Origini delle Religioni

ADINOLFI PERPLESSO SU ALLISON: PERCHÈ?

« Older   Newer »
  Share  
Haviland Tuf
CAT_IMG Posted on 28/11/2015, 19:04




Federico Adinolfi, meglio conosciuto nel net come pseudoWeiss, ha fatto una recensione di questo libro di
Dale C. Allison Jr.,

The Historical Christ and the Theological Jesus
, Grand Rapids, Eerdmans, 2009, x-126 pp.

Recensito anche su Vridar.

Prendo alcuni interessanti estratti:

CITAZIONE
Ma la parte decisamente più interessante del libro è rappresentata dal terzo capitolo, su cui ci soffermiamo ora con una certa ampiezza. Qui, infatti, nell’affrontare il problema di come procedere per accostarsi alla figura storica di Gesù, Allison profila una netta svolta metodologica rispetto alle sue opere precedenti. Se infatti anch’egli, come tanti altri studiosi,
aveva fatto ricorso ai criteri di autenticità (anche se già nella sua opera del 1998 Jesus of Nazareth. Millenarian Prophet, questi venivano relegati ad un ruolo secondario e sottoposti a riformulazione), ora Allison dichiara nel modo più netto possibile che essi rappresentano «the wrong tools for the wrong job» (54).
Infatti, salvo poche eccezioni, nella maggior parte dei casi l’autenticità o inautenticità delle tradizione gesuane non è mai evidente, anzi non di rado è indecidibile, e tale ambiguità non può essere veramente risolta mediante il ricorso ai criteri d’autenticità, per la semplice ragione che «our criteria are not strong enough to resist our wills, we almost inevitably make them do what we want them to do» (58). Infatti qualsiasi ricercatore è naturalmente portato a selezionare ed evidenziare, tra tutti i dati disponibili, quelli che si armonizzano con l’ipotesi
generale con cui si accosta al proprio lavoro, tralasciando invece i dati che non collimano, e da ciò ne viene che «Our criteria are less routes to our destination than ways of persuading others to end up where we have» (60).
Il fallimento dei criteri di autenticità è del resto evidente dall’abbondanza di ricostruzioni differenti di Gesù stabilite non di rado sulla base del ricorso ai medesimi criteri. A questo punto – si domanda Allison – non è meglio cercare un altro punto di partenza per la ricostruzione storica? La soluzione della «impasse» viene individuata a partire da una riflessione sulle caratteristiche tipiche di processi di memorizzazione: se è vero infatti che la memoria tende ad essere molto labile e creativa relativamente ai particolari di ciò che ricorda, essa è tuttavia decisamente più affidabile quando si tratta di conservare l’impressione generale di una certa cosa.

CITAZIONE
La particolare natura delle fonti, secondo Allison, è tale da rendere impossibile la dimostrazione che un certo detto risalga o non risalga a Gesù: essa consente tuttavia di individuare all’interno della tradizione complessiva le impressioni generali lasciate dalla sua figura e dal suo messaggio.

CITAZIONE
Ma la sua giustificazione è semplicemente che questo è tutto ciò che si può realisticamente pretendere di fare a partire dalla particolare natura delle fonti, in quanto i vangeli sono come parabole, rispetto a cui l’interrogativo corretto che lo storico si deve porre non è se Gesù disse questa specifica cosa o fece questa particolare azione, bensì se disse cose come questa e compì azioni come quest’altra.

E soprattutto, queste parole mi hanno colpito del recensore sul recensito:


CITAZIONE
Chi scrive non nasconde di nutrire qualche perplessità su questa «Kehre» metodologica di Allison (almeno per come abbozzata nel presente volume), restando del parere che sia preferibile l’approccio che l’Autore adottava nel suo lavoro del 1998, nel quale l’analisi di tradizioni individuali, mediante il ricorso ai criteri di autenticità, conservava il suo spazio, benché giustamente secondario rispetto alla costruzione di una cornice interpretativa complessiva, elaborata sulla base di alcuni fatti fondamentali o considerazioni di ordine generale.
In ogni caso, questa nuova impostazione di Allison è un’ulteriore conferma di una crescente
tendenza, all’interno dell’attuale ricerca, ad abbandonare la pretesa di autenticare singole tradizioni su Gesù (sia detti che fatti), per concentrarsi invece sulle impressioni generali che la sua figura produsse sulla memoria di discepoli e tradenti.

(mia enfasi)

Capite perchè l'accademia è così lenta nel riconoscere i suoi errori? Adinolfi sta fungendo chiaramente da cinereo e inquietante (e soprattutto - temo - involontario) guardiano dell'ortodossia all'interno della gilda di teologi travestiti da ricercatori, dal momento che sospetta di ''eresia'' l'ennesimo mostro sacro che dà evidente mostra di cedimento nella fede tradizionale del ''consensus'' sui cosiddetti ''criteri di autenticità'' (in realtà autentici criteri di confusione). Ma ci vuole molto a capire che è impossibile conservare ''spazio'' all'''analisi di tradizioni individuali'', dal momento che di nuovo e di nuovo e ancora di nuovo tutto appare così fabbricato, così artisticamente progettato, così letterariamente ironico e nel caso migliore così mostruosamente generico???!!! Ci vuole così molto a capire - o Adinolfi - che stai pattinando sul ghiaccio sottile della parabola, dell'allegoria e del midrash?

Dovete pescare il Gesù storico, diamine, non la classe di potenziali controfigure per la sua figura!

Ma ormai è troppo tardi. L'Occidente diventerà ateo prima ancora della pronosticata Fine degli Studi Biblici.
 
Top
Haviland Tuf
CAT_IMG Posted on 24/3/2016, 14:13




Così il folle apologeta cattolico pseudoWeiss commenta il seguente passo di Paolo:

CITAZIONE
1. 1 Cor 15,47

Il primo uomo, tratto dalla terra, è fatto di terra; il secondo uomo viene dal cielo.

ὁ πρῶτος ἄνθρωπος ἐκ γῆς χοϊκός, ὁ δεύτερος ἄνθρωπος ἐξ οὐρανοῦ

Per sorprendente che possa sembrare, questo versetto è senz’altro il primo da depennare dalla lista. Benché, a prima vista, possa sembrare un’affermazione palese della preesistenza celeste di Cristo, in realtà non è assolutamente così. In effetti tale comprensione rappresenta un fraintendimento piuttosto grossolano di quanto Paolo va dicendo. Per rendersene conto è sufficiente leggere il v. 47 nel suo contesto:

42 Così anche la risurrezione dei morti: è seminato nella corruzione, risorge nell'incorruttibilità; 43 è seminato nella miseria, risorge nella gloria; è seminato nella debolezza, risorge nella potenza; 44 è seminato corpo animale, risorge corpo spirituale. Se c'è un corpo animale, vi è anche un corpo spirituale. Sta scritto infatti che 45 il primo uomo, Adamo, divenne un essere vivente, ma l'ultimo Adamo divenne spirito datore di vita. 46 Non vi fu prima il corpo spirituale, ma quello animale, e poi lo spirituale. 47 Il primo uomo, tratto dalla terra, è fatto di terra; il secondo uomo viene dal cielo. 48 Come è l'uomo terreno, così sono quelli di terra; e come è l'uomo celeste, così anche i celesti. 49 E come eravamo simili all'uomo terreno, così saremo simili all'uomo celeste.

E’ evidente che Paolo sta dicendo che Cristo, quale “ultimo Adamo / secondo uomo”, è l’uomo “celeste” (ἐξ οὐρανοῦ) nel senso che con la sua risurrezione – che è il tema centrale del discorso – egli è divenuto celeste (ἐπουράνιος) ovvero “pneumatico” (πνευματικός ) [vedi anche l’idea antropologico-cosmica della nuova creazione inaugurata nel Cristo risorto (2 Cor 5,17; Gal 6,15)e sulla nuova vita secondo lo Spirito, e non più secondo la carne, in cui sono posti i credenti (Rm 8,1-13)].

Qui abbiamo un chiaro esempio di cristologia adamica corporativa: come il primo uomo, Adamo, è prototipo e rappresentante dell’umanità nella sua condizione terrestre misera e caduca, così il secondo uomo, Cristo, è prototipo e rappresentante della nuova umanità nella sua futura condizione celeste potente e gloriosa (cfr. l’altro grande passo adamico in Rm 5,12-21, le cui implicazioni corporative vengono alla luce subito dopo in 6,1-11 con il discorso sull’essere uniti e viventi in Cristo a partire dalla partecipazione, nel battesimo, alla sua morte e sepoltura).
L’argomento di Paolo in 1 Cor 15,42-49 fa leva precisamente sul fatto che la condizione celeste/spirituale viene dopo quella terrestre/animale; per cui non avrebbe alcun senso che, dopo aver insistito su tale successione, al v. 47 Paolo si mettesse a dire che il secondo uomo celeste (ὁ δεύτερος ἄνθρωπος ἐξ οὐρανοῦ) viene in realtà prima di quello terrestre, in quanto preesistente.

A questo riguardo è più che giustificato lo stupore di Dunn nella prefazione alla seconda edizione del suo Christology in the Making (London, SCM Press, 1989, xviii):
“This, I must confess, I find astonishing… if commentators can read such a clearly eschatological/resurrection text as a reference to Christ’s pre-existence it simply underlines the danger we run in this most sensitive of subjects of reading the text with the presuppositions of subsequently developed dogmas and of falling to let the context (in this case the context of the argument itself) determine our exegesis”.
Parole sante, che faremmo tutti bene a meditare con attenzione…

Così invece il serio e competente studioso Richard Carrier commenta lo stesso passo:

CITAZIONE
“Così anche sta scritto, “Il primo uomo, Adamo, fu trasformato in un essere vivente; l'ultimo Adamo, in un spirito datore di vita”.”

Apetta un minuto. Scritto dove? Paolo qui sta citando una scrittura perduta? I cristiani spesso lo fecero — le scritture ebraiche che riverivano e su cui costruivano il loro vangelo non erano esattamente uguali alle nostre oggi, ma comprendevano versioni di libri diversi dai nostri, e interi libri non più esistenti (vedi Elemento 9, Capitolo 4, OHJ, pag. 88-92). Di solito è assunto che Paolo sta solo prendendo un'estrema licenza grazie ad un fraintendimento della traduzione Septuaginta di Genesi 2:7 (che dice “e l'uomo fu trasformato in un'anima vivente”), ma ciò non è del tutto plausibile. Paolo non dice, “come fu scritto del primo uomo, Adamo, 'l'uomo fu trasformato in un'anima vivente', così l'ultimo uomo fu trasformato in uno spirito datore di vita”, che è come lui in realtà si esprimerebbe, se quello è ciò che voleva dire. Ma non lo dice. Egli in realtà presenta l'intera frase come una citazione (come ho indicato sopra). Una citazione da che cosa? Non lo sappiamo. Qualche libro che giocò sul passo di Genesi con qualche profezia di un Messia venturo che avrebbe capovolto il peccato di Adamo? Non lo sappiamo.

Dal momento che non è possibile sapere con certezza se questa è solo una citazione tendenziosamente attinta dalla Genesi, oppure la citazione di qualche profezia ormai perduta ma nota alle congregazioni di Paolo, la metterò da parte. Quello che sappiamo, è che questo confronto non proviene da Paolo. Esisteva già nella teologia ebraica.

Paolo aveva già definito esplicitamente il Gesù che divenne spirito datore di vita un “uomo” (anthrôpos) in 1 Corinzi 15:21, dove cominciò il confronto tra Adamo e Gesù. E qui al verso 45 lo implica grammaticalmente di nuovo. McGrath pensa che Paolo può dirlo perché Gesù almeno era stato un uomo, anche se non lo era più (essendo in seguito, al tempo in cui scriveva Paolo, un “essere celestiale”, come ammette McGrath). Ma questo vale anche per la tesi di Doherty, secondo cui anche Gesù era stato un uomo (quando assunse temporaneamente un corpo mortale di carne). Quindi, se McGrath lo trova accettabile, allora non lo può negare sul miticismo parimenti.

Ma ciò che è peggio qui, è che McGrath non ha controllato la letteratura. Una rapida ricerca illuminante ti dovrebbe approdare a Stefan Nordgaard, “Paul’s Appropriation of Philo’s Theory of ‘Two Men’ in 1 Corinthians 15.45–49,” New Testament Studies 57 (2011), pag. 348-365 (di cui una copia accessibile è attualmente disponibile qui). Nordgaard sottolinea che la teoria dei “due uomini” usata da Paolo in questo punto in realtà proviene da Filone (o da predecessori di entrambi che svilupparono questa teoria), e Filone era perfettamente propenso a parlare di un “uomo” terreno e di un “uomo” celeste, anche quando quest'ultimo non ebbe mai affatto un corpo mortale di carne né mai risiedeva sotto i cieli! Questo per quanto riguarda l'“esperta” affermazione di McGrath che nessun ebreo lo direbbe mai. Piede, bocca.

Come spiega Nordgaard spiega:

CITAZIONE
“Filone sviluppò la sua teoria dei due uomini sulla base dei racconti della creazione contenuti nel libro della Genesi. Come è noto, la Genesi offre due diversi racconti della creazione della specie umana (una in 1:26-27 e un'altra in 2:7). Anche se questo ha suggerito agli studiosi moderni che il testo della Genesi è giunto fino a noi come un composto di fonti diverse, suggerì a Filone che Dio aveva creato due “tipi di persone” categoricamente diverse (Leg 1.31): Un ‘uomo celeste’ (ouranios anthrôpos), ‘modellato ad immagine di Dio’ (si veda Genesi 1, 26-27), e un ‘uomo terreno’ (gêinos anthrôpos), ‘plasmato nell'argilla’ (si veda Genesi 2:7). [Ibid. pag. 353]

Filone infatti dice che questo “uomo celeste” è il primo essere creato e viceré di Dio, l'“immagine” di Dio, il “primogenito” di Dio sommo sacerdote del tempio celeste di Dio, l'arcangelo supremo, che Dio incaricò del resto della creazione, e che governa l'universo per conto di Dio. Filone dice che questo Essere è il Logos. Lo stesso identico essere che il vangelo di Giovanni dice che è Gesù. Ma Paolo stava già dicendo questo. Egli solo non ebbe mai occasione di usare specificamente la parola “logos”, alias la ‘parola’ o ‘ragionamento’ di Dio (anche se Paolo non dice che Gesù è la ‘saggezza’ di Dio, che è ciò che Filone identificò con il logos di Dio) , e non gira attorno a discutere il suo sacerdozio celeste (che è in Ebrei 9); ma Paolo fece ogni altra identificazione. E conoscere Gesù da così tanti attributi specifici e insoliti è una coincidenza impossibile. Paolo chiaramente conosceva solo il suo Gesù come questa figura soprannaturale nota a Filone. Non esiste evidenza che dei cristiani prima di lui la pensassero diversamente.


Invero, sebbene McGrath respinge con orrore l'idea (e sempre tenta di usare apologetica cristiana contro di essa), in realtà Filone identificò questo essere con il ‘Sommo Sacerdote’ e ‘Figlio di Dio’ nominato Gesù in Zaccaria 6 (si veda Elemento 40, Capitolo 5, OHJ, pag. 200-05; si veda anche Elementi 6 e 10 nel Capitolo 4, pag. 81-83 e 92-96). Che se è vero, significa che i primi cristiani non erano i soli ad equiparare Gesù con un arcangelo già noto nella teologia ebraica, ma che quell'arcangelo era già chiamato Gesù ancor prima che i cristiani adottarono la figura come loro oggetto di culto. Come ho scritto di recente in Tutto Quello che c'è da Sapere su Coincidenze:

CITAZIONE
“[Q]uando ricerchiamo evidenza che lo studioso ebreo Filone comprese un personaggio di nome Gesù in Zaccaria 6 come lo stesso arcangelo che Paolo ritiene essere il suo Gesù, [notiamo] che la spiegazione alternativa richiede così tante coincidenze che si sono verificate da essere straordinariamente improbabile (On the Historicity of Jesus, pag. 200-05), compreso il fatto che Paolo e Filone assegnano tutti gli stessi insoliti attributi alla stessa figura, e il fatto che Filone disse di aver fatto la connessione perché l'arcangelo in questione gli era già noto come il Figlio di Dio e il Sommo Sacerdote, e l'unica persona nel passo di Zaccaria da lui citato che è identificata come il Figlio di Dio e il Sommo Sacerdote, è Gesù.”

E, come ho notato prima, Bart Ehrman “pure oggi concorda sul fatto che Filone attesta una teologia ebraica in cui il Logos è il primogenito Figlio di Dio e l'immagine eterna di Dio, lo stesso essere con cui Gesù fu identificato” in Paolo (si veda How Jesus Became God, pag. 75). E anche se Ehrman “trascura il passo dove Filone dice che un Gesù nominato nell'Antico Testamento è questo stesso essere”, lui tuttavia "trova anche che Filone attesta la credenza ebraica che Mosè era un pre-esistente essere divino che si è incarnato per vivere sulla terra e per poi risalire di nuovo al suo posto in cielo, stabilendo l'ennesimo precedente ebraico per la teologia cristiana dell'incarnazione” (si veda How Jesus Became God, pag. 82). Che fa un essere celestiale in più riferito dagli ebrei come un uomo. Spiacente, James McGrath. Fai i compiti a casa la prossima volta.

Oh a proposito. Sapete come anche McGrath poteva venire a conoscenza di questo articolo di Nordgaard? Leggendo il mio fottuto libro (pag. 198, n. 112).

Il Dr. Carrier continua:

CITAZIONE
Alla fine, Paolo distinse tra gli uomini e il Gesù risorto come asserisce McGrath (in Galati 1 ripetutamente), ma come riconosce anche McGrath, Paolo poteva ancora riferirsi a Gesù che era stato un uomo: “Il primo uomo [anthrôpos] è della terra”, che intende Adamo, “il secondo uomo [anthrôpos] è del cielo”, cioè Gesù (1 Corinzi 15:47). Esattamente come Filone disse del suo Gesù, nonostante quel Gesù non avesse mai indossato un corpo umano! (Quella fu l'innovazione cristiana.) Anche se naturalmente Paolo qui sta costruendo un'analogia con noi—in cui i nostri corpi mortali sono il nostro “primo uomo”, la nostra condivisione della condizione di Adamo, e il nostro corpo futuro sono il nostro “secondo uomo”, la nostra condivisione della condizione di Gesù; infatti quei corpi soprannaturali sono già in attesa per noi in un magazzino in cielo (2 Corinzi 5). A differenza di Gesù, che aveva avuto un corpo soprannaturale dal principio del tempo (1 Corinzi 8:6 e 10:4; Filippesi 2: 6-8), e si limitò a riprenderlo dopo la sua resurrezione. Ma l'analogia funziona perché sia Adamo che Gesù erano uomini—anche in senso letterale, a Gesù essendo stato dato un corpo mortale umanoide da indossare giusto il tempo di essere ucciso in esso (Filippesi 2:6-8). Che si è verificato nel firmamento sulla tesi di Doherty, non sul suolo appena fuori da Gerusalemme, né nei “cieli”, che sono sopra il firmamento. E non c'è nulla nei reali scritti di Paolo che indichi diversamente. McGrath non ha impiegato alcun argomento valido del contrario.

Così, quando Paolo scrisse “Poiché per mezzo di uomo venne la morte, così per mezzo di un uomo è venuta anche la resurrezione dei morti” (1 Corinzi 15:21), non vi è nulla che contraddice la tesi di Doherty o il mio miticismo minimale. Non sarà necessaria alcuna particolare interpretazione o comprensione di Paolo. Possiamo leggere quella frase del tutto letteralmente com'è scritta. Ed ancora è conforme alla nostra tesi. Gesù era un eterno arcangelo celeste. Che discese nei reami inferiori dello spazio esterno dove risiedevano carne e morte, e assunse un corpo umano mortale come un cappotto, in modo da poter essere ucciso e resuscitato. Dove esattamente accadde ciò? Paolo non lo dice mai.

Almeno, non in una qualsiasi delle lettere e porzioni delle sue lettere che ci è stato permesso di vedere.

Infatti Paolo scrisse moltissimo altro. Che è sospettosamente ora mancante (OHJ, pag. 27-80 e 582-83, con pag. 511 nota 4 e pag. 349-56).

L'errore del folle apologeta anglicano Dunn, e del suo emulo italiota cattolico pseudoWeiss, è di non aver fatto i compiti a casa esattamente come il folle apologeta protestante McGrath: dovevano leggere Filone e non l'hanno fatto, per capire, e non l'hanno capito, che c'erano due Adami fin dal principio della creazione>, e il primo Adamo ad essere creato fu proprio il Logos, per Filone. La stessa figura che per Paolo è Gesù (nonostante lo chiami secondo Adamo perché, anche se creato prima del reale secondo Adamo, è morto e risorto dopo il secondo Adamo, diventando relativamente a morte e resurrezione ''secondo'' Adamo).
 
Top
1 replies since 28/11/2015, 19:04   151 views
  Share