REPLAY DA UN ALTRO FORUM .
Veramente non capisco perchè a CE questo topic sia stato eliminato !
!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
JEHOUDDA
Ovvero, chi era veramente Gesù Cristo ?
Per proseguire l' analisi storica devo citare un post del mio amico Jehoudda , da :
http://consulenzaebraica.forumfree.it/?t=66146102
Questo intervento vuole essere come indicato nel titolo un tentativo, ovviamente congetturale, di riconciliare il Testimonium Flavianum e la cosiddetta "ipotesi zelota", attraverso una lettura/interpretazione diversa del primo realizzata in una rilettura delle origini del cristianesimo altrettanto diversa in quanto specificamente improntata all'assunzione di una iniziale e totale dominante "messianista" ebraica nel suo "genoma costitutivo".
(da questo momento, pertanto, utilizzerò la nomenclatura "ipotesi messianista" in luogo di "ipotesi zelota", intanto perchè mi sembra più appropriata, anche alla luce di una rigorosa, ma i cui risultati sono stati forse un po' strumentalmente orientati, analisi semantica fatta a suo tempo sui testi di FG, che ha messo in luce una probabile tardiva apparizione degli Zeloti tout court nel quadro delle complesse vicende che ebbero luogo nella Palestina del 1 secolo).
Si tratta, ripeto, di un tentativo assolutamente congetturale, che non ha la pretesa di stabilire verità storiografiche inappellabili, ma che al contrario, nella sua ipoteticità e nella sua ricerca di plausibilità, vuole eventualmente porre in discussione altre conclusioni storiografiche, oggi ancora decisamente maggioritarie, che al sottoscritto continuano ad apparire molto meno solide negli assunti e nelle risultanze di quanto comunemente si creda e si dia a credere.
Mi scuso quindi anticipatamente per la inevitabile serie di difetti formali e sostanziali che essa contiene (ne vedo già io ma tenderò per quanto mi sarà possibile a correggerli e/o eliminarli "via facendo", anche grazie ad eventuali critiche che qualche utente interessato vorrà portare).
Lo studio e l'analisi delle origini del cristianesimo presentano un grado di complessità enorme che non facilitano il compito di chi, da non specialista, voglia tentare di discutere e confrontarsi.
Ritengo opportuno prima di esprimere questa mia personale visione, proporre quello che dovrebbe essere l'articolo più recente pubblicato da un grande specialista quale Louis Feldman in merito al TF.
Si tratta di un articolo inserito nel volume New Perspectives on Jewish-Christian Relations di Elisheva Carlebach e Jacob J. Schacter Brill 2011, articolo che è integralmente consultabile in anteprima google qui
http://books.google.it/books?id=E90FkMEurO...OSEPHUS&f=false
Trovo che sia molto interessante, sia per la sintesi che offre sulla questione tuttora aperta del TF, sia perchè contiene, a mio modo di vedere, alcuni spunti originali e sorprendenti, anche in riferimento a posizioni precedenti dell'autore.
Non è mia intenzione peraltro assumere le potenziali conclusioni dell'autore, quanto invece prendere spunto da alcuni suoi elementi per ipotizzare un possibile approccio alternativo che potrebbe inserire il TF in un quadro "eretico" rappresentato dall' "ipotesi messianista" di cui sopra.
Lo propongo in traduzione (non tutti giustamente possono leggerlo in lingua originale)
Senza intenzione di appesantirlo ho provveduto ad integrare le note all'interno del testo (il diverso'editing del forum lo rendeva necessario). Ho anche aggiunto[/color] in rosso , laddove possibile, i link che rimandano ai testi moderni referenziati da Feldman, nonchè alcuni testi originali greci e latini citati, per una maggiore completezza e migliore fruibilità diretta.
Ho preferito in alcuni casi lasciare dei termini in inglese (in parallelo o non) alla traduzione italiana in considerazione del fatto che la traduzione avrebbe rischiato in ogni caso di offuscare le importanti sfumature che l'autore intendeva dare con la sua esposizione.
ON THE AUTHENTICITY OF THE TESTIMONIUM FLAVIANUM ATTRIBUTED TO JOSEPHUS
Louis H. Feldman*
* Sono grato a Gary Goldberg, Steve Mason, John P. Meier, e Alice Whealey per i numerosi eccellenti suggerimenti che mi hanno dato durante al stesura di questo aticolo.
Molto è stato scritto a proposito di due brevi paragrafi negli scritti di Flavio Giuseppe.
Antichità 18.63-64, che contengono i commenti su Gesù, più di quanto si sia fatto per ogni altra parte dei suoi lavori. Il testo del TF, così come è conosciuto recita come segue:
Γίνεται δὲ κατὰ τοῦτον τὸν χρόνον ᾿Ιησοῦς σοφὸς ἀνήρ, εἴγε ἄνδρα αὐτὸν
λέγειν χρή. ἦν γὰρ παραδόξων ἔργων ποιητής, διδάσκαλος ἀνθρώπων
τῶν ἠδονῇ τἀληθῆ δεχομένων, καὶ πολλοὺς μὲν ᾿Ιουδαίους, πολλοὺς δὲ
καὶ τοῦ ῾Ελληνικοῦ ἐπηγάγετο• ὁ χριστὸς οὗτος ἦν. καὶ αὐτὸν ἐνδείξει
τῶν πρώτων ἀνδρῶν παρ᾿ ἡμῖν σταυρῷ ἐπιτετιμηκότος Πιλάτου οὐκ
ἐπαύσαντο οἱ τὸ πρῶτον ἀγαπήσαντες• ἐφάνη γὰρ αὐτοῖς τρίτην ἔχων
ἡμέραν πάλιν ζῶν τῶν θείων προφητῶν ταῦτά τε καὶ ἄλλα μυρία περὶ
αὐτοῦ θαυμάσια εἰρηκότων. εἰς ἔτι τε νῦν τῶν Χριστιανῶν ἀπὸ τοῦδε
ὠνομασμένον οὐκ ἐπέλιπε τὸ φῦλον.
About this time, there lived Jesus, a wise man, if indeed one ought
to call him a man. For he was one who wrought surprising feats and
was a teacher of such people as accept the truth gladly. He won over
many Jews and many of the Greeks. He was the Messiah. When Pilate,
upon hearing him accused by men of the highest standing amongst us,
had condemned him to be crucified, those who had in the first place
come to love him did not give up their affection for him. On the third
day, he appeared to them restored to life, for the prophets of God had
prophesied these and countless other marvelous things about him. And
the tribe of the Christians, so called after him, has still to this day not
disappeared.
Nel mio Josephus and Modern Scholarship, 1937-1980, menziono 87 articoli che discutono questo passaggio nel periodo dal 1937 al 1980, la grande maggioranza dei quali si interroga sulla autenticità integrale o parziale di questi paragrafi. [ Louis H. Feldman, Josephus and Modern Scholarship, 1937-1980 (Berlin, 1984), 680-684]
In un articolo su questo argomento scritto dieci anni fa, James Carleton Paget analizza 97 fra libri e articoli.
[ James N. B. Carleton Paget, "Some Observations on Josephus and Christianity," Journal of Theological Studies 52 (2001): 539-624.
link anteprima google articolo http://books.google.it/books?id=AFLJ682D9Q...y%2C%22&f=false]
Alice Whealey ha scritto un intero volume su questo argomento, e nella sua bibliografia elenca 150 fra libri ed articoli. [Alice Whealey, Josephus on Jesus: The Testimonium Flavianum Controversy from Late Antiquity to Modern Times (New York, 2003].
La questione non è stata ancora definitivamente sviscerata.
La prima persona, fra gli scrittori la cui opera è sopravvissuta, che abbia citato il TF è il padre della Chiesa del primo 4 sec. Eusebio che si serve della fonte in tre dei suoi lavori: Demonstratio evangelica, Historia ecclesiastica, e Theophania.
Demonstratio evangelica (Bk. III.2.102-5.124) and in Theophania (Bk. V.1-45)
Comment of Eusebius in Demonstratio evangelica (Bk III.5.124-125):
“If, then, even the historian's evidence shews that He attracted to Himself not only the twelve Apostles, nor the seventy disciples, but had in addition many Jews and Greeks. He must evidently have had some extraordinary power beyond that of other men. For how otherwise could He have attracted many Jews and Greeks, except by wonderful miracles and unheard-of teaching? And the evidence of the Acts of the Apostles goes to shew that there were many myriads of Jews who believed Him to be the Christ of God foretold by the prophets. And history also assures us that there was a very important Christian Church in Jerusalem, composed of Jews, which existed until the siege of the city under Hadrian. The bishops, too, who stand first in the line of succession there are said to have been Jews, whose names are still remembered by (125) the inhabitants. So that thus the whole slander against His disciples is destroyed, when by their evidence, and apart also from their evidence, it has to be confessed that many myriads of Jews and Greeks were brought under His yoke by Jesus the Christ of God through the miracles that He performed.”
Comment of Eusebius in Theophania (Bk. V.45):
“If therefore, as (this) author attests of Him, He was the doer of wonderful works, and that He made His Disciples,--not only the twelve Apostles, or the seventy Disciples, but also attached to Himself,--myriads of others both of the Jews and Gentiles; it is clear, that He possessed something excellent beyond the rest of mankind. For, How could He have otherwise attached to Himself the many, both of the Jews and Gentiles, unless He had made use of miracles and astonishing deeds, and of doctrines (till then) unknown? The Book of the Acts of the Apostles also attests, that there were many thousands of the Jews, who were persuaded that He was that Christ of God, who had been preached of by the Prophets. It is also on record, that there was a great Church of Christ at Jerusalem; which had been collected from among the Jews, even to the times of its reduction by Hadrian. The first Bishops too who were there, are said to have been, one after another, fifteen (in number), who were Jews; the names of whom are published to the men of that place, even until now. So that by these, every accusation against the Disciples may be undone; since, what was prior to them, and independent of their testimony, these attest of Him, (viz.), that He, the Christ of God, did by means of these wondrous works which He performed, reduce many, both of the Jews and of the Gentiles, beneath His power.”
Ci sono leggere differenze nelle tre citazioni, che inducono a chiedersi se Eusebio stesso abbia potuto alterare l’esatta formulazione del testo. Sorprende, inoltre, il fatto che la Chiesa, coinvolta in tante e così aspre controversie teologiche, non abbia insistito sull’esatto linguaggio delle testimonianze cruciali del credo così come appaiono in Flavio Giuseppe.
In particolare, ci possiamo chiedere perché la Chiesa, messa di fronte com'era alla pressante problema della stessa esistenza di Gesù, non colse l'occasione per replicare. (come si rileva nel Dialogue with Trypho' di Giustino Martire essa risponde a questa accusa alla metà del 2 sec, due secoli prima di Eusebio. Che fosse il reale Giustino o uno Pseudo-Giustino, la data è comunque la stessa. E se Giustino o uno Pseudo-Giustino, avevano letto FG, certamente sapeva che il maggior attacco contro la cristianità era il dubbio sulla stessa esistenza di Gesù).
Nulla, sarebbe stato un argomento piu solido, per negare la tesi della non esistenza di Gesù, di una citazione da Giuseppe, un Ebreo e un rispettatissimo storico che era nato appena pochi anni dopo la morte di Gesù e i cui due maggiori lavori (War and the Antiquities), racconti paralleli di quel periodo, sono ricchi di informazioni su Roma. Fu onorato con una statua a Roma e le sue opere furono inserite in una biblioteca della città.( 6 Eusebius, Historia ecclesiastica 3.9.). Degno di nota anche il fatto che FG era tenuto in alta considerazione fra i Cristiani, soprattutto perché la maggior parte delle Sacre Scritture erano identiche alla Bibbia ebraica e FG presenta nelle sue Antiquities una parafrasi estremamente dettagliata della Bibbia
[7 The fourth-century Pseudo-Hegesippus 2.12.1: "who is considered the greatest"; the fourth-century John Chrysostom, Adversus Judaeos 5.8: "among Jews"; the fifthcentury Sozomen, ap. Historia ecclesiastica 1.1.5: "very famous among both Jews and pagans."]
Malgrado ciò, ci sono otto scrittori Cristiani che vissero prima di Eusebio e che menzionano FG, ma che non fanno alcun riferimento al TF nelle loro opere: Theophilus of Antioch, Minucius Felix, Julius Africanus, Hippolytus, Origen, Methodius, Pseudo-Eustathius, e Pseudo-Justin
[vedi Louis H. Feldman, "The Testimonium Flavianum: The State of the Question," in Christological Perspectives: Essays in Honor of Harvey K. McArthur, ed. Robert F. Berkey and Sarah A. Edwards (New York, 1982), 181-184.]
Il fatto, se è un fatto, che non si conosca alcun Cristiano pre-niceno che abbia utilizzato gli scritti di FG in apologie dirette ad ebrei è certamente sorprendente in relazione all'accusa, come visto nel The Dialogue with Trypho, che Gesù non fosse esistito e in funzione del desiderio dei Cristiani di convertire gli Ebrei. A rigor di logica, questo è un argumentum ex silentio; ma quando il numero di scrittori è cosi grande e quando questi sono autori molto coinvolti nelle questioni teologiche, specialmente questioni concernenti la natura di Gesù, l'omissione è rimarchevole.
Il caso di Origene, che morì nel 253 e che fu un grande protagonista nelle dispute teologiche della prima Chiesa, ha una particolare importanza. Egli non solo si riferisce a FG, ma cita anche 5 passaggi (18.4ff., 55ff., 110, 130, 116ff.) dal Libro 18 delle Antiquities, nel quale c’è il TF, senza citare il TF stesso.
Nel Commentary on Matthew 10:17 egli afferma esplicitamente :
"la sorpresa è che sebbene egli non riconoscesse che il nostro Gesù fosse il Messia, ciò nonostante diede testimonianza di una simile giustizia in Giacomo (the wonder is that though he did not admit our Jesus to be Christ, he nonetheless gave witness to such righteousness in James),"
e in Contra Celsum 1:47 scrive che
"egli, Giuseppe non credeva in Gesù quale Cristo"
laddove il Testimonium esplicitamente dichiara che "he was the Messiah."
Pochi hanno messo in dubbio l'autenticità del passaggio di FG su Giacomo (Antiquities 20.200). La versione del TF nelle Antichità, se esso era conosciuto da Origene, deve apparentemente aver contenuto qualcosa su Gesù, poiché altrimenti Origene non avrebbe avuto alcuna ragione di affermare che Giuseppe non accettava Gesù quale Cristo. Questo implicherebbe che Origene possedeva un testo simile a quello di Gerolamo e Michele il Siriano il quale affermava che Gesù era considerato (“was thought to be”) il Messia.
[Michel le Syrien, Chronique 10.20 [378], ed. Jean-Baptiste Chabot (Paris, 1899; repr. Brussels, 1963).]
Inoltre, nel rispondere agli attacchi molto insidiosi di Celso contro Gesù e i Cristiani, in modo particolare in merito ai miracoli di Gesù, Origene avrebbe molto naturalmente citato il Testimonium di FG, che cosi esplicitamente si riferisce a questi miracoli. Anche dopo Eusebio, quasi un intero secolo trascorse prima che qualcuno facesse un altro riferimento al Testimonium. Durante quel periodo, i seguenti sette Padri della Chiesa fanno riferimento alle opere di FG e tuttavia non citano il Testimonium: Ambrose, Basil, John Chrysostom, Josippos, Panodorus, Rufinus, Severus, and Sulpicius.[ vedi Feldman, "The Testimonium Flavianum," 184.]
Il silenzio di John Chrysostom è particolarmente sorprendente; difficilmente troviamo un Padre della Chiesa più veemente di lui nei suoi attacchi contro gli Ebrei [vedi e.g., Chrysostom, Homily 1.4, 6]. Se FG avesse davvero ritratto Gesù in una luce negativa, sembra verosimile che egli avrebbe citato la cosa per rafforzare il suo attacco contro gli Ebrei. Al contrario, se il Testimonium fosse stato positivo, avrebbe sicuramente potuto citarlo per mostrare che gli Ebrei erano colpevoli del crimine di deicidio.
Il primo scrittore "sopravvissuto" che dopo Eusebio si riferisca al TF è Jerome (347-419). Nonostante Jerome citi Giuseppe non meno di 90 volte, egli si riferisce al TF solo una volta.[ De viris illustribus 13.14].
De Viris Illustribus, XIII, 147 reads as follows:
"Scripsit [Josephus] autem de domino in hunc modum: 'Eodem tempore fuit Jesus vir sapiens, si tarnen virum oportet eum dicere. Erat enim mirabilium patrator operum et doctor eorum qui libenter vera suscipiunt. Plurimos quoque tarnen de Judaeis quam de gentibus sui habuit sectatores et credebatur esse Christus. Cumque invidia nostrorum principum cruci eum Pilatus addixisset, nihilominus qui eum primum dilexerant, perseveraverunt in fide.149 Apparuit enim eis tertia die vivens, haec et multa alia mirabilia carminibus prophetarum de eo vaticinantibus. Et usque hodie Christianorum gens ab hoc sortita vocabulum non deficit.
147 The efficiency of the Christian censorship, which almost succeeded in getting rid of all the versions of the Testimonium that differed in a significant manner from the vulgate recension, is illustrated by the fact that the Greek translation of De Viris Illustrious contains this vulgate recension; none of the traits in which St. Jerome diverges from it have been retained; see O. von Gebhardt, 'Hieronymus — De Viris Inlustribus in griechischer Übersetzung', Texte und Untersuchungen, XIV, Leipzig 1896.
Sebbene egli stia chiaramente citando, scrive che Gesù "credebatur esse Christus" (was believed to be the Messiah), piuttosto che "egli era il Messia". Questo coinciderebbe con l'affermazione di Origene, al quale Jerome era così profondamente connesso, che il testo di Giuseppe riportava, come nella più recente versione di Agapius, che egli non ammetteva che Gesù fosse il Messia.
Heinz Schreckenberg ha sottolineato la libertà con la quale Origene attribuisce a Giuseppe affermazioni che non si ritrovano oggi nel nostro testo di Giuseppe [13 Heinz Schreckenberg, "Josephus in Early Christian Literature and Medieval Christian Art," in Jewish storiography and Iconography in Early and Medieval Christianity, ed. Heinz Schreckenberg and Kurt Schubert (Assen, The Netherlands, and Minneapolis, MN, 1992), 57. Link anteprima google
http://books.google.it/books?id=z60oURWxvJ...eval%22&f=false
Così, per esempio, egli afferma platealmente che secondo Giuseppe,-sebbene questo non vi sia nel nostro testo di Giuseppe- la caduta di Gerusalemme e la distruzione del Tempio colpirono gli Ebrei quale punizione per la loro responsabilità nella morte di Giacomo il Giusto, il fratello di Gesù. [Origen, Contra Celsum 1.47.] riportare il testo greco
Καίτοι γε άπιστων τω "Ιησοϋ ώς Χριστώ
[Contre Celse, I, 47 (édit. P. Koetschau, Leipzig, 1899, p. 97, 3).]
Εβουλομην δ αν Κελσω, προσωποποιησαντι τον Ιουδαιον παραδεξαμενον πως Ιωαννην ως βαπτιστην βαπτιζοντα τον Ιησουν, ειπειν οτι το Ιωαννην γεγονεναι βαπτιστην, εις αφεσιν αμαρτηματων βαπτιζοντα, ανεγραψε τις των μετ ου πολυ του Ιωαννου και του Ιησου γεγενημενων. εν γαρ τω οκτωκαιδεκατω της ιουδαικης αρχαιολογιας ο Ιωσηπος μαρτυρει τω Ιωαννη ως βαπτιστη γεγενημενω και καθαρσιον τοις βαπτισαμενοις επαγγελλομενω. ο δ αυτος, καιτοι γε απιστων τω Ιησου ως Χριστω, ζητων την αιτιαν της των Ιεροσολυμων πτωσεως και της του ναου καθαιρεσεως, δεον αυτον ειπειν οτι η κατα του Ιησου επιβουλη τουτων αιτια γεγονε τω λαω, επει απεκτειναν τον προφητευομενον Χριστον ο δε και ωσπερ ακων ου μακραν της αληθειας γενομενος φησι ταυτα συμβεβηκεναι τοις Ιουδαιοις κατ εκδικησιν Ιακωβου του δικαιου, ος ην αδελφος Ιησου του λεγομενου Χριστου, επειδηπερ δικαιοτατον αυτον οντα απεκτειναν. [τον δε Ιακωβον τουτον ο Ιησου γνησιος μαθητης Παυλος φησιν εωρακεναι ως αδελφον του κυριου, ου τοσουτον δια το προς αιματος συγγενες η την κοινην αυτων ανατροφην οσον δια το ηθος και τον λογον.] ειπερ ουν δια Ιακωβον λεγει συμβεβηκεναι τοις Ιουδαιοις τα κατα την ερημωσιν της Ιερουσαλημ, πως ουχι ευλογωτερον δια Ιησουν τον Χριστον τουτο φασκειν γεγονεναι; ου της θειοτητος μαρτυρες αι τοσαυται των μεταβαλοντων απο της χυσεως των κακων εκκλησιαι και ηρτημενων του δημιουργου και παντ αναφεροντων επι την προς εκεινον αρεσκειαν.
I would like to say to Celsus, who represents the Jew as accepting somehow John, who baptized Jesus, as a baptist, that the existence of John the Baptist, baptizing for the remission of sins, is related by one who lived no great length of time after John and Jesus. For in the eighteenth book of his ANTIQUITIES OF THE JEWS Josephus bears witness to John as having been a baptist and as promising purification to those who underwent the rite. Now he himself, although not believing in Jesus as the Christ, in seeking the cause of the fall of Jerusalem and the destruction of the temple, whereas he ought to have said that the conspiracy against Jesus was the cause of these calamities befalling the people, since they put Christ to death, who was a prophet, nevertheless says, being albeit against his will not far from the truth, that these disasters happened to the Jews as a punishment for the death of James the just, who was a brother of Jesus called Christ, the Jews having put him to death, although he was a man most distinguished for his justice. [Paul, a genuine disciple of Jesus, says that he regarded this James as a brother of the Lord, not so much on account of their relationship by blood, or of their being brought up together, as because of his virtue and doctrine.] If, then, he says that it was on account of James that the desolation of Jerusalem was made to overtake the Jews, how should it not be more in accordance with reason to say that it happened on account of Jesus Christ? Of his divinity so many churches are witnesses, composed of those who have been convened from a flood of sins and have joined themselves to the creator, and who refer all their actions to his good pleasure.
Και το θαυμαστόν εστίν, δτι τον Ίησοϋν ημών ον καταδεξάμενος είναι Χριστόν, ονδεν 'ήττον...
Commentaire sur S. Matthieu, X, 17 (édit. E. Klostermann, Leipzig, 1935, p. 22, 6 ss. ; Migne, P. G., t. XIII, col. 877 milieu).
Ιακωβος δε εστιν ουτος ον λεγει Παυλος ιδειν εν τη προς Γαλατας επιστολη ειπων• Ετερον δε των αποστολων ουκ ειδον ει μη Ιακωβον τον αδελφον του κυριου. επι τοσουτον δε διελεμψεν ουτος ο Ιακωβος εν τω λαω επι δικαιοσυνη ως Φλοβιον Ιωσηπον αναγραψαντα εν εικοσι βιβλιοις την Ιουδαικην αρχαιολογιαν, την αιτιαν παραστησαι βουλομενον του τα τοσαυτα πεπονθεναι τον λαον ως και τον ναον κατασκαφηναι, ειρηκεναι κατα μηνιν θεου ταυτα αυτοις απηντηκεναι δια τα εις Ιακωβον τον αδελφον Ιησου του λεγομενου Χριστου υπ αυτων τετολμημενα. και το θαυμαστον εστιν οτι, τον Ιησουν ημων ου καταδεξαμενος ειναι Χριστον, ουδεν ηττον Ιακωβω δικαιοσυνην εμαρτυρησε τοσαυτην. λεγει δε οτι και ο λαος ταυτα ενομιζε δια τον Ιακωβον πεπονθεναι. και Ιουδας εγραψεν επιστολην ολιγοστιχον μεν, πεπληρωμενην δε των της ουρανιου χαριτος ερρωμενων λογων, οστις εν τω προοιμιω ειρηκεν• Ιουδας Ιησου Χριστου δουλος, αδελφος δε Ιακωβου. περι δε Ιωσηφ και Σιμονος ημεις ουδεν ιστορησαμεν.
And this James is the one whom Paul says he saw in the epistle to the Galatians, saying: But I did not see any other of the apostles except James the brother of the Lord. And to so great a reputation among the people for righteousness did this James rise that Flavius Josephus, who wrote the ANTIQUITIES OF THE JEWS in twenty books, when wishing to exhibit the cause why the people suffered so great misfortunes that even the temple was razed to the ground, said that these things happened to them in accordance with the wrath of God in consequence of the things which they had dared to do against James the brother of Jesus who is called Christ. And the wonderful thing is that, though he did not accept Jesus as Christ, he yet gave testimony that the righteousness of James was so great; and he says that the people thought that they had suffered these things because of James. And Jude wrote an epistle short in lines but full of the healthy words of heaven; in the preface he has said: Jude, servant of Jesus Christ, and brother of James. But concerning Joseph and Simon we have nothing to relate.
Joseph Sievers ha evidenziato che sebbene interpolazioni cristiane nel testo di Giuseppe siano originariamente attestate in Origene, esse potrebbero essere precedenti alla sua epoca. [Joseph Sievers, "The Ancient Lists of Contents of Josephus' Antiquities," in Studies in Josephus and the Varieties of Ancient Judaism: Louis H. Feldman Jubilee Volume, ed. Shaye J. D. Cohen and Joshua J. Schwartz (Leiden, 2007), 290, n. 61, cita Fausto Parente, "Sulla doppia trasmissione, filologica ed ecclesiastica, del testo di Flavio Giuseppe: Un contributo alla storia della ricezione della sua opera nel mondo cristiano," Rivista di Storia e Letteratura Religiosa 36 (2000): 3-51, esp. pp. 12, 15, 49.]
link anteprima google articolo Sievers http://books.google.it/books?id=z3ZywMar4P...s%2C%22&f=false
Un contemporaneo di Jerome, Pseudo-Hegesippus, nella sua libera parafrasi del TF, parla, così come il Testimonium, di Gesù quale "wise man-if it is appropriate to call him a man-who performed miracles and who arose from the dead three days after his death so that many Jews and even more Gentiles believed in him.”
Pseudo-Hegesippus’ Testimonium
“They were suffering the punishments for their crimes, those who, after having crucified Jesus, the arbiter of divine affairs, then were also persecuting his disciples. For many Jews and even more Gentiles believed in him and were attracted by his teaching of morals and performance of works beyond human capability. Not even his death put an end to their faith and love, but rather it increased their devotion. And so they brought in murderous bands and conducted the originator of life to Pilatus to be killed, they began to press the reluctant judge. In which however Pilatus is not absolved [non excusator Pilatus], but the madness of the Jews is piled up, because he was not obliged to judge, whom not at all guilty he had arrested, nor to double the sacrilege to this murder, that by those he should be killed who had offered himself to redeem and heal them. Of this the Jews themselves give the testimony, Josephus the writer saying in his history that there was at that time a wise man, if it be appropriate, he says, to call man the creator of miraculous works, who appeared alive to his disciples three days after his death according to writings of the prophets, who prophesied both these and innumerable other things full of wonders about him. From him began the congregation of Christians, even infiltrating every race of humans, nor does there remain any nation in the Roman world that is without his religion. If the Jews do not believe us, they might believe one of their own. Thus spoke Josephus, whom they esteem a very great man, and nevertheless so devious in mind was he who spoke the truth about him, that he did not believe even his own words. Although he spoke for the sake of fidelity to history because he thought it wrong to deceive, he did not believe because of his hardness of heart and faithless intention. Nevertheless it does not prejudice truth because he did not believe, rather it adds to the testimony because, unbelieving and unwilling he did not deny it. In this the eternal power of Jesus Christ shone forth, that even the leading men of the synagogue who delivered him up to death acknowledged him to be God [his divinity].” (Pseudo-Hegesippus, De excidio Hierosolymitano, book 2, chap. 12)
Egli dice che Giuseppe parlava così di lui ma non credeva alle sue stesse parole, cosi che perfino i maggiorenti della sinagoga che lo consegnarono per la condanna a morte lo riconobbero come Dio. Le principali differenze tra la versione di Pseudo-Egesippo e quella di Eusebio è che il primo omette il ruolo di Ponzio Pilato e la cruciale affermazione che egli era il Messia, ma aggiunge che i Leaders ebrei lo riconobbero quale Dio. Sebbene una parafrasi sia generalmente considerata meno definitiva come prova rispetto a una citazione, nel nostro caso essa ha un vantaggio poichè, come la Whealey rimarca, è più difficile per uno scriba successivo mettere una parafrasi in conformità con un dato testo rispetto ad una citazione. [Whealey, Josephus on Jesus, 31.]
Lo Pseudo-Egesippo enfatizza il fatto che sia forzato ad accettare l'autenticità del testo, per come lo pone, "Giuseppe, che essi stimano come un grandissimo uomo" era, ciò nonostante, uno spirito così tortuoso che, pur dicendo la verità su Gesù, egli non credeva alle sue stesse parole. Sebbene Giuseppe parlasse per la necessità di rispettare la verità storica, egli non credeva in Gesù a causa della sua durezza di cuore e delle sue intenzioni prive di fede.
Perfino dopo Eusebio, troviamo quattro scrittori Cristiani nel 5 secolo che conoscono le opere di Giuseppe ma non citano il TF: Orosius, Philostorgius, Theodore of Mopsuestia, and Augustine. Non troviamo chiare citazioni del TF prima di Isidore of Pelusium and Sozomenus nel 5 secolo. [Feldman, "The Testimonium Flavianum," 185.]
Durante il Medio Evo e fino al sedicesimo secolo, nessun Cristiano, sia nell'Occidente che ad Oriente, nonostante la popolarità di Giuseppe e il grande interesse verso la sua opera nel periodo del Rinascimento e della Riforma, mise in discussione l’autenticità del TF. [18 Peter Burke, "A Survey of the Popularity of Ancient Historians 1450-1700," History and Theory 5, no. 2 (1966): 135-52, mostra come durante il periodo che va dal 1450 to 1700 Giuseppe fuil secondo storico antico "in the vernacular languages" più frequentemente pubblicato ]
Il primo studioso che asserì che il TF fosse spurio fu l'umanista Hubert Giphanius (van Giffen), che, come quotato in una lettera da Sebastian Lepusculus, cita il Testimonium in una premessa ad una delle versioni dello Yosippon del 1559. In una nota a margine alla sua traduzione dello Yosippon del 1541, l'ebraista Sebastian Munster rimarca che gli studiosi hanno dato molta fiducia all' omissione del TF dalle Antiquities rispetto agli studiosi Cristiani del passato. [Whealey, Josephus on Jesus, 77-84.]
Quando cominciamo la nostra indagine sulla genuinità del linguaggio del TF non dovremmo essere sorpresi di rilevare che Giuseppe era interessato ad un movimento connesso con Gesù in relazione al suo grande interesse per i movimenti che possono essere classificati come religiosi e politici, quali le quattro sette -Pharisees, Sadducees, Essenes, and the Fourth Philosophy. Il Cristianesimo, come si rileva nelle idee dei suoi fondatori, in modo particolare John the Baptist and Jesus, fu proprio un movimento del genere e, in quanto tale, fu visto con disdegno e timore dal potente Impero Romano.
Giuseppe consacra molto spazio sia nella Guerra che nelle Antichità all'infame Re ebreo Erode, all' Imperatore Romano Augusto (al quale egli fu sempre leale), e ai procuratori Romani che lo seguirono e costituirono lo sfondo della tremenda rivolta degli Ebrei del primo secolo. Non è sorprendente che i Romani furono molto attenti alle grandi folle che furono coinvolte dall'eloquenza di Giovanni Battista. Giuseppe dedica approssimativamente a Giovanni il doppio dello spazio di Gesù, che, come Giovanni è ritratto come qualcuno che conquistò l'affetto delle masse e pagò un pesante prezzo a causa della sua popolarità. Allo stesso modo, per la guerra contro i Romani, Giuseppe è tremendamente intrigato dalle fazioni e dalle sottofazioni e dalla violenza che esse generarono. Quindi, Giuseppe deve aver trovato in Gesù una figura affascinante che catturò la sua attenzione.
Gary Goldberg è pertanto tentato di tessere dettagliati confronti tra la descrizione di Gesù nel Vangelo di Luca e nel TF di Giuseppe. [20 Gary Goldberg, "The Coincidences of the Emmaus Narrative of Luke and the Testimonies of Josephus," Journal for the Study of the Pseudepigrapha 13 (1995): 59-77.]
link articolo completo www.josephus.org/GoldbergJosephusLuke1995.pdf
Un motivo, non notato finora, per nutrire dubbi (sebbene non sufficiente per sconfessare) la paternità di Giuseppe del TF è che abbiamo due dei suoi passaggi sulla procuratura di Ponzio Pilato in War 2.169-177 e in Antiquities 18.55-89.
Nel primo (War) egli racconta l'incidente occorso nel tentativo di Pilato di introdurre le effigi dell'Imperatore a Gerusalemme, la conseguente costernazione degli Ebrei, e le susseguenti disposizioni di Pilato di rimuoverle, così come il suo utilizzo del denaro appartenente al Tempio per la costruzione di un acquedotto, la risultante indignazione degli Ebrei e il grande numero dei loro morti. Nel secondo, egli racconta gli incidenti scaturiti dal tentativo di Pilato di introdurre effigi dell'Imperatore a Gerusalemme e il suo utilizzo del denaro appartenente al Tempio per costruire un acquedotto; il Testimonium; la crocifissione di Gesù da parte di Pilato; lo scandaloso incidente a Roma di una signora Romana, Paolina, e del suo amante e la truffa perpetrata ai suoi danni dai sacerdoti di Isis; e l'attacco e il massacro commesso da Pilato ai danni di un gran numero di Samaritani che avevano tentato di risalire sul loro sacro Monte Gerizim e la conseguente lamentela dei Samaritani con il governatore Romano di Siria, che fece si che Pilato fosse richiamato a Roma.
Entrambe le versioni si focalizzano sul tentativo di Pilato di introdurre i busti dell'Imperatore a Gerusalemme e sull’appropriazione del denaro appartenente al Tempio per un acquedotto.
Ma è solo nelle Antichità che troviamo Gesù, lo scandaloso incidente di Paolina e il tentativo dei Samaritani di ascendere al Monte Gerizim.
Poiché entrambi i resoconti si concentrano in maniera critica sulle attività del procuratore Ponzio Pilato, ci possiamo chiedere perché Giuseppe, nel raccontare la messa a morte di quelli che gli si opposero, ometta nella Guerra la sua crocifissione di Gesù, a meno di non considerare questa menzione nelle Antichità come un'interpolazione.
Un altro posto dove possiamo comparare il primo trattamento di Giuseppe dei detti incidenti con il suo successivo trattamento, è l'antica, breve tavola dei contenuti del Libro 18 delle Antichità. [21 See Sievers, "The Ancient Lists," 271-292.] LINK
Ά dire il vero, non sappiamo chi scrisse questi indici e quando furono redatti. E’ possibile che essi rimontino all’edizione originale delle Antichità e potrebbero essere stati composti da Giuseppe stesso o da uno dei suoi assistenti. Essi sono molto brevi, ma catturano i punti essenziali del testo di Giuseppe, sebbene in alcuni casi in modo non uniforme. Per esempio, leggiamo, nell' indice di Antichità 18.29, che i samaritani dissacrarono il popolo per sette giorni, senza che venga data una spiegazione della ragione di questo. In ogni caso, questi sommari omettono totalmente ogni menzione al passaggio su Gesù. Sievers, consapevole del fatto che, in accordo con Origene, Giuseppe non credeva che Gesù fosse il Messia (Christ), laddove il Testimonium afferma esplicitamente che egli era il Messia (Christ), conclude che questa è un'indicazione che ci furono interpolazioni Cristiane nel testo di Giuseppe già all' epoca di Origene (c. 233) e che tali interpolazioni possono precedere la sua epoca. [23 Sievers, "The Ancient Lists," 290, n. 61.]
Per determinare se il Testimonium è autentico, bisognerebbe, prima di tutto, esaminare il suo linguaggio per verificare se esso contiene parole che sono compatibili con il linguaggio utilizzato altrove da Giuseppe, e sembra ragionevole partire dall'evidenza dei manoscritti. Il Testimonium appare in tutti i manoscritti esistenti delle Antichità di Giuseppe. Esso compare similmente in tutti i numerosi manoscritti della traduzione Latina che fu realizzata sotto la direzione di Cassiodoro nel 6 secolo.
Ma i manoscritti greci più antichi datano al 9 secolo, approssimativamente mille anni dopo che Giuseppe aveva composto le Antichità, e tutti derivano dalla stesso archetipo. (from the same source). Vorremmo avere il piacere di un papiro contenente
larghe porzioni delle Antichità che datassero ad un periodo molto più vicino all'epoca in cui Giuseppe le scrisse, ma in tal senso si è ritrovato solo un breve frammento, il Papyrus Graeca Vindobonensis 29810, che risale al tardo 3 secolo. Questo frammento, per il nostro disappunto, non proviene dalle Antichità, ma dalla Guerra ed include War 2.576-579, 582-584 [25 Hans Oellacher, ed., Griechische literarische Papyri, vol. 2 (Baden bei Wien, Austria, 1939), 61-65; Heinz Schreckenberg, Die Flavius-Josephus-Tradition in Antike und Mittelalter (Leiden, 1972), 54-55.]
Sfortunatamente il frammento è in uno stato di conservazione molto cattivo, al punto che possiamo contare solo su 38 parole complete e 74 parziali. Il fatto comunque che ci siano 9 punti (molti dei quali, a dire il vero, basati su congetture decisamente traballanti derivanti da manoscritti collazionati nel testo delle Antichità 18.63–64 da Benedicte Niese –[Benedict Niese, ed., Flavii Iosephi Opera, vol. 4 (Berlin, 1892), 151–152- ] ci induce a concludere che il testo della Guerra, che è in uno stato molto migliore che quello delle Antichità, sia perfino meno sicuro di quanto avessimo potuto supporre.
Nessuna delle varianti nel papiro comporta importanti differenze nel significato del testo, ma il fatto che il papiro (sebbene sia, naturalmente, pericoloso giungere a conclusioni sulla base di un cosi breve passaggio) concordi con un gruppo di manoscritti (Parisinus-Ambrosianus-Marcianus [PAM] group) e non con un altro (Vaticanus-Palatinus-Urbinas [VRC] group) ci induce a suggerire che sia pericoloso basarsi eccessivamente su un solo gruppo, come fece Niese con il PAM group.
Una chiave per determinare l'autenticità del Testimonium è quella di esaminare il vocabolario e lo stile del passaggio. Un tale studio è stato realizzato da David L. Mealand [David L. Mealand, "On Finding Fresh Evidence in Old Texts: Reflections on Results in Computer-Assisted Biblical Research," Bulletin of the John Rylands University Library of Manchester 74, no. 3 (1992): 67-88.] LINK
www.escholar.manchester.ac.uk/api/...RS-DOCUMENT.PDF
Ά causa della brevità del Testimonium – solo 89 parole – Mealand usa tre criteri:
1) Compara la fraseologia di Giuseppe nel Testimonium con il suo uso nel resto dei suoi lavori.
2) Compara la sua fraseologia con quella della letteratura Greca in generale e dei primi testi Cristiani in particolare
3) Esamina la complessità del linguaggio del Testimonium. Compara poi il passaggio con un passaggio non disputato di Giuseppe
I criteri furono selezionati in un range molto vario e largo, che includeva lunghezza delle parole, uso dei pronomi relativi ed indefiniti, parole con l’ iniziale tau, e la posizione della prima preposizione nella frase.
Basandosi su questi criteri, Mealand conclude provvisoriamente che la maggior parte (bulk) del passaggio su Gesù in Giuseppe è genuino.
Nel determinare se il linguaggio del Testimonium è compatibile con il linguaggio usato altrove da Giuseppe, notiamo un problema con la prima parola, ginetai, tradotta sopra con "there lived" ma che grammaticalmente è un verbo al presente, letteralmente "there comes into being," "there is," "there lives," "there arises," or "there appears on the scene." Mentre Giuseppe usa il presente storico altrove per descrivere azioni nel passato, in questo contesto il presente indicativo è strano in quanto suggerisce che Giuseppe credesse Gesù ancora in vita.
Il testo Slavo di Giuseppe omette il nome di Gesù. Una delle varianti testuali in uno dei manoscritti legge tis (a certain [ person]), ma sembra poco verosimile che uno scriba Cristiano abbia potuto aggiungere tis, che ha una connotazione irrispettosa, perfino sprezzante [così Paget, "Some Observations," 565, n. 105.]
Oppure bisogna pensare che l'inserimento di questo tis possa non essere stato intenzionale e sia il frutto dell' errore di un copista.
"If, indeed, one ought to call him a man” sembrerebbe una interpolazione Cristiana, poichè essa presuppone che Gesù fosse divino.
La parola poiētēs (tradotta sopra come “one who wrought”), che è qui usata per gli atti di Gesù, è sempre utilizzata da Giuseppe per riferirsi ai poeti e mai con il significato che ha qui. Henry Thackeray attribuisce questo uso al fatto che in questa parte delle Antichità Giuseppe aveva un assistente che imitava lo stile di Tucidide [29 Henry St. John Thackeray, Josephus, the Man and the Historian (New York, 1929), 144.]
Sebbene la parola didaskalos sia comune negli scritti di Giuseppe, intutti i casi salvo uno, (War 7.444), quando un genitivo segue la parola esso indica il contenuto dell' insegnamento piuttosto che l'identità dei destinatari dell'insegnamento. Qui invece esso indica l'identità dei destinatari dell'insegnamento.
Ken Olson rimarca che tre frasi -"one who wrought surprising feats," "tribe of the Christians," and "still to this day"- ricorrono qui ed altrove in Eusebio e solo qui in Giuseppe. [30 Ken A. Olson, "Eusebius and the Testimonium Flavianum," Catholic Biblical Quarterly 61 (1999): 313.]
Inoltre, una forma talēthē, nel senso di “la verità” si ritrova solo qui e in Antichità 8.23. Varie emendazioni sono state suggerite, in particolare paradoxōn, “strange, unusual things.”
“He won over many of the Jews and many of the Greeks”: Hellēnikoū nel senso di “il popolo Greco" è usato da Giuseppe solo qui e in Guerra 2.268. Molti commentatori scrivono che un interpolatore Cristiano non avrebbe fatto una simile affermazione, poiché Gesù nei Vangeli insiste sul fatto che il suo insegnamento non è diretto ai non-Ebrei; d' altro canto, l'affermazione concorda con la convinzione di Eusebio che fosse raccontato che il messaggio di Gesù avrebbe raggiunto tutte le nazioni e che i suoi miracoli li avrebbero conquistati. [Eusebius, Historia ecclesiastica 1.2.23, 1.13.1.]
Quanto è verosimile che un Ebreo impegnato possa aver scritto in tali positivi termini su Gesù e, in particolare, possa essersi riferito a lui come il Messia?
J. Neville Birdsall sostiene che coloro i quali rigettano l'autenticità del passaggio stanno pensando secondo termini anacronistici appropriati per secoli successivi, quando cioè l'antagonismo tra gli Ebrei e i Cristiani divenne molto più teso, mentre durante il primo secolo, quando Giuseppe scrisse queste parole, i Cristiani erano un gruppo molto più ridotto e difficilmente potevano costituire una minaccia. [Neville Birdsall, “The Continuing Enigma of Josephus’s Testimony about Jesus,” Bulletin of the John Rylands University Library of Manchester 67, no. 2 (1985): 611–612.]
LINK www.escholar.manchester.ac.uk/api/...RS-DOCUMENT.PDF
Ά quel tempo, scrive, Giuseppe non era scettico sui miracoli e credeva nel compimento delle profezie. Birdsall va tanto lontano da suggerire che Giuseppe possa tranquillamente aver detto ai suoi contemporanei, specialmente ai suoi seguaci Ebrei, che Gesù era colui nel quale le profezie messianiche si erano compiute.
Ά dire il vero, Giuseppe,da credente Ebreo, avrebbe difficilmente potuto negare la centralità di miracoli quali le piaghe d’Egitto, l’attraversamento del Mar Rosso, e le Rivelazioni al Sinai. Dall’altra parte, egli non volle esporsi al ridicolo per essere così credulone e insistette sul fatto che Mosè non scrisse nulla di irragionevole e che quindi tutto nelle Scritture era in sintonia con la natura dell' universo; in effetti, globalmente, egli tendeva a degradare i miracoli. [33 Louis H. Feldman, Josephus's Interpretation of the Bible (Berkeley, 1998), 210-212.]
Quei commentatori che credono che il Testimonium contenga interpolazioni puntano a questa affermazione Ho Christos houtos ēn (He was the Messiah), e sostengono che Giuseppe, quale Ebreo, non avrebbe potuto affermare che Gesù fosse il Messia.
Inoltre l’affermazione sembra fuori posto e disturba il flusso logico del passaggio. Se doveva apparire, ci si aspetterebbe che essa comparisse immediatamente dopo “Gesù” o “wise man” dove una identificazione complementare sarebbe stata presumibilmente più idonea. Ά dire il vero, storicamente, i Rabbi non consideravano Gesù come il Messia.
Comunque, un secolo dopo Gesù, niente meno che il grande Rabbi Akiba riconobbe Bar Kokhba quale Messia, sebbene altri Rabbini non lo fecero.
In più, la parola Christos (Messiah) ricorre anche in Antichità 20.200 (un passaggio che quasi tutti gli studiosi considerano genuinamente Flaviano) in connessione con Giacomo, il fratello del cosiddetto Christos, che chiaramente implica che egli sia stato menzionato precedentemente.
C'è ragione di credere, nonostante gli sforzi di Marinus de Jonge, Jacob Neusner, Richard Horsley, e Haim Ben-Sasson che l'attesa di una figura messianica, che fosse essa definita o meno con il nome "Messiah," , fosse diffusa tra gli Ebrei.
[34 Marinus de Jonge, "The Use of the Word ‘Anointed' in the Time of Jesus," Novum Testamentum 8 (1966): 132-148; Jacob Neusner, "Mishnah and Messiah," in Judaisms and Their Messiahs at the Turn of the Christian Era, ed. Jacob Neusner, William S. Green, and Ernest Frerichs (Cambridge, 1987), 265-282; Richard A. Horsley, "Messianic Movements in Judaism," in The Anchor Bible Dictionary, ed. David Noel Freedman et al. (New York, 1992), 4:791-797; Haim H. Ben-Sasson, "Messianic Movements," in Encyclopaedia Judaica ( Jerusalem and New York, 1971), 11:1417-1427.]
In particolare, richiamiamo l‘attenzione sull'affermazione di Giuseppe che l'elemento che, più di ogni altro, incitò gli Ebrei alla guerra contro i Romani nel 66 fu
"un ambiguo oracolo, verosimilmente inserito nelle loro sacre scritture, con l'effetto che a quel tempo uno proveniente dal loro paese sarebbe diventato sovrano del mondo” [35 Josephus, War 6.312.]
Il fatto che Giuseppe dichiari che questo, più di ogni altra cosa, spinse gli Ebrei alla guerra, indicherebbe che esso era una convinzione forte e largamente diffusa. Che fosse, davvero, largamente insita sembra indicato dal fatto che una predizione simile è menzionata da Tacito che afferma che la maggioranza (pluribus) degli Ebrei era persuasa che "i loro antichi testi sacerdotali contenevano la profezia che questo era il tempo in cui l'Oriente sarebbe fortemente cresciuto e in cui uomini provenienti dalla Giudea avrebbero posseduto il mondo" [Tacitus, Histories 5.13.2.]
Un'evidenza simile che una simile convinzione fosse largamente diffusa si ritrova in Svetonio il quale riporta che "si era diffusa in Oriente una vecchia e consolidata credenza per la quale alcuni uomini provenienti dalla Giudea erano destinati a dominare il mondo". [Suetonius, Vespasian 4.5.]
Menahem, il leader dei Sicari, che apparve nel Tempio vestito con abiti regali, offre certamente l'aspetto di una figura messianica, così come l'Ebreo egiziano che con trentamila seguaci, propose di sopraffare la guarnigione Romana a Gerusalemme.
Il fatto che, non molto dopo la Grande Rivolta, Lukuas-Andreas nel 115 e Bar Kokhba nel 132 comparvero come figure messianiche starebbe ad indicare che l’ anelito ad un Messia fosse persistente e ampiamente condiviso. [40 Victor A. Tcherikover, "Prolegomena," in Corpus Papyrorum Judaicarum, ed. Victor A. Tcherikover, Alexander Fuks, and Menahem Stern, vol. 1 (Cambridge, MA, 1957), 88.]
Non ci può essere alcun dubbio che dal tempo di Giuseppe il nome di Davide fosse intimamente connesso con l'era messianica; [41 Feldman, Josephus's Interpretation, 538, n. 5.]
Tuttavia Giuseppe rendendosi conto che la fede in un Messia ipso facto implicava la rivolta contro i Romani, omette ogni riferimento a Davide quale antenato del Messia. Il fatto che l’ iscrizione sopra la croce sulla quale Gesù è condannato a morire legga, con leggere variazioni, in ognuno dei quattro Vangeli (Matthew 27:37, Mark 15:26, Luke 23:38, and John 19:19) in greco, latino ed ebraico, "Questo è il Re degli Ebrei" indica il crimine per il quale Gesù fu accusato. Era un crimine politico, ossia, l'aver tentato di abbattere il governo di Roma e di stabilire uno stato indipendente con Gesù come re, similmente all' obbiettivo degli Zeloti e dei Sicari della generazione successiva.
I Romani, che erano una minoranza nel loro stesso impero, erano costantemente nel timore di rivolte da parte di queste altre minoranze.
L'agitazione ebraica per l'indipendenza culminò, una generazione dopo la morte di Gesù, con una rivolta che durò otto anni prima che fosse completamente sedata.
L'affermazione che Gesù apparve vivo ai suoi discepoli dopo la sua morte, "perché i profeti di Dio avevano profetizzato queste e innumerevoli altre cose meravigliose su di lui" è chiaramente un'espressione di fede.
Essa deve essere un'interpolazione Cristiana perchè non c'è alcuna profezia di questo tipo prima del Nuovo Testamento. Andre Dubarle suggerisce di seguire la maggioranza dei vari testimoni indiretti del Testimonium fra i Padri della Chiesa [Andre M. Dubarle, "Le temoignage de Josephe sur Jesus d'apres la tradition indirecte," Revue biblique 80 (1973): 499.]
Ma le decisioni degli studiosi non si costituiscono propriamente in questa maniera, specialmente perché molti di questi testimoni hanno semplicemente seguito i predecessori e non hanno quindi presentato una visione indipendente.
Il passaggio si riferisce alla "tribù dei Cristiani" ma è poco verosimile che Giuseppe si riferisse ai Cristiani come una nazione, distinta dagli Ebrei e dai gentili. La parola "Christians" (Χριστιανῶν) non si trova in nessun altro passaggio delle opere di Giuseppe. La frase "tribe of Christians" si trova due volte nelle opere di Eusebio e in nessuna altra delle opere dei primi scrittori Cristiani. [Eusebius, Historia ecclesiastica 3.33.2, 3. Olson, "Eusebius and the Testimonium Flavianum," 312, n. 12, cites this as the reason that Solomon Zeitlin, "The Christ Passage in Josephus," Jewish Quarterly Review 18 (1928): 231-255, identifies Eusebius as the author of the Testimonium.]
Inoltre il Testimonium nell'affermare che la "tribe of the Christians" è "so called after him" chiaramente implica che solo i Cristiani sono chiamati così in qualità di veri seguaci del Messiah Christos.
C'è una sola frase nel Testimonium che, pur essendo stata notata da molti studiosi,
εἰς ἔτι τε νῦν
εἰς ἔτι τε νῦν
non è stata sufficientemente enfatizzata, cioè, eis eti te nun (still to this day- fino ad oggi) in riferimento al fatto che "still to this day," "the tribe of the Christians, so called after him, has not disappeared."
Questa breve frase, vorrei suggerire, potrebbe - ripeto, potrebbe - offrirci la chiave per l'intero puzzle in merito alla legittimità del Testimonium Flavianum.
Tale chiave è adesso disponibile grazie alla compilazione realizzata negli ultimi decenni del Thesaurus Linguae Graecae, il dizionario completo di tutte le parole greche contenute in tutta la letteratura greca sopravvissuta.
Ci si aspetterebbe che in un simile thesaurus una frase come questa apparisse non centinaia ma migliaia di volte, e che essa appaia frequentemente; ma il solo scrittore in questa intera collezione di molte migliaia di testi greci che usa questa frase con le parole in questo ordine, a parte Giuseppe, è Eusebio, nei cui scritti essa appare tre volte. Questa frase appare quindi essere una favorita di Eusebio e di nessun altro, almeno per quanto riguarda gli scrittori di quel periodo pervenutici.
In totale, quindi, tre frasi -"who wrought surprising feats," "tribe of the Christians," and "still to this day" ricorrono altrove in Eusebio e in nessun altro autore. Un certo numero di studiosi, fra i più reputati Solomon Zeitlin, hanno sospettato che poiché Eusebio fu il primo scrittore ad includere il Testimonium, fosse stato proprio lui a scriverlo. [44 Zeitlin, “The Christ Passage in Josephus,” 251–255]
D’altra parte il fatto che Eusebio quoti il Testimonium in tre forme differenti induce Joseph Kennard a concludere che se Eusebio fosse stato l'autore del Testimonium, egli non avrebbe quotato male se stesso. [45 Joseph S. Kennard, "Gleanings from the Slavonic Josephus Controversy," Jewish Quarterly Review 39 (1948-1949): 161-170.]
Ma come ho affermato altrove, [46 Feldman, "The Testimonium Flavianum," 189.] Clemente di Alessandria, per esempio, quando cita fonti precedenti, varia costantemente il testo. Questo, di per se, non prova che il Testimonium fu fabbricato.
Comunque, specialmente a causa del fatto che Eusebio era un grande polemista, un apologeta del Cristianesimo in due enormi opere contro il paganesimo, un fiero difensore della vita di Gesù quale compimento della profezia ebraica, uno dei maggiori interlocutori che risposero all’attacco che il filosofo Porfirio portò all'interpretazione Cristiana delle Scritture,
un guerriero implacabile che tenta di dimostrare che i Cristiani furono i veri eredi del Giudaismo, uno dei maggiori difensori del controverso Origene, un attivista della controversia Ariana, una figura chiave del Concilio di Nicea e un protagonista della formulazione e della difesa del Credo Niceno, uno storico maggiore dei martiri Cristiani,
successivamente il vescovo del centro chiave Cristiano di Cesarea, l'autore di un’ opera maggiore sull' imperatore Costantino quale sovrano del suo popolo, e il primo storico maggiore del Cristianesimo, deve essere stato molto disturbato dal fatto che nessuno prima di lui, fra tanti scrittori cristiani, avesse formulato anche solo un minuscolo sketch della vita e delle opere di Gesù.
Conseguentemente, egli potrebbe essere stato motivato ad originare il Testimonium.
Conclusione
In generale, quando la tradizione manoscritta è unanime o quasi unanime, noi la seguiamo .Il TF appare in tutti i manoscritti esistenti delle Antichità, ma i più antichi di questi datano solo dell'undicesimo secolo. Il TF, inoltre, appare in tutti i numerosi manoscritti della traduzione Latina che fu fatta sotto la direzione di Cassiodoro nel sesto secolo. Bisogna anche tener presente che Eusebio, il primo scrittore che quotò il TF, lo fa in tre delle sue opere, ogni volta con leggere variazioni. Possiamo suggerire che se Eusebio stava quotando un passaggio così importante, dove ogni frase era soggetta ad interpretazione, egli non avrebbe rischiato di modificarlo, neanche con delle piccolissime variazioni. Inoltre rileviamo che quando un Arabo Cristiano, Agapius, si riferisce al TF nel decimo secolo, egli omette la linea ""if, indeed, we ought to call him a man," omette riferimenti ai miracoli di Gesù, omette il ruolo dei leaders Ebrei nell' accusare Gesù, non riporta che Gesù apparve ai suoi discepoli il terzo giorno ma che essi riportarono ciò, e egli non dichiara che Gesù fosse il Messia ma piuttosto che egli era forse il Messia. Come avrebbe potuto un Cristiano prendersi tali libertà con un così importante ed ufficiale passaggio?
. Contro la convinzione che il TF fu scritto da Giuseppe c’è il fatto che nonostante la forte opposizione dei pagani e degli Ebrei sui temi teologici e nonostante gli scontri con la comunità Cristiana durante i primi tre secoli, compresa la risposta di Giustino Martire nel secondo secolo all’accusa che Gesù non fosse esistito, ci sono otto padri della Chiesa che vissero prima del quarto secolo e che menzionano Giuseppe ma che tuttavia non riferiscono questo passaggio. Perfino l'estremamente prolifico ed influente Origene che fu profondamente coinvolto in controversie concernenti la natura di Gesù che conosceva Giuseppe molto bene, come indicato dal fatto che cita le Antichità sette volte, non cita il Testimonium. Al contrario, Origene si meraviglia che Giuseppe non credesse alla messianicità ed alla divinità di Gesù. Schreckenberg ammette che è difficilmente possibile determinare con certezza quali corruzioni del testo di Giuseppe siano dovute ad Origene stesso e quali siano dovute ad una fonte intermedia che Origene potrebbe aver utilizzato in buona fede.
In entrambi i casi l’osservazione che la trasmissione fu aggiustata o addirittura falsificata per ragioni apologetiche è valida. In questa connessione, dovremmo tener presente il metodo di lavoro di Origene, e cioè che egli dettava i suoi lavori ad almeno sette stenografi alla volta, e che il testo dettato era poi riprodotto da un numero identico di scribi. Infine, troviamo una sorta di caso simile di una interpretazione cristianizzata di Giuseppe nel trattamento Cristiano di Filone che, secondo Jerome, incontrò Pietro a Roma,strinse un amicizia con lui, e fu pertanto favorevolmente disposto nei confronti dei seguaci di Marco discepolo di Pietro. In conclusione, c’è ragione di pensare che un Cristiano come Eusebio avrebbe cercato di ritrarre Giuseppe come più favorevolmente disposto verso Gesù e potrebbe certamente aver interpolato un brano come quello che si trova nel Testimonium Flavianum.
Ribadito che questo articolo di Feldman veicola una numerosa serie di spunti di riflessione che meriterebbero di essere debitamente approfonditi (e mi riprometto nell’ambito di questa discussione di farlo) vorrei provare a “rileggere” questo fondamentale passaggio di FG inserendolo “prepotentemente” in quel contesto/modello che ho ridefinito “ipotesi messianista” sulle origini del cristianesimo.
Questo modello (pattern) che si nutre di quel ricco cluster di “tradizioni” testuali indiscutibilmente (e stranamente) presenti nelle attuali versioni dei Vangeli, resta, secondo me, la matrice più opportuna e più fertile sulla quale elaborare una spiegazione delle origini del cristianesimo che abbia al contempo maggior grado di plausibilità storica (criterio metodologico che dopo essere stato per decenni molto “svalutato”, sembra riprendere quota nel mondo specialistico), e maggiore capacità di includere, anche in maniera “semplice” il maggior numero di elementi (alcuni dei quali rimasti da sempre “isolati” in quanto apparentemente avulsi dal quadro generale recepito se non in palese, inconciliabile contraddizione con esso).
E’ evidente che, come ottimamente ricordato anche da Feldman, i sostenitori di una ricostruzione “non ortodossa” delle origini del cristianesimo, abbiano sempre mirato ad affermare la totale inautenticità del TF o quanto meno una sua violenta manomissione realizzata attraverso opportune ed ideologiche interpolazioni cristiane su un testo di base nel quale FG senza arrivare a quelle affermazioni (per lui impossibili) aveva comunque vidimato l’esistenza e soprattutto la continuità che quel personaggio aveva generato (ritengo, restando in questa chiave di lettura, che quest’ultimo sia probabilmente l’elemento che più abbia motivato l’eventuale “rielaborazione” cristiana del testo Flaviano, ovvero la necessità da epoca posteriore di riempire un lontano topos spazio-temporale delle origini, storicamente diverso, proiettandovi quella costruzione mitica che intanto si era riusciti ad imporre quale storia reale)
Ora il punto che mi sembra rilevante è che questa impostazione del problema mi pare sia stata scaltramente sfruttata (se non pilotata) proprio da quei sostenitori del “paradigma ortodosso”, ossia da coloro i quali da duemila anni tendono ad affermare con forza che i fatti siano sostanzialmente andati, fin dall’inizio, così come i testi interni alla tradizione teologica ci raccontano.
In fondo, “incanalare” una polemica sul TF su una sua parziale o totale autenticità, “concedere” eventuali interpolazioni, mettere in brackets interi pezzi di un testo di per sè già breve, lasciando sornionamente inalterata la “verità” che un importante storico ebreo abbia vidimato l’esistenza (e, ripeto, soprattutto il fatto essenziale che quel personaggio abbia ingenerato una continuità di fede e di appartenenza che ne diventa a sua volta paradossalmente garanzia di esistenza e di “consistenza”) di un certo “Gesù”, risulta un ottimo prezzo da pagare pur di incassare una sottile ma fondamentale vittoria.
Quella di diffondere, anche su profonde basi psicologiche, la senzazione che “quel Gesù” sia realmente esistito, al di là della percezione che lo stesso FG abbia potuto averne. E ottenuto questo risultato si campa di rendita per secoli fino a quando, cominciate le polemiche critiche ci si è potuti rintanare in una difesa che, pronta a riconoscere talune esagerazioni ascrivendole con generosa convenienza alle marachelle teologicamente ipetrofiche di qualche autore che, colmo di pie intenzioni ha voluto strafare, permette di arroccarsi agevolmente su una questione di percezione più o meno chiara da parte di Flavio Giuseppe.
Il problema, quindi, non è più la sostanza di fondo, e cioè cosa davvero aveva probabilmente riportato FG (il TF originario) ma, ferma restando la verità storica autonoma (figlia della successiva storicizzazione di un teologumeno), quale possa esserne stata la reale percezione di FG.
Ecco che in maniera anche semanticamente subdola un probabile brano di una vasta opera di FG nella quale l’autore tanto aveva narrato (seppur in chiave fortemente ideologica) delle complesse vicende messianiche (o pseudo-tali) ebraiche dell’epoca, diventa di base un TESTIMONIUM, ossia un cogente ed ineluttabile riscontro che FG si deve di offrire, fosse anche sospendendo la sua linea narrativa più generale, ad una Verità che, per quanto gli possa piacere o meno, è ineludibile in quanto, che lo abbia compreso a pieno o solo in parte, che lo abbia accettato o rifiutato, segna finalmente ed incontrovertibilmente il Vero compimento del disegno divino…ebraico.
E se non lo ha compreso ed accettato, poco importa. L’importante che, anche da "miscredente", lo abbia TESTIMONIATO. Altri, dopo di lui, ma anche prima di lui, avranno saputo spiegare alle masse che quanto, anche da lui, riportato, era, è, e sarà la Verità indiscutibile.
Ora se io da detrattore di questa “ricostruzione dei fatti” mi ponessi in un paradigma squisitamente e totalmente MITICISTA, sostenendo per esempio la totale inesistenza di Gesù quale figura storica reale, e di riflesso la totale non autenticità del TF, i miei avversari avrebbero gioco facile ad utilizzare (quando gli conviene ne fanno il miglior uso…) quei parametri di storicità che innegabilmente “colorano” questa storia.
In altre parole gli elementi storici, pur frammentari, che appartengono senza dubbio al sostrato originario che sono stati così abili a riplasmare, sarebbero sventolati ad arte per dimostrarmi quanto è ridicola la mia pretesa che il loro Gesù sia il parto di una completa (e quanto difficile da realizzare…) invenzione.
Ecco perché, tante volte, ho sostenuto che, senza volerlo, i miticisti puri e duri hanno finito per avvantaggiare il compito di chi dall’altra parte si batteva per mantenere in vita una costruzione teologica non banale.
La realtà, mi si perdoni il gioco di parole, è che in questa storia il mito c’è, ma viene dopo. Prima c’è la Storia, di cui il Mito Incarnatore si è fatto carnefice…
Se da un lato il “paradigma ortodosso” non può avere consistenza storica perché è fatalmente dipendente da troppe variabili anistoriche, dall’altro il “paradigma mitista” puro è altrettanto discutibile perché nel tentativo di smascherare il primo finisce per "mitizzare” anche quegli elementi che onestamente sembrano possedere un elevato grado di plausibilità storica.
Ecco che, una volta di più, in medio stat virus…
Un modello che si sforzi di “separare quello che Dio ha (falsamente) unito” , che infranga un fuorviante “matrimonio mistico” fra tante prosaiche verità storiche e una capziosa visione metastorica della realtà.
Questa è l’ineludibile necessità di chi voglia realmente recuperare una passabile ed affidabile sequenza evenemenziale.
Nel caso specifico, mi sembra evidente che l’ “ipotesi messianista” , almeno nella versione che io considero più probabile preveda quanto segue:
1) Il cristianesimo del primo secolo e di parte del secondo non è altro che una componente particolare di un variegato messianismo ebraico che sarà teso fino alla sconfitta finale di Bar Kocheba alla redenzione(liberazione) del popolo d’Israele. La componente che mi pare più fondante di questo particolare messianismo è quella Millenaristica. Nessuna delle caratteristiche che prenderà dopo (e a causa del)la rielaborazione mitico- teologica che comincia a mettersi in moto dopo il primo secolo, è presente nel primo secolo.
2) Il corpus neo-testamentario è assolutamente assente dal panorama del primo secolo. In modo particolare la letteratura Paolina e gli Atti degli apostoli sono prodotti posteriori ai vangeli. Il Paolo del cristianesimo postumo è creatura mitologica o nella migliore delle ipotesi (che io prediligo) rielaborazione “a rovescio” di una figura storica del primo secolo.
3) Il giudeo-cristianesimo “narrato” dai testi cristiani e non e come tale vidimato dagli specialisti è, anch’esso, una mera invenzione postuma, figlia dell ‘operazione teologica madre. Si tratta della comprensibile esigenza di retroproiettare la propria nuova mitologia-teologia in un tempo ed uno spazio originario (quello palestinese del primo secolo) che seppur non più centrale al momento in cui questa operazione viene realizzata, ha il potente valore di “fondare un’origine”, per poter dire “c’eravamo, così come siamo, fin dall’inizio”.
La storia reale della Palestina del primo secolo è invece stata tutt’altra cosa ed i suoi protagonisti erano pervasi di ebraicità. (su questo punto fondamentale il recente, parziale e ancora debole recupero storiografico dell’ebraicità del Cristo, non ha ancora fatto scaturire una discussione, che pure ne sarebbe logica conseguenza, sulla ebraicità del cristianesimo originale.
Purtroppo mi è pessimisticamente chiaro che se, da un lato, un formale, generico e ruffianamente catartico riconoscimento di una realtà evidente, da sempre, a tutti, (“Gesù era un ebreo”) può in questa fase storica essere “generosamente” concesso, dall’altro canto cosa ben diversa e molto più insidiosa sarebbe quella seria conseguenza e cioè una volta ammesso che “Gesù era un ebreo” chiedersi che tipo di ebreo egli fosse, visto che gli Ebrei dell’epoca non erano (come non lo sono oggi) robot programmati ma persone con un’ autonomia ed una varietà di pensiero ben più ricca di quanto a certi storici esponenti di una assurda accusa di deicidio ha fatto comodo credere e far credere.
Per quanto concerne la questione del TF, alla luce della lunga premessa fatta, e degli elementi concreti a nostra disposizione, il paradosso di quel “era il Messia” attestato dalla lezione presente nelle citazioni di Eusebio (e che probabilmente è servita da base per l’archetipo greco che poi ha originato la famiglia di manoscritti definitiva delle Antichità Giudaiche – stabilità della tradizione manoscritta) congiuntamente alla “diversa attestazione” che Origene con la sua strana parafrasi ci ha lasciato, mi spingono ad avanzare il sospetto che il tutto si potrebbe leggere in maniera molto differente.
Io credo che FG abbia scritto a Roma in un contesto in cui, come detto, il cristianesimo che oggi conosciamo non era ancora stato “inventato”. Credo quindi che FG abbia scritto, in coerenza con le linee guida (ideologiche) che si era dato, qualcosa a proposito di un presunto (uno dei tanti) pseudo-messia ebrei (il “TF originale”) Credo che lo abbia descritto con gli stessi toni sprezzanti, critici, negativi (forse anche sarcastici) che in linea generale utilizzava per questi personaggi ai quali, in fondo, addebitava la sorte tragica subita dal suo popolo. Un TF scritto in un periodo in cui quello pseudo-cristo, falso messia finito in croce non era stato ancora teologicamente trasformato nel Cristo “Gesù” fortemente degiudaizzato che comparirà progressivamente a partire dal secondo secolo. Un periodo in cui, per l’appunto i Romani non avevano da fare insensate differenze tra ebrei e cristiani quanto piuttosto tra ebrei accomodanti e/o collaborazionisti ed ebrei messianisti.
Credo plausibile ipotizzare che Origene abbia potuto leggere una versione del TF, se non originale, sicuramente molto più vicina ad esso di quanto non sarà posteriormente. E che questa versione conservasse in luogo di quel paradossale “ERA IL MESSIA” qualcosa come (ALCUNI LO CONSIDERARONO/CREDETTERO CHE) ERA IL MESSIA. (“CREDEBATUR ESSE” , “HE WAS THOUGHT TO BE THE MESSIAH”)
Questa versione letta da Origene in un periodo in cui la tradizione manoscritta di FG non era ancora caratterizzata da quella Stabilità formalmente accertata da Eusebio in poi (e che viene a mio avviso impropriamente utilizzata da molti specialisti quale prova regina della autenticità anche parziale di quella versione del TF, a prescindere dalle interpolazioni quali “era il Messia” ) spinse ovviamente lo stesso Origene a dire che FG non lo riconosceva come Messia. Vale a dire in parole semplici che Origene ci porta testimonianza del fatto che FG pur parlando di “Gesù” (e quindi probabilmente di chi era e di come fu considerato da alcuni altri ebrei) ripudiava proprio per quelle sue caratteristiche da falso-profeta nemico del Tempio ed anti-romano, una sua presunta messianicità.
Purtroppo non mi sembra neppure casuale che mentre in Eusebio si trovino delle citazioni, in Origene resti esclusivamente una ambigua parafrasi.
Fra le altre cose questa ipotesi darebbe anche un senso compiuto al passaggio di Antichità XX nel quale FG si riferirebbe al Giacomo fratello di Gesù chiamato Cristo, dove il senso di quel “chiamato” lungi dal collimare con il distorto “era il Messia” sarebbe decisamente più compatibile con il "Credebatur esse/fu considerato" della Tradizione manoscritta latina e del Testimonium arabo di Agapius. La Tradizione manoscritta latina in effetti non sarebbe da vedere quale risultanza di una improbabile volontà di stemperare una lezione greca ritenuta troppo forte, quanto invece la residua memoria di un ramo pre-archetipico che conservava una lezione del TF più vicina all’originale e sicuramente simile se non corrispondente a quella letta da Origene.
Se questa ipotesi fosse valida, sarebbe a mio avviso logico il silenzio di altri autori cristiani (pre e post origeniani) i quali, a differenza di Origene, e forse maggiormente consapevoli dell’operazione teologica in corso sul personaggio reale che si era distinto per la sua stretta, rigorosa, zelante adesione ad un diffuso ideale messianico di redenzione del suo popolo, non “commisero l’errore strategico” di tirare in ballo, commentandolo, il pericoloso passaggio Flaviano. Ritenendo a giusto titolo e con sagace prudenza che non erano ancora maturi i tempi in cui una più consolidata “nuova creatura gesuana” (frutto di un processo più spinto di degiudaizzazione che ne avesse maggiormente stemperato l’iniziale e potenzialmente pericolosa coesistenza/persistenza della memoria della originaria “matrice messianista ebraica”) avrebbe permesso una fase successiva del processo.
Fase che poi sarebbe arrivata allorquando qualcuno poco prima di Eusebio (o lo stesso Eusebio) complice una diversa e ben più profonda intersecazione della “nuova religione" cristiano-paolina con il sempre più decadente Impero Romano, avrebbe finalmente provveduto ad un definitivo accomodamento dell’ opera Flaviana ed in particolare ad una edizione definitiva del TF. Finalmente Flavio Giuseppe poteva “confessare” che questo Gesù fosse il Messia.
Mi preme chiudere con una considerazione che non ha mai avuto il giusto peso. sovente si è polemizzato contro chi tenta di rivedere le origini del cristianesimo postulando interpolazioni anche pesanti nel testo delle opere di autori antichi, in modo particolare nel caso di Flavio Giuseppe. Nella quasi totalità dei casi si è violentemente deriso chi praticava questa ipotesi, adducendo che era davvero grottesco pensare che a quell'epoca si potesse riuscire ad orientare un testo inserendo delle varianti significative ed interessate data l'enorme difficoltà di controllare/censurare tutte le copie esistenti.
Trattasi di un mito senza valore. Il caso di Origene, quale che sia la sua corretta definizione, dimostra a mio modo di vedere, in maniera rigorosamente scientifica, che sensibili variazioni di contenuti fossero assolutamente possibili, almeno nella fase iniziale e cioè prima che la forte spinta di un particolare testo archetipico non venisse a renderne più difficile (ma non impossibile) la realizzazione.
Edited by barionu - 18/4/2022, 11:30