Origini delle Religioni

È POSSIBILE RIBELLARSI A ROMA CON DUE SOLE SPADE?

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CAT_IMG Posted on 6/2/2024, 10:31
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È possibile ribellarsi a Roma con due sole spade?

Di Richard Carrier

31 gennaio 2024


[Traduzione di roxi]


Nel mio dibattito con Fernando Bermejo-Rubio, egli ha difeso la teoria secondo cui Gesù può essere stato plausibilmente storico solo se è stato un militante armato, successivamente dissimulato da pacifista. Ho sostenuto che questo potrebbe essere plausibile a livello concettuale, ma non quando guardiamo alle prove. La mia argomentazione generale, che ho adattato nel terzo capitolo di Jesus from Outer Space, è semplicemente questa: La teoria di Bermejo-Rubio richiede che gli autori dei Vangeli si siano comportati in modo straordinariamente strano per degli autori antichi; e poiché questo non è probabile, allora non lo è nemmeno la sua teoria. Gli autori non includono (e nell'antichità non lo facevano mai) materiale che potevano omettere e che non volevano. Eppure Bermejo-Rubio pretende che abbiano conservato inutilmente materiale contrario alla loro agenda. E questo non è credibile.

Bermejo-Rubio "gira intorno" al problema proponendo che gli autori dei Vangeli abbiano "modificato editorialmente" tutto questo materiale presumibilmente controproducente per adattarlo alla loro agenda; ma in nessuno dei suoi esempi essi lo fanno per davvero, né spiega perché se ne siano preoccupati. Perché includere materiale che mina del tutto la tua agenda? Non c'era nessuna forza che imponeva loro di includere cose che non dovevano includere, lasciandogli allo stesso tempo la libertà di cambiarle. Questa è una proposizione contraddittoria. Ho fornito esempi, incluso come tutti i suoi esempi hanno spiegazioni di gran lunga migliori nella creazione di miti. Ma uno che ha tormentato gli esegeti di tutto il mondo (ponendo strane difficoltà anche a Bermejo-Rubio) è perché Luca racconta la storia di Gesù che ordina ai suoi discepoli di comprare delle spade, e i discepoli rispondono "ne abbiamo già due", e Gesù stranamente risponde: "È sufficiente". Che cazzo è?

La prima regola dell'interpretazione letteraria è seguire la linea di tendenza. La probabilità a priori misura ciò che di solito accade in contesti simili: cosa fanno solitamente questi autori, in tutti i Vangeli (anche negli apocrifi)? La risposta è: inventare favole e parabole come strumenti didattici. Quindi la probabilità a priori favorisce che quella strana storia sia dello stesso tipo. La domanda successiva è: cosa favorisce l’evidenza, in quel caso specifico? Capovolge la probabilità a priori fino alla conclusione opposta? Oppure estende la probabilità a priori fino ad una conclusione ancora più netta, secondo cui anche questo è solo un mito?

L'ultima trattazione di Fernando Bermejo-Rubio su questa specifica questione, a cui d'ora in poi farò riferimento, è nella sua discussione "Changing Methods, Disturbing Material: Should the Criterion of Embarrassment be Dismissed in Jesus Research?". Revue des Études Juives 175.1 (2016), pp. 1-25 (18-19). È stato abbastanza ben confutato da Justin Meggitt, "Putting the Apocalyptic Jesus to the Sword: Why Were Jesus's Disciples Armed?". Journal for the Study of the New Testament 45.4 (2023), pp. 371-404 (384-90). Ma Meggitt tratta il racconto come storico; quindi non riesce ancora a discernere il suo vero significato - il vero motivo per cui Luca lo include. Il mio obiettivo di oggi sarà quindi quello di esplorare questo aspetto.

Il ruolo delle probabilità a priori e delle prove

Tutte le occasioni in cui i Vangeli menzionano la militanza o la violenza hanno lo scopo di denunciare queste cose (On the Historicity of Jesus, pp. 407-08, 416-17, 433-35, 444-53; cfr. 72, 154-59, 376-77, 612; Jesus from Outer Space, pp. 53-59). Quindi tutte le volte che i Discepoli suggeriscono o praticano la violenza, mentre Gesù la denuncia, sono semplicemente parabole che creano un'opportunità per gli autori del Vangelo di far sì che Gesù promuova quell'agenda. L'ingresso trionfale? Implausibile dal punto di vista storico, persino narrativo. Inventato dalle scritture. Mai avvenuto. La purificazione del tempio? Stessa cosa: inverosimile sotto ogni punto di vista; inventato dalle scritture. Non c'è nessuna "storia reale" credibile dietro queste cose, militanti o meno. Sono state inventate dagli autori del Vangelo per far accettare le loro argomentazioni. Per esempio, la purificazione del tempio è racchiusa dal magico appassimento del fico, e la sequenza combinata vuol fare accettare l'idea che Dio ha lasciato che i pagani distruggessero il suo Tempio perché non era più la stagione in cui poteva dare i suoi frutti. Gesù era ormai la via; il Tempio era stato scartato come obsoleto, "ucciso" dalla corruzione dell'élite ebraica. Per i dettagli si veda On the Historicity of Jesus (pp. 433-35), che riassume il testo di R.G. Hamerton-Kelly "Sacred Violence and the Messiah: The Markan Passion Narrative as a Redefinition of Messianology", in The Messiah: Developments in Earliest Judaism and Christianity.

Come ho scritto in precedenza:

“Anche l'uso di immagini di guerra da parte di Gesù è tutta una finzione simbolica, che insegna per parabole e usa la guerra fisica come allegoria della guerra spirituale, proprio come nel caso dei duemila maiali chiamati "Legione" che annegano per la loro stessa follia. Questo non è più storia di quanto lo siano gli altri dettagli. Quindi non è possibile che questo sia un evento "ricordato" nella vita di un Gesù militante. È inventato. E chi l'ha inventato? E perché questa storia inventata viene inserita dagli scrittori che promuovono il pacifismo? Se non si può rispondere a queste domande, non si ha una teoria plausibile.”
Jesus from Outer Space, p. 53–54


Pertanto, Bermejo-Rubio non ha una teoria plausibile, una volta che in effetti si esaminano le evidenze che si suppone la supportino. Non ci sono stati duemila maiali posseduti da una forza malvagia di nome Legione annegati in un lago dalla magia degli spiriti. Questo rappresenta semplicemente la condanna della militanza. È una balla. Una favola.

Le due spade


Il passo in questione è Luca 22,35-38, che conclude il racconto del tradimento pianificato di Giuda (22,1-23, che racchiude il mito dell'Eucaristia) e del tradimento non pianificato di Pietro (22,24-34, che racchiude l'ironico bisticcio tra Giacomo e Giovanni per sedersi alla destra o alla sinistra di Gesù, a cui risponderanno i due criminali comuni che invece vi finiranno: 23:32-33). La sequenza successiva è quella della preghiera al Getsemani, dell'arresto e del processo davanti al Sinedrio. Inserita tra questi due punti di chiusura, c'è una scena che sembra del tutto estranea a tutti questi eventi:

“Allora Gesù chiese loro: "Quando vi ho mandato senza borsa, né sacca, né sandali, vi è mancato qualcosa?".
"Niente", risposero.

E disse loro: "Ma ora, se avete una borsa, prendetela e anche una sacca; e se non avete una spada, vendete il vostro mantello e compratene una. Sta scritto: 'E fu annoverato tra i trasgressori'. E io vi dico che questo deve compiersi in me. Sì, ciò che è scritto su di me sta raggiungendo il suo compimento".

I discepoli dissero: " Ecco, Signore, qui ci sono due spade".

"È sufficiente!", rispose.


Così la NIV [New International Version]. Ma il greco è in realtà più chiaro in alcuni aspetti, e meno chiaro in altri.

L'aggettivo hikanos, "sufficiente", significa sicuramente solo "sufficiente, adeguato", e non una sorta di ammonimento a fermarsi (come alcuni esegeti hanno cercato di immaginare che dovesse essere). E la frase "Sta scritto" è sicuramente causale: il greco dice letteralmente “perché sta scritto” (lett. "Perché io vi dico che deve compiersi in me ciò che è stato scritto: 'e fu annoverato tra i trasgressori'. E infatti le cose che mi riguardano stanno giungendo a compimento"), parafrasando Isaia 53: 12, "fu annoverato tra i trasgressori", o nel testo della Septuaginta, καὶ ἐν τοῖς ἀνόμοις ἐλογίσθη, "e fu annoverato tra gli empi", una profezia che la fonte di Luca, Marco, aveva originariamente fatto realizzare dagli uomini con i quali fu crocifisso (che Luca espande in un'altra favola di sua costruzione: Luca 23:39-43).

Al contrario, la parola tradotta "mantello" è fuorviante (un himation era più uno scialle o una copertura per le spalle che non un mantello), e anche la parola tradotta dalla NIV come "spada" non è così chiara (un punto che affronterò tra poco), né lo è la grammatica effettiva resa dalla NIV: dove si legge "se non hai una spada, vendi il mantello e comprane una", si tratta in realtà di un'interpretazione altamente presuntiva di ho echōn ballantion aratō homoiōs kai pēran kai ho mē echōn pōlēsatō to himation autou kai agorasatō machairan. La frase sembra invece dire: "Chi ha mezzi, prenda una borsa e anche una sacca; e chi non ha mezzi, venda il suo mantello e compri al mercato una lama". Il che cambia decisamente il senso - e quindi il modo in cui comprendiamo ciò che Luca sta effettivamente facendo dire a Gesù.

Perché è qui?


Questo racconto non esiste in nessun altro Vangelo. È quindi molto probabilmente inventato da Luca. Dobbiamo dunque chiederci perché. Anche se l'ha preso da qualche parte, dobbiamo comunque chiederci perché l'ha inserito - e perché qui?

Quale messaggio intende trasmettere Luca con questo? Non è possibile che Luca abbia "dovuto" includere il racconto (ma poteva cavarsela modificandolo liberamente) perché Marco e Matteo non hanno avuto problemi a escluderlo. Anche Giovanni, che pure conosceva il Vangelo di Luca, scelse di eliminarne parecchie parti. Mentre la migliore spiegazione dell'esclusione da parte di Marco e Matteo è che non esisteva ancora per poterlo includere. La spiegazione di Bermejo-Rubio non ha senso per questi dati. Non può dire che Luca "doveva" includerlo. Luca ha voluto inserirlo. Pertanto, deve trasmettere un significato che Luca voleva aggiungere alla storia. E se questo è il caso, potrebbe benissimo servire a questo scopo come invenzione. Non si può quindi affermare che tutto ciò sia vero. Non c'è alcuna prova che si tratti di una tradizione che risale a Gesù in una qualche forma. Allora cosa sta facendo Luca con questa storia?

Non si tratta di una cosa insolita. Gli esegeti si chiedono perché Marco faccia arrabbiare Gesù con un albero di fico e lo faccia seccare per l'inspiegabile crimine di "non portare fichi fuori stagione", o perché i demoni chiamati Legione debbano occupare un esercito di migliaia di maiali e poi annegare inspiegabilmente. E così via. Questi sono miti. Fanno accadere cose strane che chiaramente non sono in alcun modo storiche - quindi non richiedono alcuna plausibilità storica. Ma quando si scopre il significato simbolico e allegorico, la stranezza scompare. Gesù ha dovuto maledire l'albero di fico perché non portava fichi "fuori stagione" per comunicare l'idea che non era più la stagione in cui il culto del Tempio portava i suoi frutti. Nel contesto dell'allegoria, la storia è logica. Al di fuori di questo contesto, è palesemente illogica. Lo stesso vale per i maiali: un branco di porci anziché di pecore è scelto come simbolo dell'impuro; il loro nome trasmette il significato allegorico, in quanto rappresentano il cammino degli eserciti; e il loro annegamento suicida simboleggia il destino suicida della guerra come soluzione a qualsiasi cosa. Anche il numero ha un significato: duemila maiali in marcia verso la loro inevitabile morte corrispondono non a caso ai duemila uomini di Cirene che Gionatan convinse a riprovare a combattere contro Roma ("l'occasione della loro rovina", come dirà poi Giuseppe) subito dopo la distruzione della Giudea (non imparando così la lezione).

Nel racconto delle due spade, Luca fa riferimento a una modifica apportata alle sue fonti: fa un riferimento incrociato a Gesù che aveva detto ai suoi discepoli (Luca 10:4) di andare in missione senza "borsa, sacca o sandali" (nemmeno i sandali!), e poi fa in modo che Gesù ora cambi quella regola. Ora devono portare una "borsa e una sacca" e, invece di menzionare i sandali, Luca aggiunge che devono "vendere il mantello e comprare una spada". Ma tutto questo non ha senso. Gesù non può aver dato istruzioni ai viaggiatori di andare senza scarpe; questo è astorico. E lo sappiamo doppiamente perché la fonte di Luca fa dire a Gesù qualcosa di molto più plausibile: "Non prendete nulla per il viaggio se non un bastone - niente pane, niente borsa, niente denaro nelle vostre cinture. Indossate sandali, ma non una camicia in più" (Marco 6,8-10; si noti che "camicia in più" è in realtà in greco "due camicie"), perché devono vivere di carità (come spiegano i versetti successivi; il che reifica un punto continuo fatto da Paolo, perché Marco sta reificando Paolo). Questo viene trasformato in Matteo in: "Non prendete oro, né argento, né rame da portare con voi nelle vostre cinture, né sacca per il viaggio, né camicia in più, né sandali, né bastone, perché l'operaio vale la sua paga" (Matteo 10,9-11; conservato in parte da Luca 9,3, dove Gesù dice " niente bastone, niente borsa, niente pane, niente denaro, niente camicia in più"). Abbiamo perso i sandali e il bastone, un comando improponibile (poiché la loro funzione non può essere compensata con la carità). Luca porta avanti questa tendenza distorsiva, riducendo il tutto all'insulso e oscuro "non prendete né borsa né sandali".

Siamo così lontani dalla realtà storica che possiamo essere certi che queste non sono le parole di Gesù. Eppure quelle parole sono parte integrante del racconto inventato da Luca delle due spade - il che significa che quel racconto viene da lui, e non da una cosa reale detta da Gesù. Luca l'ha inventata a partire dalla questione " niente sandali", che è completamente distorta. Questo significa anche che Luca si sta riferendo a se stesso: queste sono le parole di Luca, non quelle di Gesù. Questa è la sua versione del detto dei sandali. Il fatto che le parole stesse di Luca appaiano ora nel racconto delle due spade è un'ulteriore prova che anche quel racconto è un'invenzione di Luca. Ha un significato per lui. Non ci resta quindi che determinare cosa Luca volesse farci intendere con questo racconto.

Intendiamo veramente "spada"?

Parte del dibattito riguarda l'ambiguità del greco che la NIV nasconde: la parola per "spada" usata qui è infatti machaira, che significa qualsiasi coltello di grandi dimensioni. Laddove la parola che si sceglierebbe per essere sicuri di segnalare solo una spada vera e propria è xiphos (o skiphos); o per lunghe spade o spadoni, rhomphaia (come Luca 2:34-35 sceglie per una lettura allegorica della profezia). La parola machaira era comunemente usata per indicare una spada corta, ma oggi sarebbe come dire "avevano due lame", che non è affatto chiaro se si intenda la spada. La terminologia più comune di spada utilizzava xiph- come forma radicale; a differenza di machair- come radice, che molto più raramente ha trovato tale applicazione in greco prima del Medioevo. In altre parole, Luca ha scelto di essere vago; o almeno, non si può sostenere che Luca abbia "sicuramente" immaginato che si parlasse di spade. Forse l'ha fatto. Ma non è così specifico. È vero che nessuno è specifico, in tutto il Nuovo Testamento; Paolo, Ebrei, i Sinottici, tutti usano questa parola generica "lama" dove potrebbero essere intese (o almeno incluse) le spade. Ma è ancora vago.

Bermejo-Rubio cerca di aggirare l'ostacolo con un uomo di paglia: sceglie di attaccare il suggerimento di Paula Fredriksen secondo cui si tratterebbe di un coltello sacrificale (un'idea che proviene addirittura da Giovanni Crisostomo, Omelia su Matteo 84.1), proprio quello che gli Ebrei avrebbero portato con sé durante la Pasqua ebraica e che avrebbe avuto una risonanza allegorica proprio in questo contesto (Luca 22:7-8 fa addirittura riferimento al fatto che Pietro e Giovanni prepararono l'agnello quel giorno, il che comportava macellarlo e tagliarlo). Non credo che questo sia il significato inteso qui, ma per ragioni molto diverse da quelle di Bermejo-Rubio. Penso che l'allusione al coltello sacrificale sia intesa solo in Matteo, quando un discepolo usa una machaira per tagliare lo schiavo del sommo sacerdote, e che questo racconto riprende quasi esattamente la formulazione (e gran parte del simbolismo implicito dell'intera scena) del mito di Abramo che quasi sacrifica il suo primogenito Isacco, ma gli viene dato un animale da sacrificare al suo posto (Genesi 22,8-18: confrontare Gen 22,10, soprattutto in greco, con quello di Matteo 26,51). Questo fu il leggendario fondamento del sacrificio sostitutivo dello Yom Kippur del culto del tempio, e che la stessa morte di Gesù rappresentava un deliberato rovesciamento (sostituendo un "figlio primogenito" all'animale: Historicity, pp. 213-14). Ma questo parallelo esiste solo nel testo di Matteo; la formulazione corrispondente non si trova in Marco e nemmeno Luca l'ha adottata.

Justin Meggitt non ha bisogno di questo punto, tuttavia, per confutare l'apologetica di Bermejo-Rubio. Egli dimostra, con prove ed esempi, che letteralmente qualsiasi lama corta può essere intesa, e probabilmente lo era, da Luca in questo passo. E Meggitt concorda sul fatto che si tratta di un evento storico, dunque non è nemmeno d'accordo con me sul fatto che si tratti di una parabola mitica. Meggitt nota, ad esempio, che:

Esistono numerose prove scritte e visive del fatto che portare con sé tali strumenti da taglio per comodità e per protezione personale nelle città non era illegale [come suggerito da Bermejo-Rubio] né raro nella vita quotidiana dell'Impero. ... [E] gli scavi di Pompei ed Ercolano hanno portato alla luce pochissime armi militari, ma moltissimi strumenti da taglio di varie dimensioni e tipi.
...
[Dalle prove testuali] è chiaro che μάχαιρα era un termine generico e poteva essere usato per qualsiasi cosa, da un piccolo coltello a una spada militare, ma c'erano molti altri attrezzi da taglio, facilmente accessibili e ampiamente utilizzati, che potevano essere considerati μάχαιραι e che si collocavano tra i due estremi. E questi attrezzi non erano necessariamente stati creati per essere armi, ma avevano il potenziale per essere usati come tali, se la situazione lo avesse richiesto. Non sorprende quindi che alcuni discepoli di Gesù possedessero tali oggetti.
...
[Infatti] è improbabile che una "spada usata in battaglia"... potesse essere acquistata per l'equivalente di un mantello da contadino, come sembra supporre Lc 22,36.

Meggitt, “To the Sword”

Meggitt dice molto di più sul punto, ma cito questi dati come rappresentativi del problema. Bermejo-Rubio non ha più una base su cui reggersi. In effetti non è molto credibile che una spada (un pezzo pregiato di acciaio costoso) potesse essere acquistata in cambio dello scialle di un popolano (un himation era solo un pezzo di stoffa, un tessuto a buon mercato, più precisamente tradotto come "scialle" o " copertura per le spalle"). Machaira significava comunemente una lama qualsiasi; e la gente portava sempre con sé tali lame nelle città. E così via. Non c'è quindi nulla di specificamente indicativo di un armamento militare.
Luca potrebbe quindi intendere una spada o una qualsiasi arma per uccidere. Piuttosto, dovremmo chiederci perché Luca abbia fatto le scelte che ha fatto. Perché Luca collega tutto questo con il precedente comando di Gesù (inventato da Luca stesso) di non tenere nemmeno borse o sandali? Perché il riferimento al fatto che non gli mancasse nulla allora? Che cosa ha a che fare con il fatto che hanno bisogno di borse e spade ora? Perché Luca inserisce qui Isaia 53:12? Perché vendere un mantello (himation), nello specifico un indumento esterno, piuttosto che una camicia o dei sandali o un asino o qualcos'altro? Perché una machaira e non uno xiphos? E perché solo due sono "sufficienti"? Con due sole spade non si potrebbe derubare nemmeno un mercante ben sorvegliato, tanto meno sconfiggere l'Impero Romano o anche solo una squadra di guardie del Tempio.

Comunque si traduca machaira, l'intera storia non ha senso come piano per armarsi ricordato male. E poiché Luca sceglie ogni dettaglio da includere - ricordiamo che, come Marco e Matteo e anche Giovanni, avrebbe potuto escluderne qualcuno - ne consegue che l'unico modo per comprendere questa storia è capire perché Luca fa dire a Gesù che due lame sono sufficienti. Sufficienti per cosa?

Altri approcci
Meggitt esamina vari approcci e non ne apprezza nessuno. Così giunge all'illogica conclusione che, se non riusciamo a pensare a quale fosse il punto di vista di Luca, questo deve essere storico. Questo viola la Legge della Distribuzione di Probabilità a Priori (come ho appena notato), secondo la quale, per testi come i Vangeli, è sempre più probabile che ignoriamo il punto piuttosto che "non avesse un punto" e che Luca lo abbia incluso "perché era storico". Non è così che operava nessun autore antico, tanto meno gli evangelisti. Si veda la mia discussione di questo tipo di errore logico in Mark Goodacre on the Historicity of Jesus’s Execution,e in Historicity, pp. 450-56 (cfr. 505-06).


Meggitt fornisce un'utile bibliografia per chiunque voglia approfondire quanto suggerito:

Adolf von Schlatter, Die beiden Schwerter: Lukas 22, 35-38; ein Stück aus der besonderen Quelle des Lukas (Gütersloher: Gerd Mohn, 1916).
Geoffrey Lampe, “The Melchorites and Münster,” in Roth and Stayer, A Companion to Anabaptism and Spiritualism, 1521–1700 (Leiden: E. J. Brill, 1984), pp. 217–56; e “The Two Swords (Luke 22: 35–38),” in Moule and Bammel, Jesus and the Politics of His Day (Cambridge: Cambridge University Press, 1985), pp. 335–52.
Kevin Moore, Why Two Swords Were Enough: Israelite Tradition History Behind Luke 22:35–38 (Denver: University of Denver, 2009), 4–60.
Christopher Hutson, “Enough for What? Play Acting Isaiah 53 in Luke 22:35-38,” in Restoration Quarterly 55.1 (2013), pp. 35–51.
David Matson, “Double-Edged: The Meaning of the Two Swords in Luke 22:35–38,” Journal of Biblical Literature 137.2 (2018), pp. 463–80.

Di questi, solo Moore arriva a una spiegazione plausibile delle scelte di Luca. Nessuno degli altri avanza argomentazioni plausibili o spiega perché il numero delle spade dovrebbe essere due, o perché Luca collega le spade con gli scialli e la sua precedente invenzione del divieto di usare anche i sandali, e così via. Ma Moore svela la vera intenzione: Luca si rifà all'Antico Testamento. Qui vengono riuniti due testi: Isaia 53 e Genesi 34. E una volta capito questo, tutto ha senso.

La ribellione omicida di Simone e Levi


Per comprendere il collegamento con Genesi 34, dobbiamo notare il contesto in cui Luca utilizza Isaia 53 in questa sequenza. Luca abbellisce la reificazione di Marco di Isaia 53,12 in Lc 23,39-43. Isaia 53:12 dice, in totale:

“Perciò gli darò una parte tra i grandi [o "molti"], e dividerà il bottino con i forti [o "potenti"], perché ha sacrificato la sua vita fino alla morte ed è stato annoverato tra i trasgressori. Perché ha portato il peccato di molti e ha fatto intercessione per i trasgressori.”


Così come Matteo "aggiusta" Marco facendo entrare a Gerusalemme Gesù che implausibimente cavalca due asini (Historicity, p. 459), Luca "aggiusta" Marco facendo sì che Gesù "interceda per uno dei trasgressori" crocifissi con lui, quello che si è pentito - e non quello che ha deriso Gesù, suggerendo a Gesù di effettuare una fuga armata ("Non sei tu il Messia? Salva te stesso e noi!"). Luca trasforma così questo dettaglio in un'altra parabola di denuncia del messianismo militante. E questa è una parabola inventata da Luca (non si trova nelle sue fonti e non ha alcuna plausibilità storica). Aggiungendo anche il racconto delle due spade, Luca fa sì che Gesù adempia tre volte Isaia 53,12: nel racconto delle due spade, quando Gesù annuncia il fatto (dove ha due "soldati" armati al suo seguito); e poi quando viene scambiato con il criminale Barabba (dove abbiamo due criminali condannati, e uno è innocente); e poi quando interagisce con i suoi compagni di morte (dove abbiamo due criminali condannati, e uno è perdonato). La storia delle due spade potrebbe già iniziare ad avere un senso per voi. Ma c'è di più.

Isaia 53:12 parla di divisione del bottino. Questo è il riferimento pertinente per la storia delle due spade. Il riferimento a Barabba si collega con Gesù che dà la sua vita e si fa carico del peccato di molti (poiché quella storia stabilisce che Gesù è, segretamente, il capro dell'espiazione); e il riferimento al criminale benedetto si collega con il fatto di intercedere per i trasgressori. Rimane il bottino. Come viene trattato questo aspetto nel racconto di Luca delle due spade? Dopo tutto, egli fa citare a Gesù solo la parte che tutti e tre i riferimenti condividono: il suo essere valutato con i criminali. Gli altri due riferimenti non citano il passo, ma vi alludono in forma narrativa. Lo stesso accade nel racconto delle due spade. La domanda nascosta che Luca vuole porre è: con chi davvero Gesù sta dividendo il bottino?

Un lettore attento può già dedurre ciò che Moore ha trovato semplicemente leggendo Genesi 34, 24-31, che racconta l'esito della vendetta violenta di due figli di Giacobbe (quindi di Israele) per lo stupro di Dina da parte di Sichem, principe dei Sichemiti, dopo aver convinto con l'inganno i Sichemiti a fare penitenza convertendosi al giudaismo con la circoncisione e condividendo le loro terre e i loro beni (in altre parole, stabilendo con loro un'alleanza, un trattato che unisse i loro popoli). Il racconto prosegue poi:

“Tutti gli uomini che uscirono dalla porta della città furono d'accordo con Camor e suo figlio Sichem e tutti i maschi della città furono circoncisi. Tre giorni dopo, mentre tutti stavano ancora soffrendo, due figli di Giacobbe, Simeone e Levi, fratelli di Dina, presero le loro spade e attaccarono la città ignara, uccidendo tutti i maschi. Passarono a fil di spada Camor e suo figlio Sichem, presero Dina dalla casa di Sichem e se ne andarono. I figli di Giacobbe si imbatterono nei cadaveri e saccheggiarono la città dove la loro sorella era stata profanata. Si impadronirono delle loro greggi, dei loro armenti, dei loro asini e di tutto ciò che avevano in città e nei campi. Portarono via tutte le loro ricchezze e tutte le loro donne e i loro bambini, prendendo come bottino tutto ciò che si trovava nelle case.

Allora Giacobbe disse a Simeone e Levi: "Mi avete procurato dei guai rendendomi odioso ai Cananei e ai Perizziti, gli abitanti di questo paese. Siamo pochi e se si uniscono contro di me e mi attaccano, io e la mia famiglia saremo distrutti".

Ma essi risposero: ‘Avrebbe dovuto trattare nostra sorella come una prostituta?’.”



Si notino gli evidenti elementi di parallelismo: il terzo giorno (contrapponendo questo comportamento a ciò che Gesù intende invece che risulti a partire dal terzo giorno); due uomini prendono le spade, quindi due spade (e sì, il testo della Septuaginta ha machaira qui, in 34,25); e quegli uomini hanno anche i nomi dei Discepoli, Simone e Levi. Si notino gli elementi paralleli meno evidenti: in Luca, Levi è un agente delle tasse, quindi moralmente contaminato dall'interesse per il commercio e lo scambio, la compravendita (come, ad esempio, vendere mantelli per comprare spade) e il denaro in generale, attraverso la "tassazione" della ricchezza e dei beni, analogamente al saccheggio di Simeone e Levi; e uno dei due Discepoli di nome Simone era "Simone lo Zelota", un rappresentante del messianismo militante, e quindi dell'omicidio e della ribellione (Luca 6:15; seguendo Marco e Matteo).

Perché Luca ha scritto questo testo


Quale potrebbe essere il senso di Luca nell'alludere a questo mito ebraico? Nel contesto, è chiaro: la via del denaro e della guerra (il saccheggio e l'uccisione "per vendetta" dei due figli di Israele) porta solo alla rovina; come la rottura di giuramenti e trattati (come fecero i due figli di Israele). Nel mito ebraico, l'omicidio e la ribellione vengono puniti come insensati, ma anche chi li persegue si indigna all'idea che abbiano fatto qualcosa di sbagliato ("Avrebbe dovuto trattare nostra sorella come una prostituta?"). La soluzione nel mito antico era filarsela da Dodge* e stabilirsi nella casa di Dio (Bethel: Genesi 35:1), un'ovvia metafora per dire: "Faresti meglio a fuggire da quella merda e andare con Dio". Questo è già chiaro nella mitologia ebraica: Simeone e Levi, in realtà le loro intere stirpi, sono effettivamente condannati e destinati all'oblio per questo crimine, per la loro violenza e per il loro tradimento (Genesi 49:5-7).

Luca rende ancora più certa l'interpretazione critica di questo antico mito aggiungendo la sua allusione ad esso (il racconto delle due spade) nel punto in cui si giustapporrebbe all'imminente scelta tra Gesù e Barabba (un "ribelle", quindi trasgressore di giuramenti e promesse, e un "assassino", quindi un uccisore di uomini anche per motivi presumibilmente giusti) e i due criminali crocifissi con Gesù. Si noti che Luca aggiunge l'affermazione che la ribellione di Barabba avvenne "in città". Questo non è presente nelle sue fonti, Marco o Matteo. Ha quindi aggiunto la sua allusione al mito di Dina, dove effettivamente la ribellione omicida di Simeone e Levi ebbe luogo "nella città" (di Sichem). Proprio mentre il popolo sceglie Barabba, e proprio mentre Gesù snobba il criminale che si prende gioco di lui con l'aspettativa di una resistenza armata, vediamo ora la critica di Luca a Simeone e Levi in chiaro rilievo: essi vengono paragonati a quegli individui. Per questo Luca fa sì che Gesù chiami i suoi due Discepoli armati "criminali", come Barabba e il malfattore beffardo. Simeone e Levi avevano solo due spade. Questo era sufficiente per peccare contro Dio; sufficiente per scegliere la strada sbagliata. Sufficiente per l'omicidio e la ribellione, che non richiedevano un esercito per essere attuati. Chiunque può peccare in questo modo. Tutto ciò che serve è la tracotanza e la ricerca di vendetta o di violenza in qualsiasi modo, per qualsiasi fine.

Moore assicura questa interpretazione con un'ampia esegesi e un'analisi di altri passi che Luca ha modificato. Egli mostra anche che altre interpretazioni ebraiche dell'episodio di Dina andavano contro il senso voluto di condanna, convertendolo in un'azione da lodare come eroica. E dimostra che questo era molto comune e discusso a livello popolare, quindi Luca non sta facendo riferimento a un testo o a un punto oscuro, ma a uno che sarebbe ben noto a chiunque avesse familiarità con l'esegesi ebraica popolare. La contrapposizione di Luca con la sua visione del tutto opposta, che ne ripristina il senso originario (come storia di malvagità da condannare ed evitare, non di eroismo da lodare ed emulare), ha pienamente senso nel suo contesto storico e letterario, e alla luce della sua agenda.

Per esempio, nel romanzo popolare (probabilmente dell'epoca), Giuseppe e Aseneth, troviamo questo:

“Ecco, avete visto queste spade? Con queste due spade il Signore Dio punì l'insulto dei Sichemiti, con il quale insultarono i figli d'Israele, a causa di nostra sorella Dina, che Sichem, figlio di Camor, aveva profanato.”
Gius Asen. 23:14


"Vedi, Signore, ecco due spade". È quasi una ripresa letterale di questo testo. Eppure questo testo rappresenta la storia come eroica; Luca sta capovolgendo il senso, mettendola in relazione con Isaia 53,12 e con i suoi echi altrove nella sua narrazione della passione, rappresentandola come scellerata, esattamente al pari di Barabba e del malfattore beffardo, una triade di esempi della via sbagliata, la via condannata del messianismo. Luca sta ampliando il concetto marciano di astensione dalla vendetta personale (lasciandola a Dio: Marco 6,10-12; Luca 10,10-12; cfr. 9,4-6), criticandola come criminale. Quindi "gli apostoli e i discepoli di Gesù non devono vendicarsi di coloro che rifiutano il loro messaggio. Non devono vendicarsi. Invece, il giudizio finale contro" queste persone "appartiene a Dio, non a loro" (Moore, Two Swords, 255).

Moore ha così spiegato perché sono solo due spade, perché questo è "sufficiente" e perché Gesù evoca Isaia 53:12 per condannare qualcosa che presumibilmente ha appena comandato:

“Il possesso di due spade - e non di più - non è appropriato né per motivi legali né per considerazioni militari o pragmatiche, ma piuttosto perché gli apostoli credono di vivere in un regno divinamente ordinato. Sconfiggeranno i loro avversari con due spade perché il Signore è con loro come lo era con i loro antenati Simeone e Levi.”
Moore, Two Swords, 276-77


Gesù sta mettendo alla prova i suoi discepoli (come ha già fatto tre volte in questo stesso capitolo, con Giuda, Pietro, e Giacomo e Giovanni), e come in ogni altro caso in questo capitolo, essi hanno fallito, vedendosi ora come Simeone e Levi - e quindi non riuscendo a cogliere il ragionamento di Gesù (un dispositivo standard in tutti i Vangeli). Anche qui c'è un elemento decisivo. Sebbene Moore si opponga all'idea di leggere il comando di Gesù come un'istruzione, per coloro che hanno i mezzi, di prendere una borsa e una sacca (e presumibilmente dei sandali), e per coloro che sono senza mezzi di vendere il loro scialle e comprare una lama (Two Swords, 258-60), Moore trascura il significato reale di questo: Gesù sta dicendo che è giunto il momento di fare qualcosa di concreto, e di investire monetariamente nella missione evangelica; mentre coloro che non raccolgono nulla da investire dovrebbero vendere anche le risorse che hanno e impugnare invece la spada. Questa affermazione sottolinea la follia (e l’esito negativo) della sua direttiva: chi ha i mezzi non dovrebbe imbracciare la spada; solo coloro che si percepiscono come derelitti (nonostante, a quanto pare, abbiano uno scialle da vendere, del valore sufficiente per acquistare costose lame in acciaio, quando era già stato detto loro di non possedere nemmeno due camicie) dovrebbero ricorrere alle spade.

Nel discorso di un guru moderno, riconosceremmo questo sedicente proverbio come un oscuro sarcasmo. Solo gli illuminati sono destinati a capire. L'accostamento delle due preposizioni, "coloro che hanno" (echôn), sembra quindi in questo contesto un doppio senso: sembra che Gesù stia dicendo "che hanno mezzi" (eppure non parla mai di denaro vero e proprio, ma solo di borse e borsette in cui raccoglierlo, inaugurando la colletta per la missione cristiana), ma in realtà sta dicendo "che hanno senno o comprensione; che hanno ascoltato, prestato attenzione" (senso §A.9 in Liddell & Scott). In altre parole, gli studiosi hanno tradotto erroneamente questo passo come se significasse esattamente il contrario di ciò che Gesù ha effettivamente detto, commettendo lo stesso errore che Luca fa commettere ai Discepoli.

La frase chiave deve essere intesa come scritta esattamente: alla nun ho echōn ballantion aratō homoiōs kai pēran kai ho mē echōn pōlēsatō to himation autou kai agorasatō machairan, “Ma ora, chi ha [intelletto] dovrebbe prendere una bisaccia e similmente una sacca ; e chi non [capisce] dovrebbe vendere il suo scialle e comprare una lama”. E i discepoli che non riescono a capire sono quelli che non riescono a capire che Gesù sta parlando di “intelligenza” e non di “mezzi materiali”. E dimostreranno questo fallimento nella scena successiva quando estrarranno una di queste spade per attaccare qualcuno – e Gesù denuncerà e annullerà ciò che hanno fatto:

“Quando i seguaci di Gesù videro ciò che stava per accadere, dissero: "Signore, dobbiamo colpire con le nostre spade?". E uno di loro colpì il servo del sommo sacerdote, tagliandogli l'orecchio destro. Ma Gesù rispose: "Basta con questo!". E toccò l'orecchio dell'uomo e lo guarì.”

Notate tutte le cose che Luca ha aggiunto a questa storia, abbellendo le sue fonti, che non contengono tali dettagli. Confrontate Marco 14,47, che non dice nemmeno che è stato un discepolo ad attaccare; e Matteo 26,51-54, che elabora un messaggio simile a quello di Luca, ma Luca non usa nulla di tutto ciò, aggiungendo invece dettagli diversi, che collegano il messaggio al suo racconto delle due spade. Solo nella narrazione di Luca, i discepoli chiedono a Gesù se "devono usare le loro spade" (plurale), segnalando la consapevolezza dell'autore del loro fraintendimento dell'istruzione precedente di Gesù. E ora Gesù risponde con "Basta con questo" (eate heôs toutou), o forse, più precisamente, "Permettete solo questo", come a dire "andate solo fino a questo punto", che è più simile al "Basta!" che gli esegeti moderni hanno cercato di estrarre dal racconto delle due spade, segnalando la consapevolezza dell'autore della giustapposizione di questi due sensi. In entrambi i casi, l'istruzione reale di Gesù era di non usare più la violenza.

Ecco come si deve intendere il messaggio che Luca vuole che Gesù trasmetta. Quando si confrontano sia il racconto delle due spade sia l'uso effettivo di quelle spade, chi "ha" capito sa che Gesù intendeva dire che la strada della "spartizione del bottino" con Gesù non è quella di Simeone e Levi (la violenza mondana per i beni del mondo, con il pretesto di perseguire la giustizia), ma quella del missionario pacifico, che guadagna denaro solo con la carità e lo usa solo per la missione. Coloro che " capiscono ", prendono borsa e sacca; mentre coloro che " non capiscono " venderanno pure quello che hanno per un'arma di violenza, la via di Barabba e del malfattore beffardo, di Simeone e di Levi, che porta tutti alla distruzione, non al bottino del Regno di Dio.

Una volta visto tutto questo, diventa ovvio che questa è l'intenzione di Luca. Abbiamo così spiegato cosa ci fa qui questo bizzarro inciso e ogni suo strano elemento. Altre teorie (compresa quella di Bemejo-Rubio) non lo spiegano, e quindi hanno una probabilità molto bassa (non rendono il contenuto di questo racconto atteso e quindi probabile). La teoria di Moore (soprattutto come qui esposta) lo spiega, e quindi ha una probabilità molto alta (rende il contenuto di questo racconto atteso e quindi probabile). La combinazione di un elevato rapporto di probabilità con una più alta probabilità a priori ci porta a una certezza ancora maggiore che questo racconto inserito e ideato dallo stesso Luca è un mito, progettato per vendere un messaggio esegetico; non ha alcun background storico.

Conclusione

La storia delle “due spade” è un buon esempio del perché lo storicismo è un paradigma che non funziona. Partendo dal presupposto che "deve" esserci qualcosa di storico da estrarre, gli storici si lanciano in distorsioni implausibili per spiegare perché un passaggio esiste in un Vangelo, nella forma in cui lo troviamo. Mentre se assumiamo che i Vangeli siano interamente mito (come ampiamente dimostrato, in contrasto con la storicità: in essi ci sono centinaia di racconti mitici ben consolidati; non ce ne sono di storici chiari o nemmeno plausibili), allora stiamo cercando finalmente nei posti giusti per comprenderne i contenuti.

Comprendendo la favola di Luca delle due spade nei suoi termini - ogni parola, ogni punto, ogni frase, ogni componente scelto da Luca per un motivo - arriviamo a una spiegazione molto più plausibile del perché Luca l'abbia inserita qui, e del perché solo lui abbia pensato di farlo, e del perché abbia la forma bizzarra che ha, che non ha alcun senso storico. Non si può combattere una banda di nemici con due sole spade; non si può plausibilmente comprare una spada con un mantello da popolano; nessuno ha seguito l'istruzione di comprare spade in ogni caso; e va contro l'intero disegno di Luca anche solo suggerire (tanto meno "ricordare" a qualcuno) che Gesù avrebbe ordinato una cosa del genere. Ma ha senso come allegoria mitica, un altro esempio di fraintendimento da parte dei Discepoli delle lezioni criptiche di Gesù. Si adatta poi al suo contesto e alle particolari tendenze di Luca nella composizione delle parabole. E tutte le sue caratteristiche sono spiegate.

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*Dodge City, Kansas, nota per i pistoleri, il gioco d'azzardo, i bordelli e i saloon, un “bel” posticino! Get the hell out of Dodge significa andarsene via immediatamente. [NdT]

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È possibile ribellarsi a Roma con due sole spade?


Di Richard Carrier

[31 gennaio 2024


[Traduzione di roxi]



Nel mio dibattito con Fernando Bermejo-Rubio, egli ha difeso la teoria secondo cui Gesù può essere stato plausibilmente storico solo se è stato un militante armato, successivamente dissimulato da pacifista. Ho sostenuto che questo potrebbe essere plausibile a livello concettuale, ma non quando guardiamo alle prove. La mia argomentazione generale, che ho adattato nel terzo capitolo di Jesus from Outer Space, è semplicemente questa: La teoria di Bermejo-Rubio richiede che gli autori dei Vangeli si siano comportati in modo straordinariamente strano per degli autori antichi; e poiché questo non è probabile, allora non lo è nemmeno la sua teoria. Gli autori non includono (e nell'antichità non lo facevano mai) materiale che potevano omettere e che non volevano. Eppure Bermejo-Rubio pretende che abbiano conservato inutilmente materiale contrario alla loro agenda. E questo non è credibile.

Bermejo-Rubio "gira intorno" al problema proponendo che gli autori dei Vangeli abbiano "modificato editorialmente" tutto questo materiale presumibilmente controproducente per adattarlo alla loro agenda; ma in nessuno dei suoi esempi essi lo fanno per davvero, né spiega perché se ne siano preoccupati. Perché includere materiale che mina del tutto la tua agenda? Non c'era nessuna forza che imponeva loro di includere cose che non dovevano includere, lasciandogli allo stesso tempo la libertà di cambiarle. Questa è una proposizione contraddittoria. Ho fornito esempi, incluso come tutti i suoi esempi hanno spiegazioni di gran lunga migliori nella creazione di miti. Ma uno che ha tormentato gli esegeti di tutto il mondo (ponendo strane difficoltà anche a Bermejo-Rubio) è perché Luca racconta la storia di Gesù che ordina ai suoi discepoli di comprare delle spade, e i discepoli rispondono "ne abbiamo già due", e Gesù stranamente risponde: "È sufficiente". Che cazzo è?

La prima regola dell'interpretazione letteraria è seguire la linea di tendenza. La probabilità a priori misura ciò che di solito accade in contesti simili: cosa fanno solitamente questi autori, in tutti i Vangeli (anche negli apocrifi)? La risposta è: inventare favole e parabole come strumenti didattici. Quindi la probabilità a priori favorisce che quella strana storia sia dello stesso tipo. La domanda successiva è: cosa favorisce l’evidenza, in quel caso specifico? Capovolge la probabilità a priori fino alla conclusione opposta? Oppure estende la probabilità a priori fino ad una conclusione ancora più netta, secondo cui anche questo è solo un mito?

L'ultima trattazione di Fernando Bermejo-Rubio su questa specifica questione, a cui d'ora in poi farò riferimento, è nella sua discussione "Changing Methods, Disturbing Material: Should the Criterion of Embarrassment be Dismissed in Jesus Research?". Revue des Études Juives 175.1 (2016), pp. 1-25 (18-19). È stato abbastanza ben confutato da Justin Meggitt, "Putting the Apocalyptic Jesus to the Sword: Why Were Jesus's Disciples Armed?". Journal for the Study of the New Testament 45.4 (2023), pp. 371-404 (384-90). Ma Meggitt tratta il racconto come storico; quindi non riesce ancora a discernere il suo vero significato - il vero motivo per cui Luca lo include. Il mio obiettivo di oggi sarà quindi quello di esplorare questo aspetto.

Il ruolo delle probabilità a priori e delle prove

Tutte le occasioni in cui i Vangeli menzionano la militanza o la violenza hanno lo scopo di denunciare queste cose (On the Historicity of Jesus, pp. 407-08, 416-17, 433-35, 444-53; cfr. 72, 154-59, 376-77, 612; Jesus from Outer Space, pp. 53-59). Quindi tutte le volte che i Discepoli suggeriscono o praticano la violenza, mentre Gesù la denuncia, sono semplicemente parabole che creano un'opportunità per gli autori del Vangelo di far sì che Gesù promuova quell'agenda. L'ingresso trionfale? Implausibile dal punto di vista storico, persino narrativo. Inventato dalle scritture. Mai avvenuto. La purificazione del tempio? Stessa cosa: inverosimile sotto ogni punto di vista; inventato dalle scritture. Non c'è nessuna "storia reale" credibile dietro queste cose, militanti o meno. Sono state inventate dagli autori del Vangelo per far accettare le loro argomentazioni. Per esempio, la purificazione del tempio è racchiusa dal magico appassimento del fico, e la sequenza combinata vuol fare accettare l'idea che Dio ha lasciato che i pagani distruggessero il suo Tempio perché non era più la stagione in cui poteva dare i suoi frutti. Gesù era ormai la via; il Tempio era stato scartato come obsoleto, "ucciso" dalla corruzione dell'élite ebraica. Per i dettagli si veda On the Historicity of Jesus (pp. 433-35), che riassume il testo di R.G. Hamerton-Kelly "Sacred Violence and the Messiah: The Markan Passion Narrative as a Redefinition of Messianology", in The Messiah: Developments in Earliest Judaism and Christianity.

Come ho scritto in precedenza:

“Anche l'uso di immagini di guerra da parte di Gesù è tutta una finzione simbolica, che insegna per parabole e usa la guerra fisica come allegoria della guerra spirituale, proprio come nel caso dei duemila maiali chiamati "Legione" che annegano per la loro stessa follia. Questo non è più storia di quanto lo siano gli altri dettagli. Quindi non è possibile che questo sia un evento "ricordato" nella vita di un Gesù militante. È inventato. E chi l'ha inventato? E perché questa storia inventata viene inserita dagli scrittori che promuovono il pacifismo? Se non si può rispondere a queste domande, non si ha una teoria plausibile.”
Jesus from Outer Space, p. 53–54


Pertanto, Bermejo-Rubio non ha una teoria plausibile, una volta che in effetti si esaminano le evidenze che si suppone la supportino. Non ci sono stati duemila maiali posseduti da una forza malvagia di nome Legione annegati in un lago dalla magia degli spiriti. Questo rappresenta semplicemente la condanna della militanza. È una balla. Una favola.

Le due spade


Il passo in questione è Luca 22,35-38, che conclude il racconto del tradimento pianificato di Giuda (22,1-23, che racchiude il mito dell'Eucaristia) e del tradimento non pianificato di Pietro (22,24-34, che racchiude l'ironico bisticcio tra Giacomo e Giovanni per sedersi alla destra o alla sinistra di Gesù, a cui risponderanno i due criminali comuni che invece vi finiranno: 23:32-33). La sequenza successiva è quella della preghiera al Getsemani, dell'arresto e del processo davanti al Sinedrio. Inserita tra questi due punti di chiusura, c'è una scena che sembra del tutto estranea a tutti questi eventi:

“Allora Gesù chiese loro: "Quando vi ho mandato senza borsa, né sacca, né sandali, vi è mancato qualcosa?".
"Niente", risposero.

E disse loro: "Ma ora, se avete una borsa, prendetela e anche una sacca; e se non avete una spada, vendete il vostro mantello e compratene una. Sta scritto: 'E fu annoverato tra i trasgressori'. E io vi dico che questo deve compiersi in me. Sì, ciò che è scritto su di me sta raggiungendo il suo compimento".

I discepoli dissero: " Ecco, Signore, qui ci sono due spade".

"È sufficiente!", rispose.


Così la NIV [New International Version]. Ma il greco è in realtà più chiaro in alcuni aspetti, e meno chiaro in altri.

L'aggettivo hikanos, "sufficiente", significa sicuramente solo "sufficiente, adeguato", e non una sorta di ammonimento a fermarsi (come alcuni esegeti hanno cercato di immaginare che dovesse essere). E la frase "Sta scritto" è sicuramente causale: il greco dice letteralmente “perché sta scritto” (lett. "Perché io vi dico che deve compiersi in me ciò che è stato scritto: 'e fu annoverato tra i trasgressori'. E infatti le cose che mi riguardano stanno giungendo a compimento"), parafrasando Isaia 53: 12, "fu annoverato tra i trasgressori", o nel testo della Septuaginta, καὶ ἐν τοῖς ἀνόμοις ἐλογίσθη, "e fu annoverato tra gli empi", una profezia che la fonte di Luca, Marco, aveva originariamente fatto realizzare dagli uomini con i quali fu crocifisso (che Luca espande in un'altra favola di sua costruzione: Luca 23:39-43).

Al contrario, la parola tradotta "mantello" è fuorviante (un himation era più uno scialle o una copertura per le spalle che non un mantello), e anche la parola tradotta dalla NIV come "spada" non è così chiara (un punto che affronterò tra poco), né lo è la grammatica effettiva resa dalla NIV: dove si legge "se non hai una spada, vendi il mantello e comprane una", si tratta in realtà di un'interpretazione altamente presuntiva di ho echōn ballantion aratō homoiōs kai pēran kai ho mē echōn pōlēsatō to himation autou kai agorasatō machairan. La frase sembra invece dire: "Chi ha mezzi, prenda una borsa e anche una sacca; e chi non ha mezzi, venda il suo mantello e compri al mercato una lama". Il che cambia decisamente il senso - e quindi il modo in cui comprendiamo ciò che Luca sta effettivamente facendo dire a Gesù.

Perché è qui?


Questo racconto non esiste in nessun altro Vangelo. È quindi molto probabilmente inventato da Luca. Dobbiamo dunque chiederci perché. Anche se l'ha preso da qualche parte, dobbiamo comunque chiederci perché l'ha inserito - e perché qui?

Quale messaggio intende trasmettere Luca con questo? Non è possibile che Luca abbia "dovuto" includere il racconto (ma poteva cavarsela modificandolo liberamente) perché Marco e Matteo non hanno avuto problemi a escluderlo. Anche Giovanni, che pure conosceva il Vangelo di Luca, scelse di eliminarne parecchie parti. Mentre la migliore spiegazione dell'esclusione da parte di Marco e Matteo è che non esisteva ancora per poterlo includere. La spiegazione di Bermejo-Rubio non ha senso per questi dati. Non può dire che Luca "doveva" includerlo. Luca ha voluto inserirlo. Pertanto, deve trasmettere un significato che Luca voleva aggiungere alla storia. E se questo è il caso, potrebbe benissimo servire a questo scopo come invenzione. Non si può quindi affermare che tutto ciò sia vero. Non c'è alcuna prova che si tratti di una tradizione che risale a Gesù in una qualche forma. Allora cosa sta facendo Luca con questa storia?

Non si tratta di una cosa insolita. Gli esegeti si chiedono perché Marco faccia arrabbiare Gesù con un albero di fico e lo faccia seccare per l'inspiegabile crimine di "non portare fichi fuori stagione", o perché i demoni chiamati Legione debbano occupare un esercito di migliaia di maiali e poi annegare inspiegabilmente. E così via. Questi sono miti. Fanno accadere cose strane che chiaramente non sono in alcun modo storiche - quindi non richiedono alcuna plausibilità storica. Ma quando si scopre il significato simbolico e allegorico, la stranezza scompare. Gesù ha dovuto maledire l'albero di fico perché non portava fichi "fuori stagione" per comunicare l'idea che non era più la stagione in cui il culto del Tempio portava i suoi frutti. Nel contesto dell'allegoria, la storia è logica. Al di fuori di questo contesto, è palesemente illogica. Lo stesso vale per i maiali: un branco di porci anziché di pecore è scelto come simbolo dell'impuro; il loro nome trasmette il significato allegorico, in quanto rappresentano il cammino degli eserciti; e il loro annegamento suicida simboleggia il destino suicida della guerra come soluzione a qualsiasi cosa. Anche il numero ha un significato: duemila maiali in marcia verso la loro inevitabile morte corrispondono non a caso ai duemila uomini di Cirene che Gionatan convinse a riprovare a combattere contro Roma ("l'occasione della loro rovina", come dirà poi Giuseppe) subito dopo la distruzione della Giudea (non imparando così la lezione).

Nel racconto delle due spade, Luca fa riferimento a una modifica apportata alle sue fonti: fa un riferimento incrociato a Gesù che aveva detto ai suoi discepoli (Luca 10:4) di andare in missione senza "borsa, sacca o sandali" (nemmeno i sandali!), e poi fa in modo che Gesù ora cambi quella regola. Ora devono portare una "borsa e una sacca" e, invece di menzionare i sandali, Luca aggiunge che devono "vendere il mantello e comprare una spada". Ma tutto questo non ha senso. Gesù non può aver dato istruzioni ai viaggiatori di andare senza scarpe; questo è astorico. E lo sappiamo doppiamente perché la fonte di Luca fa dire a Gesù qualcosa di molto più plausibile: "Non prendete nulla per il viaggio se non un bastone - niente pane, niente borsa, niente denaro nelle vostre cinture. Indossate sandali, ma non una camicia in più" (Marco 6,8-10; si noti che "camicia in più" è in realtà in greco "due camicie"), perché devono vivere di carità (come spiegano i versetti successivi; il che reifica un punto continuo fatto da Paolo, perché Marco sta reificando Paolo). Questo viene trasformato in Matteo in: "Non prendete oro, né argento, né rame da portare con voi nelle vostre cinture, né sacca per il viaggio, né camicia in più, né sandali, né bastone, perché l'operaio vale la sua paga" (Matteo 10,9-11; conservato in parte da Luca 9,3, dove Gesù dice " niente bastone, niente borsa, niente pane, niente denaro, niente camicia in più"). Abbiamo perso i sandali e il bastone, un comando improponibile (poiché la loro funzione non può essere compensata con la carità). Luca porta avanti questa tendenza distorsiva, riducendo il tutto all'insulso e oscuro "non prendete né borsa né sandali".

Siamo così lontani dalla realtà storica che possiamo essere certi che queste non sono le parole di Gesù. Eppure quelle parole sono parte integrante del racconto inventato da Luca delle due spade - il che significa che quel racconto viene da lui, e non da una cosa reale detta da Gesù. Luca l'ha inventata a partire dalla questione " niente sandali", che è completamente distorta. Questo significa anche che Luca si sta riferendo a se stesso: queste sono le parole di Luca, non quelle di Gesù. Questa è la sua versione del detto dei sandali. Il fatto che le parole stesse di Luca appaiano ora nel racconto delle due spade è un'ulteriore prova che anche quel racconto è un'invenzione di Luca. Ha un significato per lui. Non ci resta quindi che determinare cosa Luca volesse farci intendere con questo racconto.

Intendiamo veramente "spada"?

Parte del dibattito riguarda l'ambiguità del greco che la NIV nasconde: la parola per "spada" usata qui è infatti machaira, che significa qualsiasi coltello di grandi dimensioni. Laddove la parola che si sceglierebbe per essere sicuri di segnalare solo una spada vera e propria è xiphos (o skiphos); o per lunghe spade o spadoni, rhomphaia (come Luca 2:34-35 sceglie per una lettura allegorica della profezia). La parola machaira era comunemente usata per indicare una spada corta, ma oggi sarebbe come dire "avevano due lame", che non è affatto chiaro se si intenda la spada. La terminologia più comune di spada utilizzava xiph- come forma radicale; a differenza di machair- come radice, che molto più raramente ha trovato tale applicazione in greco prima del Medioevo. In altre parole, Luca ha scelto di essere vago; o almeno, non si può sostenere che Luca abbia "sicuramente" immaginato che si parlasse di spade. Forse l'ha fatto. Ma non è così specifico. È vero che nessuno è specifico, in tutto il Nuovo Testamento; Paolo, Ebrei, i Sinottici, tutti usano questa parola generica "lama" dove potrebbero essere intese (o almeno incluse) le spade. Ma è ancora vago.

Bermejo-Rubio cerca di aggirare l'ostacolo con un uomo di paglia: sceglie di attaccare il suggerimento di Paula Fredriksen secondo cui si tratterebbe di un coltello sacrificale (un'idea che proviene addirittura da Giovanni Crisostomo, Omelia su Matteo 84.1), proprio quello che gli Ebrei avrebbero portato con sé durante la Pasqua ebraica e che avrebbe avuto una risonanza allegorica proprio in questo contesto (Luca 22:7-8 fa addirittura riferimento al fatto che Pietro e Giovanni prepararono l'agnello quel giorno, il che comportava macellarlo e tagliarlo). Non credo che questo sia il significato inteso qui, ma per ragioni molto diverse da quelle di Bermejo-Rubio. Penso che l'allusione al coltello sacrificale sia intesa solo in Matteo, quando un discepolo usa una machaira per tagliare lo schiavo del sommo sacerdote, e che questo racconto riprende quasi esattamente la formulazione (e gran parte del simbolismo implicito dell'intera scena) del mito di Abramo che quasi sacrifica il suo primogenito Isacco, ma gli viene dato un animale da sacrificare al suo posto (Genesi 22,8-18: confrontare Gen 22,10, soprattutto in greco, con quello di Matteo 26,51). Questo fu il leggendario fondamento del sacrificio sostitutivo dello Yom Kippur del culto del tempio, e che la stessa morte di Gesù rappresentava un deliberato rovesciamento (sostituendo un "figlio primogenito" all'animale: Historicity, pp. 213-14). Ma questo parallelo esiste solo nel testo di Matteo; la formulazione corrispondente non si trova in Marco e nemmeno Luca l'ha adottata.

Justin Meggitt non ha bisogno di questo punto, tuttavia, per confutare l'apologetica di Bermejo-Rubio. Egli dimostra, con prove ed esempi, che letteralmente qualsiasi lama corta può essere intesa, e probabilmente lo era, da Luca in questo passo. E Meggitt concorda sul fatto che si tratta di un evento storico, dunque non è nemmeno d'accordo con me sul fatto che si tratti di una parabola mitica. Meggitt nota, ad esempio, che:

Esistono numerose prove scritte e visive del fatto che portare con sé tali strumenti da taglio per comodità e per protezione personale nelle città non era illegale [come suggerito da Bermejo-Rubio] né raro nella vita quotidiana dell'Impero. ... [E] gli scavi di Pompei ed Ercolano hanno portato alla luce pochissime armi militari, ma moltissimi strumenti da taglio di varie dimensioni e tipi.
...
[Dalle prove testuali] è chiaro che μάχαιρα era un termine generico e poteva essere usato per qualsiasi cosa, da un piccolo coltello a una spada militare, ma c'erano molti altri attrezzi da taglio, facilmente accessibili e ampiamente utilizzati, che potevano essere considerati μάχαιραι e che si collocavano tra i due estremi. E questi attrezzi non erano necessariamente stati creati per essere armi, ma avevano il potenziale per essere usati come tali, se la situazione lo avesse richiesto. Non sorprende quindi che alcuni discepoli di Gesù possedessero tali oggetti.
...
[Infatti] è improbabile che una "spada usata in battaglia"... potesse essere acquistata per l'equivalente di un mantello da contadino, come sembra supporre Lc 22,36.

Meggitt, “To the Sword”

Meggitt dice molto di più sul punto, ma cito questi dati come rappresentativi del problema. Bermejo-Rubio non ha più una base su cui reggersi. In effetti non è molto credibile che una spada (un pezzo pregiato di acciaio costoso) potesse essere acquistata in cambio dello scialle di un popolano (un himation era solo un pezzo di stoffa, un tessuto a buon mercato, più precisamente tradotto come "scialle" o " copertura per le spalle"). Machaira significava comunemente una lama qualsiasi; e la gente portava sempre con sé tali lame nelle città. E così via. Non c'è quindi nulla di specificamente indicativo di un armamento militare.
Luca potrebbe quindi intendere una spada o una qualsiasi arma per uccidere. Piuttosto, dovremmo chiederci perché Luca abbia fatto le scelte che ha fatto. Perché Luca collega tutto questo con il precedente comando di Gesù (inventato da Luca stesso) di non tenere nemmeno borse o sandali? Perché il riferimento al fatto che non gli mancasse nulla allora? Che cosa ha a che fare con il fatto che hanno bisogno di borse e spade ora? Perché Luca inserisce qui Isaia 53:12? Perché vendere un mantello (himation), nello specifico un indumento esterno, piuttosto che una camicia o dei sandali o un asino o qualcos'altro? Perché una machaira e non uno xiphos? E perché solo due sono "sufficienti"? Con due sole spade non si potrebbe derubare nemmeno un mercante ben sorvegliato, tanto meno sconfiggere l'Impero Romano o anche solo una squadra di guardie del Tempio.

Comunque si traduca machaira, l'intera storia non ha senso come piano per armarsi ricordato male. E poiché Luca sceglie ogni dettaglio da includere - ricordiamo che, come Marco e Matteo e anche Giovanni, avrebbe potuto escluderne qualcuno - ne consegue che l'unico modo per comprendere questa storia è capire perché Luca fa dire a Gesù che due lame sono sufficienti. Sufficienti per cosa?

Altri approcci
Meggitt esamina vari approcci e non ne apprezza nessuno. Così giunge all'illogica conclusione che, se non riusciamo a pensare a quale fosse il punto di vista di Luca, questo deve essere storico. Questo viola la Legge della Distribuzione di Probabilità a Priori (come ho appena notato), secondo la quale, per testi come i Vangeli, è sempre più probabile che ignoriamo il punto piuttosto che "non avesse un punto" e che Luca lo abbia incluso "perché era storico". Non è così che operava nessun autore antico, tanto meno gli evangelisti. Si veda la mia discussione di questo tipo di errore logico in Mark Goodacre on the Historicity of Jesus’s Execution,e in Historicity, pp. 450-56 (cfr. 505-06).


Meggitt fornisce un'utile bibliografia per chiunque voglia approfondire quanto suggerito:

Adolf von Schlatter, Die beiden Schwerter: Lukas 22, 35-38; ein Stück aus der besonderen Quelle des Lukas (Gütersloher: Gerd Mohn, 1916).
Geoffrey Lampe, “The Melchorites and Münster,” in Roth and Stayer, A Companion to Anabaptism and Spiritualism, 1521–1700 (Leiden: E. J. Brill, 1984), pp. 217–56; e “The Two Swords (Luke 22: 35–38),” in Moule and Bammel, Jesus and the Politics of His Day (Cambridge: Cambridge University Press, 1985), pp. 335–52.
Kevin Moore, Why Two Swords Were Enough: Israelite Tradition History Behind Luke 22:35–38 (Denver: University of Denver, 2009), 4–60.
Christopher Hutson, “Enough for What? Play Acting Isaiah 53 in Luke 22:35-38,” in Restoration Quarterly 55.1 (2013), pp. 35–51.
David Matson, “Double-Edged: The Meaning of the Two Swords in Luke 22:35–38,” Journal of Biblical Literature 137.2 (2018), pp. 463–80.

Di questi, solo Moore arriva a una spiegazione plausibile delle scelte di Luca. Nessuno degli altri avanza argomentazioni plausibili o spiega perché il numero delle spade dovrebbe essere due, o perché Luca collega le spade con gli scialli e la sua precedente invenzione del divieto di usare anche i sandali, e così via. Ma Moore svela la vera intenzione: Luca si rifà all'Antico Testamento. Qui vengono riuniti due testi: Isaia 53 e Genesi 34. E una volta capito questo, tutto ha senso.

La ribellione omicida di Simone e Levi


Per comprendere il collegamento con Genesi 34, dobbiamo notare il contesto in cui Luca utilizza Isaia 53 in questa sequenza. Luca abbellisce la reificazione di Marco di Isaia 53,12 in Lc 23,39-43. Isaia 53:12 dice, in totale:

“Perciò gli darò una parte tra i grandi [o "molti"], e dividerà il bottino con i forti [o "potenti"], perché ha sacrificato la sua vita fino alla morte ed è stato annoverato tra i trasgressori. Perché ha portato il peccato di molti e ha fatto intercessione per i trasgressori.”


Così come Matteo "aggiusta" Marco facendo entrare a Gerusalemme Gesù che implausibimente cavalca due asini (Historicity, p. 459), Luca "aggiusta" Marco facendo sì che Gesù "interceda per uno dei trasgressori" crocifissi con lui, quello che si è pentito - e non quello che ha deriso Gesù, suggerendo a Gesù di effettuare una fuga armata ("Non sei tu il Messia? Salva te stesso e noi!"). Luca trasforma così questo dettaglio in un'altra parabola di denuncia del messianismo militante. E questa è una parabola inventata da Luca (non si trova nelle sue fonti e non ha alcuna plausibilità storica). Aggiungendo anche il racconto delle due spade, Luca fa sì che Gesù adempia tre volte Isaia 53,12: nel racconto delle due spade, quando Gesù annuncia il fatto (dove ha due "soldati" armati al suo seguito); e poi quando viene scambiato con il criminale Barabba (dove abbiamo due criminali condannati, e uno è innocente); e poi quando interagisce con i suoi compagni di morte (dove abbiamo due criminali condannati, e uno è perdonato). La storia delle due spade potrebbe già iniziare ad avere un senso per voi. Ma c'è di più.

Isaia 53:12 parla di divisione del bottino. Questo è il riferimento pertinente per la storia delle due spade. Il riferimento a Barabba si collega con Gesù che dà la sua vita e si fa carico del peccato di molti (poiché quella storia stabilisce che Gesù è, segretamente, il capro dell'espiazione); e il riferimento al criminale benedetto si collega con il fatto di intercedere per i trasgressori. Rimane il bottino. Come viene trattato questo aspetto nel racconto di Luca delle due spade? Dopo tutto, egli fa citare a Gesù solo la parte che tutti e tre i riferimenti condividono: il suo essere valutato con i criminali. Gli altri due riferimenti non citano il passo, ma vi alludono in forma narrativa. Lo stesso accade nel racconto delle due spade. La domanda nascosta che Luca vuole porre è: con chi davvero Gesù sta dividendo il bottino?

Un lettore attento può già dedurre ciò che Moore ha trovato semplicemente leggendo Genesi 34, 24-31, che racconta l'esito della vendetta violenta di due figli di Giacobbe (quindi di Israele) per lo stupro di Dina da parte di Sichem, principe dei Sichemiti, dopo aver convinto con l'inganno i Sichemiti a fare penitenza convertendosi al giudaismo con la circoncisione e condividendo le loro terre e i loro beni (in altre parole, stabilendo con loro un'alleanza, un trattato che unisse i loro popoli). Il racconto prosegue poi:

“Tutti gli uomini che uscirono dalla porta della città furono d'accordo con Camor e suo figlio Sichem e tutti i maschi della città furono circoncisi. Tre giorni dopo, mentre tutti stavano ancora soffrendo, due figli di Giacobbe, Simeone e Levi, fratelli di Dina, presero le loro spade e attaccarono la città ignara, uccidendo tutti i maschi. Passarono a fil di spada Camor e suo figlio Sichem, presero Dina dalla casa di Sichem e se ne andarono. I figli di Giacobbe si imbatterono nei cadaveri e saccheggiarono la città dove la loro sorella era stata profanata. Si impadronirono delle loro greggi, dei loro armenti, dei loro asini e di tutto ciò che avevano in città e nei campi. Portarono via tutte le loro ricchezze e tutte le loro donne e i loro bambini, prendendo come bottino tutto ciò che si trovava nelle case.

Allora Giacobbe disse a Simeone e Levi: "Mi avete procurato dei guai rendendomi odioso ai Cananei e ai Perizziti, gli abitanti di questo paese. Siamo pochi e se si uniscono contro di me e mi attaccano, io e la mia famiglia saremo distrutti".

Ma essi risposero: ‘Avrebbe dovuto trattare nostra sorella come una prostituta?’.”



Si notino gli evidenti elementi di parallelismo: il terzo giorno (contrapponendo questo comportamento a ciò che Gesù intende invece che risulti a partire dal terzo giorno); due uomini prendono le spade, quindi due spade (e sì, il testo della Septuaginta ha machaira qui, in 34,25); e quegli uomini hanno anche i nomi dei Discepoli, Simone e Levi. Si notino gli elementi paralleli meno evidenti: in Luca, Levi è un agente delle tasse, quindi moralmente contaminato dall'interesse per il commercio e lo scambio, la compravendita (come, ad esempio, vendere mantelli per comprare spade) e il denaro in generale, attraverso la "tassazione" della ricchezza e dei beni, analogamente al saccheggio di Simeone e Levi; e uno dei due Discepoli di nome Simone era "Simone lo Zelota", un rappresentante del messianismo militante, e quindi dell'omicidio e della ribellione (Luca 6:15; seguendo Marco e Matteo).

Perché Luca ha scritto questo testo


Quale potrebbe essere il senso di Luca nell'alludere a questo mito ebraico? Nel contesto, è chiaro: la via del denaro e della guerra (il saccheggio e l'uccisione "per vendetta" dei due figli di Israele) porta solo alla rovina; come la rottura di giuramenti e trattati (come fecero i due figli di Israele). Nel mito ebraico, l'omicidio e la ribellione vengono puniti come insensati, ma anche chi li persegue si indigna all'idea che abbiano fatto qualcosa di sbagliato ("Avrebbe dovuto trattare nostra sorella come una prostituta?"). La soluzione nel mito antico era filarsela da Dodge* e stabilirsi nella casa di Dio (Bethel: Genesi 35:1), un'ovvia metafora per dire: "Faresti meglio a fuggire da quella merda e andare con Dio". Questo è già chiaro nella mitologia ebraica: Simeone e Levi, in realtà le loro intere stirpi, sono effettivamente condannati e destinati all'oblio per questo crimine, per la loro violenza e per il loro tradimento (Genesi 49:5-7).

Luca rende ancora più certa l'interpretazione critica di questo antico mito aggiungendo la sua allusione ad esso (il racconto delle due spade) nel punto in cui si giustapporrebbe all'imminente scelta tra Gesù e Barabba (un "ribelle", quindi trasgressore di giuramenti e promesse, e un "assassino", quindi un uccisore di uomini anche per motivi presumibilmente giusti) e i due criminali crocifissi con Gesù. Si noti che Luca aggiunge l'affermazione che la ribellione di Barabba avvenne "in città". Questo non è presente nelle sue fonti, Marco o Matteo. Ha quindi aggiunto la sua allusione al mito di Dina, dove effettivamente la ribellione omicida di Simeone e Levi ebbe luogo "nella città" (di Sichem). Proprio mentre il popolo sceglie Barabba, e proprio mentre Gesù snobba il criminale che si prende gioco di lui con l'aspettativa di una resistenza armata, vediamo ora la critica di Luca a Simeone e Levi in chiaro rilievo: essi vengono paragonati a quegli individui. Per questo Luca fa sì che Gesù chiami i suoi due Discepoli armati "criminali", come Barabba e il malfattore beffardo. Simeone e Levi avevano solo due spade. Questo era sufficiente per peccare contro Dio; sufficiente per scegliere la strada sbagliata. Sufficiente per l'omicidio e la ribellione, che non richiedevano un esercito per essere attuati. Chiunque può peccare in questo modo. Tutto ciò che serve è la tracotanza e la ricerca di vendetta o di violenza in qualsiasi modo, per qualsiasi fine.

Moore assicura questa interpretazione con un'ampia esegesi e un'analisi di altri passi che Luca ha modificato. Egli mostra anche che altre interpretazioni ebraiche dell'episodio di Dina andavano contro il senso voluto di condanna, convertendolo in un'azione da lodare come eroica. E dimostra che questo era molto comune e discusso a livello popolare, quindi Luca non sta facendo riferimento a un testo o a un punto oscuro, ma a uno che sarebbe ben noto a chiunque avesse familiarità con l'esegesi ebraica popolare. La contrapposizione di Luca con la sua visione del tutto opposta, che ne ripristina il senso originario (come storia di malvagità da condannare ed evitare, non di eroismo da lodare ed emulare), ha pienamente senso nel suo contesto storico e letterario, e alla luce della sua agenda.

Per esempio, nel romanzo popolare (probabilmente dell'epoca), Giuseppe e Aseneth, troviamo questo:

“Ecco, avete visto queste spade? Con queste due spade il Signore Dio punì l'insulto dei Sichemiti, con il quale insultarono i figli d'Israele, a causa di nostra sorella Dina, che Sichem, figlio di Camor, aveva profanato.”
Gius Asen. 23:14


"Vedi, Signore, ecco due spade". È quasi una ripresa letterale di questo testo. Eppure questo testo rappresenta la storia come eroica; Luca sta capovolgendo il senso, mettendola in relazione con Isaia 53,12 e con i suoi echi altrove nella sua narrazione della passione, rappresentandola come scellerata, esattamente al pari di Barabba e del malfattore beffardo, una triade di esempi della via sbagliata, la via condannata del messianismo. Luca sta ampliando il concetto marciano di astensione dalla vendetta personale (lasciandola a Dio: Marco 6,10-12; Luca 10,10-12; cfr. 9,4-6), criticandola come criminale. Quindi "gli apostoli e i discepoli di Gesù non devono vendicarsi di coloro che rifiutano il loro messaggio. Non devono vendicarsi. Invece, il giudizio finale contro" queste persone "appartiene a Dio, non a loro" (Moore, Two Swords, 255).

Moore ha così spiegato perché sono solo due spade, perché questo è "sufficiente" e perché Gesù evoca Isaia 53:12 per condannare qualcosa che presumibilmente ha appena comandato:

“Il possesso di due spade - e non di più - non è appropriato né per motivi legali né per considerazioni militari o pragmatiche, ma piuttosto perché gli apostoli credono di vivere in un regno divinamente ordinato. Sconfiggeranno i loro avversari con due spade perché il Signore è con loro come lo era con i loro antenati Simeone e Levi.”
Moore, Two Swords, 276-77


Gesù sta mettendo alla prova i suoi discepoli (come ha già fatto tre volte in questo stesso capitolo, con Giuda, Pietro, e Giacomo e Giovanni), e come in ogni altro caso in questo capitolo, essi hanno fallito, vedendosi ora come Simeone e Levi - e quindi non riuscendo a cogliere il ragionamento di Gesù (un dispositivo standard in tutti i Vangeli). Anche qui c'è un elemento decisivo. Sebbene Moore si opponga all'idea di leggere il comando di Gesù come un'istruzione, per coloro che hanno i mezzi, di prendere una borsa e una sacca (e presumibilmente dei sandali), e per coloro che sono senza mezzi di vendere il loro scialle e comprare una lama (Two Swords, 258-60), Moore trascura il significato reale di questo: Gesù sta dicendo che è giunto il momento di fare qualcosa di concreto, e di investire monetariamente nella missione evangelica; mentre coloro che non raccolgono nulla da investire dovrebbero vendere anche le risorse che hanno e impugnare invece la spada. Questa affermazione sottolinea la follia (e l’esito negativo) della sua direttiva: chi ha i mezzi non dovrebbe imbracciare la spada; solo coloro che si percepiscono come derelitti (nonostante, a quanto pare, abbiano uno scialle da vendere, del valore sufficiente per acquistare costose lame in acciaio, quando era già stato detto loro di non possedere nemmeno due camicie) dovrebbero ricorrere alle spade.

Nel discorso di un guru moderno, riconosceremmo questo sedicente proverbio come un oscuro sarcasmo. Solo gli illuminati sono destinati a capire. L'accostamento delle due preposizioni, "coloro che hanno" (echôn), sembra quindi in questo contesto un doppio senso: sembra che Gesù stia dicendo "che hanno mezzi" (eppure non parla mai di denaro vero e proprio, ma solo di borse e borsette in cui raccoglierlo, inaugurando la colletta per la missione cristiana), ma in realtà sta dicendo "che hanno senno o comprensione; che hanno ascoltato, prestato attenzione" (senso §A.9 in Liddell & Scott). In altre parole, gli studiosi hanno tradotto erroneamente questo passo come se significasse esattamente il contrario di ciò che Gesù ha effettivamente detto, commettendo lo stesso errore che Luca fa commettere ai Discepoli.

La frase chiave deve essere intesa come scritta esattamente: alla nun ho echōn ballantion aratō homoiōs kai pēran kai ho mē echōn pōlēsatō to himation autou kai agorasatō machairan, “Ma ora, chi ha [intelletto] dovrebbe prendere una bisaccia e similmente una sacca ; e chi non [capisce] dovrebbe vendere il suo scialle e comprare una lama”. E i discepoli che non riescono a capire sono quelli che non riescono a capire che Gesù sta parlando di “intelligenza” e non di “mezzi materiali”. E dimostreranno questo fallimento nella scena successiva quando estrarranno una di queste spade per attaccare qualcuno – e Gesù denuncerà e annullerà ciò che hanno fatto:

“Quando i seguaci di Gesù videro ciò che stava per accadere, dissero: "Signore, dobbiamo colpire con le nostre spade?". E uno di loro colpì il servo del sommo sacerdote, tagliandogli l'orecchio destro. Ma Gesù rispose: "Basta con questo!". E toccò l'orecchio dell'uomo e lo guarì.”

Notate tutte le cose che Luca ha aggiunto a questa storia, abbellendo le sue fonti, che non contengono tali dettagli. Confrontate Marco 14,47, che non dice nemmeno che è stato un discepolo ad attaccare; e Matteo 26,51-54, che elabora un messaggio simile a quello di Luca, ma Luca non usa nulla di tutto ciò, aggiungendo invece dettagli diversi, che collegano il messaggio al suo racconto delle due spade. Solo nella narrazione di Luca, i discepoli chiedono a Gesù se "devono usare le loro spade" (plurale), segnalando la consapevolezza dell'autore del loro fraintendimento dell'istruzione precedente di Gesù. E ora Gesù risponde con "Basta con questo" (eate heôs toutou), o forse, più precisamente, "Permettete solo questo", come a dire "andate solo fino a questo punto", che è più simile al "Basta!" che gli esegeti moderni hanno cercato di estrarre dal racconto delle due spade, segnalando la consapevolezza dell'autore della giustapposizione di questi due sensi. In entrambi i casi, l'istruzione reale di Gesù era di non usare più la violenza.

Ecco come si deve intendere il messaggio che Luca vuole che Gesù trasmetta. Quando si confrontano sia il racconto delle due spade sia l'uso effettivo di quelle spade, chi "ha" capito sa che Gesù intendeva dire che la strada della "spartizione del bottino" con Gesù non è quella di Simeone e Levi (la violenza mondana per i beni del mondo, con il pretesto di perseguire la giustizia), ma quella del missionario pacifico, che guadagna denaro solo con la carità e lo usa solo per la missione. Coloro che " capiscono ", prendono borsa e sacca; mentre coloro che " non capiscono " venderanno pure quello che hanno per un'arma di violenza, la via di Barabba e del malfattore beffardo, di Simeone e di Levi, che porta tutti alla distruzione, non al bottino del Regno di Dio.

Una volta visto tutto questo, diventa ovvio che questa è l'intenzione di Luca. Abbiamo così spiegato cosa ci fa qui questo bizzarro inciso e ogni suo strano elemento. Altre teorie (compresa quella di Bemejo-Rubio) non lo spiegano, e quindi hanno una probabilità molto bassa (non rendono il contenuto di questo racconto atteso e quindi probabile). La teoria di Moore (soprattutto come qui esposta) lo spiega, e quindi ha una probabilità molto alta (rende il contenuto di questo racconto atteso e quindi probabile). La combinazione di un elevato rapporto di probabilità con una più alta probabilità a priori ci porta a una certezza ancora maggiore che questo racconto inserito e ideato dallo stesso Luca è un mito, progettato per vendere un messaggio esegetico; non ha alcun background storico.

Conclusione

La storia delle “due spade” è un buon esempio del perché lo storicismo è un paradigma che non funziona. Partendo dal presupposto che "deve" esserci qualcosa di storico da estrarre, gli storici si lanciano in distorsioni implausibili per spiegare perché un passaggio esiste in un Vangelo, nella forma in cui lo troviamo. Mentre se assumiamo che i Vangeli siano interamente mito (come ampiamente dimostrato, in contrasto con la storicità: in essi ci sono centinaia di racconti mitici ben consolidati; non ce ne sono di storici chiari o nemmeno plausibili), allora stiamo cercando finalmente nei posti giusti per comprenderne i contenuti.

Comprendendo la favola di Luca delle due spade nei suoi termini - ogni parola, ogni punto, ogni frase, ogni componente scelto da Luca per un motivo - arriviamo a una spiegazione molto più plausibile del perché Luca l'abbia inserita qui, e del perché solo lui abbia pensato di farlo, e del perché abbia la forma bizzarra che ha, che non ha alcun senso storico. Non si può combattere una banda di nemici con due sole spade; non si può plausibilmente comprare una spada con un mantello da popolano; nessuno ha seguito l'istruzione di comprare spade in ogni caso; e va contro l'intero disegno di Luca anche solo suggerire (tanto meno "ricordare" a qualcuno) che Gesù avrebbe ordinato una cosa del genere. Ma ha senso come allegoria mitica, un altro esempio di fraintendimento da parte dei Discepoli delle lezioni criptiche di Gesù. Si adatta poi al suo contesto e alle particolari tendenze di Luca nella composizione delle parabole. E tutte le sue caratteristiche sono spiegate.
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*[size=7]Dodge City, Kansas, nota per i pistoleri, il gioco d'azzardo, i bordelli e i saloon, un “bel” posticino! Get the hell out of Dodge significa andarsene via immediatamente. [NdT]








 
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CAT_IMG Posted on 4/3/2024, 07:36
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CITAZIONE
L'ingresso trionfale? Implausibile dal punto di vista storico, persino narrativo. Inventato dalle scritture. Mai avvenuto. La purificazione del tempio? Stessa cosa: inverosimile sotto ogni punto di vista; inventato dalle scritture. Non c'è nessuna "storia reale" credibile dietro queste cose, militanti o meno. Sono state inventate dagli autori del Vangelo per far accettare le loro argomentazioni.

Non è vero, storicamente Giovanni figlio di Levi fece tutte queste cose.

Le due spade posso riferirsi a Simone ( bargiora) e al figlio di Levi ( Giovanni ).

Giovanni stesso, prima di farsi re a Gerusalemme, diceva ai suoi interlocutori di non ribellarsi ai romani (Vita di Giuseppe Flavio).

La stessa storia è riportata con qualche variante dai rabbini in Avoth deRabbi Nathan (versione B, capitolo 4: 5), dove è Giovanni il protagonista ( al posto del Gesù evangelico ), che si consegna ai romani con la volontà di dare due armi simboliche, archi e frecce, in segno di resa, a Vespasiano. Chi volle invece continuare a combattere fu Simone detto bargiora ( chiamato Bariona nei Vangeli e in alcuni manoscritti di Cassio Dione), chiamato dai rabbini Abba Sikra o ben Batiac;costui,assieme ad Eliezer, portarono una splendida vittoria su Cestio Gallo:

"Quando Vespasiano venne per distruggere Gerusalemme , disse loro: 'Stolti! Perché cerchi di bruciare la santa casa? Dopo tutto, cosa ti sto chiedendo? Ti chiedo semplicemente di lasciarmi a ciascuno il suo arco e la sua freccia, e io mi allontanerò da te. ' Gli risposero: "Proprio come siamo usciti contro due [eserciti romani] che sono venuti prima di te e li hanno uccisi, così anche noi usciremo contro di te e ti uccideremo!" (cioè il riferimento è al generale romano Cestio che fu sconfitto dai Giudei nel 66 d.C., segnando l'inizio della guerra con Roma). Quando il nostro Maestro, Yochanan b. Zakkai, udite queste parole, chiamò gli uomini di Gerusalemme e disse loro: 'Figli miei, perché dovreste distruggere questa città o cercare di bruciare la santa casa !? Dopo tutto, cosa ti sta chiedendo (cioè Vespasiano)? Guarda, non ti sta chiedendo nulla se non che lasci i tuoi archi e le frecce, e lui si allontanerà da te ». Gli risposero: "Proprio come siamo usciti contro due [eserciti romani] prima di lui e li abbiamo uccisi, così anche noi usciremo contro di lui e lo uccideremo". Vespasiano aveva uomini in armatura posizionati lungo le mura di Gerusalemme e informatori all'interno della città. Tutto ciò che sentivano, lo scrivevano sulle frecce e lanciavano le frecce fuori dal muro, una delle quali diceva che Rabban Yochanan b. Zakkai era tra quelli che ammiravano il Cesare e che menzionava questo fatto al popolo di Gerusalemme. Quando Rabbi Yochanan b. I ripetuti avvertimenti di Zakkai rimasero inascoltati, mandò a chiamare i suoi discepoli, Rabbi Eliezer [b. Hyrcanus] e Rabbi Yehoshua [b. Hananiah]. Disse loro: 'Figli miei, alzatevi e portatemi fuori da questo posto! Fammi una bara e ci dormirò ». Il rabbino Eliezer si tenne all'estremità anteriore della bara e il rabbino Yehoshua si tenne all'estremità posteriore. Portarono la bara mentre vi giaceva fino al tramonto, finché non si fermarono alle porte delle mura di Gerusalemme. I facchini ai cancelli chiesero chi fosse morto. Risposero loro: "È un uomo morto, come se non sapessi che non ci è permesso lasciare che un cadavere rimanga a Gerusalemme durante la notte!" I facchini hanno risposto: "Se è un morto, rimuovilo". Quindi lo rimossero e rimasero con lui fino al tramonto del sole, che, a quel punto, avevano raggiunto Vespasiano. Hanno aperto la bara e lui si è alzato in piedi davanti a lui. Lui (cioè Vespasiano) gli chiese: 'Sei Rabban Yochanan b. Zakkai? Chiedi che cosa ti darò. Gli disse: 'Non chiedo nulla, tranne Yavneh (Jamnia). Andrò e vi insegnerò ai miei discepoli e vi stabilirò la preghiera, e vi adempirò tutti i doveri prescritti dalla Legge divina '. Gli rispose: "Va 'e fa' tutto quello che vuoi". Rabbi Yochanan b. Zakkai allora gli disse: "Vuoi che ti dica una cosa?" Vespasiano gli rispose: "Dillo". Gli disse: "Sei destinato a governare l' Impero Romano !" Gli chiese: "Come fai a saperlo?" Egli rispose: 'Così ci è stato tramandato che la santa casa non sarà data nelle mani di un semplice cittadino, ma piuttosto nelle mani di un re, come dice (Isaia 10:34) : abbattete i cespugli della foresta con uno [strumento] di ferro, e il Libano cadrà per uno potente ". Dissero che non erano passati più di due o tre giorni quando un certo messaggero venne dalla sua città, informandolo che Cesare era appena morto e che lo avevano nominato a capo dell'Impero Romano. Gli portarono una catapulta di legno di cedro indurito e la girarono verso le mura di Gerusalemme. Gli portarono assi di legno di cedro e le misero nella catapulta di legno di cedro indurito, e lui avrebbe colpito il muro con loro finché non avesse fatto una breccia nel muro ... Quando Rabban Yochanan b. Zakkai sentì che lui (cioè il figlio di Cesare, Tito , che era rimasto a governare l'esercito romano) distrusse Gerusalemme e bruciò la santa casa con il fuoco, si stracciò le vesti, ei suoi discepoli si stracciarono le vesti, e piangevano e gridavano e martellandosi il petto come persone in lutto, ecc."

https://it.xcv.wiki/wiki/Yohanan_ben_Zakkai

Edited by Baphomet - 4/3/2024, 08:14
 
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