scriba cristiano con una simile affermazione? "[14] Questa è una domanda eccellente e merita una risposta. La domanda si rivela un presupposto chiave fatto da Meier e da altri studiosi che hanno esaminato la questione. Essi assumono che l'interpolazione (o le interpolazioni) nel testo di Antichità 18 venne composta da scribi impegnati a copiare i manoscritti di Giuseppe e apparve per la prima volta nel suo contesto attuale tra Antichità 18.62 e 18.65. Questo è possibile, ma c'è un'alternativa più probabile. Il passaggio si adatta molto meglio nel più ampio contesto letterario che esso occupa nel lavoro di Eusebio. Eusebio utilizza il passaggio come parte di un argomento esteso che egli fa in Dimostrazione e che poi riproduce in Teofania. [15] In questo contesto, il Testimonium suona molto diverso dal modo in cui suona quando Meier e altri studiosi lo leggono come opera di Giuseppe Flavio. La teoria della paternità Flaviana controlla la loro interpretazione del testo. Io perciò offrirò una lettura diversa del testo, che mette in evidenza ciò che il testo potrebbe significare nel contesto del lavoro di Eusebio.

In Dimostrazione, Eusebio sta rispondendo alla tesi secondo cui il Cristianesimo è un credo insensato. I Cristiani non solo hanno abbandonato le tradizioni elleniche dei loro antenati, ma, avendo adottato le Scritture degli Ebrei, hanno abbandonato anche l'Ebraismo, ed interpretano erroneamente le Scritture Ebraiche e le profezie messianiche in esse contenute come un riferimento non agli Ebrei, ma a se stessi. Eusebio utilizza la Dimostrazione per difendere la rispettabilità intellettuale del Cristianesimo. L'argomento principale dell’opera è che Gesù e il Cristianesimo sono davvero oggetto delle Scritture Ebraiche e il compimento delle profezie contenute in esse.

Nel Libro III della Dimostrazione, il libro in cui si trova il Testimonium, Eusebio sta portando avanti una lunga difesa dell'incarnazione e sta rispondendo alle accuse dei critici del Cristianesimo. Una di queste è l'argomento di Porfirio contro la divinità di Gesù. Allontanandosi da altri critici pagani come Celso, che avevano screditato Gesù, Porfirio diceva che Gesù era uno degli uomini più saggi tra gli Ebrei, ma che i Cristiani lo avevano erroneamente preso per un essere divino. [17] Porfirio attribuisce le sue informazioni agli oracoli degli dèi Apollo ed Ecate. Eusebio cita una forma troncata di un oracolo nel capitolo finale del Libro III, ma siamo in grado di stabilire un testo più completo di questi oracoli dalle citazioni in La Città di Dio 19.23 di Agostino e in Divina Istituzione 4.11. di Lattanzio[18]

Quello che Eusebio sta cercando di dimostrare nel Libro III, è che Gesù non ha solo una natura umana, ma anche una natura divina. Lui ribatte a questo, sostenendo che la venuta di Gesù come Cristo era predetta nella profezia, che non era un ingannatore, ma un maestro di dottrine vere, che fece gesta sovrumane, e che non fece queste gesta con la magia. Alla fine del Libro III, Eusebio conclude che un uomo che non era un mago, ma un uomo di carattere buono (come Porfirio stesso ammetteva), che pure poteva fare meraviglie al di là delle capacità umane, deve necessariamente essere stato sovrumano nella sua natura. [19]
Come testimone apparentemente esterno che l'uomo Gesù non era semplicemente umano nella sua natura, ma dimostrava le cose predette del Cristo nella profezia, il Testimonium rappresenta un sintesi dell’argomento di Eusebio. Esso ha quindi il suo più plausibile Sitz-im-Leben nelle controversie pagano-cristiane del IV secolo. Questo fu il periodo in cui si dibatteva la questione se Gesù era semplicemente un uomo saggio o qualcosa di più. La prima metà del Testimonium sembra affrontare proprio questo problema. Mentre i manoscritti e le testimonianze esterne contengono varianti significative, per semplicità darò una traduzione del testo in base all’edizione critica di Niese delle Antichità di Giuseppe Flavio , con le sezioni che Meier ritiene interpolate in corsivo:

In questo periodo ci fu Gesù, un uomo saggio, se davvero si deve chiamarlo un uomo, perché era autore di opere straordinarie, maestro di uomini che ricevono la verità con piacere, e attirò a sé molti Ebrei e anche molti dei Gentili. Questo era il Cristo.[20]


Meier sostiene che "Questo era il Cristo" è una interpolazione, sia perché è chiaramente una professione di fede Cristiana, sia perché "sembra fuori posto nella sua posizione attuale e disturba il flusso del pensiero. Se proprio era presente , ci si aspetterebbe che di trovarlo o subito dopo ”Gesù” o subito dopo “uomo saggio”, dove un’ulteriore identificazione avrebbe senso. "[21]

Ma la lettura di Meier non rende giustizia al testo nella sua versione attuale. Meier ha del tutto ragione nel sostenere che l'affermazione "questo era il Cristo" è una palese confessione cristiana, ma la sua affermazione che è fuori sequenza nella sua posizione attuale non riesce a riconoscere la logica interna del passaggio. Il Testimonium inizialmente designa Gesù come un uomo saggio, ma poi mette subito in questione se la parola "uomo" è sufficiente per descriverlo, e offre tre motivi per farlo: primo, "perché era autore di opere straordinarie"; secondo, perché era “maestro di uomini che ricevono la verità con piacere"; terzo, perché “attirò a sé molti Ebrei e anche molti dei Gentili". Subito dopo questi tre fatti su Gesù, il Testimonium dichiara: "Questo era il Cristo". [22] Si può ragionevolmente supporre che l'identità di Gesù come il Cristo (una designazione adatta per Gesù), e non semplicemente un uomo saggio (una classificazione vera, ma inadeguata per Gesù), viene stabilita sulla base dei tre motivi che sono stati dati nel testo.

Il termine "autore di opere straordinarie" παραδόξων ἔργων ποιητής, contrariamente a quanto si trova spesso nella letteratura sul Testimonium, è di gran lunga più caratteristico di Eusebio che di Giuseppe Flavio. Giuseppe mai altrove usa la parola ποιητής nel senso di "autore" o "facitore", piuttosto che "poeta". Né mai altrove egli combina una forma di ποιέω con παράδοξος nel senso di operare cose straorinarie. La combinazione di παράδοξος e ποιέω a significare "operare cose straordinarie" è estremamente comune in Eusebio e si verifica più di un centinaio di volte. Con la controversa eccezione del Testimonium stesso, la parola ποιητής modificata da παραδόξων ἔργων non compare da nessuna parte nel database Thesaurus Linguae Graecae della letteratura greca esistente prima di Eusebio, che usa questa combinazione di parole dieci volte al di fuori del Testimonium, [23] di solito per Gesù, ma anche per Dio. Egli dice, per esempio, che Dio divenne "un autore di opere straordinarie" per l'imperatore Costantino in Vita di Costantino 1.18.2. Sono notevoli due caratteristiche del modo in cui il termine viene usato nel Testimonium. In primo luogo, Eusebio usa il fatto che Gesù era un "autore di opere straordinarie" in Manifestazione per dimostrare che Gesù era al di là dell’umano nella sua natura. In Dimostrazione 3.3.20, Eusebio dice che ha discusso Cristo come se avesse solo una comune natura umana, e ora passerà a discutere il suo lato più divino. La sezione successiva inizia con il suo primo uso del termine παραδόξων ἔργων ποιητής come designazione per Gesù (3.4.21). [24] Eusebio sembra utilizzare il termine per suggerire che Gesù era più che un uomo comune, proprio come il Testimonium lo usa per giustificare il chiedersi se sia corretto chiamare Gesù un uomo. In secondo luogo, Eusebio sostiene spesso che era stato predetto nella profezia che il Cristo sarebbe stato un artefice di miracoli, e una volta che sarebbe anche stato un παραδόξων ἔργων ποιητής (Storia ecclesiastica 1.2.23), e questo sembrerebbe essere implicato anche dal Testimonium.

La descrizione di Gesù come "un maestro di uomini che ricevono la verità con piacere" ha causato alcune difficoltà per la teoria dell’ autenticità, perché sembra che gli insegnamenti di Gesù siano chiamati la verità. Alcuni studiosi sostenuto di emendare congetturalmente la parola da τἀληθῆ a τ'ἄλλ' ἤθη, "altre usanze", al fine di evitare le difficoltà. [25] Altri hanno sostenuto che la parola ἡδονή ("piacere") ha una connotazione decisamente negativa quando è usata nel Nuovo Testamento (e quindi presumibilmente anche in altri usi dei primi Cristiani), ma Giuseppe la impiega sia in senso positivo che negativo. [26]

Meier trova difficile essere precisi su ciò che questo testo potrebbe significare per Giuseppe:

La frase greca τῶν ἡδονῇ τἀληθῆ δεχομένων potrebbe implicare ingenuo entusiasmo, anche auto-illusione. Tuttavia, mentreè possibile, questo non è necessariamente il senso. Possiamo avere qui un esempio di ciò che Giuseppe sta facendo in tutto il Testimonium: scrivere con attenzione un testo ambiguo che pubblici diversi potrebbero prendere in modi diversi. [Meier 1991:76n19]]


Meier perciò presuppone che Giuseppe abbia volutamente realizzato un testo ambiguo, in modo che non possiamo essere sicuri su che cosa intende con esso.

Possiamo trovare una migliore spiegazione di ciò che il testo in realtà dice, se indaghiamo la possibilità che lo abbia scritto Eusebio. In due opere diverse (In lode di Costantino 17.11, Martiri della Palestina 6.6), Eusebio elogia i Cristiani che subiscono il martirio con ἡδονή ("piacere"), e nei suoi commenti sul Salmo 67,4 (PG 23 col. 684D) parla di deliziarsi nel piacere divino alla presenza di Dio. [27] Eusebio, come Giuseppe e altri scrittori, riconosce sia la forma buona che la forma cattiva di piacere.

Come la frase "autore di opere straordinarie", anche la frase διδάσκαλος ἀνθρώπων ( "maestro di uominii") è più caratteristica di Eusebio che di Giuseppe Flavio. Neville Birdsall, che con esitazione ha respinto l'autenticità del Testimonium sulla base di un esame del suo linguaggio, ha osservato che la parola διδάσκαλος, seguita dai destinatari, piuttosto che dal contenuto dell'insegnamento, al genitivo, è estremamente rara in Giuseppe Flavio. Si trova solo in Guerra Giudaica 7,444, [28] in cui Giuseppe colloca sia i destinatari che il contenuto dell'insegnamento al genitivo. [29] Eusebio d'altra parte chiama Gesù "maestro di esseri umani" altrove in Dimostrazione, e sostiene anche che è stato predetto nella profezia che il Cristo sarebbe stato un "maestro di uomini" (Dimostrazione 3.6.27, 9.11. 3; nota anche le varianti in 3.7.6 e 5.Proem.24).
In un altro caso, Eusebio identifica Gesù come il salvatore degli uomini e il maestro di barbari e Greci, e mette i destinatari dell'insegnamento al genitivo (Dimostrazione 5.Proem.25). In tutti questi casi il contenuto dell'insegnamento di Gesù è εὐσέβεια, religione o pietà, e in due di essi in particolare la "vera religione", un termine che ha definito nell'introduzione alla sua Preparazione Evangelica come culto dell’ unico Dio che è creatore di tutto (Preparazione 1.1). Probabilmente, qui questo è il significato, perché Eusebio a volte usa il neutro plurale τὰ ἀληθῆ per indicare le credenze religiose monoteiste degli antichi Ebrei che Gesù re-istituì, insegnandole ai suoi discepoli, come in Dimostrazione 4.13, dove Eusebio dice:


Egli insegnò loro le verità (τὰ ἀληθῆ) non condivise da altri, ma stabilite come leggi da lui o dal Padre in tempi remoti per gli antichi e pre-Mosaici uomini Ebrei di Dio. [Dimonstrazione 4.13.169 [30]


Nel suo insieme, tutto questo suggerisce che quando il testo descrive i destinatari degli insegnamenti di Gesù come "uomini che ricevono le verità con piacere," non è né polemico né intenzionalmente ambiguo. Ciò significa che Gesù ha insegnato le verità circa l'Unico Dio a coloro che erano disposti a riceverle.

L'affermazione che "attirò a sé molti Ebrei e anche molti dei Gentili," è stata uno dei principali punti portati a sostegno della posizione che il testo è parzialmente autentico. Un certo numero di studiosi sostiene che un Cristiano non avrebbe detto che Gesù attirò a sé molti Ebrei e Gentili, perché i vangeli ritraggono la missione di Gesù solo per gli Ebrei, e che la missione per i Gentili cominciò solo dopo la sua morte. [31] Ma qui dobbiamo riconoscere che ciò che i Vangeli dicono per i lettori moderni, non è necessariamente quello che dicevano per gli antichi interpreti. [32]

Eusebio introduce il Testimonium nel corso della sua difesa della testimonianza dei discepoli come indicato nei vangeli. Dopo la sua citazione del Testimonium e brevi menzioni di Atti e dei vescovi Ebrei di Gerusalemme, dice:


Così tutta la calunnia contro i suoi discepoli è distrutta, quando per le loro prove, e anche a parte le loro prove, deve essere confessato che molte miriadi di Ebrei e di Gentili sono stati portati sotto il suo giogo da Gesù il Cristo di Dio attraverso i miracoli che egli fece. [Dimostrazione 3.5.109 (enfasi mia) [33]]



Eusebio non solo accetta l'affermazione del Testimonium che Gesù conquistò molti Gentili, ma esagera il numero -"molte miriadi” - e sostiene che questa è anche la testimonianza degli evangelisti. E questo non è l'unico contesto in cui Eusebio sostiene che Gesù attirò a sé i Gentili durante il suo ministero. In Dimostrazione IV, 10, Eusebio elenca tra le altre opere di Gesù durante la sua incarnazione: "Tutti quelli che vennero a lui, egli li liberò dalla superstizione secolare e dalle paure dell’ errore politeistico" (4.10.14). [34] Presumibilmente non si sta riferendo agli Ebrei. In Dimostrazione 8.2, Eusebio sostiene che "con l'insegnamento e miracoli Egli ha rivelato i poteri della sua divinità a tutti allo stesso modo, se Greci o Ebrei" (8.2.109). [35]
In Storia Ecclesiastica, Eusebio introduce la storia della conversione del re Abgar e della città di Edessa, dicendo: "La divinità del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo è diventata famosa tra tutti gli uomini a causa della sua potenza miracolosa, e ha portato a lui miriadi, anche di quelli che in terre straniere erano molto lontani dalla Giudea, nella speranza di guarire dalle malattie e da tutti i tipi di sofferenza "(1.13.1). [36] Nel Libro VII, racconta anche di una statua di Gesù a Cesarea di Filippo eretta per onorare la guarigione di Gesù della donna con un flusso di sangue. Eusebio commenta: "E non è affatto sorprendente che quei Gentili, che molto tempo fa ricevettero benefici dal nostro Salvatore, avrebbero fatto queste cose" (7.18.4). Qualunque cosa si possa supporre su se Gesù attirò Gentili durante il suo ministero, dovremmo concedere che Eusebio pensava che egli lo fece. Inoltre, Eusebio dedica la totalità del Libro II di Dimostrazione per rispondere all'accusa che il Cristo era stato promesso agli Ebrei. Eusebio sostiene, al contrario, che la speranza di Cristo fu promessa egualmente agli Ebrei e ai Gentili e che la chiesa Cristiana contiene sia i Gentili che il resto degli Ebrei.

Il fatto che Gesù insegnò la vera religione, non solo tra gli ebrei, ma pure tra Gentili, è ciò che permette la conclusione che segue nel Testimonium: "Questo era il Cristo". Nel secondo capitolo del Libro III di Dimostrazione, tre capitoli prima di introdurre il Testimonium, Eusebio presenta una lunga argomentazione su se Gesù è il profeta come Mosè la cui venuta fu predetta in Deuteronomio 18. Sia Mosè che Gesù avevano fatto miracoli. Sia Mosè che Gesù avevano insegnato la verità sull’Unico Dio. Ma mentre Mosè aveva insegnato questa verità solo tra gli Ebrei, Gesù fu il primo ad aver insegnato la vera religione dell’ Unico Dio non solo tra gli Ebrei, ma agli uomini di tutte le nazioni. È il compimento delle profezie sul Cristo che permette al Testimonium di concludere a questo punto del testo che, di fatto, questo era il Cristo.

La lettura proposta per la prima metà del Testimonium, quindi, è che mette in questione se sia adeguato chiamare Gesù un uomo, e conclude che egli non era solo un uomo, ma il Cristo. La giustificazione per questa conclusione è che era un autore di opere miracolose, che insegnò agli uomini la verità sull’Unico Dio, e la portò non solo agli Ebrei, ma anche ai Gentili, cioè a tutti, indipendentemente dalla nazionalità o dalla precedente appartenenza religiosa. Queste sono le cose che Eusebio altrove sostiene che sono state predette su Cristo nella profezia. [37]

La seconda parte del Testimonium, con la sezione che Meier e molti altri studiosi ritengono interpolata in corsivo, legge:


Anche se, per l'accusa degli uomini notabili tra di noi, Pilato lo condannò alla croce, quelli che in principio aderirono non cessarono, perché egli apparve loro il terzo giorno, nuovamente vivo, poiché i profeti divini avevano detto queste e miriadi di altre meraviglie su di lui. E ancora oggi la tribù dei cristiani, che da lui prendono il nome, non è venuta meno. [38]


Qui ho seguito Meier, traducendo l’iniziale genitivo assoluto come proposizione concessiva. [39] In base alla lettura di Meier, la seconda parte del Testimonium suggerisce che l’autore del testo è sorpreso dal fatto che il sèguito di Gesù continuò dopo la morte di Gesù. Dice Meier:


L'implicazione sembra essere la sorpresa: ammessa la fine vergognosa di Gesù (senza nessuna nuova vita menzionata nel testo principale), si è sorpresi di notare, dice Giuseppe, che questo gruppo di seguaci post-mortem esiste ancora e non è scomparso neanche ai nostri giorni. [40]


Meier ha ancora del tutto ragione nel comprendere che il testo comunica che la continuazione del Cristianesimo dopo la morte di Gesù è sorprendente. Ma se leggiamo il testo così com'è e includiamo l'affermazione che Gesù apparve ai discepoli di nuovo vivo, abbiamo una spiegazione per questo evento sorprendente. Inoltre, questo è un argomento chiave che Eusebio fa, per l'affidabilità del racconto della risurrezione fatto dai discepoli, in precedenza nello stesso capitolo di Dimostrazione in cui egli produce il Testimonium. Eusebio, come il Testimonium, trova sorprendente il comportamento dei discepoli. Egli dice: "sicuramente tutti avevano visto la fine del loro maestro, e la morte a cui Egli era giunto. Perché, allora, dopo aver visto la sua misera fine, non cedono? "(3.5.39); e ancora: "Vi chiedo in che modo questi discepoli di uno spregevole e sfuggente maestro, che avevano visto la sua fine, discutevano tra loro su come dovevano inventare una storia su di Lui che reggesse?" (3.5.113). [41] L'argomento di Eusebio, in questa parte del capitolo, è che la continuata adesione dei discepoli agli insegnamenti di Gesù, e il conseguente successo della loro missione, è inspiegabile, eccetto la realtà delle apparizioni dopo la resurrezione, che hanno dimostrato la verità di ciò che Gesù ha insegnato. Più oltre, in Dimostrazione, Eusebio enumera le ragioni della risurrezione stessa e mette al quinto posto il bisogno di Cristo di dare ai suoi discepoli la prova oculare della vita dopo la morte, in modo che essi avrebbero avuto il coraggio di predicare il suo messaggio a tutte le nazioni (Dimostrazione 4.12). Nel suo lavoro successivo, Elogio di Costantino, Eusebio mette questa ragione per la resurrezione al primo posto (Orazione del Trentennale: Sul Sepolcro di Cristo 15,7).

Inoltre, alcune espressioni usate in questa sezione del Testimonium trovano dei paralleli nel lavoro di Eusebio , ma non in Giuseppe Flavio. Questi includono: καὶ ἄλλα μυρία ("e miriadi di altre cose"), presente otto volte altrove nel lavoro di Eusebio; [42] τῶν Χριστιανῶν. . . τὸ φῦλον ("la tribù dei Cristiani"), presente due volte altrove; [43] e εἰς ἔτι τε νῦν ("fino ad oggi"), presente sei volte altrove. [44] Alcuni studiosi hanno suggerito che l'autore del Testimonium, nel dire che la tribù dei cristiani non è morta fino ad ora, si aspetta o addirittura desidera che muoia, ma questa inferenza è inutile. [45] In Storia Ecclesiastica 1.3.19, Eusebio sostiene che solo Gesù, " di tutti coloro che ci siano mai stati fino ad oggi (εἰς ἔτι καὶ νῦν), è chiamato Cristo tra tutti gli uomini", [46] e non si aspetta affatto né desidera che questo cambi. Forse un parallelo più vicino al Testimonium si trova nel Commentario sui Salmi di Eusebio: "i Farisei e i Sadducei sono scomparsi (ἐξέλιπον), tanto che non si fa menzione di loro neanche ad oggi (εἰς ἔτι νῦν), e il loro nome non è preservato tra gli Ebrei "(PG 23 col. 684C). [47] La scomparsa dei Sadducei e dei Farisei nel Commentario e il successo dei Cristiani nel Testimonium dimostra uno dei principali temi della storiografia Eusebio: tutto ciò che non viene da Dio fallirà, ma ciò che viene da Dio, non può essere fermato. [48] Il fatto che il Cristianesimo non è fallito, ma continua fino ad oggi, nonostante tutto quello che gli è stato gettato contro, è la prova della sua verità.

Non mi aspetto di essere in grado di ribaltare l'opinione della maggioranza degli studiosi moderni in un breve capitolo. Ci sono diversi altri elementi di prova che vari studiosi hanno citato come ragioni per accettare almeno l'autenticità parziale del testo, come ad esempio il passaggio che cita Giacomo, il fratello di Gesù, in Antichità 20.200, le affermazioni di Origene in Contro Celso 1.47 e il Commentario su Matteo 10,17,che Giuseppe non credeva che Gesù era il Cristo, la versione araba del testo del X secolo di Agapio, e la presenza del testo nella tradizione manoscritta di Giuseppe Flavio. [49]

Quello che ho cercato di dimostrare è che molti dei soliti motivi addotti per sostenere l'autenticità del testo sono deboli o reversibili, e questo è particolarmente vero per gli argomenti sul linguaggio Flaviano e il contenuto non Cristiano. Inoltre, gli argomenti sul tono negativo e le letture ironiche o ambigue sono quasi del tutto soggettivi. La nostra capacità di percepirli dipende in primo luogo da chi noi pensiamo che abbia scritto il testo. L'argomento frequentemente impiegato che il linguaggio è "Flaviano", e perciò deve o provenire da Giuseppe stesso o deve essere un falso magistrale, incontra difficoltà soprattutto nei punti dove troviamo paralleli in Eusebio, ma non in Giuseppe Flavio. Tale linguaggio, ovviamente, potrebbe ancora plausibilmente essere stato usato da Giuseppe Flavio. È impossibile dimostrare in maniera assoluta che non lo era. Ma è difficile vedere come possa essere usato come argomento positivo di autenticità. E se si adotta l'ipotesi che Eusebio è così profondamente influenzato dal Testimonium che ha imitato non solo la sua lingua, ma la sua apparente Cristologia anche in molte delle sue opere, questo sembra non solo improbabile, ma è vicino a rimuovere l'ipotesi di autenticità da ogni possibilità di falsificazione. La fiducia che molti studiosi mettono nel Testimonium o nel suo ricostruito testo di base, è malriposta.

La discussione offerta qui, se corretta, contribuisce alla nostra comprensione di Eusebio come autore, polemista, e preservatore di testi Ellenistico-Ebraici. E’ stato spesso riconosciuto per il suo largo uso di citazioni. Ho sostenuto qui che, almeno in questo caso altamente scottante, Eusebio non solo ha usato citazioni, ma ne ha anche creata una e la sua creazione è stata riportata nei manoscritti di Antichità di Giuseppe Flavio. [50] Il suggerimento che Eusebio si è talvolta reso colpevole di falsa attribuzione è di per sé difficilmente nuovo. Sabrina Inowlocki ha recentemente attirato l'attenzione sul passaggio che Eusebio attribuisce a Filone in Dimostrazione 8.2.402d-403. Piuttosto che citare direttamente da Ambasciata a Gaio 299 il passaggio in cui Filone discute l'incidente in cui Pilato introdusse a Gerusalemme gli scudi ricoperti d'oro con le iscrizioni, Eusebio attribuisce a Filone un passaggio che combina il linguaggio tratto dal racconto in Antichità 18.55-59 di Giuseppe, con la propria revisione, in cui Pilato introduce le immagini nel Tempio stesso. [51] In questo caso, naturalmente, il passaggio eusebiano non venne riportato nei manoscritti di Filone.

E’ plausibile pensare che in altri casi Eusebio potrebbe aver influenzato la trasmissione dei testi che usava come fonti? Ci sono, infatti, alcuni casi in cui l'influenza di Eusebio sulla tradizione manoscritta di Giuseppe Flavio è difficilmente contestabile. Alice Whealey ha fatto notare che i traduttori latini del VI secolo delle Antichità non fornirono le traduzioni originali del Testimonium Flavianum o del passaggio su Giovanni Battista nel Libro XVIII, ma usarono le traduzioni di quei passaggi esistenti dalla versione latina di Rufino della Storia Ecclesiastica di Eusebio. [52] Nella tradizione manoscritta greca di Giuseppe Flavio, c'è una nota alla fine della tavola dei contenuti allegata al Libro I di Antichità: "Il libro copre un periodo di 3008 anni secondo Giuseppe Flavio, di 1872 secondo gli Ebrei, di 3.459 secondo Eusebio ". [53]

Al di là di questi casi specifici, c’è la questione più generale, che David Runia ha affrontato, del ruolo che ha svolto Cesarea nella trasmissione di testi Ebraici Ellenistici. Runia sostiene, per esempio, che i nostri manoscritti delle opere di Filone discendono tutti da un unico esemplare cesareo. Tuttavia, egli mette da parte le opere di Giuseppe Flavio, perché al di fuori della portata del suo studio:


Non è probabile che solo la biblioteca di Cesarea fu responsabile della sopravvivenza di queste opere, che subito dopo la loro pubblicazione guadagnarono una popolarità duratura tra i cristiani, e in misura minore, tra i lettori pagani. [Runia 1996:477–478]


La descrizione di Runia del corpus Flaviano nel suo complesso, tuttavia, non si applica alle Antichità, e in particolare non ai Libri XI-XX. Come ha sostenuto Whealey, i primi scrittori Cristiani che discutevano Giuseppe, si occupavano principalmente di Contro Apione e di Guerra Giudaica. Origene ed Eusebio sono i primi autori Cristiani a mostrare una evidente familiarità con le Antichità, [54] e Porfirio è l'unico autore pagano. La piena portata dell’influenza di Eusebio sia sull’interpretazione Cristiana di Giuseppe che sulla trasmissione del testo di Giuseppe, rimane una questione aperta. Nel caso particolare del Testimonium, tuttavia, sembra molto probabile che il lavoro di Eusebio influenzò la trasmissione dei manoscritti greci del Libro XVIII delle Antichità.

-o0o-



[Formattazione originale]

L'articolo originale è disponibile qui http://chs.harvard.edu/CHS/article/display/5871














Edited by barionu - 7/4/2024, 12:32
 
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CAT_IMG Posted on 4/11/2016, 07:32
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Per quanto riguarda TF, vi ricordo questo anche mio vecchi post qui

#entry583828747

su un studio pubblicato da Paul Hopper, A Narrative Anomaly in Josephus: Jewish Antiquities xviii:63.

Riporto solo un paio di osservazioni rilevanti:

CITAZIONE
Si suggerisce che il passaggio di Gesù è vicino per stile e contenuto ai credi che sono stati composti due o tre secoli dopo Giuseppe Flavio.

La grammatica narrativa del Testimonium Flavianum lo separa bruscamente dalle altre storie di Giuseppe sulla procura di Ponzio Pilato. La spiegazione più probabile è che l'intero passaggio è interpolato, presumibilmente da cristiani imbarazzati* dalla ignoranza manifesta di Giuseppe circa la vita ella morte di Gesù.

° Leggi: Eusebio, il primo che fa menzione del TF.

Qualcuno ha ancora dubbi sull’autore del Tf e sul perché venne “inventato”? -_-
 
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CAT_IMG Posted on 4/11/2016, 09:31
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Questa discussione mi fa pensare all'enorme spreco di energia generato dalla ricerca storica, che si è affannata a rivoltare ogni parola di tutti i riferimenti ad un personaggio assolutamente allegorico per cercare di dargli una collocazione su questa terra.
Per definizione se una descrizione è allegorica non si riferisce a fatti reali ma è una trasposizione in un mondo reale di concetti metafisici.
Nessun argomento relativo a qualsivoglia religione può essere trattato storiograficamente. Mi dispiace, roxi, che barionu ti costringa a fare dei lavoracci assolutamente inutili.
 
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CAT_IMG Posted on 4/11/2016, 13:22
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Pier, sei palloso.



zio ot ;)



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Edited by barionu - 9/11/2016, 17:23
 
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