Origini delle Religioni

NEL NOME DELLA CROCE

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CAT_IMG Posted on 27/10/2018, 08:16
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www.bollatiboringhieri.it/libri/ca...-9788833929699/


www.criticaletteraria.org/2018/09/...rine-nixey.html

LA DISTRUZIONE DELLE BIBLIOTECHE E DEGLI ANTICHI SCRITTI:

OVVERO LA DISTRUZIONE VOLONTARIA DELLE MEMORIE DEL PASSATO

www.veja.it/2017/06/10/la-distruzio...ie-del-passato/

IL SERAPEO DI ALESSANDRIA


https://it.wikipedia.org/wiki/Serapeo_di_Alessandria

LUCIANO CANFORA

www.tecalibri.info/C/CANFORA-L_biblioteca.htm



CONTRO LA NIXEY


www.uccronline.it/2018/10/12/i-cri...-un-falso-mito/

www.uccronline.it/2018/06/15/la-di...sia-che-storia/


::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::


Cara Roxi ..... :wub: :wub: :wub: :wub: :wub: :wub: :wub: :wub: :wub: :wub: :wub:

prenditi tutto il tempo che vuoi ......

https://historyforatheists.com/2017/11/rev...-darkening-age/



zio ot :rolleyes:

Edited by barionu - 2/11/2018, 19:49
 
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CAT_IMG Posted on 27/10/2018, 13:51
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L'invisibile e l'inesistente si somigliano molto. (Delos B. McKown, The Mythmaker's Magic)

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Roxi, a mio avviso non dovresti tradurre una parola di quel bastardo anti-miticista di Tim O'Neill e la sua "pseudo-storia per atei".

O'Neill è un dichiarato bugiardo, un mentitore, un mentecatto... ...e un gran figlio di puttana.

Piuttosto, si legga qui.
 
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CAT_IMG Posted on 27/10/2018, 13:56
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OK, havi , grazie per il tuo link ,

ma è una MIA richiesta a Roxi , quindi stai cheto .... laser

Roxi , in tutta calma ... -_-


zio ot :B):

Edited by barionu - 27/10/2018, 15:04
 
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CAT_IMG Posted on 27/10/2018, 13:59
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Insisto: roxi, non fai un servizio alla verità se ti presti a divulgare le stronzate di Tim O'Neill, la quintessenza di come si possa essere stupidi ancorchè atei.

Barionu, cambia autore e articolo, non credo che tu non ne conosca altri.
 
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CAT_IMG Posted on 27/10/2018, 20:30
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CITAZIONE (Haviland Tuf @ 27/10/2018, 14:59) 
Insisto: roxi, non fai un servizio alla verità se ti presti a divulgare le stronzate di Tim O'Neill, la quintessenza di come si possa essere stupidi ancorchè atei.

Barionu, cambia autore e articolo, non credo che tu non ne conosca altri.

dopo lo possiamo massacrare con comodo ... pezzo per pezzo , per questo

voglio una traduzione da roxi : perfetta et obiettiva .

Annoto che tutti i militia christi si proclamano Ate
i ....

è una loro tecnica ...

zio ot
 
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CAT_IMG Posted on 28/10/2018, 17:11
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Haviland ha ragione


CITAZIONE (Haviland Tuf @ 27/10/2018, 13:59) 
Insisto: roxi, non fai un servizio alla verità se ti presti a divulgare le stronzate di Tim O'Neill, la quintessenza di come si possa essere stupidi ancorchè atei.

zio ot, sto traducendo quello che mi hai chiesto, perché sei tu e perché ti rispetto, però ci tengo a dire in modo chiaro e tondo che questa è la prima e l'ultima volta che mi presto a tradurre qualcosa scritta da tipi come Tim O'Neill. Scusami tanto.
 
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CAT_IMG Posted on 2/11/2018, 18:56
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Roxi , :wub: :wub: :wub:

ci sarebbe anche questo articolo ...

www.bede.org.uk/Library2.htm#End

in tutta calma ...


zio ot :B):
 
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CAT_IMG Posted on 6/11/2018, 08:41
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zio ot, la traduzione che mi avevi chiesto è pronta.

La posterò forse stasera, o domani. Non lo so.

Per quanto riguarda la traduzione del link sopra, ci darò un'occhiata, dipende da che cosa si tratta. poi vedo. :)
 
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CAT_IMG Posted on 7/11/2018, 17:32
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Intanto un piccolo assaggio dell'intrinseca bastardaggine dei primi predicatori cristiani, appena prima che roxi faccia quel lavoro per soddisfare barionu.

Visto che i folli apologeti cristiani (con l'aggiunta di qualche demente ateo) insistono così tanto sull'affidabilità (sic) della tendenziosa propaganda proto-cattolica anti-marcionita altrimenti nota come Atti degli Apostoli, vediamo se in suddetta bastarda propaganda troviamo indizi di intolleranza religiosa degni in tutto e per tutto del peggior famigerato califfato islamico. Prima però, una foto è d'obbligo, una foto (non un fake, beninteso), che mostra i bastardi islamisti nell'azione esecranda di bruciare libri:


20140614_MAP002_0


Ora si faccia il confronto con il Paolo di carta menzionato negli Atti degli Apostoli capitolo 19:


13 Or alcuni esorcisti itineranti giudei tentarono anch'essi d'invocare il nome del Signore Gesù su quelli che avevano degli spiriti maligni, dicendo: «Io vi scongiuro, per quel Gesù che Paolo annuncia». 14 Quelli che facevano questo erano sette figli di un certo Sceva, ebreo, capo sacerdote. 15 Ma lo spirito maligno rispose loro: «Conosco Gesù, e so chi è Paolo; ma voi chi siete?» 16 E l'uomo che aveva lo spirito maligno si scagliò su due di loro; e li trattò in modo tale che fuggirono da quella casa, nudi e feriti. 17 Questo fatto fu risaputo da tutti, Giudei e Greci, che abitavano a Efeso; e tutti furono presi da timore, e il nome del Signore Gesù era esaltato. 18 Molti di quelli che avevano creduto venivano a confessare e a dichiarare le cose che avevano fatte. 19 Fra quanti avevano esercitato le arti magiche molti portarono i loro libri, e li bruciarono in presenza di tutti; e, calcolatone il prezzo, trovarono che era di cinquantamila dramme d'argento.
20 Così la Parola di Dio cresceva e si affermava potentemente.
21 Dopo questi fatti Paolo si mise in animo di andare a Gerusalemme, passando per la Macedonia e per l'Acaia. «Dopo essere stato là», diceva, «bisogna che io veda anche Roma». 22 Mandati in Macedonia due dei suoi aiutanti, Timoteo ed Erasto, egli si fermò ancora per qualche tempo in Asia.


Chi fu quel tale che disse?

Là dove si bruciano i libri si finisce per bruciare anche gli uomini.



https://it.wikiquote.org/wiki/Heinrich_Heine

Ma forse i lettori preferiscono questo:

CITAZIONE
– Abbiamo noi la mappa, il libro è inutile, eppure lei torna ugualmente a Berlino per riprenderselo, perché? Che cosa ci ha nascosto? Che cosa le dice il suo bel libretto che a noi non dice?
– Che quegli imbecilli, che marciano con il passo dell'oca come lei, dovrebbero leggerli i libri invece di bruciarli! (Indiana Jones e l'ultima crociata)

:D
 
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CAT_IMG Posted on 9/11/2018, 08:53
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Premessa: La traduzione di questa recensione mi è stata chiesta espressamente da barionu (mi sto ancora chiedendo perché gli interessasse proprio questa: forse non lo saprò mai!) L’autore è un antimiticista filo cristiano, quindi lontanissimo dalle mie posizioni, e non è il genere di studioso, professionista e non, che io sono solita tradurre – apprezzandone e in genere condividendone contenuti e posizioni.

o0o





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Recensione – Catherine Nixey
“The Darkening Age”
(L’età oscura)

(Tradotto in italiano col titolo Nel nome della croce)

https://historyforatheists.com/2017/11/rev...-darkening-age/


Catherine Nixey, The Darkening Age: The Christian Destruction of the Classical World, (Macmillan, 2017) 305 pp. Il blurb [fascetta pubblicitaria n.d.t.] del suo editore ci informa che il libro di Nixey racconta "la storia in gran parte sconosciuta - e profondamente scioccante" di come un cristianesimo militante “pose fine agli insegnamenti del mondo classico" e fu" violento, spietato e intollerante" in un'orgia di distruzione ed oppressione che fu "un annientamento". D'altra parte, nientemeno che un'autorità come lo stimato storico della tarda antichità, Dame Averil Cameron, definisce il libro di Nixey "una farsa", condannandolo esplicitamente come "esagerato e non equlibrato". E Dame Averil ha ragione - questo è un libro di polemica tendenziosa mascherato da analisi storica e certamente il peggior libro che abbia mai letto da anni.

"Esagerato e non equilibrato"

Ma questo è il tipo di libro che attira l'attenzione dei critici e quindi incide sulle vendite. Il giornalista Thomas W. Hodgkinson, che scrive su The Spectator, è entusiasta degli aneddoti deliberatamente scioccanti di Nixey sulla distruzione del tempio e sull’assassinio dei filosofi, e dice "questa non è certamente la storia che ci è stata insegnata alla scuola domenicale." L'opinionista libertario Matt Ridley riesce a far entrare il libro di Nixey in un articolo su The Times sul criticismo politicamente corretto, in cui si riferisce ad "un nuovo libro eloquente .... di Catherine Nixey "e dice che mette in guardia contro i fanatici. Altri, che in realtà dovrebbero saperne di più, si sono uniti al coro di lodi.

Anche in The Times, lo storico Gerard De Groot se ne entusiasma come di un "delizioso libro sulla distruzione e la disperazione", dicendo che "Nixey combina l'autorità di un accademico serio con lo stile espressivo di un buon giornalista". Dan Jones, lo scrittore che vende di più nel campo della storia popolare, ha fornito un blurb per la copertina ugualmente entusiasta, affermando che "il debutto di Nixey sfida tutta la nostra comprensione dei primi anni della cristianità e della società medievale che seguì" e ha dichiarato che è "una formidabile classicista e storica". E il collega storico popolare e presentatore televisivo Dan Snow ha dato a Nixey una piattaforma di alto profilo sul suo podcast sulla storia popolare "Dan Snow's History Hit" (5 nov 2017) in cui l'ha intervistata a lungo elogiando altamente il suo libro.

Forse questi ultimi tre possono essere perdonati in qualche misura, perché non si rendono conto che l'argomento di Nixey ha grossi problemi. De Groot è uno specialista di storia moderna, Jones si concentra sull'Inghilterra del tardo Medioevo e, come celebrità dalla storia popolare, Snow è tipo un tuttofare; anche se nella sua intervista sia le sue domande che i suoi commenti mostrano chiaramente che ha una conoscenza limitata degli argomenti rilevanti nella storia della tarda antichità. Ma di solito è un brutto segno quando l'entusiasmo per un libro di storia è inversamente proporzionale alla comprensione della materia in questione.

Scrivendo sul Sunday Times, il classicista di Oxford Peter Thonemann sembra essersi preso qualche colpevole piacere all'entusiastica narrazione di Nixey, ma capisce abbastanza il periodo e il materiale da riconoscere l’inganno quando lo vede. "È facile immaginare l'ombra di Christopher Hitchens che si torce di piacere a tutto questo" scrive, "Come ogni buona polemica, The Darkening Age è sardonico, ben informato e del tutto privo di simpatia per il suo sfortunato bersaglio. Ma l'argomento dipende da un bel po' di abile lavoro di squadra". E va avanti a notare solo alcune delle trappole, travisamenti e prove selettive che Nixey deve usare per sostenere la sua tesi.

In Literary Review, la recensione del medievalista dell'Università di Exeter Levi Roach è abbastanza più gentile di quanto Nixey si merita, ma Roach non tira fuori i pugni quando si concentra sui problemi del libro di Nixey. "Forse in modo molto preoccupante", osserva, "Nixey finisce per appoggiare la visione, da lungo confutata, del Medioevo come un periodo di fede cieca e stagnazione intellettuale". E osserva, minimizzando notevolmente, "è difficile non individuare un certo grado di animus anti-cristiano". Averil Cameron è stato certamente in grado di "individuare" il pregiudizio anticristiano chiaro e quasi viscerale di Nixey. "Catherine Nixey è una scrittrice esuberante e probabilmente andrà lontano", scrive, "ma sfortunatamente nel suo primo libro ha preso per buono, piuttosto inimmaginabilmente, il vecchio modello della "colpa dei cristiani". Lo forza con una determinazione spietata, non mitigata da sfumature o contro-argomentazioni. "La recensione di Cameron, che si trova nel giornale cattolico The Tablet e perciò è improbabile che venga letta dalle persone che più avrebbero bisogno dei suoi correttivi, ha il tono sbrigativo di un accademico che ha trascorso anni a smontare saggi universitari di studenti brillanti che non sono ancora riusciti a cogliere il concetto di analisi obiettiva ed equilibrata. In una critica succinta ma abile, Cameron identifica i principali difetti nella tesi di Nixey e si concentra sui suoi pregiudizi emotivi che sono il suo problema principale.

"Un rapido sguardo alle citazioni nelle note di Nixey mostra ciò che stava leggendo", osserva, "con diversi riferimenti agli stessi nomi di un piccolo gruppo di storici dalla mentalità simile ostili al cristianesimo". Ed individua la probabile fonte di questo pregiudizio - "un'educazione religiosa primitiva molto limitata" di Nixey - e conclude "è un peccato che Nixey sia stata incoraggiata a iper-reagire [a questo] in modo così drammatico, e a produrre una contro risposta così esagerata e sbilanciata".

Monaci, Suore e Demoni

Nixey non è esattamente schiva riguardo alla sua educazione cattolica abbastanza inusuale. In un servizio su The Times Magazine che coincide con la pubblicazione del suo libro, descrive come suo padre fosse stato un tempo un monaco cattolico che, abbandonando la sua vocazione negli anni successivi alle riforme del Concilio Vaticano II, incontrò e sposò una donna che era stata una suora cattolica. L’editore dell'articolo rese più eccitante tutto questo ("la loro relazione scioccò la chiesa"), ma questo fu un periodo di sconvolgimento nel cattolicesimo, in cui un certo numero di ex religiosi finì per sposarsi tra loro, per ragioni abbastanza ovvie. Nixey inoltre non fa segreto della sua educazione nella prefazione al suo libro, e così facendo dà alcune idee su un'infanzia che, riferisce, fu felice, ma che sembra anche decisamente strana. Nota che la sua famiglia, ovviamente, era devota praticante della sua fede; partecipare alla Messa, dire il ringraziamento prima dei pasti e pregare regolarmente. Parla del suo comportamento non proprio serio alla prima comunione con i suoi cugini cattolici, ma sembra pensare che questo sia "un peccato terribile", per una qualche ragione. Rassicura i suoi lettori sul fatto che la fede dei suoi genitori non fu "mai dogmatica", ma - stranamente - lo sostiene notando:

"Se avessi chiesto delle origini del mondo era più probabile che mi parlassero del Big Bang piuttosto che della Genesi. Se avessi chiesto da dove vengono gli esseri umani, mi avrebbero parlato dell’evoluzione piuttosto che di Adamo."(p. xxx)

È difficile dire se, su queste questioni, stia contrapponendo le opinioni cattoliche con quelle evangeliche protestanti, o se pensa che cattolici più "dogmatici" dei suoi genitori avrebbero condannato le idee scientifiche come contrarie alla fede. Se i suoi genitori non erano letteralisti biblici, certamente avevano alcune idee particolari su altre cose. Nel suo articolo in The Times Magazine racconta di come abbia iniziato a mettere il rossetto solo all'università, a causa della disapprovazione dei genitori, e del segreto brivido nell’ascoltare la musica pop alla radio nelle auto dei genitori di amici d'infanzia, perché questo era vietato a casa. I suoi genitori potevano aver lasciato i loro rispettivi voti, ma sembra che abbiano praticato un ascetismo laico ben al di là di qualsiasi cosa si trovi in molte famiglie cattoliche.

Quindi forse non sorprende che i monaci e gli asceti della tarda antichità siano spesso i cattivi della narrativa di Nixey. All'inizio del suo libro descrive lo stile di vita dell’eremita del deserto Antonio e degli asceti che ha ispirato, che intanto stabilirono in modo efficace la lunga tradizione cristiana del monachesimo. Il suo ritratto di questi anacoreti non è di ammirazione, poiché li definisce "gli attori più strani in questa storia .... monaci che, per amore di Dio, vissero la loro intera vita in piedi su pilastri, o sugli alberi o in gabbia "(p. xxxvii). I loro credi sono descritti in toni al limite della beffa manifesta, in particolare quelli su come il mondo sarebbe un campo di battaglia tra le forze demoniache e le forze del bene. Uno scrittore equilibrato noterebbe che queste idee e pratiche, per noi molto strane, scaturivano in realtà da precedenti antecedenti non cristiani: proto-monachesimo ebraico e pratiche ascetiche, le discipline degli stoici e diffuse idee greche e romane sulla pervasiva influenza dei daímones. Ma fare ciò minerebbe un po' di quello che Nixey si sforza di ottenere: presentare i cristiani in un modo che li faccia apparire irrazionali, alieni, dogmatici e bizzarri e raffigurare i loro avversari non cristiani come saggi, razionali e più o meno come "noi". Quindi non ci vengono dati simili ritratti dell'ascetismo di alcuni filosofi pagani o molti aneddoti su, per esempio, il pio celibato di alcuni neo-platonici, sui mendicanti cinici che abbaiano ai passanti come cani o su Diogene che si masturba in pubblico per fare un punto filosofico. Al contrario, contrasta questi fanatici cristiani con l'anatomista e proto-scienziato Galeno, che usò i cristiani come suo principale esempio di irrazionale "testardaggine" (pagina 29).

In effetti, le descrizioni di Nixey dei cristiani contenute nel suo libro sono infarcite di parole come "stupido" e "ignorante". In uno dei suoi passaggi più sensazionali, Nixey proprio non trattiene i suoi sentimenti:

"Gli intellettuali guardavano disperati mentre una quantità di libri apparentemente non cristiani - spesso in realtà testi sulle arti liberali - andavano in fiamme. Gli amanti dell'arte guardavano con orrore come alcune delle più grandi sculture del mondo antico venivano distrutte da persone troppo stupide per apprezzarle - e certamente troppo stupide per ricrearle. I cristiani non riuscirono nemmeno a distruggere efficacemente: molte statue su molti templi si salvarono semplicemente in virtù del fatto di essere troppo in alto perché potessero raggiungerle con le loro rozze scale e martelli."(p. xxxiv)

È molto difficile prendere sul serio questo tipo di retorica fatta con i piedi, ma il libro è pieno di cose come questa. Da dove, esattamente Nixey abbia avuto questa idea sui cristiani e "le loro rozze scale e martelli" è difficile da dire - dalla sua immaginazione, molto probabilmente. Suppongo che quando queste persone "stupide" vennero a costruire la grande cupola della magnifica Hagia Sophia a Costantinopoli - 31 metri di larghezza e 55 metri di altezza - devono aver trovato alcuni vecchi martelli e scale "pagani" da usare.

Nixey almeno in una certa misura è consapevole dei suoi pregiudizi. La sua prefazione contiene qualcosa di simile a delle scuse:

"Questo è un libro sulla distruzione cristiana del mondo classico. L'assalto cristiano non è stato l'unico: gli incendi, le inondazione, l’ invasione e il tempo stesso, tutti hanno fatto la loro parte, ma questo libro si concentra soprattutto sull'assalto del cristianesimo. Questo non vuol dire che la Chiesa non abbia anche preservato le cose: lo ha fatto. Ma la storia delle buone opere del cristianesimo in questo periodo è stata raccontata più e più volte .... La storia e le sofferenze di coloro che il cristianesimo ha sconfitto non è stata raccontata. Questo libro si concentra su di esse."(p. xxxv)

Un paio di difensori online di Nixey meno competenti, sembrano credere che questo la scagioni e significa che viene immediatamente assolta da ogni pregiudizio. Dopo tutto, hanno sostenuto, se lei dichiara apertamente che sta scrivendo per ristabilire l'equilibrio, allora sicuramente non può essere condannata per aver dato al libro quel tipo di orientamento. Come vedremo, tuttavia, c'è una netta differenza tra mettere dell’ enfasi su una prospettiva trascurata mantenendo al contempo l'equilibrio, e l'obiettività e ciò che troviamo nel libro di Nixey.


"Una razza strordinaria, i romani! Straordinaria!”

Gran parte del lavoro di Nixey è uno studio su contrasti costruiti ad arte - il cristianesimo moderno contro le sue forme antiche, la raffinatezza romana contro la barbarie cristiana, il sapere greco paragonato alla denuncia patristica della filosofia e così via. Quindi, prima di raccontare la sua storia di repressione e persecuzione da parte dei cristiani, Nixey lavora per minimizzare la persecuzione che precedette: la persecuzione dei cristiani da parte dei Romani.

Qui attinge pesantemente agli argomenti di Candida Moss nel suo libro The Myth of Persecution: How Early Christians Invented a Story of Martyrdom (2013). Nixey, come Moss, sostiene che le agiografie successive dei vari martiri hanno notevolmente esagerato le dimensioni, la durata e la natura della persecuzione romana dei cristiani. Questo non è esattamente controverso, poiché gli studiosi hanno da tempo riconosciuto che molte o anche la maggior parte delle successive storie di martiri erano poco più che pie leggende ed alcuni dei presunti martiri in realtà non esistevano. Moss, tuttavia, va ben oltre e cerca di mettere in dubbio episodi di persecuzione ben documentati come quello di Nerone (anche se Nixey non segue Moss su questo punto) e include anche un capitolo che infila il moderno "diritto cristiano" americano nella sua narrativa, per fare alcuni punti politici - una cosa sempre dubbia da fare, per uno storico del passato pre-moderno.

Nixey usa molte delle stesse argomentazioni per minimizzare l'idea che i suoi supposti romani "tolleranti" uccisero un gran numero di persone a causa della loro religione. Scrive che "semplicemente non ci furono molti anni di persecuzioni [dei cristiani] per ordine imperiale, nell'impero romano", osservando che ci furono "meno di tredici [anni di persecuzioni] ... in tre interi secoli di dominio romano" (p.58). ) Questo è vero, ma solo finché restringiamo le cose alla "persecuzione per ordine dell’impero". Questo ignora il fatto che un cristiano ucciso nelle numerose e varie persecuzioni locali e sporadiche che avvennero nel resto di quei 300 anni sia altrettanto morto come quelli uccisi nelle [persecuzioni] più brevi, e "imperialmente ordinate” in tutto l’impero, di Decio, Valeriano, Diocleziano e Galerio. E fa di tutto per minimizzare il bilancio dei morti nella Grande Persecuzione di Diocleziano. Su questo cita Dissertationes Cyprianae di Henry Dodwell del 1684 (!), da cui ottiene il titolo del suo capitolo "Sul piccolo numero dei martiri".

Leggermente un po'meno polverosa è la sua citazione del polemista anticristiano Edward Gibbon che scrisse nel 1776 (!!), notando con approvazione la sua stima di "non più di centocinquanta [martiri giustiziati] all'anno durante gli anni della persecuzione" (Pagina 61). Un po' dopo riesce almeno a trovare un'autorità negli ultimi cinquanta anni circa, stavolta citando W.H.C. Frend che dice che i martiri ammontavano a "centinaia, non a migliaia" (pagina 76). La sua nota finale dà la citazione di Frend, Martyrdom and Persecution in the Early Church (Oxford, 1965) p. 413, ma se un lettore si preoccupa di controllare il libro di Frend, scoprirà che non sta stimando il numero totale di martiri, ma solo il numero per la breve persecuzione di Decio nel 250 d.C. Più avanti nello stesso libro, Frend dà la sua stima per la molto più prolungata e vasta Grande persecuzione di Diocleziano come "un totale complessivo di 3.000-3.500 vittime" (Frend, p 357). Suppongo che la spiegazione più caritatevole per la falsa rappresentazione di Nixey sulla stima della persecuzione deciana e il suo totale silenzio sulla successiva, molto più ampia, sia pura incompetenza.

Nixey vuole anche sottolineare il fatto, in realtà piuttosto sorprendente, che i governanti romani responsabili di perseguitare periodicamente i cristiani, non erano i biechi cattivi da fumetto delle successive leggende cristiane. Li descrive come cortesi amministratori che trovavano i cristiani sconcertanti e vagamente irritanti e che non riuscivano a capire perché non si limitavano a sacrificare all'imperatore e ad evitare torture e morte. Tutto ciò è abbastanza accurato e persino - per noi, a una distanza di sicurezza di mille e settecento anni - forse leggermente divertente. Ma è difficile non avere la netta impressione che Nixey condivida l'altero disprezzo dei Romani. Nel suo raccontare, i governanti sono dei tipi perfettamente ragionevoli che stanno solo continuando a fare l'attività di mantenere l'ordine, per Giove, mentre i cristiani sono delle rogne assolute, che essenzialmente si offrono volontari per essere uccisi.

In seguito, prende per buone le esagerate lodi del martirio, come prova del fatto che la maggior parte dei martiri erano essenzialmente degli esempi insani di "suicidio per mezzo del poliziotto" e presenta casi eccezionali come se fossero la norma. Così i circoncellioni del Nord Africa sono usati come esempio di zeloti fanatici che cercavano il martirio e, nonostante alcuni avvertimenti su come Agostino ed altri li condannassero come pazzi, la sua forte implicazione è che queste persone rappresentavano un sentimento molto più ampio.

I persecutori romani di Nixey sono, al contrario, estremamente ragionevoli, moderati e realmente preoccupati per il benessere delle persone portate davanti a loro. Descrive Plinio, come governatore della Bitinia, che scrive a Traiano per chiedere consigli su come comportarsi con i cristiani che aveva trovato nella sua provincia. Non scrive per chiedere se deve ucciderli, ma piuttosto quanti di loro esattamente ne dovrebbe uccidere - tutti o solo alcuni? Per Nixey, questo rappresenta un uomo controllato che "preferirebbe non giustiziare un gran numero di persone" e che semplicemente "li vede come 'perclitantium', ' un pericolo'" (p.74), sebbene questa descrizione sia alquanto indebolita per sua stessa ammissione, "lui naturalmente è l'agente di quel pericolo e se spinto li metterà a morte". Appunto. Ma la forte implicazione qui e altrove è che lui e altri come lui sono "spinti" da quei fastidiosi cristiani che, inopportunamente, avevano la temerarietà di prendere sul serio i propri credi. Un passaggio della narrativa di Nixey è indicativo del suo tono generale:

"Al prefetto Massimo, che a tratti aveva tentato di corrompere e a tratti aveva cercato di far ragionare il veterano Giulio [per evitare l'esecuzione], venne detto che il denaro che stava offrendo era ‘il denaro di Satana’ e che ‘né esso né i tuoi discorsi furbi possono privarmi della luce eterna'. Non è senza una certa simpatia che si legge la risposta laconica del prefetto. "Se non rispetti i decreti imperiali e non offri sacrifici, ti taglierò la testa". Giulio risponde con coraggio, ma un po' sgarbatamente, che ‘ vivere con te sarebbe la morte per me’. È decapitato."(pp.76-77)


Non c'è assolutamente nulla di sbagliato nel presentare le prospettive di ambo le parti di uno scontro di idee in modo che il lettore possa capire meglio il passato; in effetti, uno storico bravo ed obiettivo dovrebbe sforzarsi di fare proprio questo. Ma quando lo scrittore assume che la minaccia di decapitare qualcuno verrà letta con "una certa simpatia" e la sfida veemente a questa minaccia viene presentata come "sgarbata", ci sembra di essere abbastanza lontani da tutto ciò che si potrebbe definire oggettivo.

La descrizione di Nixey dei romani come dei pluralisti razionali e tolleranti che dovettero essere "spinti" da folli cristiani, di fatto obbligati a persecuzioni e violenze, non regge a lungo a contatto con le prove. Dice che, a differenza dei loro successori cristiani, i pagani romani avevano scarso interesse per ciò che la gente credeva e richiedevano solo alcune azioni, spesso piuttosto minimali, per soddisfare il loro senso di proprietà religiosa - forzavano l'ortoprassi, non l'ortodossia. Tuttavia, quando queste azioni richieste violavano i credi profondamente radicati dei cristiani, lei fa una distinzione senza differenza. E una differenza che poteva e faceva uccidere persone in modi fantasiosi, se si rifiutavano di accettare il giudizio di un governatore su ciò che è "giusto" per loro fede. In effetti, Nixey deve essere un po’ evasiva sul concetto di romani come "tolleranti" sulla religione in contrasto con gli intolleranti cristiani. Ammette in una nota in calce che "è possibile sostenere che [i Romani] non erano [tolleranti], poiché la vera tolleranza implica dapprima il non essere d'accordo con ciò che qualcuno sta facendo, permettendogli poi di farlo comunque." (P.116) Alla fine deve ricorrere a dire semplicemente che "i romani erano infinitamente più tolleranti dei cristiani". In effetti, la "tolleranza" dei Romani aveva confini abbastanza ristretti e qualsiasi setta o fede che cadeva al di fuori di essi poteva imparare rapidamente quanto potessero essere intolleranti i benevoli Romani di Nixey.

Per i romani, la loro religione tradizionale era senza dubbio quella vera, e le altre erano tollerate principalmente finché si conformavano, più o meno, alla concezione romana di che cosa doveva sembrava una religione "corretta" e, preferibilmente, se i suoi dèi potevano essere associati alle idee religiose romane. Perciò i Celti britannici potevano ancora adorare la loro dea Brigantia o gli Arabi potevano adorare Al-Lat perché, per i Romani, erano in realtà la Vittoria e Minerva rispettivamente. I Romani gallici potevano ancora adorare Epona perché rappresentava un tipo di divinità e una forma di culto che i Romani consideravano licita - "permessa". Ma le divinità e le forme di culto che erano troppo lontane dalle concezioni romane o che offendevano il decoro romano furono soppresse, spesso con grande ferocia. Cassio Dione lo riassume in un discorso che fa all'amico e consigliere di Augusto, Gaio Mecenate che si rivolge all'imperatore:

"Dovresti non solo adorare il divino ovunque e in ogni modo in accordo con le nostre tradizioni ancestrali, ma anche obbligare tutti gli altri ad onorarlo. Coloro che tentano di distorcere la nostra religione con strani riti, li dovresti odiare e punire, non solo per il bene degli dèi ... ma anche perché queste persone, introducendo nuove divinità, convincono molta gente ad adottare pratiche straniere, che portano a cospirazioni, rivolte e fazioni, che sono del tutto inadatte per il monarca." ( Cassio Dione, Hist. Rom. LII.36.1-2)

Ed i Romani "odiarono e punirono" diversi culti stranieri in tempi diversi. Per alcuni, come i culti di Cibele e Attis, l'ostilità iniziale, la soppressione e le restrizioni alla fine si ammorbidirono ed essi furono accettati. Altri furono selvaggiamente repressi. La setta dei druidi celtici fu annientata in Gallia e in Gran Bretagna, con la loro ultima roccaforte sull'isola di Angelsey che cadde in una grande operazione militare condotta da Gaio Suetonio Paolino nel 60 d.C. Nel 186 a.C. la setta dei Baccanaliani fu considerata troppo straniera e incontrollata per essere autorizzata, e il Senato avviò un'indagine, arrestò diverse migliaia di persone e ne fece imprigionare o giustiziare molte. I romani rispettavano le religioni che avevano antichità, così risparmiarono gli ebrei, nonostante trovassero la loro religione incomprensibile e disgustosa - scrivendo con disgusto viscerale, Tacito diceva che "le pratiche degli ebrei sono sinistre e disgustose e si sono fortificate con la loro stessa malvagità" (Storie V.5). Le nuove sètte erano considerate "superstizioni" e cadevano fuori dai parametri della religio licita, motivo per cui il culto mitraico assunse i segni esteriori di un dio persiano, nonostante il fatto che sembri essere sorto a Roma.

L'altro punto chiave da notare è che i parametri di ciò che i Romani avrebbero tollerato nella sfera religiosa potevano cambiare e cambiarono nel tempo. A volte questo significava che le sètte precedentemente disapprovate potevano essere accettate. O a volte significava il contrario. Dopo gli sconvolgimenti del terzo secolo d.C., con i suoi anni di anarchia militare, ribellioni, usurpatori e invasioni barbariche, il governo romano assunse più il carattere di una giunta militare, e gli imperatori e i loro amministratori divennero più ossessionati dal rigido controllo centrale. È in questo contesto che ebbe luogo la Grande Persecuzione di Diocleziano e Galerio, ma questo faceva parte di una crescente tendenza al controllo imperiale che arrivò fino a posti nuovi. Anche i manichei, ad esempio, subirono una persecuzione per mano di Diocleziano, nonostante fossero stati precedentemente tollerati. Ben lungi dall'essere una nuova deviazione radicale, il crescente tentativo di controllo imperiale sugli affari religiosi che vediamo negli imperatori cristiani del quarto e del quinto secolo risiedeva in realtà in una tradizione di restringimento della tolleranza romana e nel crescente controllo imperiale.

Lungi dall'essere pluralisti tolleranti che furono "spinti" a perseguitare i cristiani, i Romani della corte di Diocleziano stavano prendendo molto sul serio i sentimenti del succitato discorso di Mecenate. Alla vigilia della Grande Persecuzione l’anticristiano neoplatonico Porfirio chiese retoricamente al cristianesimo:

"A quale tipo di punizioni possono non essere sottoposti coloro che fuggono dai costumi ancestrali, e che sono diventati zeloti per le mitologie straniere degli ebrei, che sono calunniate da tutti?"

Nonostante il tentativo Nixey di minimizzazione e offuscamento, fu presto mostrato che la risposta romana a quella domanda era"nessuno".

Statue, templi e sacrificio

Una cosa che posso dire del libro di Nixey è che non gli manca un tocco di stile drammatico. Con un occhio ai titoli delle recenti notizie, inizia la sua storia con un’immagine di "zeloti in tunica nera" che scendono sull'antica città di Palmira armati di "sbarre di ferro e di un senso ferreo della giustizia" e che distruggono templi e statue "che erano in piedi da mezzo millennio ". La sua lunga descrizione della loro orgia di distruzione termina con l'infausta affermazione che "il 'trionfo' del cristianesimo era iniziato". (pp. xix-xxi). Nixey è un critico d'arte e, quindi, non sorprende che il suo libro acquisti sicurezza nei capitoli sulla distruzione cristiana di splendidi templi e opere iconiche dell’arte classica. Qui fornisce un elenco di siti antichi e venerabili (letteralmente) profanati, e di belle statue abbattute, decapitate o crudelmente incise con la croce simbolo della barbarie della nuova fede cristiana. Questi includono riferimenti al vandalismo di edifici molto familiari ai lettori moderni, come il Partenone di Atene, e resoconti dettagliati della distruzione di quelli meno noti ora, ma famosi in tutto il mondo antico, come il Serapeo di Alessandria. Alcuni dettagli di questa narrazione provengono da fonti pagane, che condannano la distruzione, come l'Orazione di Libanio, ma la maggior parte proviene da resoconti cristiani: la lode trionfale di Teodoreto, Eusebio, Firmico Materno e le vite di vari santi, per la distruzione dei "santuari della menzogna".

Ad un certo punto, dopo aver descritto la vita di un altro santo che racconta il suo eroe, questa volta Benedetto da Norcia, che fracassa statue e distrugge i boschi sacri, Nixey fa una pausa per avvertire che "l'agiografia non è storia e bisogna leggere tali resoconti con ... cautela ”. Ma continua a rassicurare i suoi lettori che "anche se non dicono tutta la verità, rivelano certo una verità .... molti cristiani si sono sentiti orgogliosi, addirittura giubilanti, di tale distruzione "(p 110). Questo era chiaramente così, ma il problema è che, qui come in tante altre parti del libro di Nixey, lei usa le fonti in modo acritico quando si adattano alla sua agenda, ed estrapola da esempi selezionati per implicare un insieme più ampio che in realtà non esiste. Un lettore occasionale del libro di Nixey avrebbe l'impressione che, se vede un tempio greco o romano in rovina, deve essere testimone dell'opera dei fanatici cristiani in tunica nera di Nixeys. Il suo resoconto è pieno di rassicurazioni sul fatto che gli esempi che descrive sono solo parte di una frenesia di distruzione a livello di tutto l’Impero. Dopotutto, cita la legge di Teodosio del 399 d.C. che rese ufficiale la distruzione dei templi, che dichiarava "se dovessero esserci dei templi nei distretti del paese, dovrebbero essere abbattuti ... perché quando viene ... rimosso il materiale, la base di tutta la superstizione sarà distrutta. "(C. Th. 16.10.16, P. 108)

Cosa potrebbe essere più chiaro di questo? Presa con gli esempi archeologici che ci dà, le gongolanti fonti cristiane e i lamenti dei pagani, può sembrare che la descrizione di Nixey sia solidamente basata. Almeno uno degli entusiastici recensori di Nixey lo ha sicuramente pensato. Scrivendo in un articolo sui "libri dell'anno" in The Spectator, il giornalista Thomas W. Hodgkinson riflette su un tempio in rovina:

"Recentemente ho visitato il tempio di Poseidone, appena a sud di Atene. Le sue splendide colonne sopravvissute si stagliano sullo sfondo blu brillante del cielo, sfidando ... cosa? Non il tempo. Furono i cristiani a distruggere il tempio, per ordine dell'imperatore Arcadio. Questo è solo un esempio del tema di Catherine Nixey nel suo sfrigolante e scintillante libro "The Darkening Age" .... sull’hooliganismo del cristianesimo primitivo".

Ma il tempio in questione fu davvero distrutto dai cristiani? Nixey in realtà non menziona questo particolare tempio, quindi Hodgkinson sembra averlo desunto dal suo libro e da qualche materiale turistico che attribuisce la sua distruzione ad Arcadio. Tranne che, se guardiamo ai dati archeologici, scopriamo che, in realtà, questo tempio fu saccheggiato e distrutto dai Visigoti durante la furia di Alarico del 396 d.C. che attraverò il Peloponneso (vedere Ann E. Beaton e Paul A Clement, "The Date of the Destruction of the Sanctuary of Poseidon on the Isthmus of Corinth", Hesperia 45 (1976) 267-79). Un difensore di Nixey potrebbe, suppongo, notare che i Visigoti in questa fase erano cristiani ariani, ma è altamente improbabile che i guerrieri di Alarico avessero in mente la teologia in quel momento - questo era solo un altro obiettivo facile da saccheggiare e poi bruciare.

Ci sono in realtà diversi problemi con la descrizione di Nixey di questa presunta distruzione sistematica dei templi e dell'arte classica. Per cominciare, i decreti teodosiani che lei cita, come tutte le altre "leggi" a cui si riferisce nel suo libro, non erano proprio quelle direttive rigidamente forzate che lei sembra pensare. Nonostante i crescenti tentativi da parte degli ultimi imperatori di controllare più da vicino gli affari nei loro domini, l'Impero Romano era ancora piuttosto sgangherato nella sua amministrazione delle leggi rispetto agli stati successivi. Le leggi di questo tipo di solito cominciavano come suggestio: un rapporto o una dichiarazione di una situazione che necessitava di attenzione. I funzionari del concistoro imperiale si sarebbero quindi incontrati e avrebbero formulato una risposta e, se questa risposta fosse stata accettabile per i vari consiglieri e consulenti, sarebbe stata sottoposta all'Imperatore per l'approvazione. Poi sarebbe stata distribuita ai prefetti del pretorio, che spesso aggiungevano emendamenti e integrazioni, e poi l’avrebbero distribuita ai governatori regionali, che a loro volta potevano integrarla o emendarla per adattarla alle condizioni locali. Alla fine, spettava a questi funzionari locali vedere attuato l'editto e applicarlo quanto più potevano.

Tutto questo significava che ciò che era iniziato come una dichiarazione del desiderio dell'imperatore poteva essere annacquato mentre passava lungo la catena amministrativa e poteva anche essere largamente non applicato, se il prefetto locale o il governatore diocesano non era entusiasta del decreto. E anche se lo era, molte di queste affermazioni generali erano molto difficili da applicare con una qualche uniformità. Di conseguenza, ciò che le varie leggi e decreti dicevano e ciò che realmente accadeva erano spesso due cose molto diverse. Il fatto che alcune leggi di questo tipo dovessero essere ripetute, diverse o anche molte volte, dimostra che i successivi imperatori riconobbero che i decreti precedenti sostanzialmente non venivano applicati e che spesso c'era poco da fare in proposito.

Come osserva la stessa Nixey, i gongolanti resoconti di templi distrutti trovati nelle vite dei santi devono essere letti con molta cautela. Questi sono stati scritti spesso molto tempo dopo l’epoca del santo in questione, ed erano espressioni di idealismo piuttosto che semplici narrazioni storiche. Lo stesso può dirsi per alcune affermazioni trionfali di cristiani come Eusebio e Teodoreto, che riflettono certamente ciò che questi entusiasti avrebbero voluto che fosse il caso, ma non sono guide affidabili su ciò che è realmente accaduto. Anche le lamentele degli scrittori pagani devono essere prese con un pizzico di sale, dato che anche loro avevano interesse a esagerare la portata della distruzione e nessun retore del tempo poteva essere accusato di moderazione quando si trattava di far capire chiaramente il suo argomento.

Quindi dobbiamo rivolgerci all'archeologia per avere un'idea di quanto sia stata estesa la distruzione e, quando lo facciamo, troviamo un'immagine molto diversa dell'istrionismo drammatico di Nixey. La migliore analisi ed indagine recente delle evidenze rilevanti si trova in Luke A. Lavan and Michael Mulryan, (eds.) The Archaeology of Late Antique ‘Paganism’ (Brill, 2011). Il libro di Lavan e Mulryan è una raccolta superba e dettagliata di articoli che esaminano le evidenze rilevanti di tutto l'Impero e che ha ricevuto grandi elogi dai loro colleghi archeologi. Quindi è decisamente strano che Nixey non ne faccia alcun riferimento, data l'enfasi che mette sulle prove archeologiche in parti chiave del suo argomento. O forse non è così strano, dato che le evidenze in questa raccolta in generale, e nell'eccellente saggio introduttivo di Luke Lavan in particolare, minano totalmente la sua intera argomentazione. Le conclusioni di Lavan sono in netto contrasto con la descrizione di Nixey:

"Come risultato dei recenti lavori, si può affermare con certezza che nella tarda antichità i templi non furono né largamente convertiti in chiese né largamente demoliti. .... Nel suo studio sull'intero Impero, Bayliss ha individuato solo 43 casi [di dissacrazione o di attiva distruzione architettonica dei templi] di cui solo 4 sono stati confermati archeologicamente. (Lavan, “The End of the Temples: Toward a New Narrative?” in Lavan and Mulryan, p. xxiv)

Attingendo agli studi delle prove di Penelope J. Goodman, Richard Bayliss e molti altri, Lavan mostra che i racconti di distruzione e dissacrazione diffusa e sistematica sono artefatti della retorica e non si riflettono in solide evidenze archeologiche. Egli osserva che "solo il 2,4% di tutti i templi noti della Gallia hanno prova di essere stati distrutti con violenza" (p. xxxv). Il quadro è lo stesso altrove: solo pochi esempi si trovano in Africa, tutti nella città di Cirene, solo un esempio in tutta l'Asia Minore e solo uno in Grecia (e questo è il tempio distrutto dai Visigoti menzionato sopra). E si va avanti così: solo un esempio in Italia, tre in Gran Bretagna e solo sette in Egitto - tra cui il Serapeo, al quale Nixey dedica un intero capitolo. L'eccezione a questa regola sembra essere stata la provincia del Levante, che "sembra essere stata un punto caldo di distruzione di templi: 21 dei 43 casi di distruzione/dissacrazione di templi citati da Bayliss provengono da questa zona" (Lavan, p. xxxviii). Quindi, non sorprende che molti degli esempi espliciti di Nixey provengono da questa regione, anche se il suo livello di distruzione era insolito, non (come lei afferma) tipico.

Contro la storia di Nixey, abbiamo anche la prova del restauro e della preservazione di templi, a volte da parte di governanti e amministratori cristiani, proprio nel periodo in cui secondo Nixey le folle si scatenavano in tutto l'Impero abbattendo ogni tempio a portata d’occhio. Diverse leggi furono decretate per proteggere le opere d'arte (C. Th. 16.10.15) e pregevoli edifici e templi (C. Th. 16.10.18) e Lavan nota che "in regioni come l'Africa, la Grecia e l'Italia, la conservazione del tempio sembra essere stato un processo più importante della distruzione del tempio "(p. xxxvii). Malgrado gli esempi selezionati che Nixey enfatizza, e la retorica delle fonti sia cristiane che pagane, la distruzione del tempio era generalmente rara. Ciò che sembra essere accaduto è che nel corso di tre o quattro generazioni dalla conversione di Costantino, la sponsorizzazione dell’élite dei culti pagani e quindi dei templi pagani diminuì bruscamente.

Allo stesso tempo, la conversione alla fede cristiana recentemente appoggiata dall’impero divenne sempre più necessaria per il progresso politico, e a questo fu data maggior forza dalle crescenti restrizioni nella pratica pubblica del paganesimo da parte di cortigiani e amministratori, che ridussero ulteriormente il sostegno finanziario per i siti dei templi. Allo stesso tempo, la gente comune cominciò a convertirsi in numero maggiore durante questo periodo, sebbene quasi certamente non altrettanto pienamente né in gran numero, come invece i commentatori cristiani dell'epoca speranzosamente dichiaravano

Come risultato di tutto ciò, vediamo un declino nell'uso attivo dei templi che è, come suggerisce Lavan, analogo al declino nell'uso delle chiese di campagna britanniche oggi. Come queste chiese, i templi videro per la prima volta un numero sempre minore di congregati, poi furono chiusi ma mantenuti dai locali, poi furono, di solito molto più tardi, usati come fonti di materiali da costruzione o convertiti in altri usi nel tempo. Non tutto ciò fu dovuto alla conversione al cristianesimo. Roger Bagnall ha notato evidenze di templi che avevano problemi finanziari in Egitto ben prima dell'epoca di Costantino (vedi R. Bagnall, Egypt in Late Antiquity, Princeton, 1993, pp. 261-268) ed i templi e i loro rituali erano costosi da mantenere. Vediamo anche un netto declino nella costruzione di nuovi templi, a partire dal secondo secolo, con ancora meno costruzioni nel terzo secolo. Accanto a tutto ciò abbiamo la chiara evidenza che la religione stava già cambiando natura e focus, e si allontanava dal sacrificio di sangue come suo rituale centrale.

Il sacrificio era sempre stato in gran parte un'espressione elitaria della pietà, poiché era costoso e richiedeva un numeroso personale del tempio, sacerdoti, inservienti, aruspici per leggere le interiora e schiavi per cucinare e distribuire la carne sacrificata. Ciò rendeva i culti sacrificali costosi da mantenere e, per la maggior parte delle persone - vale a dire circa il 98% della popolazione - il sacrificio animale era veramente fuori dalla loro fascia di prezzo. Nei due secoli prima della conversione di Costantino, sempre più persone si accontentavano di devozioni più piccole e più private, come offerte votive davanti a un piccolo idolo o collocate in un boschetto o in una sorgente. L'élite arrivò a rivolgersi a esercizi spirituali e riti misterici, e alcuni eminenti intellettuali come Porfirio e Filostrato predicarono attivamente contro il sacrificio di sangue che ritenevano primitivo, vano e dispendioso. Si dice che Plotino abbia declinato l'invito a partecipare ad un sacrificio dicendo "gli dèi dovrebbero venire a me, non io a loro" e Filostrato scrisse un intero libro, Sui Sacrifici, criticando le città che erano conosciute come centri di sacrificio - che in sé indica un'ampia diversificazione regionale quando si trattava di questa pratica.

Quando vengono considerate tutte queste evidenze, emerge un quadro molto diverso da quello presentato da Nixey. Sì, ci furono alcuni scoppi di violenza contro statue e templi pagani, ma furono l'eccezione, non la regola. Furono emessi editti imperiali sulla chiusura dei templi, e furono riemessi periodicamente, ma erano più che altro indicazioni delle preferenze degli imperatori, e vi sono poche evidenze della loro applicazione diffusa. I templi chiudevano e poi si diroccavano o venivano convertiti in altri usi (chiese, sale per riunioni, persino musei) per un periodo di tempo molto lungo. E l'osservanza religiosa già si era allontanata dal sacrificio basato sul tempio molto prima dell'ascesa del cristianesimo, e perciò non aveva bisogno, per portarlo alla fine, degli immaginari eserciti di zeloti di Nixey che distruggevano i templi. L'imperatore "apostata" Giuliano era un idealista reazionario quando pensava di poter far rivivere le fiacche fortune dei templi. Nel 363, alla vigilia della sua sfortunata guerra persiana, l'imperatore entusiasticamente pagano si trovava ad Antiochia e decise di visitare il famoso bosco sacro di Apollo a Daphne. Nel suo libro Misopogon descrive ciò che pensava che avrebbe trovato lì:

"Immaginavo nella mia mente il tipo di processione che sarebbe stato, come un uomo che vede visioni in un sogno: animali da sacrificare, libagioni, cori in onore del dio, incenso, e i giovani della tua città che circondavano il santuario, le loro anime adornate con ogni santità ed essi stessi abbigliati con vesti bianche e splendide".


Quello che trovò fu qualcosa simile ad una delusione:

"Ma quando entrai nel santuario non trovai incenso, nemmeno una focaccia, né un solo animale da sacrificare. Al momento fui meravigliato e pensai di essere ancora all’esterno dal santuario, e che tu stavi aspettando il segnale da parte mia, facendomi quell'onore perché io sono il sommo pontefice. Ma quando iniziai a chiedere quale sacrificio la città intendesse offrire per celebrare la festa annuale in onore del dio, il sacerdote rispose: ‘Ho portato da casa mia un'oca come offerta al dio, ma la città questa volta non ha fatto preparativi.'"

Un vecchio sacerdote e un'oca - sospetto che anche Giuliano potesse aver veduto il lato comico. La disapprovazione imperiale e alcune limitate violenze cristiane effettivamente aiutarono la fine della religione classica, ma nel complesso morì di morte naturale, come la maggior parte delle religioni, per indifferenza e per un cambiamento nelle priorità delle persone. Ovviamente, che questo non crei una storia molto eccitante, urta alcuni pregiudizi moderni o vende libri per Macmillan.

Favole - Il Serapeo e Ipazia

Raffigurazione esagerata di Nixey di statue rovesciate e templi bruciati a parte, le parti del suo libro che sono suscettibili di eccitare i soliti sospetti dei New Atheists sono quelle in cui descrive la distruzione cristiana dell'antico sapere. E nessuna polemica del genere può essere completa senza menzionare le biblioteche del Serapeo e l'assassinio di Ipazia.

Il suo racconto della distruzione del grande Tempio di Serapide ad Alessandria è un pezzo forte della sua lista di distruzione di templi, sebbene la sua versione della storia sia, prevedibilmente, curiosamente deformata. La inizia affermando che il cattivo della sua storia - il vescovo radicale di Alessandria, Teofilo - aveva "rubato gli oggetti più sacri dai due templi e li aveva fatti sfilare per le strade affinché i cristiani se ne burlassero" (pagina 86). Suppongo che "rubato" suoni più drammatico di " trovato gli oggetti nel seminterrato di un tempio abbandonato che Teofilo stava convertendo in una chiesa", che sarebbe una rappresentazione più accurata di ciò che Sozomene effettivamente riporta (vedi Historia Ecclesiastica, VII.15 ). Dà poi un resoconto molto vivido e piuttosto gentile della reazione pagana a questo, sottolineando che erano "scioccati e infuriati" e dicendo che "i cristiani in seguito furono attaccati e persino uccisi dai fedeli oltraggiati" ma rapidamente misero via tutto questo dicendo che "sebbene [questo] incidente fosse stato ‘poco edificante’, sarebbe stato completamente oscurato da ciò che stava per seguire".

L '"incidente poco edificante" in questione, che Nixey pensa sia stato "completamente eclissato" dagli eventi successivi, è descritto in modo molto più dettagliato da Sozomene:

"I pagani, meravigliati da una minaccia così inaspettata, non potevano subirla in silenzio, ma cospirarono insieme per attaccare i cristiani. Uccisero molti dei cristiani, ne ferirono altri e presero il Serapeo, un tempio che spiccava per bellezza e vastità e che era collocato su un’altura. Lo convertirono in una roccaforte temporanea; e qui convogliarono molti dei cristiani, li sottoposero alla tortura e li costrinsero a offrire sacrifici. Quelli che rifiutarono di obbedire furono crocifissi, ebbero le gambe spezzate o vennero messi a morte in qualche modo crudele. "(Historia Ecclesiastica, VII.15)

Questo , naturalmente, proviene da una fonte cristiana, ma ci sono buone ragioni per credere che sia accaduto, dato che il successivo stallo tra questi terroristi pagani e le truppe del prefetto della città è ampiamente attestato. Rufino di Aquilea descrive gli stessi eventi:

"Così, quando gran parte della nostra gente fu ferita e alcuni addirittura uccisi sul colpo, i Gentili sarebbero fuggiti verso il tempio [di Serapide] quale roccaforte, portando con sé un numero di prigionieri cristiani. Questi, furono costretti a sacrificare sugli altari ardenti e torturarono e uccisero chiunque rifiutasse. Alcuni li fissarono a gioghi a forma di forca, spezzarono gli stinchi di altri e li gettarono in caverne che in un'epoca passata avevano costruito con cura per essere ricettacoli del il sangue dei sacrifici e di altre impurità dell'altare. Fecero queste cose di giorno, dapprima per paura, poi in segreto e disperazione, e chiusi nel loro tempio vissero di rapina e saccheggio. "(Storia ecclesiastica, libro X)


Nixey omette anche di dire che le persone che guidarono questa banda omicida non erano semplicemente "fedeli oltraggiati" ma importanti filosofi neoplatonici. Il loro capo era Olimpio, neoplatonico della provocatoria scuola pagana di Giamblico, ed era sostenuto da altri eminenti filosofi di questa scuola, tra cui Elladio e Ammonio. Lo storico cristiano Socrate Scolastico in seguito studiò sotto questi ultimi due ad Atene e riferisce che spesso si vantavano orgogliosamente del loro ruolo negli omicidi e nelle torture nel Serapeo, con Elladio che sosteneva di aver ucciso personalmente nove cristiani. Tra le vittime i cui corpi furono poi ritrovati nel tempio, c’era lo stimato retore e studioso cristiano Gessio, che (a giudicare da un successivo poema beffardo di Pallada) morì di fame, fu crocifisso, forse gli spezzarono le gambe, e fu gettato in una fossa. Stranamente, Nixey omette di dire qualsiasi cosa di questa violenza o chi la perpetrò.

Qui il mio punto non è di dare un giudizio di valore su questi eventi lontani e certamente non di implicare che i pagani coinvolti fossero in qualche modo "peggiori" dei cristiani. In effetti, sto facendo il punto opposto. Era un'età violenta e sia i cristiani che i pagani in questi incidenti erano persone del loro tempo. Mentre Nixey in realtà espone dettagliatamente diversi episodi di violenza cristiana e molti altri di distruzione cristiana, il problema è che mette questi in evidenza, mentre omette o gira intorno ad altri incidenti simili perpetrati dai suoi eroi, i pagani. Questo ne fa un buon racconto – che ha in modo chiaro "buoni" e "cattivi" - ma è cattiva storia, irrimediabilmente faziosa, volutamente distorta.

Poiché salta praticamente tutti gli eventi che portarono allo scontro al Serapeo, il racconto di Nixey sulla distruzione del tempio inizia come se l’intera cosa fosse stata nata spontanea: "Un giorno, all'inizio del 392, una grande folla di cristiani iniziò ad ammassarsi fuori dal tempio ... "(pagina 86). Secondo Nixey, questa "folla di cristiani" si riunì senza motivo, senza parlare della banda di terroristi pagani che si erano rintanati nel tempio, che torturavano e crocifiggevano la gente. Inoltre non fa alcuna menzione del fatto che la folla stava guardando, mentre le truppe inviate dal prefetto assediavano il complesso del tempio in stallo con la banda di Olimpio. Non fa menzione alcuna del fatto che lo stallo continuò per settimane, che l'imperatore Teodosio fu chiamato a giudicare la situazione di stallo o che decise di risparmiare la vita dei terroristi, ma che il tempio doveva essere distrutto.

E, naturalmente, questa favola non sarebbe completa senza un riferimento al Serapeo come l'ultimo centro superstite della Grande Biblioteca di Alessandria:

"Le decine di migliaia di libri, i resti della più grande biblioteca del mondo, furono tutti persi, per non riapparire mai più. Forse furono bruciati. .... Una guerra contro i templi pagani era anche una guerra contro i libri che troppo spesso erano vi erano stati conservati per salvarli .... Più di mille anni dopo, Edward Gibbon si infuriava contro la perdita: "La vista degli scaffali vuoti suscitò il rimpianto e l'indignazione di ogni spettatore, la cui mente non era completamente oscurata da pregiudizi religiosi". "(Pagina 88)

Il che suona terribile, tranne che gli "scaffali vuoti" e gli spettatori pieni di dispiacere e di indignazione del vivido passaggio di Gibbon esistevano solo nella sua immaginazione. La distruzione del Serapeo è uno dei eventi meglio attestati nel mondo antico, con almeno cinque resoconti che ci sono pervenuti, sia da commentatori cristiani che pagani. Nessuno di loro menziona biblioteche o libri. Come ho dettagliatamente scritto nel mio articolo sui miti che circondano la Grande Biblioteca di Alessandria, nemmeno i racconti ostili del novaziano Socrate Scolastico o dello studioso pagano Eunapio fanno menzione di eventuali biblioteche o libri distrutti, e questo nonostante il fatto che Eunapio spenda la maggior parte del suo racconto inveendo contro la stupidità e la barbarie dei cristiani coinvolti. Inoltre, la prima descrizione del tempio di Ammiano Marcellino, scritta alcuni decenni prima della fine del Serapeo, fa riferimento alle sue biblioteche usando il passato – e questo indica che ai suoi tempi non esistevano più biblioteche nel complesso. Ancora una volta, Nixey si è presentata con la storia che si adatta ai suoi scopi, non con qualcosa che può essere sostenuto dalle fonti.

Nixey riprende la storia della Grande Biblioteca più tardi, quando introduce il suo racconto dell'assassinio di Ipazia. Correttamente, dice che i racconti che la Biblioteca al suo massimo splendore avesse contenuto 700.000 volumi, sono "assurdità", ma poi sostiene l'altrettanto improbabile affermazione che conteneva "500.000 rotoli". Come ho spiegato altrove, è più probabile che abbia contenuto circa un decimo di quel numero. Poi afferma che il padre di Ipazia, Teone, aveva studiato alla Grande Biblioteca, nonostante il fatto che i suoi ultimi resti fossero stati distrutti da Aureliano prima che Teone fosse nato. Ipazia, dice correttamente, fu una grande studiosa e una celebrità intellettuale che assunse un ruolo attivo nella vita civile e nella politica di Alessandria. Sostiene, tuttavia, che dalla distruzione del Serapeo "la vita intellettuale della città soffrì .... molti intellettuali di Alessandria se n'erano andati, fuggendo a Roma o altrove in Italia, o ovunque potessero allontanarsi da questa spaventosa città” (pagina 131). Dà sostegno a questa affermazione di intellettuali in fuga da Alessandria con un riferimento all'eccellente monografia di Maria Dzielska, Hypatia of Alexandria (Harvard, 1995), pp. 82-3. Tranne che, chiunque si prendesse la briga di controllare quel riferimento, vedrebbe esattamente a quali intellettuali si riferisce Dzielska: Olimpio, Ammonio, Elladio e Pallada - cioè l'allegra banda di crocifissori e torturatori che scatenò l'assedio del Serapeo e che furono risparmiati da Teodosio. Questi non erano nobili intellettuali che cercavano rifugio dai fondamentalisti malvagi, erano terroristi che fuggivano dalla scena del crimine. Se Nixey avesse letto il libro di Dzielska o molti degli altri a cui fa riferimento, lo saprebbe, ma cura attentamente le informazioni che seleziona per assicurarsi di poter modellare il racconto in un modo molto particolare.

Poi abbiamo la solita vecchia e trita versione gibboniana dell'assassinio di Ipazia, completa dei cambiamenti e delle distorsioni che si trovano nel libro di Nixey. Il vescovo Cirillo qui è il cattivo dal cuore nero e perciò l'inizio del conflitto che portò all'assassinio di Ipazia deve essere colpa sua. Ciò significa che il fatto che tutto iniziò con un attacco mortale ai fedeli cristiani deve essere oscurato - secondo Nixey ci fu "una complicata catena di rappresaglie che culminò in un attacco ebraico contro alcuni cristiani" (pag 133), quando in effetti la catena di eventi iniziò con quell'attacco. L'intero conflitto è rappresentato come uno scontro tra "cristiani e non cristiani", invece di ciò che è stato: una lotta di fazioni per il dominio politico civile, con i cristiani da entrambe le parti. Così ha Cirillo a capo dei "cristiani", a capo della sua banda di criminali monaci del deserto "con le loro vesti scure e maleodoranti" (p.135) e che , nel suo racconto, fa tutto tranne che far roteare i suoi baffi neri mentre schiamazza maniacalmente.

Per soddisfare il suo scopo, Nixey deve ignorare il fatto che nessuna fonte del tempo attribuisce la morte di Ipazia a qualcosa che ha a che fare con il suo sapere ed i suoi studi. Al contrario, il racconto quasi contemporaneo di Socrate Scolastico descrive in dettaglio l'alta stima in cui fu tenuta, per le sue conquiste intellettuali, sia dai pagani che dai cristiani (aveva studenti di entrambe le tradizioni) e continua dicendo che, nonostante questo, "anche lei cadde vittima della gelosia politica che in quel momento prevaleva ". Come chiariscono sia Dzielska che il recente libro su Ipazia di Edward J. Watts, questa era una disputa politica. Non si trattava di religione. Non si trattava di genere. Non si trattava di sapere classico. Perciò Nixey deve ignorare l'analisi accurata di Dzielska e Watts (stranamente, entrambi possono essere trovati nei suoi riferimenti) e si appoggia al racconto più tardo di Giovanni di Nikiu, scritto buoni 200 anni dopo gli eventi. Nikiu, che scrive in un'età diversa, quando l'idea di un insegnante pagano femmina sarebbe stato sinonimo di male, prese il racconto di Socrate Scolastico come sua fonte, ma aggiunse i suoi vividi abbellimenti, sostenendo che Ipazia era "dedita sempre a magia, astrolabi e strumenti musicali, e ha ingannato molte persone attraverso le sue astuzie sataniche "(Cronicle 84.87-103). Dzielska usa Nikiu con molta cautela, consapevole che probabilmente è inaffidabile.

Più recentemente, Edward J. Watts rende molto chiaro che mentre Nikiu a volte integra le sue fonti (principalmente Socrate e Giovanni Malala) con materiale che troviamo in altri testi egiziani, i dettagli che aggiunge alla storia di Ipazia sono molto probabilmente una sua invenzione. Come egli infatti dimostra, "Giovanni [di Nikiu] ha abilmente riconfezionato i dettagli del racconto di Socrate in modo tale da rendere Ipazia, piuttosto che Cirillo, il principale motore di questi eventi" (Hypatia, Oxford, 2017, p.132). Questi riferimenti a strumenti di astronomia, magia e "astuzie sataniche" sono aggiunte di Nikiu, pensate per trasformare il suo [di Ipazia] assassinio in una cosa buona agli occhi dei suoi lettori, dato che Nikiu nel suo racconto presenta Cirillo come un eroe.

Ma si adatta agli scopi di Nixey ignorare gli studi su questo punto e accettare una lettura acritica di una fonte molto più tarda. Così trasforma un omicidio politico per rappresaglia, dove Ipazia viene assassinata per vendicare la morte di un appartenente alla fazione di Cirillo, nell’assassinio di una stimata erudita da parte di "cristiani" per odio verso il suo sapere. E, naturalmente, calca la mano:

"Trascinarono poi la più grande matematica vivente di Alessandria per le strade verso una chiesa. Una volta dentro, strapparono i vestiti dal suo corpo, poi, usando cocci di ceramica come lame, scorticarono la pelle dalla sua carne. Alcuni dicono che, mentre lei ancora ansimava, le strapparono gli occhi ". (136)

Poco di questo vivido racconto può essere trovato nelle fonti. Socrate dice che "l’assassinarono con delle tegole (ὄστρακα)" e Gibbon decise che questo doveva significare "cocci di ceramica" e così inventò l'idea che fosse stata scorticata viva. La parola ὄστρακα significa in realtà "gusci di ostriche", ma sembra riferirsi alle tegole dei tetti utilizzate ad Alessandria, perché l'aspetto corrugato dei tetti assomigliava a quello delle conchiglie delle ostriche. Queste tegole dei tetti servivano anche come utili proiettili nelle rivolte, quindi sembra che sia stata lapidata con queste. Il dettaglio degli occhi strappati, introdotto con un "alcuni dicono”, molto in stile Donald Trump, si trova in un'altra fonte molto più tarda e molto dubbia, ma conferisce teatralità a una delle ben studiate scene drammatiche di Nixey.

"Che cosa ha a che fare Atene con Gerusalemme?"

La versione di Nixey dell'assassinio di Ipazia introduce la sua descrizione della distruzione cristiana, o almeno l’abbandono, della filosofia e del sapere classico. E qui troviamo le solite citazioni di vari padri della Chiesa sui pericoli del sapere "pagano", la follia degli antichi filosofi e la necessità di studiare la Bibbia al di sopra delle "folli" opere mondane degli "Elleni". Come al solito, le famose domande retoriche di Tertulliano hanno un posto centrale nel suo racconto:

"Come diceva l'oratore cristiano Tertulliano: ‘Che cosa ha davvero a che fare Atene con Gerusalemme?’ e continuava: ‘Che concordanza c'è tra l'Accademia e la Chiesa? ... Via! via da tutti i tentativi di produrre un cristianesimo macchiato da stoici, platonici e composizione dialettica! Non vogliamo ... nessuna inquisizione dopo aver gustato il Vangelo! Con la nostra fede, non desideriamo nessun altro credo’. Nessun bisogno della conoscenza, della filosofia degli stoici, o dei platonici o di qualsiasi altra cosa. Si aveva fede; e questo bastava."(pp. 148-9)


Nixey sostiene queste, per lei, chiare affermazioni anti-intellettuali con vari altri sprezzanti riferimenti allo studio della filosofia, della poesia, delle opere teatrali e di altre opere classiche, di cui certamente non ‘è penuria. Il problema è che, ancora una volta, Nixey è stata attentamente selettiva con le sue prove e ha presentato solo una parte di quello che era, in realtà, un dibattito in corso all'interno del cristianesimo primitivo sul valore del sapere "pagano". Da quello che presenta, i suoi lettori non capiranno che c'era anche questo dibattito, tanto meno che le persone di cui sottolinea le citazioni lo persero.

Da nessuna parte presenta l'altro lato dell'argomentazione - quella fornita da coloro che vedevano valore nella sapienza degli scrittori precristiani e non cristiani, e che vedevano che tutta la conoscenza proveniva in definitiva da Dio. Scrivendo non molto tempo dopo Tertulliano, Origene incornicò un argomento in difesa dello studio delle opere non cristiane, che arrivò a dominare il pensiero sull’appropriatezza di questi libri:

"Desidero chiederti di estrarre dalla filosofia dei Greci ciò che può servire come corso di studio o preparazione per il cristianesimo, e dalla geometria e dall'astronomia cosa servirà a spiegare le sacre Scritture, in modo che tutto ciò che i figli dei filosofi sono soliti dire sulla geometria e la musica, la grammatica, la retorica e l'astronomia, come compagni di aiuto alla filosofia, noi possiamo dirlo sulla filosofia stessa, in relazione al cristianesimo. Forse qualcosa di questo genere è adombrato in ciò che è scritto in Esodo dalla bocca di Dio, che ai figli di Israele è stato comandato di chiedere ai loro vicini, e a quelli che abitavano con loro, vasi d'argento, d'oro e vestiti, affinché, rovinando gli egiziani, potessero avere materiale per la preparazione delle cose che riguardano il servizio di Dio ". (Lettera a Gregorio)

Clemente di Alessandria, scrivendo un po' prima e, va notato ancora, scrivendo nel centro accademico di Alessandria, si spinse oltre:

"Non sbaglieremo nel dire che tutte le cose necessarie e vantaggiose per la vita ci sono venute da Dio, e che la filosofia fu più specialmente data ai greci, come un'alleanza a loro peculiare - essendo, come è, un trampolino di lancio per la filosofia che è secondo Cristo "(Stromata, VIII)

E anche Giovanni Damasceno notava che il sapere greco era un dono divino:

"Esporrò i migliori contributi dei filosofi dei greci, perché tutto ciò che c'è di buono è stato dato agli uomini dall'alto, da Dio, poiché “ogni miglior dono e ogni dono perfetto è dall'alto, discendendo dal Padre di luci'"(Capitoli filosofici, Prefazione)

Questa era la posizione che vinse il dibattito. E come risultato di ciò, non solo gli studiosi cristiani erano in grado di leggere, studiare e copiare le opere che erano considerate "i migliori contributi dei filosofi", ma anche oltre. Come osserva Edward Grant:

"Il concetto di ancillarità del sapere greco fu largamente adottato e divenne l'atteggiamento cristiano standard verso il sapere secolare. .... Con il trionfo totale del cristianesimo alla fine del quarto secolo, la Chiesa avrebbe potuto reagire al sapere pagano in generale, e alla filosofia greca in particolare, trovando in quest'ultima molte cose inaccettabili o forse addirittura offensive. Avrebbe potuto fare grandi sforzi per sopprimere il sapere pagano come un pericolo per la Chiesa e le sue dottrine. Ma non lo fece. "(The Foundations of Modern Science in the Middle Ages), Cambridge, 1996, p. 4, mia enfasi)

Mentre non riesce a perorare la causa della distruzione totale delle opere antiche, dato che ovviamente ne è sopravvissuta una notevole quantità grazie alla preservazione cristiana, è costretta a sostenere che la perdita di molte opere è dovuta all’incuria dei cristiani, che poco opportunamente non sapevano quale opera i post-cristiani del ventunesimo secolo avrebbero trovato più interessanti dei loro commentari e sermoni. Ma come ho discusso altrove, (vedi “The Lost Books of Photios’ Bibliotheca") l'argomento secondo cui la perdita di opere pagane fu in gran parte dovuta all’incuria cristiana non regge ad un esame accurato, e tutti i testi del periodo precedente all’invenzione della stampa sono stati fortunati a sopravvivere. Inoltre, sostiene con sicurezza una dubbia tesi secondo la quale le opere classiche "furono deliberatamente selezionate per essere cancellate e sovrascritte" come palinsesti - una teoria che si basa su tenue evidenza. (p.165, riferendosi a Rohmann, pp. 290-4).

Mentre Nixey mette al sicuro la sua descrizione con qualche sottile caveat su come gli atteggiamenti che lei evidenzia erano tenuti da "alcuni cristiani" o da "chierici cristiani radicali", continua a presentare le opinioni di questi radicali come la norma, e non riesce a bilanciare questo fatto con argomenti cristiani alternativi che hanno vinto. Questo la lascia con qualche problema: se il rifiuto della letteratura e del sapere pagano era così severo come lei afferma, come mai può leggere Ovidio, Aristotele, Platone o le poesie osé di Catullo? Dopotutto, queste opere sopravvivono solo grazie al lavoro di secoli di studiosi, scribi e copisti cristiani che li hanno preservati. Nixey non può ammettere di aver presentato solo metà della storia, così ricade su un discutibile argomento in base al quale alcuni cristiani dovettero abbracciare a malincuore le opere di gran lunga superiori dei pagani, perché la loro roba era così primitiva, mal scritta e suonata, per gente istruita, così stupida:

"E così, in parte per interesse personale, in parte per interesse reale, il cristianesimo cominciò ad assorbire la letteratura dei "pagani " in se stesso. Dopo tutto, Cicerone prese posto accanto ai salteri. Molti di quelli che si sentivano imbarazzati riguardo al loro sapere classico ne fecero il miglior uso. .... Ovunque, gli intellettuali cristiani lottarono per fondere insieme il classico e il cristiano. Il vescovo Ambrogio vestì i principi stoici di Cicerone con abiti cristiani; mentre Agostino adattò l'oratoria romana per fini cristiani. I termini filosofici dei greci - il "logos" degli Stoici - iniziarono a farsi strada nella filosofia cristiana. "(pp. 150-1)

Questo argomento piuttosto debole è, come possiamo ora aspettarci, una distorsione tendenziosa. La verità è che questi intellettuali cristiani non erano alieni scesi sul mondo antico da un altro pianeta - erano nati, cresciuti ed educati in quel mondo e ne facevano parte. L'eccellente libro di Edward J Watts The Final Pagan Generation (California, 2015) dipinge un'immagine eloquente e accuratamente supportata del mondo in cui questi intellettuali cristiani e pagani vissero e lavorarono, e si erge in netto contrasto con il sensazionale fumetto di Nixey. Watts mostra con quanta attenzione si intrecciano gli attori di questo mondo, notando come le complesse reti di mecenatismo, studio e status politico abbiano significato che - per tutte le dichiarazioni dei decreti imperiali o la retorica radicale degli zeloti da entrambe le parti - l'estremismo tendeva ad essere attenuato nella pratica (vedi Watts, p. 126). Quindi Nixey cerca di affermare che il neoplatonismo pose alcuni problemi importanti per questo tipo di integrazione (p.168), mentre, in effetti, come scuola filosofica dominante del tempo, era parte dell'aria respirata dagli intellettuali cristiani. Lungi dal rifiutare questa scuola di pensiero, fu abbracciata da influenti pensatori cristiani come Agostino. Come nota John Marebon:

"[Agostino] avrebbe potuto facilmente decidere che tutto il platonismo pagano fosse esso stesso inestricabilmente legato al politeismo, ma sembra, piuttosto, aver concluso che c'era dell'oro rigorosamente monoteistico, proto-cristiano, da trovare negli scritti pagani, nascosto ma non essenzialmente corrotto. "(The Problem of Paganism from Augustine to Leibniz, Princeton, 2015, p.27)

Nixey ammette a malincuore che questa integrazione di pensiero pagano e cristiano ebbe luogo, ma afferma che sono sopravvissute solo le opere che potevano essere adattate alle idee cristiane. Prende atto, ad esempio, che “anche [tutte] le teorie che affermavano che il mondo era eterno – e che perciò contraddicevano l'idea di creazione - furono .... soppresse". Questa è una sciocchezza. Il lavoro di Aristotele insegnava che l'universo era eterno, e il suo lavoro non fu "soppresso", ma fu insegnato ampiamente nell'Oriente cristiano di lingua greca, ripreso da studiosi musulmani e, attraverso di essi, divenne l'autorità dominante nell'Occidente medievale. Allo stesso modo Platone insegnò la trasmigrazione delle anime e ne parlò in diverse opere che furono copiate e studiate ampiamente dagli studiosi cristiani. Non lo "soppressero", dissero semplicemente che sbagliava. Anche il De Rerum Natura di Lucrezio, con il suo atomismo epicureo, è sopravvissuto a causa di una lunga serie di scribi cristiani che lo trovavano interessante anche se non erano d'accordo con molte delle sue idee chiave. Nixey è piuttosto una fan di idee greche che sembrano - superficialmente - adattarsi alle nostre e parla dell'atomismo di Democrito due volte, incolpando i cristiani per il fatto che nessuna delle sue opere sopravvive. Quello che sembra non capire, è che molte delle scuole di cui parla si stavano riducendo molto prima dell'ascesa dei Cristiani, e Democrito probabilmente era poco più di un nome anche prima di Costantino.

Descrive il mondo classico precristiano come un allegro paradiso pluralista in cui tutte le idee competevano allo stesso modo, ma dal quarto secolo il neoplatonismo di Plotino era arrivato a dominare, e anche i pensatori precedenti non erano così benigni come Nixey ingenuamente immagina. Diogene Laerzio ci dice che "Aristosseno nei suoi Memoriabilia Storici afferma che Platone desiderava bruciare tutti gli scritti di Democrito che poteva raccogliere" (Lives of Eminent Philosophers,VII.40). Forse non è troppo sorprendente che non ci fosse una forte scuola di atomisti che i cristiani potessero “sopprimere” quando Costantino si convertì. Gli stoici e gli epicurei sono ancora menzionati occasionalmente nelle risposte cristiane alle scuole filosofiche, ma neanche lontanamente quanto i neoplatonici. Democrito non viene menzionato affatto - grazie ai pagani neoplatonici, era già lettera morta.

La chiusura dell'Accademia

Come indica il sottotitolo, il libro di Nixey parla di "distruzione", e quindi le sue esagerate affermazioni sul rifiuto del pensiero classico e le sue evidenze selettive sul come e perché esso fu, in realtà, non di fatto respinto, ma sostanzialmente conservato, non ne parleranno. Per rappresentare l'effettiva "distruzione" del sapere antico, Nixey si basa pesantemente su un solo libro, quello di Dirk Rohmann Christianity, Book-Burning and Censorship in Late Antiquity: Studies in Text Transmission (DeGruyter, 2016). Il lavoro di Rohmann è certamente molto più accademico del libro di Nixey, sebbene alcune delle sue argomentazioni siano discutibili. Così, quando Nixey inizia a parlare di "libri proibiti" a cui si dava la caccia, e di libri bruciati, fa un giochetto di fantasia per far sembrare che stia parlando di libri del sapere classico, quando invece, in quasi tutti i casi di cui si parla, si tratta libri di eretici cristiani e di libri di "magia" e, in particolare, di divinazione. Il prendere di mira le opere sulla divinazione e i libri Sibillini che potevano essere usati per predire il futuro, si ritrova ripetutamente in fonti del quarto e del quinto secolo, in gran parte perché gli imperatori romani erano paranoici riguardo alla gente che cercava segni che [indicassero che] l'imperatore potesse essere rovesciato.

Questa paranoia non era nuova e precede gli imperatori cristiani di secoli, ma quando sentiamo parlare di libri a cui si dava la caccia e che venivano bruciati, si tende ad essere in questo contesto. Sia Nixey che la sua fonte chiave, Rohmann, sostengono che la scoperta di opere sulla divinazione e la magia furono solo "un pretesto" per la soppressione dei filosofi (Nixey, p.165, Rohmann, pp. 65 sgg.), Ma se fu così, poi è strano che non lo vediamo molto più spesso e molto più coerentemente. In realtà, l'obiettivo pare che fosse la pratica della divinazione, per ragioni puramente politiche. Ma dato che alcuni rami della filosofia - in particolare i neoplatonici della scuola di Giamblico - usavano pratiche e libri divinatori e riti "teurgici" segreti, non sorprende che alcuni di essi fossero coinvolti in queste purghe politiche.

Nixey estrapola regolarmente dal particolare al generale quando le si conviene, così, spesso, quando parla di soppressione della "filosofia" o dei "filosofi", l’esame degli incidenti a cui fa riferimento rivela che in realtà sta parlando della scuola di Giamblico. Watts fornisce un utile sommario di questo sistema di pensiero e pratica:

"Giamblico creò un sofisticato sistema filosofico che combinava la matematica pitagorica di Nicomaco con gli innovativi approcci filosofici di .... Plotino e con elementi ritualistici ispirati agli Oracoli Caldei del terzo secolo. In definitiva, questo intricato sistema prometteva di condurre i suoi seguaci ad un livello più alto di interazione con i veri principi divini dell'universo. "(Hypatia, pagina 32)

La scuola di Giamblico differiva significativamente dagli altri rami del neoplatonismo. Ipazia, ad esempio, era della scuola più tradizionale e meno mistica di Plotino. Mentre Olimpio, Ammonio, Elladio - i violenti pagani radicali dello scontro al Serapeo - erano tutti della scuola di Giamblico. Questa forma di filosofia era molto più legata ai rituali e alle pratiche religiose pagane, motivo per cui tendeva ad essere apertamente (o, come abbiamo visto, anche violentemente) anticristiana. Mantenne anche segreti i suoi riti e praticò la "teurgia", cose queste che resero i suoi seguaci sospetti agli occhi degli imperatori paranoici.

Il che ci porta al pezzo forte di istrionismo con cui Nixey chiude il suo libro - la soppressione dell'Accademia Platonica ad Atene. Nixey inizia la storia con la tipica ampollosità. Dopo aver menzionato la legge di Giustiniano che proibiva agli insegnanti pagani di essere pagati con fondi pubblici, dichiara:

"Questo fu questa (sic) legge che costrinse Damascio ed i suoi seguaci a lasciare Atene. Fu questa legge a far chiudere l'Accademia. Fu questa legge a indurre lo studioso inglese Edward Gibbon a dichiarare che l'insieme delle invasioni barbariche era stato meno dannoso per la filosofia ateniese di quanto lo fosse il cristianesimo. Le conseguenze di questa legge furono descritte più semplicemente dagli storici successivi. Fu da questo momento, dissero, che un'Età Oscura cominciò a scendere sull'Europa. "(pp. 236-7)


Roba drammatica. In realtà, nonostante il tuonare dell'autorità preferita di Nixey, Gibbon, del diciottesimo secolo, in realtà non fu niente del genere. Per cominciare, l'Accademia che fu chiusa ad Atene in conseguenza di questa legge, non poteva far risalire la sua "storia in una linea ininterrotta .... a Platone stesso, quasi mille anni prima "(p. xxxvii) - in realtà risale solo alla fine del quarto secolo d.C., quando fu fondata dallo studioso neoplatonico Plutarco. L'originale Accademia di Platone aveva cessato di esistere secoli prima.

Ancora più importante, la legge che portò alla fine di questa nuova Accademia non era finalizzata a chiudere la scuola o qualsiasi altra scuola, solo a rimuovere il numero in calo di insegnanti pagani dai fondi pubblici - un elemento chiave che Nixey respinge come "uno o due dettagli pignoli sugli stipendi ". Come il sempre sensato Edward J. Watts descrive dettagliatamente nel suo articolo sull'argomento ("Justinian, Malalas and the End of Athenian Philosophical Teaching in A.D. 529” The Journal of Roman Studies, 94, 2004, pp. 168-182) il decreto imperiale più generale fu usato dalle autorità cristiane locali per paralizzare l'Accademia guidata dal maestro platonico e apertamente anticristiano Damascio. Ma in genere non si trattò di un grande giro di vite sulla "filosofia" in tutta l’estensione dell’impero - solo un affare locale che colpì una scuola anticristiana.

Ovviamente, Nixey riveste l'incidente con un dramma tipicamente ponderoso, descrivendo in dettaglio come Damascio e i suoi seguaci decisero di abbandonare l'Impero Romano e di cercare climi filosofici più sereni in Persia, alla corte del nuovo Re Cosroe I. Suppongo che questo avrebbe costituito un finale adatto per il suo libro, con la discesa di "un'età oscura" ed i poveri filosofi che cavalcano verso il sorgere del sole, cercando rifugio dall'oppressione cristiana nella sapienza e nella tolleranza dell'oriente. Tranne che nemmeno Nixey poteva distorcere le cose così male, perciò deve riferire il seguito - il re persiano si rivelò un idiota e i filosofi supplicarono di poter tornare a casa. Poi il presunto terribile imperatore cristiano li riaccolse e fu permesso loro di continuare a insegnare in privato, non solo a spese pubbliche. Quella parte della storia finisce, nel racconto di Nixey, nascosta sotto il tappeto, e quando ne ha discusso con Dan Snow sul suo podcast è sembrata felice quando Snow ha condannato a gran voce l'intero episodio come un grande esempio di "barbarie" cristiana. Ovviamente, la sua versione aveva avuto l'effetto desiderato.

Il libro che Nixey non ha scritto

Questo articolo è lungo e potrebbe essere molto più lungo. Ci sono poche pagine del libro di Nixey che non abbiano una qualche forma di presentazione selettiva delle evidenze, di elusione di contro esempi, di rifiuto di punti di vista alternativi, di travisamento di informazioni o di esagerazione di un'idea. È un vero peccato che abbia preso un periodo affascinante e un argomento interessante e abbia prodotto una tale confusione ampollosa e distorta. Ci sono diversi altri libri sullo stesso argomento che sono di gran lunga superiori. Ho già citato The Final Pagan Generation di Edward J. Watts, che è tutto quello che il lavoro di Nixey non è: misurato, accademico, erudito ed equilibrato. Malgrado entrambi trattino della transizione dal mondo pagano a quello cristiano, è quasi come se stessero descrivendo realtà alternative. Watts mostra che la transizione fu graduale, in gran parte senza sconvolgimenti, e che i cristiani ed i pagani erano simili l'uno all'altro più di quanto qualsiasi lettore di Nixey possa pensare. È interessante notare che Nixey menziona Watts nei suoi "Riconoscimenti" e sembra che lui abbia letto il suo [di Nixey] libro in forma manoscritta. Mi chiedo quale sarebbe stata la sua valutazione non sottoposta a filtri di alcun genere.

Altamente raccomandato è anche il libro di James J. O'Donnell Pagans: The End of Traditional Religion and the Rise of Christianity (HarperCollins, 2015). O'Donnell è un po’ più contrario di Watts e un po’ provocatore (ad esempio, il suo capitolo sul tentativo fallito di Giuliano del revival del paganesimo, lo intitola "Il primo imperatore cristiano"), ma, come Watts, mostra come sia i cristiani che i pagani erano uguali in molti modi e, a differenza di Nixey, resiste al presentismo e alla tentazione di ridurre la storia a favole morali semplicistiche con personaggi "buoni" e "cattivi". O'Donnell chiarisce i punti che pare siano stati completamente elusi da Nixey. Come già notato, egli vede sia l'autoritarismo degli imperatori paleocristiani sia gli impulsi che guidarono la Grande Persecuzione come risultati del, e reazioni al, caos del terzo secolo. Nota anche come il paganesimo stava già cambiando forma, pratica e focus, e come l'ascesa del cristianesimo fosse del tutto in sintonia con quei cambiamenti. Lo vediamo nel declino dell'importanza dei rituali del sacrificio di sangue, nella diminuzione del numero di nuovi templi in costruzione e nell'ascesa di nuovi culti religiosi più personali e più mistici. Lo vediamo anche nella crescente tendenza delle idee filosofiche su un'entità divina prevalente, che diventa più comune nell'espressione religiosa; come si vede nel focus quasi monoteistico del platonismo di Plotino e di Porfirio e nell'ascesa della teurgia come un modo per comunicare con "l'Uno" attraverso il rituale. Come dice O'Donnell:

"Le persone serie - filosofi, intellettuali, teologi di qualunque stirpe - ora vedevano tutte le pratiche religiose da un piano più alto. Porfirio e Giamblico fecero come Costantino e Costanzo per indebolire le pratiche tradizionali. “(pagina 178)


Non è ancora stato pubblicato, ma all'inizio del 2018 vedremo anche il contributo di Bart Ehrman alla domanda su come il cristianesimo, di tutte le sette, venne a conquistare il mondo romano, nel suo imminente The Triumph of Christianity: How a Forbidden Religion Swept the World (Simon & Schuster, 2018). È interessante notare che alcune persone stanno già rispondendo ai suoi tweet pre-pubblicazione con l’impudenza che [Ehrman] ha bisogno di istruirsi leggendo, tra tutti, Nixey.

Naturalmente, si potrebbe replicare che Nixey non stava semplicemente scrivendo un libro sulla transizione dal paganesimo al cristianesimo nel mondo romano, ma stava scrivendo un libro diverso - che si proponeva di evidenziare la storia negletta della violenza e della repressione cristiana in questo periodo, e di correggere un (presunto) squilibrio nel modo in cui normalmente questa storia viene raccontata. Può darsi. Tuttavia, che l'abbia fatto in un modo che distorce la storia invece di equilibrarla significa che, se è così, ha perso un'opportunità.

Questo è perché è possibile presentare una nuova prospettiva su un vecchio argomento e correggere gli squilibri precedenti, introducendo nuove prospettive ed esaminando le vecchie idee in modo nuovo e - cosa ancora più importante - farlo senza permettere che il pregiudizio di parte deformi la presentazione della storia. Ad esempio, per molto tempo la presentazione della Riforma inglese tese a concentrarsi, comprensibilmente, sui riformatori; cosa li ha aveva motivati, cosa avevano cambiato, come e perché. Ciò significa che le storie della Riforma in Inghilterra tendevano a provenire da un default tradizionalmente protestante; presumevano implicitamente che la Riforma fosse "una buona cosa", che era essenzialmente inevitabile e che l'entusiasmo con cui era stata accolta in alcune regioni (principalmente nel sud-est e nelle città più grandi) era normale.

Poi nel 1992 Eamon Duffy pubblicò The Stripping of the Altars: Traditional Religion in England, 1400-1580 (Yale, 1992) e descrisse la Riforma da una prospettiva molto diversa. Sosteneva che la religione popolare in Inghilterra alla vigilia della Riforma era vigorosa, sana e vibrante, non moribonda e corrotta. Non si concentrò su ciò che sostituì la religione cattolica in Inghilterra, ma su ciò che fu smantellato. E non guardò agli eventi solo dalla prospettiva dei Riformatori, ma principalmente da quella di coloro le cui preziose tradizioni erano state portate via e che, molto spesso, reagirono con protesta, resistenza e talvolta con violenza e ribellione. Come nota Richard Rex in un perspicace saggio sull'impatto del libro di Duffy e di altre opere revisioniste come questa, probabilmente bisognò aspettare fino alla fine del ventesimo secolo perché questa nuova prospettiva fosse possibile, poiché fu solo allora che la Gran Bretagna "cessò di essere una Nazione protestante ".

Il libro di Duffy non fu privo di critici, ma le loro critiche riguardavano questioni di dettaglio o forse idee diverse su come avrebbe potuto affrontare la sua analisi – egli dipende quasi interamente dai dati e dalle fonti delle parrocchie rurali, ad esempio, mentre le cose erano molto diverse nelle città. Ma come storico esperto con un chiaro senso dell’analisi oggettiva, il suo libro è giudizioso e ben ragionato e quindi fino ad oggi è riconosciuto come valido contributo al campo. Nixey non è una storica esperta: non è affatto una storica, è una giornalista. E lo dimostra.

I buoni libri di storia, inclusa la buona storia popolare, dovrebbero dare al lettore una visione più ampia del periodo e del soggetto. Dovrebbero informare meglio il lettore e, così facendo, renderlo più saggio. Dovrebbero approfondire la comprensione, cosicché qualsiasi altra cosa leggano sull'argomento da quella prospettiva, tenda ad aggiungere strati a quell’approfondimento. Il libro di Watts lo fa. Il libro di O'Donnell lo fa. Il libro di Duffy lo fa. Il libro di Nixey no. Chiunque legga il libro di Nixey rischia di venir via pensando di sapere e capire di più, ma in realtà avrà imparato cose che dovrebbero essere ignorate oppure corrette in seguito. Quello di Nixey non è un buon libro di storia. È, come ha detto Dame Averil in modo così conciso, "una farsa".

[Enfasi originale)



















Edited by barionu - 26/1/2023, 09:57
 
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CAT_IMG Posted on 9/11/2018, 10:50
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CITAZIONE
Premessa: La traduzione di questa recensione mi è stata chiesta espressamente da barionu (mi sto ancora chiedendo perché gli interessasse proprio questa: forse non lo saprò mai!) L’autore è un antimiticista filo cristiano, quindi lontanissimo dalle mie posizioni, e non è il genere di studioso, professionista e non, che io sono solita tradurre – apprezzandone e in genere condividendone contenuti e posizioni.

Cara Roxi , un particolare ringraziamento per questa tua traduzione . :wub: :wub: :wub: :wub: :wub: :wub:

Il fatto è ' che l' ateo O Neill viene citato da molti esegeti cattolici ,,,

quindi una traduzione ottima mi serviva.

Ok Havi , vediamo chi bussa più forte . ti chiedo solo di lasciar stare i parenti di O Neill ...



FERRO IGNIQUE VASTARE

zio ot ak47
 
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CAT_IMG Posted on 9/11/2018, 15:28
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prima di iniziare , 2 parole sull' articolo di O'NEILL

RIVOLTANTE .


Posso immaginare il mal di fegato della nostra roxi :( :( :( mentre traduceva ...

Questi soggetti come O' Neill sono la razza peggiore , Accademici o simile che si proclamano Atei ,

e forse Atei lo sono , ma sono i peggiori leccaculo di Monsignore che si possa immaginare :

sono i Militia Christi , di cui una tecnica consueta è quella appunto di presentarsi Atei .

In Italia abbiamo un esponente di spicco di questa razza infame nel Prof Manuel Ceccarelli ,

Accademico in Germania di Assiriologia.

E sic il Prof Manuel Ceccarelli ( nick cecca ) è un eccellente assiriologo , ma le sue sortite in ambito biblico

e in particolare NT fanno trasparire un leccaculo di Monsignore ai peggiori livelli .

Ovviamente il cecca si presenta come Ateo ...


Havi , nessuna pietà .



zio ot

Edited by barionu - 9/11/2018, 16:25
 
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CAT_IMG Posted on 9/11/2018, 16:32
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L'invisibile e l'inesistente si somigliano molto. (Delos B. McKown, The Mythmaker's Magic)

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CITAZIONE (barionu @ 9/11/2018, 15:28) 
E sic il Prof Manuel Ceccarelli ( nick cecca ) è un eccellente assiriologo

Gasp! :o: Tu intendi dire che quel tizio che scriveva sul forum consulenza ebraica con nickname “cecca” era un accademico? :blink:

Io apprezzavo il fatto che quando scrivevo di Carrier, lui non diceva mai di essere storicista, solo, mi ripeteva, se non ricordo male, di lasciare che su OHJ decidesse l'accademia. Il punto è che l'accademia ha paura di decidere “ufficialmente” in quella materia, per paura di suscitare contro-recensioni tanto aggressive quanto persuasive, tant'è che non si è mai più espressa, ancora. (se si esclude l'autentica frana di Daniel Gullotta, ma lasciamolo perdere).

Quindi io ho pochi elementi per dichiarare tale Ceccarelli un folle apologeta criptocristiano.

Mentre ne ho ben donde per denunciare O'Neill di malcelata apologia cristianeggiante.

Intanto ecco il primo errore che commette: avanza scuse del tipo “anche i romani non scherzavano”.

CITAZIONE
Lungi dall'essere pluralisti tolleranti che furono "spinti" a perseguitare i cristiani, i Romani della corte di Diocleziano stavano prendendo molto sul serio i sentimenti del succitato discorso di Mecenate. Alla vigilia della Grande Persecuzione l’anticristiano neoplatonico Porfirio chiese retoricamente al cristianesimo:

"A quale tipo di punizioni possono non essere sottoposti coloro che fuggono dai costumi ancestrali, e che sono diventati zeloti per le mitologie straniere degli ebrei, che sono calunniate da tutti?"

Peccato che la stessa Nixey abbia messo ben in chiaro che lei nel suo libro si sta concentrando solo ed esclusivamente sui crimini dei cristiani, al di là se i pagani non fossero da meno quanto a barbarie e intolleranza:


CITAZIONE
Questo è un libro sulla distruzione cristiana del mondo classico. L'assalto cristiano non è stato l'unico: fuoco, inondazione, invasione e il tempo stesso hanno tutti fatto la loro parte, ma questo libro si concentra soprattutto sull'assalto del cristianesimo. Questo non vuol dire che la Chiesa non abbia anche preservato le cose: lo ha fatto. Ma la storia delle buone opere del cristianesimo in questo periodo è stata ripetuta più e più volte; tali libri proliferano in biblioteche e librerie. La storia e le sofferenze di coloro che il cristianesimo sconfisse non lo sono state. Questo libro si concentra su di loro.

(pag. xxxv, la mia enfasi)

Quindi anche il sito dell'UCRR (sic) crede di cavarsela semplicemente puntando il dito sulla barbarie pagana. Come se le colpe di tutti rendessero le colpe di ciascuno meno gravi di quanto siano. Chiaramente, dire che tutti erano intolleranti equivale a dire che nessuno lo era veramente.

A me non interessa sapere se i pagani lo erano più dei cristiani.

A me interessa elencare i crimini commessi in quel tempo dai cristiani oppure - il che è lo stesso - i discorsi d'odio e di intolleranza pronunciati dai cristiani dell'epoca.

Se la Nixey li ha elencati, e se tale elenco è piuttosto lungo, allora lei ha semplicemente provato il suo punto.
 
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CAT_IMG Posted on 9/11/2018, 17:23
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Ecco un esempio della bastardaggine cristiana in particolare proto-cattolica. A inizio capitolo 13 del libro della Nixey, intitolato “Coloro che rinunciarono alla via del Signore”, compare la seguente citazione del folle apologeta proto-cattolico Tertulliano (proprio lui):

CITAZIONE
...bisognerà allora stare a sentire i grandi autori tragici... ed essi non canteranno più le sventure degli altri, ma bensì piangeranno le proprie calamità... e come gli istrioni salteranno e si moveranno più agilmente, che il fuoco avrà loro sciolto le membra! Si vedrà allora chi una volta guidò la quadriga ad una ruota, in pieno ardore di fiamma, si vedranno non più gli atleti esercitarsi nelle loro scuole, ma nel tormento del fuoco.

(De Spectaculis, 30.5)

In cosa ci sarebbe di diverso dalle cupe brame del peggior islamista odierno? Tuttora essi fanno attentati negli stadi, per vedere gli atleti occidentali “non più ... esercitarsi nelle loro scuole, ma nel tormento del fuoco”.

Mi son andato a leggere l'intero brano da cui è tratta la citazione di Tertulliano. Eccolo qua:

CITAZIONE

E il Signore in quel giorno giungerà sicuro della sua vittoria, nella sua piena potenza, in assoluto fulgore di trionfo: oh, quale lo spettacolo che ci attende! quale allora la gioia degli angeli del Signore? e la gloria e l'esultanza dei santi che risorgeranno? quale il regno dei giusti? quale ci apparirà la Gerusalemme del cielo? Ma quante altre visioni s'apriranno dinanzi al nostro sguardo: oh, il giorno estremo di un giudizio irrevocabile: giorno, da tanta gente non atteso e non creduto; su cui si è scetticamente sorriso; che giorno sarà per te quanto, nel divampar dell'incendio, vedrai tramontare il lungo scorrere delle età, vedrai dileguarsi e sparire tanta onda di generazioni! Quale magnificenza di visione! che cosa potrò in essa guardare con ammirazione? e su che gettare il mio riso di scherno e di pietà? quale la ragione della mia gioia e della mia esultanza? Oh, quando vedrò tanti re che si facevano sicuri d'essere accolti nel cielo, ed invece li sentirò piangere e rammaricarsi nelle tenebre più fitte e profonde, con Giove stesso e tutti i suoi satelliti! e che dirò di quegli illustri che pure infieriscono con tanta crudeltà nel nome Cristiano, quando saranno straziati dalle fiamme che li consumeranno, ben più tremende di quelle colle quali essi una volta tormentavano ed uccidevano i Cristiani? Ed anche i filosofi si vedranno nel fuoco, coi loro seguaci; quei saggi che volevano convincere come nulla fosse in possesso e in dominio di Dio: essi proveranno la maggiore vergogna per avere affermato o che le anime non esistessero affatto o che, comunque, esse non avrebbero più mai riavuto il corpo entro il quale stettero una volta. Ed anche vi si troveranno i poeti, non più tremanti di fronte al tribunale di Radamanto o di Minosse, ma per il giudizio di Cristo a cui essi non credettero mai: bisognerà allora stare a sentire i grandi autori tragici... ed essi non canteranno più le sventure degli altri, ma bensì piangeranno le proprie calamità... e come gli istrioni salteranno e si moveranno più agilmente, che il fuoco avrà loro sciolto le membra! Si vedrà allora chi una volta guidò la quadriga ad una ruota, in pieno ardore di fiamma, si vedranno non più gli atleti esercitarsi nelle loro scuole, ma nel tormento del fuoco.

Praticamente, Tertulliano si augura che i tipi come me vadano all'inferno! irvine aeris rm_bear

Eppure non è soddisfatto, perchè continua:
CITAZIONE

Ma io bensì neppure allora vorrò volgere su loro il mio sguardo; come quegli che desidero soprattutto fissare l'occhio insaziabile, piuttosto su coloro che contro il Signore incrudelirono tanto. È costui, lo dirò chiaramente loro, quel figliuolo di un fabbro, di un povero operaio che traeva la vita dal lavoro giornaliero, il distruttore del sabato, il Samaritano, quel che pareva avesse in sè una potenza strana ed avversa. Voi lo compraste da Giuda e fu lui che fu percosso con una canna e con schiaffi, fu lui a cui fu recato l'oltraggio maggiore d'essere avvilito dall'uomo; egli ebbe per bevanda fiele ed aceto.
 
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CAT_IMG Posted on 10/11/2018, 12:03
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Ragazzi, l' aritcolo di quell' infame di O Neill mi terrà impegnato per molto tempo , vista

la massa di porcate che spara ...

MA INTANTO ,

una precisazione sul bellissimo libro della NIxey ,

sono 348 pagine ben scritte e corradate da un ricco impianto di note et una

eccellente bibliografia ; l ' unico " limite " del libro sono proprio le 348 pagine :

il tema trattato necessita come minimo di 4-5000 pagine,

per cui il libro della NIxey si può considerare come introduttivo . divulgativo .

La Nixey cita spesso :

The Archaeology of Destruction:
Christians, Images of Antiquity, and Some
Problems of Interpretation*

John Pollini


www.chaosekosmos.it/pdf/2013_19

The archaeology of destruction: Christians, images of classical antiquity, and some problems of interpretation


www.researchgate.net/publication/2..._interpretation




https://aia.yale.edu/christian-destruction...sical-antiquity




__________________________________________________________



51pffY33q9L

www.amazon.co.uk/MAKING-BREAKING-S...y/dp/8771240896


Last Days of Graeco-Roman Paganism (Europe in the Middle Ages) (English and German Edition)

Johannes Geffcken

41A1tZRAwXL._SY373_BO1,204,203,200_

www.amazon.com/Graeco-Roman-Pagani...h/dp/0444850058




David Frankfurter :

From Temple to Church



https://books.google.it/books?id=D7kNQ-l2f...epage&q&f=false


Ellen Perry



www.holycross.edu/academics/progra...y/ellen-e-perry

www.holycross.edu/academics/progra...y/ellen-e-perry
www.peeters-leuven.be/boekoverz.asp?nr=8363


DIRK ROHMANN

jpg

www.degruyter.com/view/product/473991




Violence and Belief in Late Antiquity
Militant Devotion in Christianity and Islam

Thomas Sizgorich



jpg

www.upenn.edu/pennpress/book/14534.html



HAVILAND ,

NIENTE PRIGIONIERI .




zio ot

Edited by barionu - 21/11/2018, 10:27
 
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19 replies since 27/10/2018, 08:16   863 views
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