Origini delle Religioni

LA MAZZA DA HOCKEY

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PRAESODIMIO


https://it.institut-seltene-erden.de/selte...rden/praseodym/

DIDIMIO

https://it.wikipedia.org/wiki/Didimio


GRAFENE

https://it.wikipedia.org/wiki/Grafite

https://it.wikipedia.org/wiki/Grafene


La rivoluzione è giovane, scaturita da un curioso esperimento scientifico che ha avuto uno degli impatti più veloci e rilevanti nella vita quotidiana di sempre.


Quante volte vi è capitato di vedere i vostri figli o nipoti tracciare uno scarabocchio, un tratto ripetuto di matita su un foglio, e poi cercare di toglierlo con una gomma, con un dito o magari, con un po’ di “ audacia” sperimentale, con un nastro adesivo. Ecco, se avete provato a farlo anche voi o lo fate adesso, delicatamente, potreste sfogliare la grafite della matita fino a non vederla più e quando non la vedete più potreste avere lasciato sul foglio un “ tappeto” sottile di atomi di carbonio.


Nessuno pensava si potesse isolare uno “strato monoatomico” di atomi di carbonio fino a che nel 2004 i due fisici Gejm e Novoselov dell’Università di Manchester riuscirono in quel gioco di ingegno tra loro, la grafite e quella geometria esagonale organizzata e funzionale in due dimensioni: il grafene. Fu subito chiaro che quella scoperta, quel risultato, avrebbe rivoluzionato le vite di tutti. Nel 2010 vennero insigniti del Nobel per la Fisica per gli “ esperimenti innovativi riguardanti il materiale a due dimensioni grafene”.


Uno strato monoatomico di carbonio, sì proprio così, un oggetto a due dimensioni ( 2D) dello spessore di un atomo che ha la resistenza del diamante e la flessibilità della plastica. Un materiale 2D che proietta la giovane rivoluzione che ha innescato nelle tre dimensioni ( 3D) fino alla quarta ( 4D) unendovi il tempo. Ne “ Gli Artenauti” (Repubblica-Robinson, 8 aprile) l’idea del passaggio “dal murale al 3D in 10 mosse” non poteva che rimandare al grafene 2D per realizzare proiezioni 3D, adattabili a ogni circostanza, in uno spazio realmente 4D dove magari sarà possibile viaggiare nel tempo a ritroso!


Non è una provocazione. Il grafene ha prodotto non solo ammirazione ma anche commozione nel mondo scientifico ( Nobelprize. org). Le sue proprietà esotiche che scatenano la comunità dei fisici teorici fanno il paio con una incredibile vastità di applicazioni che va dai nuovi materiali all’elettronica, dall’energia “ pulita” fino alla cattura di cellule tumorali circolanti. Non ditemi che non vi sentite infiltrati da una infinita curiosità come quella che si diffonde nel breve viaggio nella fisica contemporanea narrato da Barone e Banucci (edizioni Dedalo, 2017).


Quotidianamente ne utilizziamo le proprietà quando paghiamo il conto del supermercato avvicinando il nostro cellulare alla cassa, quando arrotoliamo un dispositivo elettronico trattandolo come un foglietto di plastica o come quando vinciamo una partita a tennis grazie al nuovo bilanciamento della racchetta. Quella desinenza “-ene” del nome dice che gli atomi si dispongono a formare esagoni con angoli di 120 gradi. La contaminazione con pentagoni o ottagoni introduce imperfezioni e la struttura si deforma, si ottengono altri materiali e affascinanti increspature della superficie fanno salire a tre le dimensioni.


Possiamo passare dall’icosaedro troncato o il rombicubottaedro disegnati da Leonardo per il trattato “De divina Proportione” (1497) di Fra Luca Bartolomeo Pacioli per arrivare agli studi di Tullio Regge e Mario Rasetti, fisici italiani, sui reticoli atomici del 1981 che nel 1985 portarono Kroto, Smalley e Curl a scoprire il fullerene inaugurando l’era dei nanomateriali, Nobel nel 1996. Scienza e arte si mischiano in quel nome dato in onore della cupola geodetica di Buckminster Fuller ( Expo 1967). Sembra di essere nella Biblioteca di Babele di Borges (1941): “L’universo si compone d’un numero indefinito, e forse infinito, di gallerie esagonali…”. Diamante, fullerene, grafene e nanotubi sono le forme diverse del carbonio per il quale l’organizzazione spaziale conta, conta eccome. Topologia, struttura e funzione, condividiamo tutti gli stessi atomi, sei atomi principali, eppure se ci incontriamo non mi scambiate affatto per George Clooney.


Colpa o merito di come i miei atomi sono disposti nello spazio 4D. Ma, quel tappeto bidimensionale di atomi mi fa venire subito in mente un tappeto volante. Il tappeto volante Vasnecov, un olio su tela del 1880 (Museo d’Arte, Nižnij Novgorod) che ritrae il principe Carevi? e penso ad un tappeto volante delle idee. Ed eccomi a Genova, capitale europea delle ricerche sul grafene dall’Iit al Cnr e al Dipartimento di Fisica dell’Università. All’Iit, sotto la direzione di Pellegrini, ha sede l’avamposto europeo per la ricerca sul grafene. La “flagship” che mette in competizione tecnologica ed economica l’Europa e il resto del Mondo.


A Genova, in Iit, si chiude un cerchio di trasferimento tecnologico con una start- up che ha un nome, per me, bellissimo: “ BeDimensional”, un “Be” pronunciato “Bi” che richiama il 2D ed incita ad essere — to be — “dimensionali”. All’Iit, con le intuizioni di Pellegrini e Bonaccorso, diventa impresa, acquisendo soci industriali, con l’obiettivo di pareggio in tre anni e importanti previsioni occupazionali, già confermate per il 2018, che al 2022 sono di 30 nuovi posti di lavoro.


Un moltiplicatore per tutto quello che sviluppa e si potrà sviluppare intorno. Un potentissimo moltiplicatore. Se è vero che le potenzialità sono un orizzonte da esplorare è altrettanto vero che oggi, nel concreto, si va dal casco da moto per la Momodesign ai progetti di produzione di plastiche al grafene con Eni Versalis. In questo crescendo gli studi di base, la ricerca ispirata dalla curiosità scientifica, sono un capitolo aperto che unisce sul territorio le realtà di ricerca. La Rivoluzione siamo noi con le nostre idee e la nostra curiosità e con quelle consapevolezze scientifiche e tecnologiche che altro non possono fare che proiettarci lontano nel cercare di trovare una applicazione chiave per il grafene o farci comprendere la fisica che ne governa i meccanismi.


Facile, in fondo, in piedi sul tappeto volante delle idee. La Rivoluzione “non russa”, come scriveva “il manifesto” anni fa.




LANTANOIDI

https://it.wikipedia.org/wiki/Lantanoidi

TERRE RARE


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Edited by barionu - 28/2/2020, 18:16
 
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Alla scoperta delle terre rare
Ecco cosa sono le terre rare, in quali campi vengono utilizzate e chi sono i maggiori produttori e consumatori
DI D. L. SU 28 MAGGIO 2019 19:30ECONOMIA, ECONOMIA - ESTERI, ECONOMIA – ESTERI – NEWS



La scorsa settimana, mentre in Italia ed in tutta Europa l’attenzione era rivolta completamente al voto continentale per il rinnovo del Parlamento Europeo, la guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina proseguiva senza colpo ferire e dalle sanzioni economiche scivolava su un altro terreno di scontro, forse decisivo: le terre rare.

Le relazioni tra Pechino e Washington sono diventate nuovamente tese all’inizio di questo mese dopo un periodo in cui, invece, cresceva la fiducia verso il raggiungimento di un accordo commerciale tra i due Paesi. Durante i primi giorni di maggio, a margine dell’undicesimo incontro tra la delegazione economica cinese e quella statunitense, il Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump ha messo pressione al Governo cinese minacciando un rialzo dal 10 al 25% su 200 miliardi di dollari di importazioni dalla Cina, qualora non si fosse giunti ad un’intesa entro il 10 maggio. L’accordo non si è concretizzato e, puntualmente, sono scattate le nuove sanzioni. La risposta cinese non si è fatta attendere: tre giorni dopo, infatti, Pechino ha annunciato che dal primo giugno aumenterà le tariffe su circa 60 miliardi di dollari di importazioni americane.

Anche sul fronte Huawei si sono smosse le acque. Nei giorni scorsi Google ha prospettato di sospendere le attività con il colosso cinese delle telecomunicazioni – che l’Amministrazione Trump ha messo al bando per motivi di sicurezza nazionale – il che significa che Huawei dovrebbe perdere l’accesso agli aggiornamenti di Android, il sistema operativo dell’azienda informatica americana. Insieme a Google, anche altre aziende statunitensi produttrici di chip e microchip, come Broadcom, Intel, Qualcomm e Xilinx, hanno interrotto i loro rapporti con Huawei.


Queste manovre, però, se da una parte sembrano mettere Huawei e Pechino all’angolo, dall’altra, hanno spinto il Presidente cinese, Xi Jinping, ad alzare il tiro e spostare lo scontro sulle terre rare: un campo che potrebbe – almeno sul breve periodo – far pendere la bilancia a favore del Dragone Rosso.

Che la Cina si stia muovendo in questo senso si è capito dalle parole del ‘Global Times’, quotidiano online in lingue inglese, voce del Partito Comunista Cinese (PCC), che, in un editoriale del 16 maggio scorso, ha così delineato la sua strategia: «la guerra commerciale sta spingendo la Cina a riconsiderare la sua strategia sulle terre rare». Non a caso, qualche giorno dopo, precisamente lunedì 22 maggio, Xi è volato a Ganzhou, nella provincia orientale dello Jiangxi, per osservare da vicino le operazioni della JL Mag Rare-Earth Co., Ltd, azienda leader a livello internazionale nei processi di produzione e sviluppo delle terre rare.




COSA SONO LE TERRE RARE?

Le REEs (Rare Earth Elements), o terre rare, sono degli elementi chimici presenti nella crosta terrestre, con proprietà fisiche e chimiche uniche, diventati vitali per una vasta gamma di industrie che hanno a che fare con le più moderne e sofisticate tecnologie.

Smartphone, computer, diodi a emissione di luce (LED), televisori, monitor, generatori di turbine eoliche, batterie di veicoli ibridi ed elettrici, sono solo alcuni degli esempi di prodotti in cui sono presenti i REEs, il cui utilizzo, dunque, spazia in molti settori, dall’assistenza sanitaria ai trasporti, dalle reti di comunicazione all’energia rinnovabile. Ma gli elementi delle terre rare rivestono anche un ruolo importante nel campo della Difesa, poiché sono componenti essenziali per motori a reazione, sistemi di guida missilistica, sistemi di difesa antimissile, satelliti e sistemi di comunicazione.


Gli elementi delle terre rare sono in totale 17 e comprendono scandio, ittrio e i 15 elementi di lantanidi (o lantanoidi). Vediamo, dunque, quali sono, il loro simbolo ed il loro numero atomico:

scandio (Sc, 21);

ittrio (Y, 39);

lantanio (La, 57)

cerio (Ce, 58);

praseodimio (Pr, 59);

neodimio (Nd, 60)


promezio (Pm, 61);

samario (Sm, 62);

europio (Eu, 63);

gadolinio (Do, 64)

terbio (Tb, 65);


disprosio (Dy, 66);


olmio (Ho, 67)

erbio (Er, 68);


tulio (Tm, 69);


itterbio (Yb, 70);


iutezio (Lu, 71).


Questi, poi, sono tradizionalmente suddivisi in due gruppi in base al loro peso atomico: dal lantanio al gadolinio sono raggruppati come ‘elementi leggeri’ (LREE), mentre dal terbio al lutezio come ‘elementi pesanti’ (HREE). L’ittrio, pur essendo atomicamente leggero, è incluso nel gruppo HREE perché ne condivide le proprietà chimiche e fisiche comuni.

I loro usi pratici dipendono spesso dalle loro diverse proprietà fisiche – specifiche per ogni elemento – che dipendono a loro volta dalla loro struttura atomica e anche dalle dimensioni.


Sebbene le REEs -che si trovano principalmente nella carbonatiti, cioè in rocce ignee (o magmatiche) o ignee alcaline – vengano utilizzati in maniera ridotta nella composizione dei prodotti in cui vengono assimilati, la loro presenza è fondamentale, dato che senza anche quella minima parte i dispositivi sarebbero meno performanti o, addirittura, non funzionerebbero.

QUANDO SONO STATE SCOPERTE LE TERRE RARE?

La prima descrizione di un minerale contenente terre rare venne pubblicata nel 1788, l’anno dopo che il tenente dell’Esercito svedese, Carl Axel Arrhenius, ebbe scoperto un minerale nero in una piccola cava a Ytterby, una cittadina vicino a Stoccolma: da quel minerale, che era in realtà una miscela di terre rare, fu isolato per la prima volta il cerio nel 1803.

Fu solo nel 1839 che Carl Gustav Mosander, chirurgo, chimico e mineralista svedese, dimostrò che le terre isolate dai minerali non erano elementi, ma miscele di ossidi elementari. Fu, infatti, proprio analizzando un composto di cerio che Mosander scoprì il lantanio. Lo studioso svedese, allora, proseguì su questa fruttuosa strada e arrivò, nel 1843, ad individuare l’erbio, il terbio e il didimio. Qualche anno più tardi, nel 1885, il chimico austriaco, Carl Auer von Welsbach, scoprì che il didimio era in realtà una miscela di due elementi: il neodimio e il praseodimio.


Il successivo isolamento di tutte le singole terre rare in forma elementale è avvenuto tramite un lungo processo culminato nel 1947, quando il promezio venne separato dai prodotti di fissione dell’uranio.



LE TERRE RARE NON SONO POI COSÌ RARE

A discapito del nome con cui vengono identificate, le terre rare non sono particolarmente rare. Come spiega la Geological Society of London, in termini di percentuale nella crosta continentale terrestre, il cerio è il più abbondante, con 43 parti per milione (ppm), seguito da lantanio (20 ppm) e neodimio (20 ppm), mentre l’elemento delle terre rare più raro è il tulio (0,28 ppm), ad eccezione del promezio, praticamente assente a causa della sua radioattività. La loro abbondanza, dunque, è paragonabile ad altri elementi importanti come il litio (17 ppm), il rame (27 ppm), lo stagno (1,7 ppm) e l’uranio (1,3 ppm) e addirittura superiore all’oro (0,005 ppm)


La ragione della confusione terminologica deriva in parte dalla reattività degli elementi, che rende difficile isolarli in forma pura, e dalla somiglianza delle loro proprietà chimiche, che rende faticoso separarli gli uni dagli altri.




DOVE SI TROVANO

Le principali riserve di terre rare si trovano in: Cina, Russia, Stati Uniti, Australia, Brasile, India, Malesia, Tailandia, Vietnam, Canada e Sudafrica. La Cina possiede il 37% delle riserve mondiali di terre rare, seguono Brasile e Vietnam (18%), Russia (15%), mentre il restante 12% si trova negli altri Paesi.

Bayan Obo, nella Mongolia Interna, regione della Cina settentrionale, è il giacimento di terre rare più grande del mondo. Costituito da tre corpi minerari principali si estende in lunghezza per 18 km, Bayan Obo costituisce il 50% della produzione di terre rare cinesi, mentre l’intera regione, la Mongolia Interna al 70-80%. Altri depositi più piccoli si trovano nelle province Shandong, Sichuan, Jiangxi e Guangdong.

Altri importanti siti REEs si trovano in India occidentale, in Australia occidentale, nella penisola di Kola, in Russia, e nella provincia di Capo Occidentale, in Sudafrica.



PRODUTTORI E CONSUMATORI

Prima della metà degli anni ’60 i principali produttori di terre rare erano Brasile, India e Sudafrica, ma furono poi soppiantati dagli Stati Uniti che, grazie alle riserve della miniera di Mountain Pass, nel sud-est della California, detennero lo scettro come più grande Paese produttore ed esportare di REEs fino agli inizi degli anni ’90.

Negli anni 2000, però, gli USA dovettero cedere il primato alla Cina, che aveva iniziato ad estrarre e ‘separare’ (lavorare) terre rare già negli anni ’80. Un primato che Pechino detiene ancora oggi dopo aver, gradualmente, monopolizzato la produzione globale di questi elementi: al 2011 la produzione cinese di terre rare si attestava al 95%. Come riportato nel report stilato nell’aprile scorso dall’U.S. Geological Survey, tra il 2011 e il 2017, la Cina ha prodotto circa l’84% delle terre rare del mondo, seguita dall’Australia con circa l’8% della produzione.

La Cina ha costruito la sua leadership nel settore favorita anche da una richiesta di terre rare che si è impennata col tempo e col progredire della tecnologia. Se tra gli anni ’90 e primi del 2000, infatti, Pechino ha svenduto i suoi minerali a prezzi bassissimi, facendo crollare praticamente la concorrenza che non poteva competere, una volta detenuto il monopolio della produzione di REEs, ha aumentato i prezzi fino al 500%. L’incessante e incalzante dominio della Cina ha portato, nel 2002, alla chiusura della miniera di Mountain Pass, la quale è stata riaperta solamente dieci anni dopo, nel 2012, per poi chiudere nel 2015 per bancarotta della società mineraria che la gestiva, la Molycorp, ed essere nuovamente riattivata nel 2018 dalla MP Materials.

I principali consumatori di terre rare sono Stati Uniti, Giappone e, ovviamente, Cina, la quale detiene il primato anche in questa classifica. Una disputa tra Giappone e Cina, con questa che bloccò temporaneamente le esportazioni di terre rare verso Tokyo nel 2010, rese per la prima volta evidente quanto siano importanti questi elementi e, al contempo, quanto sia pericoloso che una sola Nazione ne detenga la maggior parte della produzione.

Come spiega l’autorevole centro di ricerca americano Stratfor, nel 2018, la Cina ha esportato 53.000 tonnellate di elementi di terre rare e importato 41.400 tonnellate.

Proprio la grande domanda cinese ha reso possibile la prevista espansione della struttura di Lynas in Malesia e della miniera di Mount Weld in Australia.



PROBLEMI AMBIENTALI LEGATI ALLA PRODUZIONE DELLE TERRE RARE

La crescente domande di terre rare degli ultimi anni ha sollevato problemi legati all’ambiente e all’impatto che possono avere i processi di lavorazione degli elementi. Per la loro estrazione e raffinazione, infatti, sono richieste grandi quantità di acidi corrosivi e tossine cancerogene. Spesso, i metalli sono intrecciati con materiali radioattivi dal nucleo della terra: materiali che vengono rilasciati e contribuiscono ad inquinare acqua, terra e aria. A causa di questi fattori, è stato calcolato che la lavorazione di una tonnellata di metalli delle terre rare produce circa 2.000 tonnellate di rifiuti tossici.



RICICLO E RIUSO DELLE TERRE RARE

Il problema del riciclo e del riuso delle terre rare è sorto solamente dopo il 2010, dopo l’aumento dei prezzi delle REEs dovuto al blocco delle esportazioni da parte della Cina. Gli elementi delle terre rare non si degradano e, perciò, potrebbero essere riutilizzati come materiale riciclabile, ma solo l’1% dei prodotti finiti viene riciclato. I progressi, però, possono essere fatti nel riciclaggio delle REEs contenute nei magneti, nelle lampade a LED, nelle batterie e nei catalizzatori . Come fanno notare numerosi studi, gli sforzi di riciclaggio sono minimi, perciò ci vorrà troppo tempo affinché si sviluppi una catena di approvvigionamento alternativa concreta.

28MAGGIO CINA GUERRA COMMERCIALE L'INDRO TERRE RARE TRUMP USA XI JINPING
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AFRICA CENTRALE

Congo, l’inferno del Coltan e la manodopera della disperazione

È un minerale indispensabile per i nostri smartphone.

Si estrae nelle miniere del Congo, controllate dai signori della guerra.

Che danno «lavoro» a milioni di schiavi «volontari»



di Andrea Nicastro



Il coltan è un minerale di superficie e per estrarlo non bisogna fare costosi tunnel di chilometri. È raro, si trova in Congo e in pochi altri Paesi. E soprattutto è indispensabile per i nostri smartphone e per l’industria aerospaziale. Facile, prezioso, utile: tre vantaggi che ne fanno il bancomat della giungla, disponibile per chi abbia un esercito privato, sia guerrigliero o militare corrotto. La manodopera della disperazione è semplice da «creare». Basta razziare nelle province vicine, uccidere, violentare. La gente scapperà e verrà a scavare proprio per il «Signore della guerra» che controlla il coltan. Senza che lui investa un centesimo per allestire la miniera, la gente si organizzerà in clan di 30-40 persone. Gli uomini estrarranno le pietre con le vanghe, le donne e i bambini le laveranno a mano nell’acqua e le trasporteranno al mediatore più vicino. A volte cammineranno anche due giorni nella foresta con trenta chili sulle spalle. I minerali verranno imbarcati per la Cina o la Malesia dove i due metalli del coltan (columbine e tantalio) verranno separati per essere venduti all’industria high tech. A ogni passaggio il Signore della guerra prende una tangente e si arricchisce sulla miseria altrui. Può essere un ribelle, un colonnello dell’esercito o un poliziotto.

Il Congo è pieno di schiavi volontari al servizio di uomini forti. Milioni, senza neppure la dignità di una statistica attendibile: bambini analfabeti, orfani, condannati tramandare da una generazione all’altra la maledizione delle miniere. Rapporti Onu parlano di 11 milioni di morti legati al controllo di questo business. Di chi è la colpa? Di un Paese troppo ricco di risorse e troppo povero di capitale umano. Dell’era coloniale. Del post colonialismo. Del neoliberismo. Della corruzione. Del fallimento dello Stato. Dei nostri smartphone e missili spaziali. Quasi l’80 per cento del minerale per i telefonini proviene dalla Repubblica Democratica del Congo, l’intero Paese, invece di arricchirsi, ne è sconvolto e per di più, boicottare l’uso del metallo sarebbe come condannare alla fame milioni di persone.



Suor Catherine delle sorelle del Buon Pastore, in missione a Kowesi, nell’ex provincia congolese del Katanga si sforza di spiegare la corsa al coltan. «La gente non scava nelle miniere artigianali per diventare ricca. Lì si abbrutiscono, si prostituiscono, si ubriacano, si ammalano e muoiono. Chi comincia sa già quale sarà il suo destino. Eppure arrivano di continuo. C’entra il fatto che sono stati scacciati dalle loro terre, ma anche altro, come spiegare a un europeo?». Nella cornetta si sente un coccodé e Suor Catherine si illumina. «Ecco forse così potrete capire: lo fanno perché non hanno le galline. Questa gente ha fame, in un paradiso ricco d’acqua e piante meravigliose come il Congo, non sono in grado di coltivare o allevare un pollo, sanno solo scavare».

«È la maledizione della ricchezza — sostiene il funzionario Onu Maurizio Giuliano, grande conoscitore dell’Africa —. Da 20 anni a questa parte sono quasi scomparse per ragioni politiche le grandi compagnie minerarie che offrivano un certo welfare ai loro operai. C’era paternalismo sì, ma la privatizzazione delle concessioni in assenza di un aiuto alternativo ha distrutto la coesione sociale. Signori della guerra controllano decine di migliaia di lavoratori in schiavitù volontaria. Stupri di massa e abusi di ogni genere sono la regola. E chi non scava o spara, muore di fame». Bambini di 5 anni in miniera, bambine di 11 nei bordelli delle bidonville minerarie, madri abbandonate con 5-10 figli che muoiono di fatica e malattia a trent’anni, orfani, schiavi volontari per un uovo al giorno.

Questi minatori «artigianali», dentro la giungla, guadagnano 3-4 dollari al giorno. Donne e trasportatori 2. I bambini anche meno. «Però così riescono almeno a mangiare — insiste ancora suor Catherine —. Il cibo in Congo è carissimo perché importato. Uova dallo Zambia, fagioli dalla Namibia, cavoli e mele dal Sud Africa». Chi compra il minerale dai minatori è spesso lo stesso che gli vende il cibo riprendendosi gli spiccioli che gli ha appena dato. «Basterebbero delle galline a dare un’alternativa».

Per aiutare i bambini minatori del Congo sarebbe, forse, utile un altro Leonardo DiCaprio. Il suo film Blood diamond (Diamanti di sangue) aiutò a incrinare il legame tra pietre preziose e guerre perché da sempre si cercano gemme per comprare armi, ma è con le armi che ci si impossessa delle gemme. Lo stesso sta accadendo con i metalli per l’High-Tech. Anche grazie a DiCaprio le regole internazionali sono cambiate in meglio. Il commercio dei diamanti non si è convertito in un esercizio di virtù, ma almeno chi vuole comprare pietre pulite oggi può farlo. Vale lo stesso per gli smartphone che abbiamo in tasca? «Da due anni a questa parte — spiega Cristina Duranti, della Fondazione Internazionale Buon Pastore — la catena di approvvigionamento dei metalli rari ha ricevuto maggiore attenzione. È entrata in vigore la riforma di Wall Street, la Dodd-Frank Act, che impone di controllare che le materie prime non alimentino i conflitti del Congo. Ci sono stati dei passi avanti, ma resta grande il problema del contrabbando e delle milizie».

Karen Hayes è la direttrice del programma «dalla miniere al mercato» della Ong Pact finanziata dalle industrie che usano il coltan e dal governo olandese. «Dal 2010 — racconta — abbiamo catalogato 800 miniere, mappato le zone di conflitto, distribuito computer e insegnato agli Stati a sorvegliare la catena dell’export. Oggi possiamo dire che le armi sono scomparse dalle miniere, anche se restano i bambini minatori e la povertà». Pochi però, vedono come Pact, il bicchiere mezzo pieno. Amnesty International sostiene che la Dodd-Frank Act ha solo scalfito il problema e la maggioranza delle società non ha neppure tentato di ottemperare alla Legge soprattutto per la parte del business che avviene nella giungla.

Una compagnia privata, la Fairphone, si vanta di produrre esclusivamente telefonini «senza guerra». «Controlliamo direttamente tutte le fasi dell’approvvigionamento — spiega Laura Gerritsen, responsabile del programma —. Così evitiamo il boicottaggio e non danneggiamo l’economia del Paese basato sulle miniere». Dalla parte opposta dell’etica del lavoro, società cinesi, kazake o comunque non quotate a Wall Street, ignorano qualsiasi procedura e comprano coltan da chiunque senza voler sapere come l’ha estratto. Il problema è enorme come il Congo, 80 milioni di abitanti, un governo conteso e un livello di scolarità che invece di crescere diminuisce.

«Non è più solo un problema di sfruttamento internazionale — dice il professor Luca Jourdan dell’Università di Bologna —. È peggio oggi il fallimento dello Stato. Le autorità hanno assunto una forma violenta e predatoria. Le istituzioni si mostrano efficienti quando distribuiscono concessioni minerarie ai famigli del potere e le proteggono con la forza. Quando invece si tratta di difendere i diritti basici delle persone, dai bambini, alle donne, ai lavoratori, lo Stato smette di esistere. Il risultato sono intere generazioni perdute, un popolo ridotto in schiavitù».

https://www.corriere.it/esteri/17_aprile_1...c30112ddd.shtml

Edited by barionu - 8/5/2020, 14:34
 
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