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| Quella interpretazione è parsa loro tanto più naturale in quanto il testo non è stato conosciuto dalla maggior parte di loro nella sua lingua nativa ma nella traduzione greca dei Settanta. Ora quest'ultima ha reso l'ebraico ebed, «servo», con il greco «païs», che vuol dire anche «bambino» o «figlio». Il «servo» di Jahvé si trovava così mutato in un essere divino, che si è fatto uomo e ha preso su di sé tutte le miserie della nostra condizione, le nostre peggiori sofferenze, persino le nostre colpe, e che, per la sua morte meritoria, ci ha riportati alla vita. Egli rinnovava, a distanza di numerosi secoli, il gesto tragico e salutare di Osiride, di Attis, di Adone. ([Jean Kléber Watson) PrefazioneEdited by Haviland Tuf - 5/2/2023, 15:55
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