Origini delle Religioni

IL BARABBA ARAMAICO

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barionu
CAT_IMG Posted on 19/8/2015, 16:44 by: barionu
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originariamente il topic si chiamava SEMITISMI NEL NUOVO TESTAMENTO

ma dopo il mio BAN da parte de l' infame TEODORO STUDITA diventò quello che leggete ,

SEGNALO NELLE PRIME 3 PAGINE IL MIO SCONTRO CON GLI ADMIN , se volte farvi 2 risate ....

in particolare lo scambio con la ADMIN FRANCES : 3/7/2010, 20:27




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SAULNIER




Eusebio (H.E. IV, VII) parlando di una refutazione che Agrippa Castor avrebbe fatto delle opere di Basilide ci dice:

Esponendo i suoi misteri egli [Agrippa Castor] ci dice che Basilide scrisse ventiquattro libri concernenti il Vangelo e che egli inventò, per i suoi fini, profeti chiamati Barkabbas e Barkoph ed altri ancora mai esistiti, e diede loro questi nomi barbari per impressionare coloro che si meravigliano per tali cose.

Da molto tempo mi domando chi siano questi due profeti che Agrippa Castor (o Eusebio?) dice essere invenzioni di Basilide, nomi barbari per impressionare coloro che si meravigliano di tali cose.

Βαρκαββαν και Βαρκωφ.

Barkabbas e Barkoph.

Martin Routh in Reliquiae sacrae (vol.1), Annotationes in Agrippam Castorem ci informa riguardo ad alcune varianti testuali concernenti questi due nomi, varianti che potrebbero aiutare a decifrare questa questione, in particolare per quanto riguarda il secondo nome: Barkoph.

Routh ci informa che uno dei codici fiorentini ispezionati da Gronovio porta in effetti Βαρχωχεας al posto di Βαρκοφ, e in un altro codice, parigino, utilizzato da Burtonus leggiamo invece Βαρκακαβαν.
Barchaban e Barcob sono i nomi che ritroviamo in molti manoscritti di Gerolamo e Rufino e Barchabam e Barchabos in un altro manoscritto di Rufino.

Hoc denique notabo, in multis tam Rufini quam Hieronymi codicibus exhiberi haec nomina sic scripta, Barchaban et Barcob, sed Barchabam et Barchabos in Hist. Rufini MS. membraneo Collegii S. Magdal.Oxonii. Habet Βαρκακαβαν cum circumflexo cod. Paris. i. in usum Burtoni collatus, Βαρχωχεας pro Βαρκοφ unus e codd. Florentinis a Gronovio inspectis.

Queste varianti risultano più facilmente comprensibili sapendo che in greco la φ non si pronuncia F ma è una π seguita da una aspirazione e che la χ non si pronuncia chi (dura) ma è una κ seguita da un’aspirazione. Assistiamo nelle varianti riportate nei diversi manoscritti di Eusebio (in Routh op.cit.) e nelle derivate traduzioni latine di Gerolamo e Rufino alla sostituzione della χ con la κ e della labiale addolcita β con la labiale aspirata φ.
Ad esempio nel codex Regius (Historia Ecclesiastica) i nomi sono Βαρκαβαν και Βαρκωφ

Simone soprannominato Bar Kokhva (o Bar Kokhba), il figlio della stella*, Messia sconfitto da Adriano e, praticamente contemporaneo di Basilide è chiamato Βαρχωχεβα da Giustino e dallo stesso Eusebio. Che sia proprio lui il profeta Barkoph menzionato da Agrippa Castor?

*La stella messianica della profezia di Baalam, Numeri, 24,17: Io lo vedo, ma non ora, io lo contemplo, ma non da vicino: Una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele, spezza le tempie di Moab e il cranio dei figli di Set.

Se così stanno le cose, ovvero se il profeta Βαρκωφ coincide con Βαρχωχεβα, Simon Bar Kokhva, chi è il secondo profeta soprannominato Barkabbas?

Nel “De Haeresibus Liber” nel capitolo intitolato “Catalogus eorum qui post Christi passionem haereseos arguuntur” Philastrius, vescovo di Brescia, (IV secolo) scriveva:

Addunt etiam prophetas quosdam natos de ea, specioso nomine, ut Barcabban. Alii autem evangelium consummationis et visiones inanes et plenas fallaciae et somnia videre diversa asserunt delirantes.

Due edizioni consultate da Oehler (Corporis Haereseologici, vol.1) la Ba (Basilensem) e la Bb (Lugdunensem) portano rispettivamente invece di Barcabbam, Barabban e Barabbam.

Il profeta Barkabba si ritrova associato ad un Evangelium Consummationis, a deliranti visioni piene di falsità...
L’Apocalisse.
Il primo ed unico vangelo (buona novella) dei giudeo-cristiani, profezia traboccante di visioni deliranti, manifesto di guerra del sedicente Messia crocifisso da Ponzio Pilato.

Per quale motivo il nome Barabba si è trasformato in Barkabba?

Al secondo secolo Simone, il leader messianico della rivolta contro Adriano, dapprima soprannominato Bar Kochva (il figlio della Stella) divenne per i rabbini, dopo il fallimento della sua missione Bar Kozeba (il figlio della Menzogna) seguendo una trasformazione analoga a quella che ha cambiato Yeshua in Yeshu.

Barabba, il nome di guerra del Cristo crocifisso da Ponzio Pilato può essere diventato per gli ebrei, dopo il fallimento della sua missione, Barkabba?

Qual è il significato della parola Barkabba?

Epiphanius di Salamina (IV secolo) nel Panarion (Haer. 17):

...questi stessi illusi presentano non so quale profeta chiamato Barkabba, uno degno del suo nome. Kabba infatti in lingua siriaca significa ‘adulterio’ (πορνεια), e in ebraico ‘assassinio’.

Secondo Epifanio Barkabba significa in aramaico, il figlio dell’adulterio e in ebraico figlio dell’assassinio (ed è in seguito ad una rivolta e ad un omicidio che Barabba e compagni vengono arrestati nei Vangeli).

Ancora un gioco di parole rabbinico per denigrare il profeta che, traboccante di folle orgoglio, si era autoproclamato Barabba, e che aveva concluso la sua missione appeso al legno maledetto della croce?

Dove trovare un’eco di quelle leggende che fanno di Gesù il figlio di un adulterio?

Nelle sinagoghe naturalmente. I racconti rabbinici fanno del Cristo il figlio di un’adultera e nei Toledoth è precisamente da un rapporto adulterino di Maria che nasce Yeshu, il “bastardo figlio di un’impura”.

Toledoth Jeshu, versione di Wagenseil in Tela Ignea Satanae, 1681.

Giuseppe Panthera seguì questo consiglio e non cessava di passare davanti la porta di Maria senza trovare il momento conveniente fino ad un certo sabato sera. Egli trovò Maria sull’uscio della sua casa, passò con lei nel corridoio antistante la porta e si sdraiò con lei. Lei credeva che fosse Yohanan, il suo fidanzato e gli disse “Non mi toccare poiché sono in una stato di impurità”, ma egli non volle sentire ragioni e dopo averla presa a suo piacimento ritornò a casa sua.

Il significato ‘profondo’ di questi racconti va oltre quella che a prima vista appare una calunnia blasfema.

I rabbini, nei loro Toledoth, facendo nascere Yeshu da un rapporto adulterino hanno voluto ristabilire quella verità che i padri della Chiesa avevano irrimediabilmente adulterato.

Colui che i Nozrim, chiamano Figlio di Dio, e che nella vita si era autoproclamato Barabba, con la sua morte aveva dimostrato di non meritare che il titolo di Barkabba, figlio dell’adulterio.

Allo stesso modo lo Yeshua, assunto a Salvatore dei cristiani gentili dopo aver fallito la sua missione di Salvatore per i cristiani zeloti, per i giudei divenne Yeshu (che il suo nome e la sua memoria siano cancellati).
Facendo nascere Yeshu da un adulterio, i rabbini potrebbero aver voluto affermare che Barabba e Barkabba nella Storia non fanno che uno.

Yeshua e Yeshu, Barkabba e Barabba, BarKokhba e Bar Koziba, sono le due facce della stessa medaglia, nomi sdoppiati in argute facezie rabbiniche.

Il cristianesimo, figlio adulterino della religione giudaica, crede di adorare il figlio di Dio, Barabba, quando in realtà non adora che il figlio dell’adulterio, Barkabba.

Coloro che Epifanio e Philastrius pretendevano di denigrare, erano probabilmente gli ultimi seguaci della setta giudeo-cristiana primitiva, la crisalide dalla quale si è evoluto il cristianesimo paolino.

Si trattava di coloro che non avevano rinunciato al sogno millenarista di Barabba, una setta giudaica che attendeva, ancora al IV secolo, il ritorno del loro profeta e credeva nelle visioni deliranti della sua Apocalisse.
Nella vita di Santa Nino (composta tra il VII e il IX secolo) martirizzata in Georgia al IV secolo vi è un’importante testimonianza della presenza di questa setta giudaica nella regione caucasica (Studia Biblica et ecclesiastica : essays chiefly in Biblical and patristic criticism, Life of St.Nino).

Lì vi erano anche i Giudei di Mtzkhet’ha, che non erano battezzati, a parte i Cabrabiani*, tra i quali furono battezzati cinquanta anime ed essi divennero veri Cristiani.

*Nota nel testo: Kart’hl. Tzkh: ‘Barabiani’ così sono detti i discendenti di Barabbas

L’edizione migliore, (Kart’hlis Moktzevisa) porta Barabiani invece di Cabrabiani, e più che i discendenti di Barabba con questo termine bisogna intendere i seguaci del profeta Barabba, coloro che al IV secolo consideravano Barabba l’unico vero profeta e attendevano la venuta dell’Agnello dal Cielo, aspettando di gioire con il Cristo redento delle delizie millenariste evocate da Papia ed Ireneo nel II secolo.
Nel racconto leggendario della Vita di Santa Nino vediamo cinquanta anime tra i Barabiani essere battezzati e diventare così veri Cristiani. In verità questi cinquanta furono gli apostati, i veri Cristiani furono quei Giudei che rimasero Barabiani e continuarono a guardare all’Apocalisse come l’unico testo sacro della dottrina cristiano-millenarista, la profezia del Cristo crocifisso da Ponzio Pilato.

Eusebio nel passaggio citato mette in relazione i più grandi profeti dei primi due secoli dell’era cristiana, il primo soprannominato Barabba, crocifisso durante l’impero Tiberio, il secondo Barkokhva, ucciso sotto Adriano.

Io credo che Eusebio faccia esattamente lo stesso in un altro passaggio usando uno strumento analogo: la citazione di un’opera ‘perduta’ non più di Agrippa Castor ma di Giulio Africano (H.E., I, VII, 14):

Fra loro [gli Ebrei] si trovavano di quelli di cui abbiamo parlato prima, chiamati δεσπόσυνοι per la loro parentela col Salvatore: originari dei villaggi giudaici di Nazaron e di Kokhaba (Ναζάρων καὶ Κωχαβα)

Lungi dall’essere una testimonianza dell’esistenza di un villaggio di nome Nazareth, questa frase mette in relazione tra loro due città simboliche legate indissolubilmente, attraverso il loro nome, ai due personaggi protagonisti di più di un secolo di cruente rivolte messianiche, Simone Bar Kokhba (da cui il villaggio di Kokhaba) e Barabbas, il Nazareno (da cui il villaggio di Nazaron).




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Barabba fu il soprannome del profeta crocifisso da Ponzio Pilato?
Io credo di sì.

Ben noto è il passaggio dell’In Flaccum del filosofo giudeo Filone Alessandrino.
Siamo nell’anno 38 A.D., pochissimi anni dopo la crocifissione di Cristo, ad Alessandria, patria di Filone, una città in cui l’odio per la popolazione giudaica non aveva pari nel resto del mondo.
Prima di prendere possesso del suo regno, Agrippa vi si recò per fare visita ad Alessandro l’alabarca (il fratello di Filone) che lo aveva aiutato sostenendolo economicamente non molto tempo prima.

La popolazione di Alessandria, che aveva in odio i Giudei e quindi anche Agrippa, pretendente al trono di Giudea, organizzò al Gymnasium, non distante dal quartiere giudeo, una farsa, una mascherata per ricordare ad Agrippa quanto inconsistenti fossero le sue pretese di regalità.

La popolazione non giudea di Alessandria, per deridere Agrippa, organizzò una parodia regale che somiglia in maniera sorprendente alla scena della Passione.

Non è difficile immaginare come molte persone della popolazione di Alessandria, giudei e non, siano stati testimoni oculari della crocifissione del Nazareno e che questa, per la sua importanza, rimase ben impressa nella loro memoria.

Numerosi eruditi si sono avveduti delle curiose similitudini tra la scena descritta da Filone e quella dei Vangeli, già Grotius nel 1641 nel suo commentario al nuovo testamento aveva rilevato le analogie tra la mascherata del Gymnasium e la scena della passione.
Per comprendere di cosa stiamo parlando:
In Flaccum (36-39) secondo la traduzione dell’abate Pelletier:

Vi era in Alessandria un tale chiamato Karabas che era malato di follia, non di quella follia selvaggia e furiosa poiché quest’ultima è pericolosa per coloro che ne soffrono e per coloro che li avvicinano; ma di una follia benigna e più dolce. Questo individuo, che errava giorno e notte nudo per le strade, senza cercare di evitare il caldo e il freddo, era lo zimbello della gioventù e dei giovani sfaccendati.
Spingendo tutti insieme questo disgraziato fino al Gymnasium essi lo fecero salire sopra un palco ben alto perché tutti potessero vederlo.
A guisa di diadema gli misero sul capo una foglia di papiro e sul resto del corpo, come mantello, un ruvido tappeto; poi un tale, vedendo un giunco di papiro lungo la strada, lo strappò e glielo mise in mano a guisa di scettro.
Dopo averlo così decorato con le insegne della regalità e atteggiato a re, come al teatro nelle farse, alcuni giovani con dei bastoni in spalla, a guisa di lancieri, formarono intorno a lui la guardia del corpo. In seguito altri venivano, chi per salutarlo, chi per farsi rendere giustizia, chi per consultarlo sugli affari pubblici. Poi dalla folla che si era riunita tutta intorno, si alzò uno strano grido, il nome di Marin* è, si dice, il titolo che si dà al sovrano in Siria, poiché essi sapevano che Agrippa era di razza siriana e che era di una parte importante della Siria che andava a prendere il regno.

*In effetti MRN (Maran) è la trascrizione greca del titolo aramaico utilizzato per rivolgersi al sovrano. Vedi anche la prima lettera ai Corinzi (16,22) Maran atha: il Signore viene!

Parodia della crocifissione di Cristo?

Confrontiamo il brano con la Passione nel Vangelo di Matteo.
Mt: 27,26-29: Allora rilasciò loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò ai soldati perché fosse crocifisso. Allora i soldati del governatore condussero Gesù nel pretorio e gli radunarono attorno tutta la coorte. Spogliatolo, gli misero addosso un manto scarlatto e, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo, con una canna nella destra; poi mentre gli si inginocchiavano davanti, lo schernivano: «Salve, re dei Giudei!»

Affianchiamo ora il brano di Filone al Vangelo apocrifo di Pietro, le similitudini diventano impressionanti.

Ed essi preso il Signore, gli davano spintoni, correndo e dicevano: “Trasciniamo via il Figlio di Dio*, ora che abbiamo potere su di lui!” Poi gli misero addosso della porpora e lo fecero sedere sul seggio del tribunale, dicendo: “Giudica con equità, re di Israele!” E uno di essi portata una corona di spine, la pose sul capo del Signore. E altri standogli attorno, gli sputavano in viso, altri lo schiaffeggiavano sulle guance, altri lo colpivano con una canna, e alcuni lo flagellavano, dicendo: “Rendiamo onore, con questi omaggi, al figlio di Dio”

*I Romani chiamano ripetutamente in tono canzonatorio Gesù, Figlio di Dio, dimostrando di conoscere perfettamente l’etimologia del suo soprannome, Barabba.

Quello che colpisce di più nel vangelo di Pietro è questo riferimento esplicito al giudizio, che trova un riscontro preciso nella parodia alessandrina e che ha ottime probabilità di essere molto antico, come possiamo comprendere da una frase che ritroviamo nella prima Apologia di Giustino (XV) al II secolo.

E infatti come il profeta aveva predetto, essi lo tormentarono e lo misero su un trono dicendogli: “Giudicaci”.

Il passaggio relativo alla derisione sul giudizio da parte dei soldati romani “Giudica con equità, re di Israele”, conosciuto anche da Giustino, è scomparso dai vangeli canonici.

Probabilmente perché troppo da vicino ricordava l’Apocalisse, la delirante profezia del Cristo crocifisso dal Pilato, il suo manifesto di guerra.
Chi era questo Giudice oggetto della derisione dei soldati romani dopo il fallimento della sua missione?

Apocalisse, XVI:”Sei giusto, tu che sei e che eri, tu, il Santo, poiché così hai giudicato. Essi hanno versato il sangue di santi e di profeti, tu hai dato loro sangue da bere: ne sono ben degni!”. Udii una voce che veniva dall'altare e diceva: “Sì, Signore, Dio onnipotente; veri e giusti sono i tuoi giudizi!”

Anche lo scherno, il dileggio crudele dei soldati romani per quanto rivoltanti acquistano un significato dopo la lettura di queste parole.
Cosa voleva realmente lo Yeshua Barabba dei Giudeo-cristiani?
Chi doveva essere giudicato da questo profeta visionario?

Chi doveva bere il proprio sangue e finire pigiato nel tino della collera furiosa del Dio Onnipotente?

Se le cose stanno effettivamente così come ha potuto Barabbas a trasformarsi in Karabas?

Nessun manoscritto delle opere storiche di Filone che ci sono state trasmesse (vedi Smallwood, 1961) è anteriore al X secolo, ma soprattutto tutti i manoscritti derivano da un archetipo unico, ricopiato da scribi cristiani tra il IV ed il X secolo.
Una verità già riconosciuta nel 1896 da Cohn e Wendland (Philonis Alexandrini Opera quae supersunt) e che mette anche Filone nelle stesse condizioni di Tacito, Svetonio e Giuseppe Flavio.

Omnibus codicibus enumerati set descriptis nunc de auctoritate et dignitate singulorum codicum et generum et de ratione qua in recensendo Philone singuli adhibendi sint nonnulla dicamus. Codices omnes ex uno archetypo derivatos esse pro certo affirmari potest. Arguunt hoc quidem multi loci in omnibus libris manuscriptis aperte corrupti vel interpolati.

Archetipo unico e passaggi corrotti o interpolati (corrupti vel interpolati).

Avremmo dunque a che fare con un’interpolazione?

Io non lo credo.

Se in scrittura onciale la confusione tra la B e la K appare molto improbabile, altrettanto non può affermarsi per la minuscola greca* dove le due lettere possono essere facilmente confuse (e in molti casi lo sono effettivamente state).
Il vescovo di Creta Andreas Hyerosolimitanus (VII-VIII secolo), come riportato in nota nella Patrologia Graeca di Migne (Vol.190, Epiphanius Monachus) chiama Barpanther, Karpanther confondendo la B con la K, esattamente come Barabas/Karabas.

*Paleografia greca e latina di Edward Maunde Thompson (pag.47): La deformazione graduale delle pure onciali antiche con questo progressivo sviluppo di caratteri più corsivi, condusse necessariamente alla formazione delle lettere minuscole. Col cominciare del VI secolo, moltissime lettere di quelle che vennero chiamate di forma minuscola, si erano già individualmente sviluppate. Per esempio, le tre lettere B, H e K, che nella loro forma capitale od onciale erano affatto distinte, avevano in quel tempo assunto forme non molto dissimili, e che da un lettore trascurato potevano esser confuse.

Sapendo che i manoscritti di Filone derivano da un archetipo unico (se l'errore è nell'archetipo cercare differenti lezioni testuali nei manoscritti che ci sono pervenuti non ha senso) possiamo affermare che la paleografia greca rende possibile il passaggio da Barabas a Karabas.

In effetti, già nell’edizione di Cohn e Wendland, Philonis Alexandrini Opera quae supersunt, vol.6, In Flaccum, in nota su Karabas Cohn riporta: “Kαραβας, Βαραβας vel Βαραββας, fortasse recte”.

Sui vari modi in cui il nome Barabba si ritrova nella tradizione evangelica manoscritta (con o senza doppia β, con o senza doppia ρ) vedere il Novum Testamentum graece di Constantin von Tischendorf, note su Mt27,16.

Origene in Comm. In Mattheum, tomo XIV, nomina più volte il sedizioso rilasciato da Pilato Βαραβας con una sola β.

Anche il profeta Βαρκαββαν nei manoscritti della Historia Ecclesiastica è scritto con o senza la doppia β.

Sono convinto che è stato proprio questo errore di un copista che ha salvato l’intero testo dall’epurazione completa, in un periodo in cui (tra il VI e il X secolo) più nessuno ormai osava identificare il sedizioso Barabba con il Nazareno crocifisso da Ponzio Pilato.

Perché?

Perché a questa epurazione non è scampata la Legatio ad Caium dove avremmo potuto conoscere qualche dettaglio in più sulla farsa alessandrina, ma una lacuna dolosa ci priva dell’ ulteriore resoconto (sulla lacuna vedi in particolare Smallwood e Cohn):

Agrippa si era arrestato nella nostra città (Alessandria) al momento di raggiungere la Siria per prendere possesso del regno con cui egli era stato gratificato [lacuna]






Edited by barionu - 19/9/2021, 11:31
 
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