CITAZIONE (Haviland Tuf @ 30/3/2016, 18:39)
La mia risposta ad un demente folle apologeta cristiano
Per cominciare, demente lo dici a tuo fratello, non a me, capito pezzo di merda? Questo per due validi motivi:
1) Non sono il tuo cazzo di fratello, pezzo di merda.
2) Non mi sei di fronte, pezzo di merda.
CITAZIONE (Haviland Tuf @ 30/3/2016, 18:39)
una certa religione chiamata “cristianesimo” oramai in via di estinzione in Occidente.
Sono 2000 anni che dicono che siamo in via di estinzione, e tutte le vostre eresie e blasfemie non sono bastate per spazzarci via. Ti rimando alla mia firma, per quanto mi riguarda.
E continuerei a non vergognarmene anche se rimanessi l'unico cristiano in Italia. Esattamente come non si sono vergognati del Vangelo tutti i martiri morti per CRISTO DIO.
CITAZIONE (Haviland Tuf @ 30/3/2016, 19:16)
Mi si può dire di grazia dove il prof Hoffman nel post di cui sopra dice che il ''riferimento "detto il Cristo" nel passo inerente Giacomo sarebbe considerato oggi normalmente un'interpolazione'' ?
Tu hai riportato Hoffman che ha scritto
"La morte di Giacomo non è registrata nel Nuovo Testamento. Per questo ci affidiamo a un lavoro del tardo I secolo dello storico Flavio Giuseppe nelle sue Antichità (20.9). È conosciuto dagli studiosi, tuttavia, che i riferimenti cristiani nelle opere di Giuseppe Flavio sono pie inserzioni. Nel caso del riferimento a Giacomo, la mano del redattore cristiano è particolarmente malcelata tramite l'interpolazione di "che è chiamato Cristo'' in seguito all'uso del nome "Gesù", nel discutere l'esecuzione di un certo Giacomo."
E questa è chiaramente una boiata, per tanti motivi:
1) Non c’è alcun indizio nel testo di Giuseppe che possa indurci a pensare che possa essere stato interpolato. Questo compare in tutti i manoscritti greci delle Antichità giudaiche di cui disponiamo.
2) Se anche è vero che per nessun’altra figura messianica Giuseppe Flavio utilizza il termine “Cristo”, non è difficile immaginare il motivo per il quale lo utilizzi nei confronti del fratello di Giacomo. Giuseppe Flavio, infatti, menziona altri ventuno personaggi che portano il nome di Gesù. Nella stessa sezione dell’opera in cui compare Giacomo, ad esempio, viene citato un certo Gesù, figlio di Damneo. Sembra che Giuseppe Flavio sappia che Gesù era detto Cristo dai suoi seguaci e che si aspetti che i suoi lettori, in linea di massima, lo sappiano. Il fatto, poi, che Gesù non venga nominato semplicemente come “Cristo”, ma che venga identificato come “detto Cristo” rende assai improbabile l’opera di un interpolatore cristiano, il quale avrebbe senza dubbio optato per la prima soluzione.
3) Come è stato sottolineato, non c’è nulla dal sapore cristiano o semplicemente di positivo nel riferimento a Giacomo o a Gesù, il brano è focalizzato attorno alla figura di Anano e al suo dispotismo. Se questo brano fosse un’interpolazione cristiana, probabilmente, avrebbe avuto un altro tono. Invece, abbiamo solamente un riferimento, quasi di sfuggita, ad un tipo di nome Giacomo. In aggiunta a questo, va notato che i primi cristiani non si riferivano a Giacomo come semplicemente a “il fratello di Gesù”, ma usavano espressioni del tipo “il fratello del Signore” o “il fratello del Salvatore”.
4) Se è vero che la figura di Anano viene tratteggiata in modo decisamente più negativo in questo passaggio di quanto non avvenga nella Guerra giudaica, è anche vero che tra quest’ultima e le Antichità giudaiche c’è, in generale, una notevole differenza nella valutazione dell’operato delle autorità religiose giudaiche. Nell’opera più tarda, infatti, queste vengono in linea di massima dipinte con tinte più fosche e il giudizio nei loro confronti è decisamente più negativo. Di conseguenza, la luce negativa che questo brano getta su Anano è in sintonia con il tono generale dell’opera in cui compare e, pertanto, rende meno probabile il fatto che si tratti di un’aggiunta cristiana alla medesima.
5) La cosa più interessante di tutte, però, è che il breve accenno che Giuseppe Flavio fa alla morte di Giacomo presenta delle notevoli differenze rispetto a quello che della suddetta ci dicono le fonti cristiane. Dalle opere di autori cristiani come Eusebio di Cesarea (265 – 340), Egesippo (110 – 180) o Clemente di Alessandria (150 – 215) apprendiamo che i cristiani credevano che dapprima Giacomo fosse stato gettato giù dal pinnacolo del tempio per mano degli scribi e dei farisei. Successivamente questi avrebbero cominciato a lanciargli pietre, ma sarebbero stati fermati da un sacerdote. Giacomo, infine, sarebbe stato ucciso da un lavandaio a colpi di bastone. Giuseppe Flavio, invece, ci dice semplicemente che questi venne lapidato su ordine di Anano. In più, per le fonti cristiane, l’uccisione di Giacomo sarebbe avvenuta poco prima che Vespasiano cingesse d’assedio Gerusalemme nel 66 d.C., mentre per Giuseppe Flavio questa sarebbe avvenuta in un periodo collocabile attorno all’anno 62 d.C.. Il fatto che la versione cristiana di questa vicenda differisca così radicalmente da quella che troviamo nelle Antichità giudaiche milita fortemente a sostegno della tesi che quest’ultima derivi dalla mano di Giuseppe Flavio piuttosto che da quella di un ipotetico interpolatore cristiano, il quale, probabilmente, avrebbe fornito della vicenda un resoconto più simile a quello dei succitati autori.
Questo è il motivo per cui oggi il 99,99 per cento periodico degli storici considerano Antichità Giudaiche, XX, 200 integralmente autentico. E questo, disgraziatamente per voi, è più che sufficiente per affermare l'esistenza storica di Gesù Cristo, perché è una testimonianza del tutto indipendente dalle fonti cristiane.
Secondariamente Hoffman commette un errore talmente grossolano che più grossolano non si può. Infatti scrive
" Testimonium Flavianum (Antichità 18,3), a volte citato come una prova dell'esistenza di Gesù, ma oggi normalmente considerato come un falso cristiano."
Peccato che questo sia vero solo nei sogni dei poveri miticisti apostati come te.
Infatti, se è vero che si nota la mano di un interpolatore cristiano, è altrettanto vero che le interpolazioni son state individuate, e sono le seguenti:
1) " sempre che si debba definirlo uomo” È un riferimento alla divinità di Gesù, che Giuseppe Flavio non avrebbe mai fatto, in quanto non cristiano.
2) "Questi era il Cristo.” È quantomeno improbabile che Giuseppe Flavio possa aver scritto una cosa del genere. Questi non era cristiano e non credeva, pertanto, nella messianicità di Gesù di Nazaret. Anzi, sembra che credesse che l’imperatore romano Vespasiano (il suo protettore) fosse il messia atteso dagli ebrei.
3) “Egli infatti apparve loro al terzo giorno nuovamente vivo, avendo già annunziato i divini profeti queste e migliaia d’altre meraviglie riguardo a lui.” Tutto questo periodo è intriso di dottrine cristiane. L’espressione “al terzo giorno” è una formula cristiana che si ritrova anche nella Bibbia. Ovviamente, l’affermazione che Gesù sarebbe risorto il terzo giorno è una chiara confessione della fede nella Risurrezione. Anche l’affermazione concernente il fatto che l’Antico Testamento avrebbe profetizzato alcuni aspetti della vicenda storica di Gesù è un classico tema cristiano.
Ma tolte queste interpolazioni il Testimonium fila via liscio come l'olio, risulta infatti così " Ci fu verso questo tempo Gesù, uomo saggio: era infatti autore di opere inaspettate, maestro di uomini che accolgono con piacere la verità, ed attirò a sé molti Giudei, e anche molti della grecità. E quando Pilato, per denunzia degli uomini notabili fra noi, lo punì di croce, coloro che da principio lo avevano amato non cessarono. Fino ad oggi ed attualmente non è venuto meno il gruppo di quelli che, da costui, sono chiamati Cristiani.”
Riconoscere che Gesù fosse un “uomo saggio” ed autore di “opere inaspettate” non avrebbe costituito un problema per Giuseppe Flavio. Come concordano molti studiosi del Nuovo Testamento, Gesù era ampiamente noto come un maestro ed un operatore di miracoli nel mondo antico, nel bene e nel male. Persino un accanito avversario del cristianesimo come Celso non aveva problemi ad accettare l’idea che Gesù avesse compiuto dei prodigi, solo che li attribuiva alla stregoneria. Queste affermazioni, quindi, non comportano da parte del loro autore alcuna forma di adesione al credo cristiano.
Ed è il motivo per cui la stragrande maggioranza degli storici oggi considera il Testimonium non un falso, ma una testimonianza su Gesù Cristo che ha subito delle interpolazioni.
Ora, non mi è chiaro se quel "ma oggi considerato normalmente come un falso cristiano" di Hoffman fosse diretto all'intero Testimonium o all'interpolazione del Testimonium "questi era il Cristo" per tracciare un collegamento colla testimonianza di Antichità Giudaiche, XX, 200 ma in entrambi i casi il povero Hoffman commette un errore tanto grossolano quanto inaspettato da uno come lui. Infatti:
1) Dire che l'intero Testimonium Flavianum sia considerato "normalmente" un falso cristiano è una menzogna pura e semplice, dal momento che la maggioranza degli studiosi lo considera un'autentica testimonianza sull'esistenza di Cristo parzialmente interpolata.
2) Se Hoffman si riferiva all'interpolazione "questi era il Cristo" per tracciare un collegamento colla testimonianza di Antichità Giudaiche, XX, 200, come detto, commette un errore talmente grossolano da lasciare atterriti.
Infatti Hoffman ha scritto "Nel caso del riferimento a Giacomo, la mano del redattore cristiano è particolarmente malcelata tramite l'interpolazione di "che è chiamato Cristo'' in seguito all'uso del nome "Gesù", nel discutere l'esecuzione di un certo Giacomo. Si tratta di un eco dello stesso dispositivo utilizzato nel Testimonium Flavianum (Antichità 18,3), a volte citato come una prova dell'esistenza di Gesù, ma oggi normalmente considerato come un falso cristiano." e con questo sembra lasciar intendere o che per lui il Testimonium sia considerato un falso totale dalla maggioranza degli storici (cosa falsa, come detto sopra ) oppure che voglia tracciare un parallelo tra le interpolazioni individuate nel Testimonium e il passo di Antichità Giudaiche, XX, 200, e se fosse questo il caso c'è davvero da ridere.
Come ho spiegato sopra, infatti, riporto ciò che ho già scritto
"Giuseppe Flavio utilizza il termine "Cristo”, per motivi ben chiari, dal momento che aveva menzionato altri 21 personaggi che portavano il nome di Gesù. " Nella stessa sezione dell’opera in cui compare Giacomo, ad esempio, viene citato un certo Gesù, figlio di Damneo. Sembra che Giuseppe Flavio sappia che Gesù era detto Cristo dai suoi seguaci e che si aspetti che i suoi lettori, in linea di massima, lo sappiano. Il fatto, poi, che Gesù non venga nominato semplicemente come “Cristo”, ma che venga identificato come “detto Cristo” rende assai improbabile l’opera di un interpolatore cristiano, il quale avrebbe senza dubbio optato per la prima soluzione."
Perciò c'è una differenza colossale tra il "detto Cristo" di Antichità Giudaiche, XX, 200 e il "questi era il Cristo" del Testimonium, che è una evidentissima interpolazione.
Essendo quindi certamente autentico il passaggio delle antichità Giudaiche, già questo da solo (senza considerare quindi il Testimonium, nonostante sia una testimonianza autentica, tolte le interpolazioni) basta per confermare che Gesù è storicamente esistito e che era relativamente ben conosciuto alla fine del I secolo, che Questi aveva un “fratello” chiamato Giacomo, e che entrambi vissero prima che Anano fosse sommo sacerdote, quindi precisamente nel periodo storico in cui i Vangeli li collocano.
Ora che ho smontato le tue cazzate per l'ennesima volta (ma non ho scritto nulla di nuovo che non si trovi già qui
#entry589972589 con tutti i riferimenti agli storici ben più quotati di me) ti saluto.
Ah no, aspetta, visto che ogni tanto te ne esci colla cazzata che per Paolo Gesù non fosse un personaggio storico ma solo un arcangelo celeste evemerizzato e poi storicizzato, voglio stroncare pure quello.
Per Paolo, infatti, Gesù era chiaramente esistito come uomo carnale, tant'è che ne indica i fratelli.
Inoltre, è vero che le lettere paoline parlano poco della vita di Gesù, ma è altrettanto vero che ciò è irrilevante, poiché, ancora più che i Vangeli, non hanno mai avuto pretesa di completezza, essendo rivolte a comunità cristiane già formate, le quali non necessitavano di certo di essere catechizzate dalle basi. Lui scriveva per risolvere problemi, scismi, fatti contingenti che erano sorti nelle varie comunità.
Senza contare che Paolo non si limita a parlare di crocifissione ed eucaristia.
In 1 Tessalonicesi c'è persino un richiamo alla venuta del Signore nell'aria e allo squillo di tromba, che è un tipico discorso gesuano. Paolo è quello che scrisse: "se Cristo non è risorto allora è vana la nostra predicazione". Quindi doveva proprio pensare che Gesù non era mai esistito... Quello che è altamente probabile è che al tempo di Paolo, verso il 50 d.C., non è detto che esistessero gli attuali vangeli canonici che quasi tutti i neotestamentaristi collocano dopo Paolo, tra il 50 e la fine del I secolo. Quindi Paolo non può dipendere, secondo la maggioranza dei biblisti, dai vangeli canonici principalmente per questo motivo.
Inoltre, anche se i canonici esistevano già, certamente a quel tempo non esisteva ancora il "canone" che si formò ben più tardi. Ergo la parola di Paolo valeva di più di quella degli evangelisti successivi ed egli non aveva certo bisogno di citare le storie su Gesù che probabilmente non erano ancora state messe su carta (pardon, papiro) ma circolavano attraverso il canale orale. Inoltre faccio notare che la (presunta) argomentazione del silenzio è l'argomentazione più debole in assoluto. Ci sono padri apostolici che non parlano mai di Paolo e non citano mai una frase dalle epistole (più che citare dovrei usare il verbo alludere), cosa dovrei dedurre da ciò, che Paolo scrisse dopo questi autori?
Ma facciamo parlare Mauro Pesce
"Mentre nei vangeli vengono raccontate le vicende e le parole (il Vangelo di Tommaso riporta solo parole) che Gesù aveva pronunciato, nelle lettere di Paolo non si raccontano mai episodi della vita di Gesù (ad eccezione dell'istituzione dell'eucarestia, della sua morte e risurrezione) e molto di rado si fa esplicito richiamo a sue parole. Le lettere non hanno lo scopo di presentare le azioni e i detti di Gesù: il centro della predicazione orale di Paolo (quasi interamente perduta) sta nell'annuncio della morte e risurrezione di Cristo. La preoccupazione prevalente delle sue lettere è risolvere casi concreti che si ponevano nelle comunità che egli aveva fondato o conosceva. Secondo Paolo, ciò che importa è la fede nella salvezza portata dalla morte e risurrezione di Cristo, non la conoscenza delle sue parole e degli atti compiuti da Gesù prima della sua morte. Rudolf Bultmann ha sostenuto che Paolo avrebbe addirittura considerato del tutto inutile la conoscenza delle azioni e parole di Gesù: egli sottolineava una frase, in realtà così chiara, della Seconda Lettera ai Corinzi: "Anche se abbiamo conosciuto Cristo secondo la carne, ora non lo conosciamo più (2 Ep. Cor. 5,16)". Tuttavia anche coloro che non condividono questa spiegazione di Bultmann ammettono che le lettere di Paolo non hanno lo scopo di trasmettere parole e atti di Gesù. Proprio muovendo da questa osservazione generale molti hanno concluso che le lettere di Paolo non hanno lo scopo di trasmettere parole e atti di Gesù. Recentemente l'attenzione degli esegeti è mutata e sono stati pubblicati studi che hanno cercato di mettere in luce che le lettere di Paolo contengono citazioni e allusioni a parole di Gesù in numero ben maggiore di quanto supponesse [segue la citazione di venti-trenta studi di settore sull'argomento]."
(da: Le parole dimenticate di Gesù, a cura di Mauro Pesce, Fondazione Lorenzo Valla, pp. 499-500).
Pesce prosegue poi con l'analisi di due categorie di detti gesuani riscontrabili in Paolo: citazioni esplicite (1 Tess. 4:15-17, 1 Cor. 7:10-11, 1 Cor. 9:14, 1 Cor. 11:23-25, 2 Cor. 12:9) e parole di Gesù riportate senza citazione esplicita (sono ben 35 passaggi che evito di trascrivere).
Sicchè, la tesi dell'arcangelo celeste evemerizzato, tanto cara ancora oggi a "studiosi" come Carrier è e rimane risibile.
Ma vabbè, io parlo con gente (mi riferisco al tuo collega) che, alla mia osservazione sul fatto che il Kerygma di 1 Cor 15
"A voi infatti ho trasmesso, anzitutto, quello che anch'io ho ricevuto, cioè che Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture e che fu sepolto e che è risorto il terzo giorno secondo le Scritture e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici."
In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta: la maggior parte di essi vive ancora, mentre alcuni sono morti. Inoltre apparve a Giacomo, e quindi a tutti gli apostoli. "
Sia datato dagli storici ai primissimi anni '30 (e quindi mancava il tempo per delle manipolazioni) mi risponde che " il primo manoscritto è il P46 200 .EV" e che quindi la datazione del kerygma ai primissimi anni '30 non reggeva, dimostrando così tutto il suo dilettantismo arpiolide, visto che (riporto pari pari le osservazioni gli ho già fatto in altra sede):
1) Il primo manoscritto ad un secolo e mezzo di distanza è straordinariamente vicino.
2) Usando questi metodi potremmo negare l'esistenza di quasi tutti i personaggi dell'antichità. Le prove di esistenza che voi chiedete a Cristo non le ha neppure Pericle, ma voi non lo sapete perché non sapete neppure chi sia Pericle, o quali siano le fonti che ne parlano. E se si inizia a dire “ne parla Tucidide”, si potrà rispondere “ma il più antico codice di Tucidide è del medioevo”, però voi vi stracciare le vesti pensando sia chissà quale anomalia che il più antico papiro dei Vangeli o di una lettera paolina disti magari un secolo e mezzo dagli eventi narrati. Quando invece non è un’anomalia in storia antica una cosa del genere, né prova di complotti, ma un miracolo.
Sicchè, vi lascio al vostro odio anticristiano, al vostro ridicolo dilettantismo e alla vostra inutile militanza. D'altronde tu, dito -et mentula- corto, sei un apostata, perciò capisco bene il tuo dente avvelenato.
Consumati pure nella tua rabbia, io continuerò a non vergognarmi del Vangelo.
Ciao.
Edited by Sant'Atanasio - 1/4/2016, 14:11